Concetti Chiave
- La letteratura latina inizia a svilupparsi dopo il contatto di Roma con la Magna Grecia, diventando una necessità culturale solo dal 240 a.C.
- Le forme preletterarie latine includono composizioni tramandate oralmente come i carmina, caratterizzati da strutture ritmiche e allitterazioni.
- La religione romana si manifestava attraverso diverse forme di preghiere e riti, spesso con finalità utilitaristiche.
- Le prime forme teatrali latine, come i fescennini e l’atellana, erano espressioni di intrattenimento popolare, spesso satiriche e improvvisate.
- Gli Annales Maximi rappresentavano una cronaca annuale degli eventi più importanti di Roma, redatta dal pontefice massimo.
Di letteratura latina si comincia a parlare solo nel 240 a.C. La data della fondazione di Roma è 753 a.C prima non si parla di letteratura latina infatti Roma ne comincia a sentire il bisogno solo dopo che venne a contatto con la magna Grecia. Fino al VI sec. Roma fu sotto il dominio etrusco con gli ultimi tre re che furono etruschi ovvero Tarquinio Prisco Servio Tullio e Tarquinio il Superbo, quest’ultimo fu cacciato nel 509 perché aveva oltraggiato Lucrezia, una matrona romana, la popolazione si sollevò e cacciò i re.
La spiegazione storia è che i romani si erano stancati della monarchia. I romani non avevano subito l’influenza etrusca, infatti dopo averli cacciati cominciarono a parlare il latino (lingua indoeuropea), si cominciarono a dedicare all’agricoltura (no commercio) inoltre furono anche abili conquistatori, contro Pirro, contro i Sanniti (per l’Italia centrale), e anche tutta l’Italia meridionale e la Sicilia (prima guerra punica). Quindi solo in quel momento di estensione territoriale vennero a contatto con la Grecia che aveva una propria cultura, parlavano il greco, allora Roma decise che anche lei doveva avere una propria letteratura(prima no perché il cittadino romano era subordinato alla stato).
Forme preletteraria tramandate oralmente
Sono formule tramandate oralmente e usate in momenti specifici (di carattere religioso) , ma non essendo scritte ognuno che le recitava ci metteva del suo.
I carmina(neutro della terza), sono delle composizione originariamente costituite da queste formule, a loro volta composti da due parti uguali chiamati cola, sono caratterizzati dalla presenza di allitterazioni e assonanze. Il ritmo di questi carmina era martellante e cadenzato. Tra i carmina ricordiamo i Carmina Arvalia perché erano recitati da sacerdoti chiamati Arvali; queste formule erano indirizzate al Dio Marte, ai lari e ai semoni (divinità agresti). Il saturnio era il verso internazionale dei latini. Riguardo esso ci sono due opinioni diverse, se fosse accentuata (ictus) o quantitativa (metrica latina quantità sillabe), i critici moderni sostengono che si basava su quella quantitativa.
I latini e gli dei
Il civis pregava gli dei per accattivare la loro benevolenza e per ottenere in cambio dei piaceri, quindi per un fine utilitaristico, vi erano diversi tipi di preghiere:
- Precatio: preghiere che il padre di famiglia recitava ed erano connesse con i riti agricoli.
- Evocatio: prima di assediare una città i romani erano soliti recitare un carmen per costringere gli dei del nemico a passare dalla loro parte
- Devotio: era un secondo carmen con il quale si consacrava la città agli dei inferi
- Laudationes Funebres: erano dei discorsi che si tenevano nel foro romano in onore di un parente morto. Prima di arrivare al foro la salma veniva preceduta da un corte che indossava maschere di cera che rappresentavano i parenti.
- Carmina Convivalia: sono dei brevi versi che i convitati al banchetto indirizzano alla volta del padrone di casa che li ha ospitati; erano di elogio. Inoltre esistevano anche i Carmina Triumphalia ovvero dei versi che i soldati indirizzare al loro generale vittorioso
1. I fescennini (fescenium città etrusca confini lazio): erano preghiere rivolte agli dei durante il raccolto, nei frescennini si scambiavano battute scherzose, ma pesanti. Lo storica Livio ci racconta che dopo il 364 d.C a Roma scoppiò una pestilenza e per ringraziare di esserne usciti illesi i romani indissero una grande festa alla quale parteciparono musicisti e danzatori dell'etruria, durante queste feste continuavano a lanciarsi battute e queste feste presero il nome di: Ludi scenici
2. L’Atellana (cittadina della campania abitata dagli osci): era una sorta di farsa che veniva recitata da attori che interpretavano dei ruoli precisi, questa farsa veniva recitata su un canovaccio 8sottile trama) sulla quale gli attori improvvisavano. Alla fine del primo secolo quando si comincia a parlare di commedia regolare, la tellana la si trova comunque nella parte finale della commedia come exodium. L’alfabeto latino deriva dall’alfabeto greco di Cuma che venne trasmesso dagli etruschi in Roma. La prime formule scritte: il Vaso di Dueno, la cista ficoroni, la figula prenestina.
3. Gli elogia: sono delle epigrafi presenti sui sarcofagi che riportavano il nome, il prenome, il cognome e le gesta del defunto e della sua famiglia.
Essi avevano l’incarico di redigere il calendario con i giorni fasti e nefasti (non si poteva amministrare la giustizia). Ogni anno il pontefice massimo appendeva alla porta della sua casa (regia) una tavoletta dove da lui venivano scritti gli avvenimenti più importanti che avvenivano nella città in quell’anno. Era importante perché era di carattere informativo per i posteri. Queste tabula venivano raccolte in un archivio chiamato tablinum. Muzio Publio Scievola riunì le scritture di tutte la tavole in 80 libri nel 120.
