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Concetti Chiave

  • La metamorfosi è un potente strumento cognitivo e pedagogico nella cultura classica e moderna, rappresentando un itinerario allegorico verso la resurrezione e la redenzione attraverso prove iniziatiche.
  • Ovidio, nelle sue Metamorfosi, utilizza una narrazione multiforme per rappresentare la mutevolezza e l'eterno divenire della realtà e della vita umana, esplorando vari miti e temi amorosi.
  • Apuleio, nel suo Asino d'oro, utilizza la trasformazione fisica di Lucio in animale per simboleggiare l'asservimento ai desideri corporei e il percorso verso la maturazione spirituale e la redenzione.
  • La metamorfosi è vista come un rito di passaggio, un processo di maturazione spirituale ed espiazione, che può portare alla redenzione o alla condanna, a seconda del punto di vista e delle scelte personali.
  • Dante e Apuleio si concentrano sulla metamorfosi spirituale perché, a differenza di quella corporale, è sotto il nostro controllo, influenzando la nostra salvezza spirituale e il destino finale.

Indice

  1. Riflessione sul tema de Le Metamorfosi
  2. Perché Dante e Apuleio si concentrano sulla metamorfosi spirituale dei loro personaggi, e alla fine anche quella corporale diviene simbolo di essa?

Riflessione sul tema de Le Metamorfosi

Nella cultura classica e moderna, alla pari del viaggio fantastico o introspettivo, la metamorfosi, senza dubbio, è un potente mezzo cognitivo e pedagogico, per simulare un itinerario allegorico o simbolico proteso alla resurrezione, alla catarsi, alla redenzione, mediante una serie di pratiche previste dall’iniziazione, di dure prove mortificanti, umilianti, che dovrebbero portare alla riabilitazione, ma talora comportanti drammi e traumi interiori.


