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LETTERATURA GRECA

ELLENISMO (300-31 a.C.)
La tragedia è solo più erudizione.
Prevale la commedia, divisa in 3 periodi:
- arcaia (V sec a.C.) -> comicità oscena, parabasi, argomenti sociali, trama non realistica;
- mése (prima metà IV a.C.)-> parodia mitologica, personaggi “tipi” fissi, attacchi a persone e popoli;
- néa (IV-III a.C.)-> scompare la tematica politica, no toni aggressivi, coro solo negli intervalli, trama d’amore con lieto fine, innalzamento quarta parete, trame “illusorie” (non vere) ma “realistiche” (rispetto spazio-tempo), per un pubblico “borghese” colto, presenza della “tyche”. Maggior esponente Menandro.

Menandro(Atene 342-291 a.C.)
Scrisse 100 commedie e influenzò molto il genere come Callimaco e Omero. La lingua è media senza toni volgari, fa battute che facciano riflettere; si ispira ad Euripide perché approfondisce la psicologia dei personaggi, fa più attenzione all’animo femminile, fa risaltare il ruolo del servo (“servus currens”) e la scena del riconoscimento (anagnorismòs). Elemento pricipale è la “filantropia”, un cercare di trovare l’elemento comune tra gli uomini, perché essi (dagli schiavi ai nobili) sono tutti uguali e hanno le stesse emozioni.

Callimaco(Cirene 305-240 a.C.)
Protetto dai Tolomei, lavorò nella biblioteca di Alessandria e scrisse molto:
- Gli “Aitia” sono una raccolta di elegie dove vediamo il programma poetico di Callimaco. Il poeta immagina di aver sognato le Muse (come Esiodo) che soddisfacevano la sua curiosità riguardo ai racconti marginali e poesie eziologiche per raccontare la nascita di un rito; è un’opera scritta per pura erudizione.
-I “Giambi” sono 13 composizioni che riprendono il genere del biasimo rielaborandolo con caratteri realistici e varietas, ci sono riferimenti alla realtà e ricorsi alla fiaba (sempre presente la raffinatezza stilistica).
-Gli “Inni” celebrano gli dèi durante le feste pubbliche ma sono privi di emozioni mitiche, vi è attenzione solo all'erudizione.
-L’”Ecale” un epillio che parla della cattura del toro di Maratona da parte di Teseo che incontra nel viaggio una vecchia di nome Ecale. Dopo l’impresa il re le dedica un villaggio e istituisce una festa, dunque è un’opera eziologica.
- Gli “Epigrammi” sono 60 componimenti brevi, soprattutto di ambiente simpodiale ma anche funerari e polemici; sono concisi, di livelli diversi,lucidi e raffinati.
Callimaco può essere considerato primo poeta moderno perché concepisce la poesia come arte raffinata per un pubblico ristretto e colto, senza però contenuti elevati; il tono è medio e elaborato con precisione (labor limae) con espressioni erudite e termini rari, senza fantasia ma humor.

Teocrito(Siracusa 315-260 a.C.)
Creatore della poesia bucolica che descrive situazioni di vita agreste dove pastori cantano episodi d’amore campestre facendo “agoni”; è un mondo idealizzato in cui pastori colti cantano d’amore in contatto con la natura, tutto in ambientazioni extracittadine, luoghi fuori dal tempo descritti come “locus amoenus”. Erano composizioni per il pubblico colto di Alessandria (ma Teocrito non studiò nella biblioteca). Si concentrava sulle piccole cose e usava un linguaggio allusivo e quotidiano usando termini dialettali. Da Teocrito prese spunto Virgilio che scrisse le “Ecloghe”, ma le differenze sono la locazione (Arcadia e Mantova) e la terra come sostentamento (gli furono sottratte). Scrisse anche mimi (scenette di vita quotidiana) ed epilli epico-mitologici (omaggio a Callimaco).