I pontefici apparentavano alle famiglie gentilizie. Le età di Roma sono state: età arcaica, età dei re, età della repubblica, età del principato augusteo, età dell’anarchia e della crisi. Nell’età arcaica la popolazione di Roma era divisa in : patrizi, plebe e il borgo. I patrizi erano la parte aristocratica e i pontefici appartenevano a tale classe. Gli avvenimenti che accadevano nella città venivano alterati a beneficio della loro classe di appartenenza. Gli annales maximi sono importanti per il metodo storiografico annalistico (gli storici riportano i fatti anno per anno). I pontefici erano gli unici depositari e interpreti delle leggi che avevano il carattere di norme sacre (secondo la tradizione erano formule di legge approvate dai comizi curiati su proposta del re).
Un passo importante per la parificazione dei diritti fu la legge delle 12 tavole. Il Mos miorum in italiano significa "costume degli antenati" e sta a significare un insieme di regole che il cittadino romano doveva rispettare. I “mores” erano infatti le regole della comunità romana arcaica, i costumi e le usanze che rendevano pienamente “cives”il romano che le seguiva con rispetto.
Visse intorno al 300 a.C, si ricorda per la sua personalità e per lo Ius Flavianum. Egli fu censore poi console, partecipò alle guerre contro i sanniti, a lui si deve la costruzione del primo acquedotto, la via Appia che univa Roma a Capua. Una delle sua più significative orazioni la recitò in vaticano per incitare a combattere Pirro il re dell’Epiro.Egli cambiò l’alfabeto latino cambiando la “S” con la “R” fenomeno chiamato rotacismo. Gneo Flavio era il segretario di Appio Claudio Cieco e i due insieme promulgarono lo Ius Flavianum : erano formule applicative delle leggi (permettono di applicarle).
Il suo ruolo fu molto significativo perchè a lui venne dato l’incarico di istituire una fabula per i ludi romani in occasione della prima guerra punica. Fu ricordato anche per diverse opere: la traduzione dell’odissea chiamata Odusia (utilizza il saturnio) è molto importante perché è una vera poesia, ha delle caratteristiche proprie, si vede il fatto che Livio si sentiva romano, nell'Odusia si hanno 30 frammenti costituiti da un solo verso.
Le opere
- Tragedie: Achilles, Andromeda e Equs Troianus
- Commedie: Gladiolus (spadino), Virgus, Iudius, tutte e tre le commedie si compongono di un solo verso.
Livio Andronico è ricordato anche perché scrisse un Inno a Giunone Regina, si voleva scongiurare la discesa di Asdrubale in Italia, in effetti Asdrubale fu sconfitto al fiume Metauro e i romani ringraziarono Livio regalandogli una casa presso il tempio di Minerva.
Partecipò alla prima guerra punica 264 – 241 era un democratico e nelle sue commedie esalterà il capo del partito democratico: Marco Claudio Marcello. Ma aveva degli avversari, nella famiglia degli Scipioni e in quella dei Metelli (erano coloro che erano aperti alle tradizioni greche), nel 205 lo fecero imprigionare con l’accusa di aver fomentato delle rivolte tra il popolo. Uscì nel 204 e nello stesso anno andò a Utica e qui trovò la morte, andò in Africa al seguito di Scipione che poi sarà definito l’Africano, che vinse Annibale a Zama 202.
Egli si dedicò a una grande opera: il Bellum Poenicum cioè poema epico riguardo gli avvenimenti della I guerra punica. Scrisse ciò perchè Roma stava intraprendendo la II guerra punica e così voleva sollecitare a combattere. Di questo si hanno pochi frammenti, era costituito da 4000 versi Saturni. Scelse il Saturnio per omaggio alla tradizione romana e ai carmina convivalia.
Il poema si divide in due parti:la prima chiamata parte archeologica rievoca il passato leggendario di Roma (Enea progenitore dei romani della gens julia; Romolo e Remo). Questa prima parte ha un tono commosso, le descrizioni sono molto sentite. Nella seconda parte vi è la descrizione degli eventi della prima guerra punica a cui lui partecipò. La composizione è ricca di allitterazioni, paratassi, e il ritmo è molto lento.
Le opere
- Commedie: Tarentilla, Carbonaria. Nevio mescola nelle sue commedie elementi greci e romani; egli usa un procedimanto noto con il termine Contaminatio cioè l’inserimento in trame e intrecci desunti da un modello greco di scene e situazioni tratte da un modello diverso. Nelle commedie sono presenti molte battute scherzose e la polemica contro uomini illustri (metelli e scipiono); Nevio rivolgeva le commedie al popolo e tratta temi di vita borghese e popolare, sono di ambiantazione greca con personaggi romani
Coturnata: Lucurgus, Danae, Equos Troianus
Praetexte: Romulus, Clastidium
La commedia differisce dalla tragedia perché ha un finale lieto, il linguaggio che viene usato è di registro medio, i personaggi sono umili.
Tito Maccio Plauto (prenomen / nomen/ cognomen) di lui sappiamo molto poco, sappiamo che nacque a Sarsina in umbria (attuale confine tra marche e romagna).
