Vi sono numerose differenze tra l’opera storiografica di Tucidide e quella di Erodoto, sebbene sia trascorsa, tra l’uno e l’altro, solo una generazione di differenza. Questo perché, nonostante fosse passato poco tempo, la società greca era in quegli anni profondamente cambiata.
Sulla vita Tucidide non si sa purtroppo molto: nato intorno al 460 a.C. da una famiglia nobile, si sa che contrasse la peste che imperversò nel secondo anno della guerra del Peloponneso, ma che riuscì fortunatamente a guarirne.
Eletto stratego, compì numerose imprese militari ed ebbe una vita avventurosa. Per un periodo conobbe persino l’esilio.La sua morte avvenne poi in circostanze a noi oggi sconosciute.
Le Storie
Le Storie o Guerra del Peloponneso è l'opera di Tucidide giunta a noi, divisa in otto libri. Essa narra della guerra del Peloponneso (431-404 a.C.) che si conclude con al vittoria di Sparta e la sconfitta di Atene.
Il libro I narra inizialmente la storia della Grecia antica, per poi approdare alle cause del conflitto tra le città di Atene e Sparta.
Una lunga digressione è dedicata anche alla “pentecontetia”, ovvero i cinquant’anni che intercorrono fra l’inizio delle guerre persiane e l’inizio delle ostilità con Sparta.
Il libro II, invece, affronta i primi tre anni di conflitto. Grande importanza hanno l’epitaffio di Pericle, cioè il discorso pronunciato dallo statista per commemorare i caduti nel primo anno di guerra, e la descrizione della peste che dilaga durante il secondo anno.
Nel libro III e IV si narrano i successivi tre anni di guerra, che si svolgono, per entrambe le parti, con alterne vicende.
Nel libro V l’evento centrale è la pace di Nicia, avvenuta nel 421 a.C. Nel 416 l’isola di Melo viene messa a ferro e a fuoco da Atene e i suoi abitanti ridotti in schiavitù.
Il libro VI e VII trattano interamente della spedizione di Sicilia, sostenuta da Alcibiade. La mutilazione delle Erme alla vigilia della partenza fa supporre un triste presagio, infatti la spedizione si rivela per Atene un vero fallimento.
Infine il libro VIII racconta di Sparta e della speranza di quest’ultima di ottenere aiuti dalla Persia. Ad Atene, nel frattempo, un colpo di stato rovescia la democrazia e il potere si trova in mano al Consiglio dei Quattrocento. Successivamente a quello dei Cinquemila. L’opera si conclude nell’anno 411.
La Questione Tucididea
Dell’opera risulta mancante la parte finale. Sul perché di tale incompletezza sono state fatte alcune ipotesi. Potrebbe per esempio essere dovuta ad una prematura morte dell’autore, oppure potrebbe essere venuta a costituire, non si sa bene in che modo e attraverso quali vie, l’inizio delle Elleniche di Senofonte.
Gli “analisti”, sono convinti che l’opera sia frutto di diverse redazioni, testimoniate dai mutamenti nell’interpretazione dei fatti storici.
Gli “unitari”, invece, ritengono che queste discordanze siano implicate ai lunghi anni di rielaborazione che l’opera a richiesto.
La Nuova Metodologia Storiografica
Fin a questo momento, la storiografia greca ha riguardato principalmente la descrizione degli usi e costumi dei vari paesi, oppure il racconto delle imprese gloriose dei vari condottieri. Insomma rimaneva primario l’aspetto narrativo.
Quella di Tucidide è invece storia e scienza politica: l’accento non è più posto sulle civiltà di un popolo, ma sulla sua potenza economica e militare.
Inoltre Tucidide non registra meccanicamente i fatti, ma li analizza nei loro rapporti causa-effetto. In questo consiste la sua oggettività.
Ogni avvenimento è dunque sia causa che effetto, da cui deriva un processo a catena infinito. Tra tutte le cause è possibile attuare una gerarchia, individuando le principali e le secondarie.
Ogni dato raccolto diventa un segno per decifrare e capire un avvenimento. Ogni avvenimento diventa poi la chiave per comprenderne altri.
La storia, nella sua molteplicità di fatti, viene poi organizzata dal narratore, in modo da creare una ricostruzione degli eventi passati il più fedele possibile.
In conclusione, secondo Tucidide lo storico non deve tramandare le opere dei grandi uomini, come invece sosteneva Erodoto, ma formulare una Prognosi partendo da una Diagnosi dei fatti.
Le Leggi Della Storia
Diversamente da Erodoto, che analizza le consuetudini che variano da popolo a popolo, da epoca ad epoca, Tucidide riconosce una certa fissità nella natura umana: uguali sono i problemi che assillano ogni uomo (come ad esempio il riuscire a sopravvivere o ad affermarsi nella società), ma diverse sono le soluzioni a seconda delle scelte compiute.
Nel narrare i fatti, poi, per Tucidide occorre sempre tenere presente che ciò che conta non è il giusto, ma la verità effettuale. E nella verità effettuale ciò che conta è l’utile: chi è forte comanda, mentre chi è debole soccombe, è una legge di natura.
Erodoto sosteneva che negli eventi si può anche sperare nella Tύχη (fortuna), mentre Tucidide afferma invece che ciò con conviene, che farlo è come un salto nel buio.
Allo stesso modo non ci si può aggrappare all’onore: l’unico atteggiamento sensato è invece piegarsi al più forte.
Tuttavia non qualunque esercizio di potere è accettato: solo quello saggio e moderato, in quanto offre vantaggi anche a chi è comandato.
Queste sono qualità essenziali, perché colui che comandasse solo con la forza genererebbe lutti e rovine.
Quindi se Atene ha creato un impero tanto vasto, questo è anche grazie all’abilità dei suoi governanti, soprattutto Pericle, che si è sempre dimostrato pieno di acume.
Il suo governo ha consentito a tutti di esprimersi, sebbene non costituisse una democrazia radicale.
Tuttavia, questo non ha impedito al rovina di Atene. Ma la cosa non è da attribuirsi a Pericle, quanto piuttosto alla “fortuna” (a causa della quale è scoppiata la peste) e al fatto che i suoi successori si sono voluti gettare in imprese spericolate.
Il Modello Di Stato Pericleo:
Secondo Tucidide lo stato Pericleo non solo era fondato sulla parità dei cittadini di fronte alla legge, ma sapeva anche valorizzare i meriti e le capacità personali.
Vi era un grande impegno pubblico e militare, ed un’intensa vita culturale.
Questa descrizione, ovviamente, non è reale, giacchè non tiene conto della precarietà di tale stato. Tuttavia contiene tutte le considerazioni sullo stato modello di Tucidide.
Ci si chiede dunque se nelle sue descrizioni egli fosse realmente freddo ed imparziale.
Ebbene, si può affermare di no. Tuttavia tale atteggiamento non è sbagliato, dal momento che ogni storico seleziona ed interpreta i fatti a modo suo, spesso facendo trasparire le sue convinzioni politiche.
Quando Tucidide narra i fatti, ci si accorge che la sua è una partecipazione politica raffrenata, che in realtà è un cittadino che soffre e partecipa alle vicende della sua patria.
In altre parole, attraverso il suo rigore logico traspare sempre un certo pathos.
Tuttavia, fra gli storici del passato Tucidide è sicuramente quello che meglio di tutti ci ha fornito un quadro oggettivo della storia antica, in modo da renderla un nostro “possesso eterno”.