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di paolodifalco01
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crisi di governo conte
Fonte foto: Facebook
Da più di un mese si parla di crisi di governo su tutte le testate giornalistiche ma ieri l’ipotesi si è palesata quando le due ministre renziane, la ministra dell’agricoltura Teresa Bellanova e la ministra per le pari opportunità e la famiglia Elena Bonetti, si sono astenute e non hanno votato la bozza del Recovery Plan, il piano che fissa come spendere i ben 209 miliardi che toccano all’Italia dal piano Next Generation Eu predisposto dall’Unione Europea.
Ma facciamo un passo indietro per permettere a tutti, anche quelli che di politica non se ne intendono, di capirci qualcosa.

Cos’è una crisi di governo?

Per parlare di crisi di governo bisogna tenere presente che quest’ultima può essere di due tipi: parlamentare ed extraparlamentare. La prima si ha quando il presidente del consiglio non riceve la fiducia su una questione e quindi ha ricevuto un voto contrario da parte di una delle due camere o quando viene presentata nei suoi confronti una mozione di sfiducia e quest’ultima passa in una delle due camere.

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Una crisi extraparlamentare si ha invece quando in parlamento non vi è più la maggioranza politica che ha portato a nominare certi ministri. Bisogna inoltre precisare che in Italia le crisi di governo sono state quasi sempre extraparlamentari. Solo la caduta del governo Prodi I nel 1998 e la caduta del governo Prodi II nel 2008 sono derivate da una crisi parlamentare. Detto questo, quella attuale da cosa è nata?

La crisi attuale è nata a novembre dalla cabina di regia proposta dal Premier

La crisi attuale nasce a novembre e il fautore della crisi è Matteo Renzi, esponente di Italia Viva (partito facente parte dell’attuale maggioranza) che però da inizio dicembre ha inasprito lo scontro e anche i toni con il presidente del consiglio Giuseppe Conte. La motivazione? La gestione e la struttura del Recovery Plan, il piano per poter accedere ai fondi europei di cui parlavamo inizialmente.
Prima ancora dei contenuti, tutto è iniziato dalla struttura su cui si basava la gestione dei fondi, presentata alla fine di novembre dal Presidente del Consiglio Conte. Quest’ultima prevedeva una cabina di regia formata da Roberto Gualtieri, ministro dell'Economia del Partito Democratico, Stefano Patuanelli, ministro dello Sviluppo Economico del Movimento 5 Stelle, e lo stesso presidente del Consiglio. Questo organo politico, composto dalle due grandi forze di maggioranza, doveva riferire periodicamente sia al Consiglio dei ministri, che al Parlamento. Oltre ai ministri, era anche formata da una sorta di comitato esecutivo composto da sei manager.
"Dobbiamo coinvolgere il meglio del Paese, individuando 50 nomi per ogni team, per selezionare esperti in grado di seguire passo dopo passo la realizzazione dei lavori". Ma attenzione: "Se un progetto ritarda o rischia di essere realizzato male, subentrano i tecnici e commissariano l’opera". Queste le parole di Conte nell’annunciare la cabina di regia e soprattutto, ancora ignaro di quello che sarebbe successo da lì a poco.