Maccio viene da Marcus (una delle maschere dell’Atellana) e paluto da plautus ovvero uomo dai piedi piatti. Egli era i un attore o un capocomico, scrisse 130 commedie ma sembra che non tutte appartengono a lui, ce lo dice Varrone (dotto dell’età di Cesare) egli provò a sistemare la cronologia delle commedie di Plauto e affermò che solo 21 fossero autentiche, la altre spurie.
Plauto scrisse durante la II guerra punica e durante la campagne che Roma affrontò in oriente. Il pubblico al quale rivolge le sue commedie era di militari o ex militari, traiamo quindi molti linguaggi che appartengono a questo campo. I personaggi erano: schiavi, usurai, parassiti, commercianti, affaristi, donne di malaffare, uomini corrotti; questo perché la Roma di quel tempo stava intraprendendo un cammino diverso rispetto al passato, cambia la situazione economica (si stava espandendo verso oriente).
Plauto scrive con l’unico intento di far divertire il pubblico, utilizza ogni stratagemma, la beffa o la parodia per dissacrare l’apparato tradizionale dello stato e anche la morale tradizionale dello stato.
Parodia: rovesciamento in chiave comica della realtà. Dissacrare= svalutare l’importanza morale dello stato (mos maiorum). Plauto per i suoi personaggi prende a modello la commedia Attica Nuova (in Grecia c’era la commedia antica / mediana/ nuova; 3 sec a.C e l’autore più importante era Menandro)
Plauto però si discosta dalla commedia attica nuova per alcuni elementi. Per esempio la commedia attica nuova era uno specchio di vita in quanto ritraeva l’indole e il carattere dei personaggi,; mentre Plauto non ci parla delle caratteristiche interiori dei personaggi e la realtà viene alterata in maniera rossa e grossolana. Plauto inoltre suole rivolgersi al pubblico, un’altra novità è la presenza dei cantica: monologhi, duetti o terzetti cantati, accompagnati dal suono del flauto.
C’è l’uso della contaminatio, egli prende trame e intrecci non da due modelli come Nevio, ma da numerosi modelli diversi e li univa.
Lo stile di Plauto: Paluto attinge al linguaggio parlato ma non lo riproduce fedelmente perché usa figure retoriche, un lessico ricco di grecismi, parole storpiate, giochi di parole; lo stile è quindi mosso, vario, brillante
È l’età delle lotte civili che hanno visto come partecipanti Mario e Silla. Si conclude con la dittatura di Silla con le liste di prescrizione. Dittatura di Silla: 85 – 79 a.C
Dopo Mario e Silla compaiono tre personaggi: Cesare, Pompeo e Crasso. Cesare appartiene a una famiglia aristocratica ma appoggiava i populares. La società era divisa in optimates (nobili e plebei arricchiti) e i populares (popolo e cavalieri). Cesare era democratico, favoriva il popolo. Pompeo a capo dei ceti affaristi, seguace di Silla; Crasso era il capo degli equites, uomo molto ricco. Cesare Pompeo e Crasso si riunirono nel 60 nel primo triumvirato per obbiettivi di carattere molto pratico; fu sancito con il matrimonio fra Crasso e la figlia di Cesare, Giulia. Crasso fu poi sconfitto dai parti in oriente. I cittadini romani vivono in una situazione di disagio ed avevano bisogno di essere rassicurati e trovarono sostegno nella ragione e nella filosofia: Epicureismo (cicerone), Stoicismo (pg 166) e neopitagorismo (predica una vita dopo la morte).
(inserire bellum civili e galllico) (ottavo libro scritto da Aulo Irzio un luogotenente di Cesare e narra gli eventi successivi alla guerra)
Durante la seconda guerra punica combatté in Sardegna e Catone il censore lo condusse a Roma nel 204. A Roma conquista il favore di illustri personaggi. Si legò a Scipione l’Africano e a Fulvio Nobiliore che lo portò con se nella campagna contro gli Etòli (atto deplorato da Catone), celebrò le loro imprese negli Annales, in Scipio e nell’Ambracia. Ottenne poi nel 148 a.C la cittadianaza romana e morì n el 169 l’anno in cui fu rappresentata la sua ultima tragedia il Tieste
le None (nonae) cadevano il 5 di ogni mese, ma in marmaluot cadevano il 7
le Kalende cadevano il primo di ogni mese
Egli nasce a Tuscolo (odierna frascati) da una famiglia di piccoli proprietari terrieri.
-Viene ricordato come strenuo assertore della morale e dei costumi tradizionale e quindi riteneva che qualsiasi influenza esterna potesse destabilizzare la vita della res pubblica; quindi si opponeva fermamente all’entrata in Roma di filosofi e maestri greci (al contrario degli Scipioni). Ciò non vuol dire che non apprezzasse la cultura greca. Catone difendeva il suo ceto di provenienza ponendosi anche contro gli Scipioni i quali propagavano una politica di espansione commerciale che avrebbe agevolato il ceto degli imprenditori, ostacolando il ceto dei piccoli proprietari terrieri. Catone si poneva contro il lusso, contro lo sperpero, ma alla fine della sua vista cambiò: comprò ville e passò a una vita agiata. Inoltre fu il più audace sostenitore della guerra per distruggere Cartagine. Fu distrutta nel 146 a.C, ma Catone morì nel 149 a.C
Due espressioni da ricordare: Vir Bonus Dicendi Perito, che signica “l’uomo onesto esperto del dire”, secondo Catone l’oratore doveva essere molto abile nel conversare e un uomo onesto e l'espressione "Rem Tene Verba Sequentur" che significa, conserva la cosa le parole verranno. Catone scrive un trattato enciclopedico, in cui si parlava di medicina, arte e agricoltura ovvero : Libri Ad Marcum Filium. Egli dice al figlio marco come bisognerebbe mandare aventi una grande azienda agricola. Catone dice che i servi erano trattati come schiavi e bastonati quando non eseguivano gli ordini e anche la moglie doveva essere bastonata quando non obbediva.