Due opere in particolare che provengono dalla cultura classica latina hanno trattato questo particolare topos nelle loro opere, seppur con significati e generi narrativi differenti, Le Metamorfosi di Ovidio e L’asino d’oro o Le Metamorfosi di Apuleio.
L’opera Le Metamorfosi di Ovidio consistono in una raccolta sterminata di racconti e miti attinti dalla cultura letteraria e mitologica greco-romana, in primis dalle opere di Omero e Virgilio, legati tra loro in un incastro di corrispondenze, continui rimandi e analogie, che non seguono alcuna logica temporale. L’unico momento unificante che presenta una coerenza cronologica si ha con il primo mito, che tratta dell’origine dell’universo, e cioè il momento in cui ebbe origine la natura e il suo incessante stato di trasformazione e rinnovamento.
Dal momento della creazione, la narrazione oltre a soffermarsi su miti che trattano del tema della metamorfosi (tra essi ricordiamo, tra i più famosi, il racconto di Aracne, Adone e Narciso), assume essa stessa le caratteristiche di una metamorfosi: la narrazione infatti presenta una struttura multiforme, mai uguale a se stessa, che si trasforma continuamente, soffermandosi di volta in volta su miti e figure differenti, suscitando ora la commozione del lettore, ora il suo interesse, ora il suo riso. Anche sul piano tematico, il principio è quello della pluralità: oltre al tema mitico, alla rievocazione di culture e civiltà del passato e alla celebrazione della grandezza di Roma, spicca su tutti l’argomento amoroso, che verrà sviluppato anche nell’Ars Amatoria, in tutte le sue sfumature ed accezioni. In questo modo Ovidio, attraverso quest’opera vuole rappresentare la mutevolezza e l’eterno divenire della realtà e della vita umana. Il tema della metamorfosi è stato affrontato da diversi autori e ognuno ne ha sottolineato un aspetto peculiare.
Questa continua metamorfosi nella quale viviamo, e che subiamo noi stessi ogni momento della nostra vita, può essere intesa con spirito avventuroso e ironico come fa Ariosto nella sua opera l’Orlando furioso in cui i personaggi e le vicende avvengono sempre in una labirintica e multiforme “selva”, metafora della vita, in cui spesso e volentieri ci si perde, mettendo, ahimè, in pericolo il poco senno che possediamo. È, infatti, la pazzia che coglie il paladino Orlando, il quale, si può dire, subisce anch’egli una metamorfosi: da paladino onorevole e valoroso assume, lasciandosi andare ai sentimenti di desiderio per Angelica e gelosia per Medoro, i comportamenti di una bestia furiosa, regredendo quindi in una forma quasi animale. Lo stesso motivo ritroviamo nelle Metamorfosi di Apuleio, dove Lucio regredisce nella forma di un asino, animale simbolo dell’asservimento al desiderio sessuale.
È quindi questa la reale forma del nobile paladino? Oppure Ariosto vuole mostrarci come anche nella persona più nobile e umana sia presente un lato meno umano?
Anche Robert Stevenson, col suo Dr. Jeckyll e Mr. Hyde, con geniale inventiva, racconta della doppia natura umana, quella della ragione e quella metamorfica, animale, che Pirandello invece estremizza. Egli infatti non limita la natura umana a due componenti, ma “una, nessuna, e centomila” sono le forme che convivono nel corpo dell’uomo.
In Sei personaggi in cerca d’autore, Pirandello esprime proprio questo continuo divenire dell’uomo nel tempo e nello spazio, e quindi la sua natura molteplice. L’uomo è uno, perché è uno il suo corpo, ma è anche centomila perché il suo spirito adatta la sua forma alle centomila condizioni che gli presenta la realtà, il suo stesso corpo, prima apparentemente unico, è in crescita, corruttibile, esposto a malattie e allo scorrere del tempo. Alla fine, quindi, l’identità dell’uomo si riduce a un “nessuno”, perché vivendo in una continua metamorfosi è impossibile da definire in maniera univoca.
Tutto è in divenire a questo mondo. Tant’è che un giorno potremmo svegliarci, e non riconoscerci più, perché magari guardandoci allo specchio scopriamo che il nostro naso, che fino a quel momento credevamo perfetto, è invece storto, oppure scoprirci addirittura in un corpo estraneo e animale, come un asino o uno scarafaggio.
Quindi, la condizione di eterna trasformazione della realtà e dell’uomo, che il singolo scopre per la sua naturale propensione alla curiositas e “per seguir virtute e canoscenza”, questo nostro slancio che ci spinge a compiere il “folle volo” verso la conoscenza, ci può stordire, farci provare un senso di estraneità, come afferma Pirandello, e farci precipitare nell’abiezione dell’Inferno come succede all’Ulisse di Dante; ciò nondimeno in Apuleio è occasione di riscoperta di se stessi e maturazione di un “credo” che ci guidi alla salvezza. Da questo punto di vista, allora, il racconto interno all’opera di Apuleio del mito di Amore e Psiche si fa metafora del percorso di formazione di Lucio che, come Psiche, commette un errore dovuto alla sua eccessiva curiosità: ella guarda ciò che non deve guardare, e deve quindi superare delle “prove” iniziatiche per redimersi dai propri errori.
Infatti, nella sua opera, le Metamorfosi, il personaggio di Lucio, spinto dalla curiositas sperimenta le arti magiche, ma finisce con l’esser tramutato per errore in un asino, animale, come si è già detto in precedenza, che nella filosofia platonica rappresenta la mancanza di dominio sulle proprie pulsioni sessuali a cui, simbolicamente, si abbandona con Panfila, la servetta che lo trasforma.
Scena simile, l’abbiamo nel brano dell’Odissea in cui Ulisse raccontò la vicenda dei compagni trasformati da Circe in porci dove Senofonte attribuì a Socrate l’opinione che quella metamorfosi simboleggiasse l’asservimento degli uomini ai piaceri corporei, in particolare della gola.
Quindi l’abbandono della forma umana, corporalmente o spiritualmente, è un rimando non solo alla natura animale dell’uomo, ma anche al confronto con essa, e al rapporto con la realtà che deriverà da questo confronto: sarà infatti l’uomo a decidere se rapportarsi con la realtà al pari di un animale oppure se affrontarla con i valori etici e morali di un uomo, e la scelta non è ovvia come sembra, poiché purtroppo non tutti scelgono l’ultima opzione.
A questo proposito, Cesare Pavese neI dialoghi con Leucò riprese da Ovidio il mito classico ed antropologico di Licaone, un uomo feroce ed empio, divenuto il simbolo del lato bestiale e violento dell’uomo, che per punizione viene trasformato in lupo, e in questa forma ricerca un equilibrio tra il proprio io e la natura circostante. Anche in Collodi, la trasformazione di Pinocchio in asino è permeata di pedagogismo e serve appunto alla maturazione del personaggio, il quale dopo diverse peripezie e trasformazioni dovrà imparare la distinzione fra il bene e il male. Allo stesso modo, attraverso la sua metamorfosi e degradazione da uomo in animale, Lucio scopre la religione, il “credo” e trova il bagaglio di valori etici e religiosi su cui basare la propria vita. Le peripezie di Lucio sono quindi un’allusione allegorica alle difficoltà che l’anima deve affrontare nel confronto con la realtà e con il proprio io, che però gli permetteranno di definire la propria identità e coscienza, e dipenderà solo da lui se quell’identità e quella coscienza lo eleveranno oppure se lo degraderanno ancora di più.
Per fortuna, l’opera di Apuleio si conclude con la redenzione del protagonista e il raggiungimento della fede religiosa e della purezza, attraverso l’iniziazione ai misteri di Iside. La Divina Commedia presenta una struttura simile; infatti, Dante è il narratore della storia, come Lucio, e racconta della sua perdizione iniziale nella selva oscura, metafora del peccato, e del suo percorso discendente attraverso i gironi più bassi e abbietti dell’inferno, la sua purificazione nel Purgatorio, e infine del suo riscatto ascendente verso Dio, e quindi verso la salvezza. Questa volta la metamorfosi non è evidente poiché non vi è alcuna trasformazione del protagonista in animale, ma essa è presente, non solo a livello spirituale, ma anche allegorico.
Non a caso, infatti, nella selva del peccato Dante incontra le tre belve, le famose allegorie dell’avidità, della superbia e della lussuria, le quali sono lo specchio del Dante peccatore: ognuna di esse rappresenta il lato ferale che Dante attribuisce a se stesso e con cui egli si confronta. Egli riuscirà ad affrontarla solo grazie all’aiuto di Virgilio, che simboleggia la ragione, e a Beatrice, la teologia.
La metamorfosi quindi è un rito di passaggio, il processo di maturazione ed espiazione continuo che l’uomo compie e che dovrebbe essere finalizzato ad un continuo miglioramento spirituale; è la nostra occasione di redenzione, ma può essere anche la nostra condanna in un certo senso: dipende da che punto di vista si concepisce questa nostra condizione di perenne mutamento, di degradazione del corpo e di maturazione dell’anima, dove però quest’ultima non avviene per tutti purtroppo.