Apollonio Rodio(Alessandria d’Egitto 295-215 a.C.)
Si dice fosse allievo di Callimaco ma anche che fosse uno dei Telchini, tuttavia il suo nome non era negli “scoli”, questo perché è l’unico poeta del tempo che non rispetta la brevitas scrivendo un poema epico: “Le Argonautiche”, poema diviso in 4 libri (l’ideale per Aristotele), che narra le avventure degli Argonauti guidati da Giasone alla ricerca del vello d’oro.
Il poema riprende i tradizionali poemi omerici ma è più corto, infatti rielabora l’epos mitologico: mantiene l’espressione, le scene tipiche e le similitudini, ma rende la lingua più comprensibile ad un pubblico colto, concentrandosi sulle scene patetiche e ispirandosi alle tragedie.
Fu criticato perché è troppo frammentario, infatti ci sono molti epilli nel racconto (vedi “Ila”). Si ispira all’intreccio vario dell’”Odissea”, diverso da quello dell’Iliade, che seguiva un ordine lineare. I personaggi sono analizzati interiormente, attraverso un’introspezione psicologica, infatti sono “individui” alienati e isolati, e il maggior esempio è Medea: ragazza tormentata, come si vede dal monologo interiore del libro III (è il primo monologo); Giasone è invece l’antieroe, perché non ha antagonisti ed è fragile ed esitante; dunque sono eroi negativi .
Il tema principale è l’amore e gli dèi sono poco presenti.
Lo stile è erudito e raffinato, ellenistico.
Trama: 1) motivi della spedizione e catalogo delle navi (come nell’Iliade), 2)la nave Argo approda a Lemno e viaggia per i mari, 3) episodi nella Colchide con Medea, 4) Medea aiuta Giasone e lo segue nel viaggio di ritorno.

Epigrammi
Epi+gramma = “scrittura (incisa) sopra” infatti gli epigrammi dapprima erano iscrizioni su oggetti o lapidi (più antiche nel VIII a.C.), poi in età arcaica solo funerarie per mantenere in vita il morto con il ricordo; dal V sec a.C. si estendono a oggetti e all’ambientazione del simposio (carattere amatorio); in epoca ellenistica diventano un genere letterario per un pubblico colto ma comunque ci sono sempre poesie d’occasione nel simposio. Come genere dunque l'epigramma impone una sintesi stilistica perché si trattava di componimenti di pochi versi di tematiche quotidiane fino al III sec a.C., quando si distingue in due scuole: “dorico-peloponnesiaca”, che usava il dialetto dorico e aveva come tema la polis, con stile realistico, e “ionico-alessandrina”, in dialetto ionico-epico, che rifiuta l’ambiente popolaresco ma si concentra sulla raffinatezza e l’elaborazione stilistica, da cui nasce l’epigramma erotico. Dopo l’ellenismo lo stile divenne sfarzoso ed elegante, poi si cominciarono ad imitare gli autori del passato; si sviluppò poi l’epigramma satirico con Lucilio.
Tutti gli epigrammi greci ci sono pervenuti grazie alla “Antologia Palatina”, una raccolta di 15 libri di epigrammi di ogni tipo risalente al primo sec d.C. e scoperta nel 1600; ad essa si aggiunge un’altra raccolta, l’”Appendix Planudea“, che comprende tutti gli epigrammi della Palatina più altri 388, composta da un monaco, Massimo Planude, nel 1299.
Gli epigrammisti più famosi sono:
III sec a.C.
- Leonida(Taranto): stile dorico, su committenza, composizioni più estese di tema quotidiano e toni macabri e cinci (assente il tema amoroso);
- Nosside (Locri): dorica, donna che scrisse un epigramma per commemorare una battaglia vinta dall’esercito cittadino,tema principalmente amoroso;
- Anite(Tegea): ionica, scriveva epigrammi per gli animali;
- Asclepiade(Samo): ionico, uno dei Telchini, epigrammi per lo più di argomento erotico senza rimpianti;
I sec.a.C.
- Meleagro (Fenicia) per lo più temi amorosi simposiali (amore deluso), stile fastoso, teatrale (monologhi, discorsi diretti, esclamazioni) e humor raffinato.