Nel primo secolo a.C sorse per reazione all’asianesimo l’atticismo costituito da un’eloquenza semplice e sobria.
E’ un genere mutato (preso, ereditato) dai greci dell’età classica quali Erodoto e Tucidite. Occorre ricordare dei precedenti come gli Annales Maximi, poi invece subentrò l’annalistica in greco. Autori quali Fabio Pittore e Cincio Alimento. La storiografia in latino inizia con il grande marco Porcia Catone. Le opere costruite con tale impianto trattavano più diffusamente in periodo iniziale e quello contemporaneo all’autore.
Pittore e Alimento scrivono in greco perché è la lingua più conosciuta nel bacino del mediterraneo
Egli scrisse 6 commedie tutte ben conservate: l’Andrìa, l’Ecyra (rappresentata tre volte, le prime due scarso successo), l’Heautontimorumenos, l’Eunuchus, il Phormio, l’Adolphoe ( in occasione dei ludi funebri per il padre di Scipione Emiliano)
Le principali caratteristiche dei neoteroi sono la raffinatezza stilistica (labor limae), i contenuti semplici, la soggettività e la brevità.
Riprendono i modelli ellenistici (periodo alessandrino III sec.) e si rifanno anche a Callimaco. I Poetae Novi si differenziano perché essi tendono a distaccarsi dalla tradizioni politiche e sociali della civitas romana.
I metri più usati sono l'Epigramma, un componimento breve di argomento amoroso; l' Elegia, un'effusione lirica di sentimento d’amore con un metro distico; l'Epilli, un poemetto di soggetto mitico le cui vicende sono idilliache o patetiche.
Liber: È un romanzo d’amore con tutti i particolari della passione. Questo consta di 116 carmi (da carme: insieme di liriche di grande spessore) ed è diviso in tre sezioni: Carmina minora di 60 nugae (tradotto significa “inerzie”, “cose di scarso conto” ma erano gli altri che le consideravano tali. Catullo diceva che fare poesia non fosse un gioco maun vero impegno), 8 carmina docta, 48 epigrammi.
Molti dei componenti sono indirizzati a parenti ed amici. Era mlto legato ai parenti: scrive una composizione in dedica al fratello morto.
La storia: inizia con il vagheggiamento della donna amata; Clodia viene vista come circondata da un alone mistico. Anche in Clodia nasce il sentimento d’amore e vivono una forte passione. Poi Clodia lo tradisce e lo abbandona; poi lo ricerca. È un lasciarsi e rincontrarsi continuo, e Catullo soffre. È diviso fra cuore ( che lo spinge a lei) e mente (che gli dice di lasciarla).
L’autore Quintiliano distinse due filoni di tale genere, il primo che andava da Lucilio in poi ed era caratterizzato dalla presenza di versi esametri (satira in versi). Il secondo filone invece si distingue con il termine satira Menippea da menippo di Gadàra (filosofo cinico del III sec. a.C), questa satira venne portata a Roma da Varrone reatino (storico dell’età di Cesara) il quale compose questo nuovo genere di satira caratterizzato dall’alternanza di prose e di versi.
Le satire di Lucilio: Lucilio fu celebrato per la libera satira contro i personaggi politici eminenti, risparmiò e lodò i suoi amici politici ma attaccò i nemici del gruppo degli Scipioni come i Metelli o Cornelio Lentulo Lupo. Le satire di Lucilio sono lo specchio della violenza con cui allora era condotta la guerra politica tra la varie fazioni (Mario, Silla) che si contendevano l governo della repubblica.
Negli attacchi personali emerge il sua carattere portato alla maldicenza, al pettegolezzo maligno, alla battuta pungente, alla caricatura impietosa. Per attaccare gli avversari Lucilio utilizza la Parodia (gli dei si riuniscono per decidere la sorte di un semplice patrizio corrotto). Oltre agli attacchi personali, Lucilio prende di mira i vizi della società romana contemporanea; l’amore per il lusso, la degenerazione sessuale, la corruzione negli affari pubblici; frequenti sono i passi in cui egli rimpiange la semplicità di vita e l’onestà dei tempi passati ma in realtà il suo moralismo non è profondo: egli deplora il lusso ma è lui stesso ricchissimo, tuona contro l’avidità ma si preoccupa del modo di accrescere il suo patrimonio, si schianta contro i ghiottoni ma si lamenta se gli venivano serviti cibi semplici.
Gli ideali di Panezio (circolo degli Scipioni) lasciano scarse tracce nella sua opera; il valore autentico della poesia di Lucilio stà nella franchezza con cui smaschera l’ipocrisia del moralismo tradizionale con l’arma della beffa e dell’ironia.
Lingua e stile: Orazio (il più grande autore dopo Lucilio) rimprovera Lucilio di scrivere in forma sciatta, senza cura; Lucilio in verità dà l’impressione di scrivere di getto così come parla; egli usa un linguaggio con prevalenza di termini plebei e volgari; di parole tratte dal parlare comune, termini tecnici per definire esattamente gli oggetti della realtà quotidiana, ma inserisce frequentemente anche parole greche e grecismi.
