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Ripassone mani pulite
Il pool di magistrati di Mani Pulite - Fonte foto: La Repubblica

Da allora il sistema dei partiti è entrato in crisi e non ne è più uscito. A circa 32 anni di distanza dall'inchiesta di Mani Pulite la società italiana è drasticamente cambiata, ma non la sua politica, ben ancorata a quel sistema partitico che l'indagine contribuì a destabilizzare.


 

L'inchiesta, iniziata nel 1992, mirava infatti a combattere la corruzione politica e gli intrecci illeciti tra imprenditori e amministratori pubblici, e il suo impatto fu talmente profondo da trasformare non solo le istituzioni, ma l'intera struttura politica del paese. Tant'è che ad oggi siamo soliti definire questa fase come la fine della Prima Repubblica.

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Dalle ceneri dell'inchiesta nacque la cosiddetta Seconda Repubblica. Termine coniato in ambito mediatico per certificare un importante crocevia nella storia politica del Paese: gran parte dei partiti che guidarono il Paese fino al 1992, di fatto, si estinsero. L’inchiesta Mani Pulite e lo scandalo di Tagentopoli iniziano il 17 febbraio del 1992 con l’arresto di Mario Chiesa, politico socialista di seconda fila e presidente della più grande struttura di cura e ricovero degli anziani di Milano, il 'Pio Albergo Trivulzio'.

Il deputato fu arrestato da Antonio Di Pietro - che sarebbe poi divenuto il frontman dei magistrati del 'pool' di Mani Pulite - mentre riceveva una tangente da un imprenditore. Di quel giorno è molto famoso un aneddotto, raccontato proprio dallo stesso magistrato: nel corso del fermo, Mario Chiesa provò a liberarsi di una tangente (somma di denaro ricevuta in cambio di favori illeciti) gettandola nello scarico del water.

Molto presto, i magistrati che guidavano l'operazione, tra cui Gherardo Colombro, Piercamillo Davigo, Ilda Boccassinni, e il procuratore Francesco Saverio Borrelli, si resero conto di trovarsi di fronte alla punta di un gigantesco iceberg. Dopo Chiesa, infatti, gli arresti caddero a pioggia in Parlamento e, come in un domino, i deputati di diversi partiti vennero arrestati uno dopo l'altro: ogni arrestato conduceva a colleghi e conoscenti implicati che, a loro volta, rivelavano altri illeciti. Quelli che inizialmente sembravano casi singoli di corruzione, facevano parte di una struttura organizzata. Deputati, Senatori, membri del governo: tutti insieme in un sistema che prevedeva il pagamento di una somma di denaro (tangente) in cambio magari dell'appalto di un'opera pubblica o, ancora, di una concessione di categoria.

Ripassone mani pulite
Antonio Di Pietro - Fonte foto: Archivio Storico Torino


 

Quali erano i partiti coinvolti inell'inchiesta di Tangentopoli?

Che fine facevano queste tangenti? Venivano redistribuite a tutti i partiti. A Milano, per esempio, il 50% di quanto raccolto spettava al Partito socialista italiano (il Psi), il 20% alla Democrazia Cristiana (Dc), il 20% al Pds (partito erede del Pci) e il resto ai partiti minori. All'inizio, i principali leader di partito si affrettarono a minimizzare: Bettino Craxi, leader del Psi, su tutti ridusse il tutto a “pochi mariuoli” (riferendosi a Chiesa) sul quotidiano socialista 'Avanti!'.

Nel frattempo, però, l'inchiesta viaggiava spedita, continuando a tirare fuori nomi e cognomi. Dopo un anno di indagini, oltre cento parlamentari e quasi tutti i principali leader di partito erano coinvolti nello scandalo. Alcuni non ressero alla gogna pubblica e alla prospettiva del carcere: così il 17 giugno 1992 si uccide Renato Amorese, segretario del Psi di Lodi; mentre due mesi più tardi si toglie la vita anche il deputato socialista Sergio Moroni, molto vicino al leader socialista Bettino Craxi.

 

Quali partiti 'si estinsero' dopo Tangentopoli?

Con il passare dei mesi l'inchiesta divenne un caso nazionale. L’edizione del Tg3 del 15 marzo 1993 iniziò infatti con questa lettura: “Dieci avvisi di garanzia ad altrettanti parlamentari tra cui esponenti politici di primo piano. Renato Altissimo, segretario del Pli al primo avviso di garanzia, Bettino Craxi all'ottava informazione di garanzia, Severino Citaristi, segretario amministrativo della Dc, alla 17esima, Antonio Cariglia, Partito socialdemocratico, al primo avviso di garanzia. Terzo avviso per Antonio del Pennino, ex capogruppo del Pri alla Camera”. Proprio il segretario del Psi – Bettino Craxi - diventerà il principale indagato dal pool di Mani Pulite. Su di lui, i magistrati avevano diversi elementi: si parlava all'epoca di conti segreti in Svizzera, di finanziamenti alle attività dell’amante e a quelle del fratello, oltre che delle numerose tangenti intascate a capo del partito.

Arriviamo così alle elezioni del 1994 dove Craxi, non venendo rieletto, perde l'immunità parlamentare. Prima di venire arrestato, l'ormai ex segretario Psi si rifugia in Tunisia, ad Hammamet, dove trascorrerà gli ultimi anni della sua vita, fino al 19 gennaio del 2000. L'inchiesta proseguirà ma notoriamente la fine di Tangentopoli viene fissata nel 1994: anno in cui Craxi fugge dal Paese e i partiti della Democrazia Cristiana e del Partito socialista democratico persero le elzioni. Il Psi, invece, dilaniato dagli avvisi di garanzia e senza più un leader di riferimento non si presentò nemmeno alle urne. Sempre nel 1994 trionfava, invece, l'astro nascente della politica di quegli anni: Silvio Berlusconi, con il suo partito 'Forza Italia'.

Ripassone mani pulite
Bettino Craxi - Fonte foto: Archivio Storico Torino


 

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