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di paolodifalco01
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Gennaro SpinelliTutto è iniziato da un senso di rivalsa nato sui banchi di scuola dove troppe volte veniva etichettato e categorizzato in automatico solamente perché aveva "la colpa" di essere un rom.

Stiamo parlando di Gennaro Spinelli che a 30 anni oggi è tra i più noti violinisti rom a livello internazionale, ambasciatore dell’International Romanì Union per l’arte e la cultura romanì nel mondo e presidente dell’Unione della Comunità Romanés in Italia(UCRI).

Gennaro nella nuova puntata del podcast di Skuola.net, #FuoriClasse, ci ha parlato di com'è nato il suo attivismo e di come la sua esperienza scolastica lo abbia condizionato molto durante il percorso che l'ha portato a diventare quello che è oggi.

Cosa vuol dire essere "il diverso" in classe

Come ci dice subito, Gennaro era "uno studente come tanti altri ma abbastanza problematico: una problematicità che, ammetto, a volte veniva da me però tante volte proveniva anche dal contesto.
Mi è capitato spesso e volentieri di sentirmi cattivo, certe volte il bullo della situazione. Ad oggi ti di dico che forse non era tutta colpa mia, c’era qualcosa che non andava anche nel sistema scuolae nel suo rapportarsi con le persone che hanno un’identità diversa, un genere diverso o, come nel mio caso, un’identità etnica diversa"
.

Quello scolastico, infatti, "è il primo contesto sociale che si affronta da soli, dove ci si deve rapportare con gli altri...Nel mio caso si trattava di affrontare qualcosa che non avevo fatto, sentivo di dover pagare per delle colpe che non erano mie. In quel momento non ti rendi conto di cosa sta succedendo ma poi, quando diventi adulto, capisci che quello era il muro che separava il nostro essere rom da quello che il mondo definiva essere zingari. Un bambino è un bambino, uno studente è uno studente e non dovrebbe essere discriminato perché ha un colore diverso, ha preferenze diverse…"

La discriminazione dentro e fuori la scuola

"Discriminazione" - sottolinea Gennaro - "non è soLo gli insulti che ricevi ma quello sguardo delle persone che ti vedono sempre come diverso, quel tono di voce che cambia quando dici il tuo cognome. Discriminazione è quando sparisce una penna e nessuno ti dice niente ma tutti ti guardano. Discriminazione è quando tu ti senti sbagliato e non capisci perché, quando tu non hai fatto assolutamente nulla ma in qualche modo è colpa tua".

"Discriminazione è tante piccole cose anche se poi a scuola la discriminazione, in fondo, l’abbiamo subita tutti: chi ha i brufoli, chi ha gli occhiali, chi è grasso... Solo che poi, ad un certo punto, i brufoli se ne vanno, il grasso si perde, gli occhiali li togli ma zingaro si rimane. E’ difficile pure per me parlarne: io mi ricordo che non ero invitato mai alle feste di compleanno, nessun ragazzo mi invitava a casa e addirittura avevo anche un migliore amico, dalle elementari alle superiori, e non sono mai stato a casa sua perché i genitori non volevano".

L'attività svolta con l'UCRI tra cultura e stereotipi da sfatare

Spesso ad avere pregiudizi non sono solamente gli studenti ma anche i loro genitori, i professori. Proprio per questo Gennaro con l'Unione della Comunità Romanés in Italia ha pensato di partire dalle scuole. "Spesso ci rapportiamo con dei professori veramente razzisti, professori che hanno dei loro pregiudizi verso la nostra comunità e se la prendono con gli studenti. Quest'ultimi hanno solamente due strade: attaccare o nascondersi. Nascondersi per noi vuol dire lasciare la scuola mentre attaccare vuol dire diventare un bullo oppure, in positivo, capire che l’unica arma che si ha è la conoscenza: per essere più forte devo sapere più cose di te".

"Questa è stata anche la grande rivoluzione che ha fatto mio padre che, nonostante la situazione di disagio da cui è partito, ha capito che l’unica arma che aveva era lo studio. Lui è uno di quelli che ha tre lauree e ha capito che studiare è l’unica via che abbiamo. Però, quanta forza ci vuole per affrontare la quotidianità e lo stereotipo dell’essere sbagliato? Mi ricordo che alle superiori eravamo tre rom in classe: io, mio cugino Ferdinando e un altro ragazzo. Quest’ultimo lasciò in primo superiore, Ferdinando resistette fino al terzo superiore e poi non ce l’ha fatta più. Quanta forza ci vuole per continuare? Ecco io ho avuto la grande fortuna di avere un padre che ha studiato e che mi ha fatto capire quanto fosse importante studiare".

"Noi come UCRI" - conclude Gennaro - "promuoviamo cultura, andiamo contro gli stereotipi e gli affrontiamo non con il pietismo ma attraverso i dati. Per esempio: si dice che 'i Rom rubano i bambini', una credenza popolare che tutti danno per vera salvo poi scoprire che non c’è un solo caso accertato dalla magistratura italiana di un rom che abbia rubato un bambino. Tutti parlano dei Rom chiamandoli zingari senza sapere che non si usa questa parola in quanto offensiva. Dalla cultura, dalla conoscenza nascono il rispetto e la coesistenza: bisogna promuovere la cultura. Sapete, per esempio, quanti sono oggi i Rom in Italia? Si parla di invasione quando in realtà nel nostro Paese ce ne sono 180mila, lo 0,25% della popolazione italiana. Di questi neanche 10mila persone sono quelli che vivono nei campi nomadi".

Paolo Di Falco