La differenza con la storiografia greca consiste nel fatto che, poihè si considerava più importante facere quam dicere, l’uomo politico decideva dopo il ritiro dalla vita politica di impegnarsi ancora per il servizio dello Stato e si dedicava all’attività storiografica. Due sono i poli divergenti nella storiografia latina.
1° polo: rappresentato da Sallustio: monografie, struttura drammatica del racconto, ritratti dei personaggi, attenzione per la psicologia, discorsi retoricamente costruiti, stile coinciso e sentenzioso e lingua arcaizzante. Sallustio inaugura una tecnica che sarà ripresa e interpretata da Tacito. Questo tipo di storiografia non era quello auspicato da Cicerone che intendeva la storia come Opus Oratorium (cioè un compito che presuppone le doti proprie dell’oratore); a questo ideale si avvicina Livio che costituisce il 2° polo, egli mostra tendenze narrative e stilistiche divergenti da Sallustio. La tecnica del racconto si avvale di espedienti vari (alternanza dei temi, concentrazione drammatica sul tema trattato, eliminazione dei particolari superflui) che posano tener desta l’attenzione del lettore e sollecitarne la partecipazione emotiva. L’atteggiamento del narratore è sereno, lo stile fluido, il periodare ampio e solenne, la lingua poco arcaizzante, discorsi diretti frequentissimi.
Scrisse due Epistole Ad Cesarem, suggerendogli una condotta adeguata nei confronti del popolo, i punti principali: cesare si deve mostrare al popolo giusto e clemente, afferma che bisognerebbe sostenere la plebe dando appezzamenti di terreno o creando nuove colonie, riteneva fosse bene che il voto fosse segreto per l’elezione dei magistrati (osteggiava l’oligarchia senatoria) e che fosse estesa la cittadinanza romana. Quando Cesare cadde sotto i colpi dei congiurati, Sallustio si ritirò a vita privata, ma il suo ozium fu produttivo, egli scrisse infatti due monografie: De Catiline Coniuratione e Il Bellum Iugurthinum.
Il giudizio dei critici sia antiche che moderni era molto vario perché egli predicava contro la corruzione ma nemmeno il suo era un comportamento corretto, egli si avvede della corruzione e dei mali del presente e cerca un rimedio, questa era opinione di tutti.
Le opere: L’opera di Sallustio ha una struttura particolare: è una monografia. Egli si ispira a Celio Antiprato. Egli scrive due monografie: De Coniuratione Catiline e il Bellum Iugurthinum.
1. De Coniuratione Catiline: Il modello a cui si ispira Sallustio è un grande storico greco quale Tucidite, questo storico scrisse un’opera molto importante “le Guerre del Peloponneso” che narrava le guerre tra Atene e Sparta (431 – 411 a.C). Ma Tucidite era un modello quindi troviamo somiglianze e differenze. Sia Sallustio che Tucidite esaltano la gloria l’uno di Roma l’altro di Atene. Come differenza: a tucidite interessano le descrizioni degli avvenimenti, mentre Sallustio ci parla di un singolo episodio: la congiura di Catilina, quindi un episodio abbastanza vicino a lui nel tempo (63 a.C), tale episodio deve servire ad indagare quali siano i mali del presente e intervenire sugli stessi: c’è quindi un fine moralistico. Lucio Sergio Catilina era di famiglia nobile ed era un comminitor di Silla, poi però si era indebitato ed egli desiderava essere eletto senatore. Questo tentativo fallì per tre volte. Fa un colpo di stato : riunisce dei giovani e con questi voleva rovesciare il governo. Questa sommossa fù scoperta da Cicerone e denunciata in senato, Catilina fu costretto ad andarsene da Roma rifugiandosi in Etruria. Li raggiunto dalle truppe romane e combattendo valorosamente morì. La posizione di Sallustio è duplice perché Catilina desiderava cambiare le condizioni dei poveri e aiutare coloro che vivevano in condizioni precarie come lui; da un lato egli critica Catilina per il vizio(desiderio di ricchezza e potere) e l’infamia, dall’altro lo esalta per l’audacia e lo spirito eroico.
A Livio non interessa condurre una storia delle istituzioni romane o sottolineare quali fossero i costumi, quindi “Ab Urbe Condida Libri” intende solo sottolineare la continuità dei valori morali che hanno reso grande l’impero romano. Livio utilizza il metodo annalistico soprattutto in ossequio alla tradizione e quindi nella storia di Roma sono presenti numerose legende, riti, ma senza avvalersi dell’aspetto critico, parla solamente, ci documenta. Livio era un conservatore, un repubblicano, egli non partecipa ad alcuna attività militare o politica e quindi nella vitta di Roma spesso leggiamo notizie poco puntuali, spesso incomplete, anche gli eventi non sono sistemati in un rapporto cronologico e di causa effetto( questo è il limite della sua opera), a lui interessa far vedere solo come si sono comportati i personaggi, la valenza etica del loro comportamento. La storia per Livio ha un valore morale e paradigmatico(di esempio). Per Livio il modello ideale era quello repubblicano, quindi seguire questa realtà, anche se non contestava il princeps. Numerosi sono i personaggi di cui ci parla, Scipione, Lucrezio, Regolo, perché essi sono dotati di virtù eccezionali mediante le quali hanno potuto mutare il corso degli eventi, queste sono quelle del mos maiorum, la laboriosità, la pietas, la fides, tutti gli elementi di cui è fornito il civis romano. Gli uomini che possiedono tali doti possono si modificare il corso della storia ma in nome della repubblica possono sacrificare i loro beni o loro stessi. Per Livio è importante la “spes rei pubblicae” (benessere dello stato e dei suoi cittadini). Nei confronti delle lotte tra patrizi e plebei si pone a favore dei patrizi e quando ci parla dei tribuni della plebe li definisce “mestatori sediziosi”.