Perché Dante e Apuleio si concentrano sulla metamorfosi spirituale dei loro personaggi, e alla fine anche quella corporale diviene simbolo di essa?

Una risposta possibile potrebbe essere che l’unica metamorfosi, tra le due, che possiamo in parte controllare è proprio quella dell’animo: le nostre scelte, il modo in cui affrontiamo le difficoltà che la vita ci pone, il nostro pensiero, la nostra cultura, il nostro “credo”, sono tutte cose su cui abbiamo una componente di controllo, ed è quella componente su cui dovremmo concentrarci, in modo da evitare di arrivare alla fine dei nostri giorni, quando la metamorfosi del corpo ha compiuto il suo ciclo, con l’anima degradata allo stesso modo.
E a che serve prendersi cura dell’anima se poi il corpo ci abbandona? La religione, in particolare quella cristiana, ci può dare una risposta consolante a questa fatidica domanda, poiché la cura della metamorfosi dell’anima è ciò che ci apre il Regno dei Cieli.
Per coloro che non hanno fede, è probabile ritrovarsi sulla stessa linea di pensiero di Leopardi, che era appunto ateo: la natura, quindi, apparirà come un fluire di metamorfosi che però non avranno come fine ultimo il miglioramento e la felicità dell’uomo, ma sarà invece una “matrigna”, totalmente insensibile nei riguardi della metamorfosi della coscienza delle sue creature, che anzi, le renderà ancora più soggette alla sofferenza.
Ebbene, checché ne dica Leopardi, lo sviluppo della sua cultura e coscienza di uomo lo ha reso, questo è vero, più soggetto alla sofferenza e alla solitudine, ma lo ha anche reso uno dei più grandi poeti mai esistiti, e gli ha permesso di scrivere dei testi e poesie immortali che ancora oggi consolano e illuminano le coscienze delle persone.

Domande da interrogazione

  1. Qual è il significato della metamorfosi nelle opere di Ovidio e Apuleio?
  2. La metamorfosi è un potente mezzo cognitivo e pedagogico che simula un itinerario allegorico verso la resurrezione, la catarsi e la redenzione, attraverso prove mortificanti e umilianti.

  3. Come viene rappresentata la metamorfosi nell'opera di Ovidio?
  4. Nelle Metamorfosi di Ovidio, la metamorfosi è rappresentata attraverso una raccolta di miti e racconti che illustrano la mutevolezza e l'eterno divenire della realtà e della vita umana.

  5. In che modo la metamorfosi di Lucio in Apuleio è simbolica?
  6. La metamorfosi di Lucio in un asino simboleggia l'asservimento al desiderio sessuale e rappresenta un percorso di formazione e riscoperta di sé, culminante nella redenzione e nella scoperta di un credo religioso.

  7. Qual è il ruolo della metamorfosi spirituale in Dante e Apuleio?
  8. La metamorfosi spirituale è centrale poiché rappresenta il processo di maturazione ed espiazione che porta al miglioramento spirituale, simboleggiato dalla redenzione e dalla salvezza.

  9. Come viene affrontato il tema della doppia natura umana in altre opere letterarie?
  10. Il tema della doppia natura umana è esplorato in opere come "Dr. Jeckyll e Mr. Hyde" di Stevenson e "Sei personaggi in cerca d’autore" di Pirandello, che evidenziano la complessità e la molteplicità dell'identità umana.

Domande e risposte