Polibio (Megalopoli 200-120 a.C.)
Scrisse le “Storie”: opera storiografica in 40 libri che vanno dalla seconda guerra punica (220 a.C.) alla terza guerra macedonica, più la distruzione di Cartagine e Numanzia (133 a.C.). Solo i primi 5 libri sono completi. Non riporta solo i fatti ma analizza le cause (B.Croce dice che Polibio è “l’Aristotele della storia” perché ideò la storia come la conosciamo noi).
Per Polibio la storia deve essere “pragmatichè”, concreta, che parli della realtà contemporanea, scritta in base a: 1) studio accurato delle testimonianze, 2) osservazione diretta dei luoghi e degli eventi narrati per conoscere davvero gli eventi,3) conoscenza politica e militare per poter parlare con sapienza di battaglie e avvenimenti politici.
Critica infatti gli storici da tavolino come Timeo che dipendevano da fonti scritte. Fece molte trattazioni geo-etnografiche ed excursus.
Si ispira a Tucidide nella distinzione tra cause vicine e lontane e nella distinzione tra storia di diletto e utile: per Polibio si poteva unire l’utile al dilettevole.
La storia deve essere anche “apodektitè” cioè senza elementi fantastici, anche se è presente la tyche, forza irrazionale che domina gli eventi.
Parla delle forme di governo: la monarchia, l’aristocrazia e la democrazia degenerano per forza in tirannide, oligarchia e oclocrazia (massa), per cui la costituzione migliore è quella mista che c’è a Roma, che diventa il miglior esempio di governo stabile. Polibio celebra Roma perché è il centro del Mediteraneo dal punto di vista della potenza e della storia ed espone la ragioni del successo di Roma in quanto pensa che sia inevitabile che la Grecia ora sia stata conquistata dai Romani e vuole convincere i connazionali che sia giusto che essi ora facciano parte del nuovo Impero.
Lo stile di Polibio non è brillante, ha un linguaggio tecnico, un lessico fondato sulla koiné (la lingua comune greca), forse per distaccarsi dagli altri storici più attenti all’elaborazione formale.

La storiografia ellenistica
Con Alessandro Magno e la scomparsa della polis si giunge a una nuova fase: si ampliano gli orizzonti e ci si concentra sui grandi personaggi come Alessandro, e sulle corti da cui gli storici dipendevano, dunque è una storia parziale, di parte, con molti excursus per rendere la narrazione più interessante (interesse per il romanzesco).

PERIODO GRECO-ROMANO

Plutarco(Cheronea 50 d.C-125 d.C.)
Scrisse molto e le opere più famose sono:
- Vite Parallele: 50 biografie di personaggi illustri greci e romani raggruppate a 2 a 2 (Teseo-Romolo, Cesare-Alessandro Magno, ecc…) per far risaltare l’elemento comune tra le due civiltà, così che si favorisse l’unione tra esse per creare una nuova cultura greco-romana (sugkrisis = confronto) dunque l’opera ha un intento educativo oltre che etico, infatti Plutarco descrive gli uomini di cui parla come grandi esempi di virtù morale e politica. Si dà risalto non agli eventi ma al carattere (ethos) dei personaggi che si manifesta nelle loro azioni (paraxeis), ma non nelle grandi imprese, piuttosto si concentra sulle azioni che inquadrino il personaggio nella sua etica, nei particolari; l’eroe di Plautarco è ambiguo perché ha grandi virtù ma anche grandi vizi. E’ presente la tyche che esprime l’incertezza degli uomini e mette in risalto le loro reazioni di fronte ad eventi imprevisti. Plutarco afferma che la cultura greca deve essere un modello per quella romana (vuole “grecizzare” l’Impero romano).
- Moralia: sono scritti di vario argomento che mostrano il lato filosofico di Plutarco che si ispira al platonismo, egli inoltre scrisse anche di religione in quanto era stato sacerdote di Apollo a Delfi (afferma che i culti orientai avevano messo in crisi la religione) e si considerava “medico dell’anima” perché descriveva i rimedi per le malattie dell’anima.
Lo stile è atticista (koiné), fa risaltare le scene drammatiche e ha sempre sfondo etico.