Per lui la storia era un Opus Oratorum, ovvero chi fa storia deve anche saper parlare, essere u buon oratore.
Prima Catilinaria: Nell’oratoria antica l’oratore non si rivolgeva direttamente a coli che accusava, ma al giudica, il tono era pacato. Cicerone costituisce un unicum perchè il suo tono è sdegnoso e si rivolgeva a Catilina, quindi sovverte quella che era la normativa dell’oratoria. Tutto ciò ad un unico fine ovvero che da tali accuse risultasse che Catilina era colpevole, vuole usare qualsiasi mezzo retorico per convincere il giudice qiundi attraverso l’appello emozianale egli vuole convincere l’uditorio. Tutte le domande servono a sottolineare lo sdegno di Cicerone e del senato ed ad isolare Catilina, la 4° interrogativa sottolinea i motivi per i quali Catilina non dovrebbe essere stato presente in senato e infine la 5, 6 e 7 interrogativa dove vengono scoperti quelli che sono gli inganni di Catilina.
Lingua e stile di Cicerone: Cicerone adotta tanti stili nelle sue opere. Orazioni a contenuto politico (catilinarie): egli adotta un lessico politico e sociale; lo stile è appassionato, vi è l apresenza di interrogative retoriche e ripetizioni simmetriche.
Orazioni a ontenuto giudiziario: usa il lessico della procedura giudiziaria; il discorso è rivolto a “docere” = informare, “probare” = convincere e “flectere”= commuovere i giudici. Nella stessa orazione cambia lo stile: preciso nella descrizione degli avvenimenti, patetico quando si punta alla commazione, impetuoso quando si vuole accendere lo sdegno.
Opere di retorica: l’obbiettivo è didascalico; Cicerone affronta i problemi relativi all’arte dell’eloquenza, lo stile è misurato.
Ruolo cultura in Cicerone: Cicerone diceva che l’uomo colto è colui che sà e mette a disposizione il suo sapere per il bene della collettività. L’uomo di cultura doveva alternare agli studi e all’ozium l’attività politica.
Opere di retorica: Il modello ideale di oratore fu Demostene. L’oratore buono era il “vir bono dicendi peritus”, l’uomo onesto che al tempo stesso è esperto dell’arte del dire. Cicerone fu un grande oratore, lo stile adottato era composito in quanto egli analizzava dapprima l’uditorio, la causa da trattare e la personalità dell’accusato, il suo stile quindi cambiava, ne usava di diversi: quello asiano di cui gli furono mastri Ortenzio Ortalo e Licinio Crasso, ma usava anche lo stile rodiese, dal suo maestro di retorica, uno stile più temperato e meno acceso, mentre egli era contrario allo stile attico che entrò in Roma nel 60 ed era prediletto dai giovani (semplice, registro medio).
La più importante opera di retorica è “De Oratoria” composto da tre libri in forma di dialogo tra Marcantonio e Licinio Crasso, il primo sosteneva che il perfetto oratore dovesse essere dotato di ingegno e abilità nel dire, Licinio invece diceva che l’oratore era un uomo completo oltre a possedere l’arte del dire, il favore di Cicerone va a Licinio Crasso. In questo testo ci parla delle 4 parti della retorica: inventio (argomenti da trattare), dispozio (il modo in cui occorre ordinarli), memoria (le tecniche per ricordare) e actio ( la gestualità, l’espressione del volto, tono della voce). Un’altra opera “Brutus” rivolto a Giunio Bruto, uno degli uccisori di Cesare, qui Cicerone affronta criticamente coloro che sono favorevoli alla diffusione dello stile attico in Roma e affermava che l’oratoria latina non ha niente da invidiare a quella greca. L’ultima opera è “Orator” che riprende le tesi già espresse nel “De oratoria”.
Opere di politica: Sono due il “De Repubblica” e il “De Legibus”, il primo consta di 6 libri e il secondo di 3. “De Repubblica” è un’pera sottoforma dialogica tra Cicerone e gli intellettuali che fanno parte del circolo degli Scipioni in modo specifico con Scipione l’Emiliano (il padre naturale era Lucio Emilio Paolo che aveva fatto adottare suo figlio dal figlio di Scipione l’Africano) e Lelio. Di quest’opera posediamo i primi due libri e frammenti degli altri mentre abbiamo per intero il “Somnium Scipionis”, una parte considerevole del 6 libro, questo è importante perchè venne scoperto nel 1821 nella biblioteca vaticana da Angelo Mai (filologo). Nel primo libro, sul modello del “De Repubblica” di Platone, Cicerone traccia le linee giuda di uno stato ideale che poggi sulla giustizia, però mentre per Platone questo stato resta ideale, per Cicerone questo è ravvisabile nella costituzione romana, Cicerone così come Polibio, (storico greco vissuto nel 200 che visse a Roma e appartiene al circolo degli scipioni) sostiene che lo stato perfetto è quello in cui è presente la costituzione mista cioè la presenza del potere monarchico, aristocratico e democratico in modo tale che nessuno di essi possa prevaricare sugli altri e possa degenerare (la monarchia in tirannide, l’aristocratico in oligarchia e la democrazia in demagogia). Polibo sostiene che in effetti a Roma vige questa costituzione mista, infatti il potere monarchico è rappresentato dai consoli, quelo aristocratico dai senatori e quello democritico dal popolo.