Le critiche mosse da Matteo Renzi: dalla cabina di regia agli investimenti

A dicembre i toni iniziano ad infuocarsi e il 16 dicembre Renzi ha inviato una lettera al premier, pubblicata anche in contemporanea sui suoi canali social, che iniziava così:"Ti abbiamo detto in Parlamento che quando un Paese può spendere 209 miliardi di € non si organizzano task force cui dare poteri sostitutivi rispetto al Governo. Non si scambia una sessione del Parlamento con una diretta Facebook. Non si chiede al Consiglio dei Ministri di approvare un documento condiviso all’ultimo momento. Perché questi duecento miliardi di € sono l’ultima chance che abbiamo. Come nota acutamente Mario Draghi: "Il problema è peggiore di quello che appare e le autorità devono agire urgentemente".
Nella lettera e nelle interviste rilasciate dopo da Renzi, si inizia già ad accennare alla crisi ma non in maniera esplicita ("Conte dia risposte, altrimenti va a casa"). La presunta ipotesi di crisi venne però rallentata dai tempi stretti per approvare il bilancio dello Stato e, dalle ferie natalizie. Durante quest’ultime però si è iniziato a parlare di rimpasto, di esecutivi tecnici di unità nazionale e anche della possibilità di tornare al voto prima che scatti il semestre bianco il prossimo luglio.
Dopo Natale e le critiche mosse alla cabina di regia, sempre da Italia Viva, sono iniziate quelle sui contenuti e così il 28 dicembre Matteo Renzi in conferenza stampa ha presentato ben 63 punti sotto l’acronimo Ciao che, sottintende le quattro tematiche su cui lavorare maggiormente all’interno della bozza cioè: cultura, infrastrutture, ambiente e opportunità. "Il piano predisposto dal presidente del Consiglio manca di ambizione. È senz’anima. Si vede che non c’è un’unica mano che scrive. È un collage talvolta raffazzonato di pezzi di diversi ministeri. Si vede la mano burocratica di chi mette insieme i pezzi. Se non ci sarà un accordo le due ministre e il sottosegretario di Italia viva si dimetteranno".
Con queste parole, pronunciate durante la conferenza stampa, il senatore di Rignano accenna all’ipotesi di ritirare le sue due ministre e il suo sottosegretario. Al dibattito sui contenuti si aggiunge, come condizione poste da Italia Viva, l’utilizzo dei fondi legati al Mes (sui quali c’è il veto M5S) e la delega ai Servizi segreti che è in mano al premier.

La replica del Premier e i cosiddetti “responsabili”

La replica del presidente Conte non si fa attendere e così alla conferenza stampa di fine anno, il 30 dicembre, il premier apre alle modifiche ma avverte Italia Viva che: "Gli ultimatum non sono ammissibili". Nel frattempo nella squadra del premier ci si prepara anche ai probabili scenari e così, tra i Palazzi, inizia la ricerca di un gruppo di parlamentari e senatori che andrebbero a sostituire la componente di Italia Viva nella maggioranza in modo da continuare con l’esperienza di governo presieduto dall’avvocato del popolo.
Con l’inizio dell’anno nuovo, il 6 gennaio una nuova bozza del Recovery è approdata a Palazzo Chigi ma si tratta ancora e così anche il Presidente del Consiglio pubblica una sua lettera sui social il 9 gennaio in cui ribadisce: "In questi giorni sto ricevendo molti inviti, anche autorevoli, ad essere "paziente". Ma io non sono affatto paziente. Al contrario. Sono impaziente. Perché il Paese sta soffrendo e abbiamo una chance storica di poterlo rilanciare e ricostruire ancora migliore di prima. Abbiamo così tanti problemi da risolvere e così tante soluzioni da offrire, soluzioni a cui hanno contribuito tutte le forze di maggioranza e che ritengo valide ed efficaci, che non vedo l’ora di poter superare le fibrillazioni in corso. In questi giorni sto preparando una lista di priorità che valgano a indirizzare e a rafforzare l’azione del governo sino alla fine della legislatura. Un programma da poter discutere e condividere con tutte le forze di maggioranza."

Cosa è successo nelle ultime ore?

Nel Consiglio dei ministri di ieri sera è stata presentata una nuova bozza del piano ma le ministre renziane si sono astenute in quanto, probabilmente, avevano chiesto di inserire una parte del Mes e l’introduzione sarà stata bocciata. Così per oggi alle 17:30 è convocata una conferenza stampa in cui saranno presenti Matteo Renzi, le due ministre e il sottosegretario Scalfarotto ma incerte sono ancora l’annuncio delle loro dimissioni.
In contemporanea nei giorni scorsi sono state confermate le voci, sia da Goffredo Bettini del Partito Democratico e sia da Gianni Letta per Forza Italia, secondo cui i parlamentari responsabili disposti ad appoggiare l'attuale maggioranza ci sarebbero. Voci di Palazzo? Verità o solamente voci per far cedere il senatore di Rignano? Al momento della stesura di questo articolo non si sa.

E adesso cosa succederà?

Il destino della crisi e del governo appare incerto, tutto dipende dalle dimissioni delle ministre renziane. In caso di dimissioni vi sono due scenari:
  • Il Presidente Conte potrebbe salire al Quirinale e cercare di costituire una nuova maggioranza sostituendo le due ministre o potrebbe trovare un accordo con la maggioranza attuale per un Conte ter (ipotesi scartata in queste ore);
  • L’altro scenario invece potrebbe essere quello delle dimissioni del Presidente Del Consiglio seguite da un giro di consultazioni avviate dal Presidente della Repubblica e la scelta/ riconferma del Premier che darebbe vita ad un nuovo governo.
  • Paolo Di Falco