Seconda Sofistica (II sec d.C.)
Si tratta dell’arte del parlare non più di dèi e virtù ma di soggetti quotidiani e dunque si privilegia l’oratoria: i retori sapevano parlare di argomenti di qualsiasi genere (per lo più futili) ed erano letterati che sapevano improvvisare davanti alle folle alla ricerca della gloria personale (si facevano pagare) ed erano dunque solidali col potere; essi esprimevano bene la società del tempo, arricchita dalle conquiste orientali, ma impoverita dei vecchi valori.

Luciano(Siria 120-180 d.C.)
Doveva diventare scultore ma dopo un incidente diventa retore nonostante fosse barbaro. Scrisse 80 opere di vario argomento in attico. Luciano aveva una visione laica e razionalistica, contrario al misticheggiante, critico verso il mito e la religione tradizionale. Si ispirava all’epicureismo e al cinismo: le cose andavano in un certo modo e non si poteva far niente per cambiarle, la morte arriva per tutti e quindi la gloria è vana. Scrisse molte satire leggere ma graffianti, ironiche, che denunciavano le ingiustizie sociali ma non credeva che si potesse annullarle. Lo stile è elegante ma la sua aridità spirituale non lo portò alla fama.

La retorica
Arte del parlare che nacque nel V sec a.C. come sapere fondamentale del cittadino, poi nel IV sec a.C. fu introdotta nelle scuole da Isocrate e divenne elemento principale della paideia; nell’ellenismo aumentò la varietà di tipologie, poi con il tramonto di Atene l’oratoria si diffuse nell’Impero e nacquero diversi stili: all'“asianesimo”(III a.C.), caratterizzato da un’oratoria ampia, pomposa, sfarzosa, ricca di ornamenti, si contrappone l’”atticismo” (I a.C.), stile sobrio, essenziale, dal linguaggio puro non parlato. A Roma poi sorsero altri due stili: gli “Apollodorei,” che ritenevano la retorica una scienza che quindi doveva seguire precise regole, e i “Teodorei”, che invece consideravano la retorica un’arte, quindi basata sull’ispirazione (anti-atticisti).

Anonimo del “Sublime”(I sec d.C.)
E’ un trattato che definisce cos’è il sublime, la grandiosità nella letteratura: è un modo d’essere dello scrittore che deve avere la capacità di riversare la sua grandiosità d’animo nella sua opera e poterla così trasmettere al lettore, provocando, in entrambi, piacere ed esaltazione, addirittura smarrimento e annullamento della personalità, ma non evasione dalla realtà. Il sublime può produrlo chiunque abbia la dote naturale della passionalità e dell’aspirazione a grandi concezioni, e queste vanno riversate nell’opera tramite le tecniche stilistiche da acquisire con l’esercizio (figure retoriche, nobiltà dell'espressione, collocazione delle parole).
Lo stile è asiano, in forma epistolare, con una lingua complessa tra koiné, tecnicismi e termini classici.

Il Romanzo(I-III d.C.)
Ci sono giunte 5 narrazioni in prosa caratterizzate da una trama amoroso-avventurosa su uno sfondo storico vago.
Hanno dei caratteri fissi: due amanti bellissimi e giovani che si incontrano a delle feste ma poi vengono separati (per incidenti o catture) e compiono azioni avventurose mantenendosi casti e alla fine si rincontrano sposandosi. Si ispirano all’Odissea per il viaggio pericoloso del protagonista verso l’amata, la tragedia euripidea, la commedia nuova e Apollonio Rodio.
Il romanzo è nato per le esigenze di un pubblico cosmopolita alla ricerca di evasione ed è quindi un “epos borghese”. Ma fu un genere poco considerato da Aristotele e dagli alessandrini perché non si era ancora affermato, ma anche dai critici del I sec. perché era considerato un genere troppo volgare e letteratura di evasione.
L’origine del romanzo è oggetto di molte ipotesi: Rohde parlava di fusione tra racconti di avventura e d’amore ma questa tesi fu criticata quando venne ritrovato il romanzo del principe Nino e Seronide (I a.C.) che parlava già di una storia d’amore avventuroso; ma anche dal mito come ipotizzò Kereni riferendosi al mito di Iside e Osiride per raccontare una storia d’amore avventuroso. La novella invece per Rohde nacque separatamente dal romanzo, invece altri dicono che la novella derivi dal romanzo, sebbene esa sia più realistica del romanzo.

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