Il secondo libro parla della storia di Roma dall’età di Romolo fino alla repubblica.
Il terzo arla della giustizia
Il quarto della formazione del bravo cittadino
Il quinto del buon governante
Il sesto contiene il somnium scipionis, questo venne esaltato per il suo contenuto mistico in quanto in eso viene narrato il sogno fatto da Scipione l’Emiliano il quale vide in sogno Scipione l’Africano maggiore che gli disse che l’eternità era concessa solo algli uomini virtuosi, che in vita agirono correttamente.
“De Legibus” qui Cicerone ci parla delle leggi della civitas che egli esalta e che ritiene esere utili al prosequo della civitas romana.
Le sue opere sono LìAppendix Virgiliana, Le Bucoliche, Le Georgiche e l’Eneide.
Le Bucoliche: Altro nome ecloghe, questo testo è composto da 10 carmi in forma dialogata, che si possono riallacciare al genere greco ndell’idillio conosciuto attraverso la scrittore siciliano teocrito; i personaggi protagonisti erano o pastori o mandriani. Differenze tra i due autori: mentre Teocrito ci parla di una natura assolata con colori accesi e non partecipa emotivamente alle vicande dei protagonisti, invece Virgilio nelle sue descrizioni si vvale di colori meno intesi e più sfumati e tenui ed egli si cala nelle vicende dei protagonisti, inoltre dietro i personaggi è facile ritrovare il profilo di protagonisti dell’epoca come Cornelio Gallo o Asinio Pollione.
L’arcadia era una regione del Peloponneso in cui solevano recarsi i pastori che avevano un Dio protettore, boschereccio, il dio Pan che aveva i piedi caprini. L’Arcadia per Virgilio è simbolo di una realtà di quiete, pace e tranquillità in cui è possibile distaccarsi dallo sconvolgimento del tempo, dimenticare la realtà. L’otium dei pastori e dei mandriani può essere letto come la trasposizione dell’atarassia epicurea (privazione del dolore morale.
Contenuto delle 10 Bucoliche:
1 – 9: sono autobiografiche, in esse è facile scorgere la presenza del tema delle confische che seguirono la battaglia di filippi del 45 a.C con da una parte antonio e ottaviano e dall’altra Bruto e Cassio; alla fine della battaglia per premiare i veterani si procedette alla confisca di terre della pianura padana e Virgilio possedeva queste terre.
2 – 9 – 10: sono lamenti d’amore, Virgilio lo vede come sofferenza
5: Apoteosi del pastore Dafni
3 – 7: gare di canto
4 – 6: età dell’oro (precedentemente mondo greco, regno di Creso, età dell’oro durante il regno di saturno poi subentrata quella del bronzo e degli eroi) e origine del mondo(il puer che si pensava potesse essee o augusto o il figlio di asinio pollione, virgilio è visto come profeta del cristianesimo).
L’idillio è un componimento poetico di brevi dimensioni; un quadretto bucolico pastorale.
Ecloga: A livello formale appare semplice , ma in realtà quello di Virgilio nel testo è un evidente labor lime. Questo componimento è in esametro dattilico= verso di sei piedi di cui i primi 5 sono dattili e il 6 è spondeo o troncheo.
Metrica: Il ritmo del verso italiano è accentuativo mentre nel verso latino è quantitativo (si basa sulel sillabe). La metrica studia le leggi che regolano la composizione dei versi. L’unione di due o più sillabe forma il piede, più piedi formano quindi il verso; nell’esametro, nel pentametro sono presenti tre specie di piedi:
1. Dattilo = piede di tre sillabe una lunga e due brevi.
2. Sponde = due sillabe lunghe.
3. Tronche = due sillabe di cui una lunga e una breve.
La sua prima opera si chiama “Epodi” e sono 17 componimenti in metro Giambico (metro dell’invettiva he venne usato per primo dal poeta greco archiloco) e versi distici elegiaci (due versi il secondo più breve del primo). Quest’opera è propeteutica agli esercizi successivi per lo stile, però si discosta dalle successieve opere perchè usa un linguaggio crudo e volgare, questo perchè si trovava in una difficile situazione economica. L’Epodo più importante è il 13 che vede Orazio sul campo di battaglia (lo scrive qualche ora prima) scrive che l’unica via di fuga possibile per la sua angoscia sarebbe il dedicarsi al canto e al vino.
“le Satire” per quest’opera Orazio prende a modello Lucilio, però si discosta fortemente perchè egli non prende di mira uomini del suo tempo, non c’è una critica verso i vizi e le debolezze dell’umanità contemporanea, bensì egli critica gli uomini di ogni tempo, tutta l’umanità. Un’altra cosa che contesta a Lucilio è lo stile troppo sciatto e disadorno, per niente curato. Le Satire sono due libri uno di 10 e uno di 8 componimenti elgi non critica i vizi e le debolezze degli uomini, è come se le osservasse dall’alto, con lo scopo di conseguire il dominio di se, l’equilibrio interiore. Le Stire vennero chiamate anche sermones ovvero conversazioni, in quanto si avvale di uno stile piano, colloquiale e discorsivo, dietro a questo stile ‘è un lavoro immenso, il cosiddetto labor limae (estrema accuratezza delle forma). Accanto al tono distaccato c’è una certa ironia con la quale tratteggia le debolezze degli uomini.
