
Un esempio per il popolo italiano, un punto di riferimento per l'arma dei Carabinieri. Chi lo ha conosciuto ricorda in questo modo Carlo Alberto Dalla Chiesa, generale e prefetto italiano.
Oggi lo ricordiamo per il suo assiduo impegno nella lotta alle organizzazioni terroristiche e alle cosche mafiose: un fulgido esempio di moralità e onestà.
Prima ancora di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, fu proprio lui a lanciare la sfida a 'Cosa Nostra'. Ripercorriamo allora alcuni momenti della vita del generale, fino all'attentato del 1982 che gli costò la vita.Leggi anche:
- Il Ripassone: quali sono stati i grandi dittatori del '900
- Il Ripassone: 75 anni della NATO, quando e come è nata
- Il Ripassone: Guerra Fredda, perché si chiama così e cosa è successo
Carlo Alberto Dalla Chiesa, chi era il generale della lotta alle mafie
'Figlio d'arte' (anche il papà Romano era generale dei Carabinieri), Carlo Alberto Dalla Chiesa nacque il 27 settembre 1920 a Saluzzo, in Piemonte. Dopo aver finito la scuola, decide di continuare a studiare iscrivendosi alla facoltà di Giurisprudenza. Appena 20enne, durante la Seconda guerra mondiale combatte per la libertà dell'Italia unendosi ai gruppi della Resistenza. Si sposò con Dora Fabbo e insieme ebbero tre figli: Rita, Nando e Simona. Dopodiché entra a far parte dell'esercito: la sua carriera militare inizia con incarichi cruciali nel Sud Italia, dove si oppone al banditismo, iniziando a indagare sulle organizzazioni mafiose.
Tornato al Nord, Dalla Chiesa continuò quello che aveva già iniziato: la lotta totale a tutte le organizzazione mafiose e terroristiche – in particolare contro le Brigate Rosse - che imperavano nel Paese, contribuendo alla fondazione del Nucleo Speciale Antiterrorismo. Nel 1982, la sua esperienza e dedizione lo portano a ricoprire l'importante ruolo di vice comandante generale dei Carabinieri. Viene poi nominato Prefetto di Palermo, con l'obiettivo primario di smantellare le reti mafiose in Sicilia.
Come morì Carlo Alberto Dalla Chiesa
Fu lì che finì la sua carriera. Il 3 settembre 1982, solo dopo pochi mesi dal suo arrivo, perse tragicamente la vita in un brutale attacco organizzato dalla mafia: l'agguato – compiuto con diversi colpi di arma da fuoco - si consumò in via Carini a Palermo. Insieme a Dalla Chiesa morirono anche la sua seconda moglie, Emanuela, e il suo assistente, Domenico Russo. I responsabili dell'attacco, Antonino Madonia e Vincenzo Galatolo, sono stati catturati e condannati all'ergastolo, insieme ad altri importanti capi mafiosi coinvolti nell'organizzazione criminale 'Cosa Nostra' come Totò Riina, Bernardo Provenzano, Michele Greco, Pippo Calò e Michele Brusca.
Il maxi processo e le stragi di mafia
Pochi giorni dopo il terribile agguato, il Parlamento approvò la legge 'Rognoni-La Torre' che introdusse il reato di associazione mafiosa e l’obbligo di confisca dei beni dei condannati. Fu proprio grazie a questa norma se il pool antimafia della magistratura - guidato da Falcone e Borsellino - potè mettere a terra le indagini contro la mafia. Così il 10 febbraio 1986 si aprì a Palermo il primo grande processo a 'Cosa nostra' che si concluse con pesanti condanne e con le conseguenti rappresaglie.
Dopo la sentenza, nel gennaio 1992 si aprì una stagione di stragi di cui restarono vittime anche i due magistrati, divenuti simboli della lotta dello Stato contro la mafia. Il 23 maggio 1992 una violentissima esplosione colpì l’auto sulla quale viaggiava Giovanni Falcone, che perse la vita insieme alla moglie, Francesca Morvillo, anche lei magistrato, e agli agenti: Rocco Dicillo, Antonio Montinaro e Vito Schifani. Quindi, il successivo 19 luglio 1992, fu la volta del giudice Borsellino: un’auto carica di tritolo esplose in via D’Amelio a Palermo, uccidendo il magistrato e gli agenti Agostino Catalano, Walter Eddie Cosina, Vincenzo Li Muli, Emanuela Loi e Claudio Traina.