Ovidio scrisse Gli Amoresin tre libro di distici elagiaci. Ci parla dell’amore e fa gli elogi del corteggiatore professionista. La soggettività è presente, ma è fittizia (creata per emozionare). Ci parla di una donna immaginata, Corinna. Era una poetessa greca, maestra di Pindaro. I modelli sono Catullo, Tiberio e Propezio.
Le Heroides sono 21 epistole disposte a coppie. Sono lettere che una donna invia all’uomo che ama e a sua volta l’uomo risponde. Li ricordiamo perche Ovidio è abile a capire gli stati d’animo delle donne. In queste epistole prevale il tono poetico e drammatico.
Ars Amatoria è uno scritto di carattere didascalico. Comprende tre libri, i primi due hanno insegnamenti utili agli uomini per conquistare le donne; il terzo insegnamenti per le donne. Ovidio esalta l’inganno che serve a conquistare. L’opera ha una valenza: ci fa conoscere le condizioni dell’alta società del tempo ed è indirizzata alle donne libertine e questo contrasta con l’ideologia augustea. L’opera è nobilitata dalla presenza di favole e miti. Il carattere didascalico venne assimilato dal Parini nel “Giorno”. Nell’8 d.C un editto di Augusto relegava Ovidio a Tomi forse perchè Augusto giudicava l’Ars amatoria como un incentivo alla dissolutezza. Durante l’esilio scrisse due raccolte di elegie: “Tristia” e le “epistolae ex ponta” in quattro libri e rivolse adulazioni ad Augusto per ottenere il suo perdono ma le speranze rimasero vane. Egli morì a Tomi nel 18 d.C
Metamorfosi: Sono un grande poema mitologico in 15 libri che contine 250 miti legati al motivo della trasformazione.
La struttura: Sezione iniziale (proemio): in essa l’autore parla dell’origine dell’universo perciò tale sezione è detta anche cosmogonica ( al caos pèrimordiale subentra l’ordine imposto da un demiurgo durante la separazione dei quattro elementi, e infine la creazione degli animali e dell’uomo).
- Libro primo: contiene il mito delle diverse età del mondo
- Libro secondo: diluviouniversale e miti connessi agli dei
- Libro terzo: qui inizia l’epoca degli eroi a partire dal ciclo tebano; il mito degli argonauti occupa il 7° libro, i miti cretesi (Minotauro, Arianna Icaro) occupano invece l’8°; del 9° all’undicesimo libro ovidio parla della guerra di troia che nel 14° si conclude con le peregrinazioni di Enea. L’ultimo libro è uno dei più importanti a livello ideologico: Pitagora parlando del re Numa Pompilio spiega la tecnica di trsmigrazione delle anime o metempsicosi. Le metamorfosi si concludono con una sezione encomiastica dedicata prima a Cesare e poi a Augusto.
La materia delle metamorfosi è trattata dalla letteratura mitologica Alessandrina ma Ovidio trasforma e doforma lo spirito di quella poesia. Il poeta scettico e incredulo, non crede alle favole o ai prodigi che narra ma sa evocare quella atmosfera meravigliosa che è proprio delle favole; per ottenere tale effetto Ovidio si avvale delle sue grandi doti descrittive. Nelle metamorfosi vi è una grande varietà di stili e di toni: patetico, idillico, ironico, macrabo. La materia più congeniale all’ispirazione ovidiane è costituita dalle storie patetiche e appassionate di amori infelici. Nelle storie d’amore rivela la sua grande capacità di penetrare negli intimi moti dell’animo, soprattutto femminile; talvolta rappresenta passioni sensuali, torbide e strane ( Narciso che si innamore della propria immagine, Mirra bramosa d’amore per il padre). Le metamorfosi conservano la chiarezza di esperessione dell’arte classica ma rinunciano al senso della misura che dominava nell’opera dei grandi poeti classici quali Virgilio e Orazio, per il gusto della grandiosità e per gli effetti a sorpresa. L’influenza dell’oper di Ovidio sulla letteratura fu grande: il suo stile fu di medello per gli autori del rinascimento, Ovidio fu la fonte di quasi tutti i paragoni mitologici che si trovavano nella divina commedia e Ariosto trasse da lui numerosi episodi.
Domande da interrogazione
- Quando si inizia a parlare di letteratura latina e perché?
- Quali erano le forme preletterarie tramandate oralmente a Roma?
- Chi era Livio Andronico e quale fu il suo contributo alla letteratura latina?
- Quali sono le caratteristiche principali delle commedie di Plauto?
- Chi era Gaio Giulio Cesare e quale fu il suo ruolo nella storia romana?
Si inizia a parlare di letteratura latina nel 240 a.C., dopo che Roma venne a contatto con la Magna Grecia, sentendo il bisogno di una propria letteratura.
Le forme preletterarie includevano i carmina, composizioni caratterizzate da allitterazioni e assonanze, usate in contesti religiosi e tramandate oralmente.
Livio Andronico, nato a Taranto nel 280 a.C., fu il primo vero scrittore latino e maestro grammaticus, noto per la traduzione dell'Odissea in latino e per aver istituito una fabula per i ludi romani.
Le commedie di Plauto sono caratterizzate da un linguaggio di registro medio, personaggi umili, e l'uso di stratagemmi comici per divertire il pubblico, discostandosi dalla commedia attica nuova.
Gaio Giulio Cesare, nato nel 100 a.C., fu un leader politico e militare che divenne dittatore a vita, accentrando il potere nelle sue mani e influenzando profondamente la storia di Roma.