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Concetti Chiave

  • La transizione demografica descrive il passaggio storico da alti tassi di natalità e mortalità infantile a livelli inferiori, influenzata da tecnologia e sviluppo economico.
  • La teoria della transizione demografica, sviluppata da Warren Thompson nel 1929, identifica cinque fasi che descrivono l'evoluzione demografica in relazione allo sviluppo socio-economico.
  • La diminuzione della mortalità e l'aumento dell'alfabetizzazione femminile nella seconda fase portano a un rapido incremento della popolazione, creando squilibri demografici.
  • La terza e quarta fase vedono una riduzione dei tassi di natalità dovuta a fattori come l'urbanizzazione, l'istruzione delle donne e l'uso di contraccettivi, stabilizzando la crescita demografica.
  • La riduzione della mortalità infantile aumenta la popolazione giovanile, influenzando la struttura per età e potenzialmente aumentando il numero di nascite future.

Indice

  1. Transizione demografica
  2. Cos'è la transizione demografica
  3. Storia di tale teoria e le cinque fasi
  4. Effetti sulla struttura per età

Transizione demografica

All’interno di questo appunto è descritta la transizione demografica. Di seguito sono riportate tutta una serie di informazioni sul cos’è la transizione demografica, la storia della teoria e le cinque fasi e gli effetti della struttura sull’età.

Cos'è la transizione demografica

Quando si parla di transizione demografica ci si riferisce al passaggio storico da alti tassi di natalità e alti tassi di mortalità infantile all’interno di una società che possiede tecnologia, istruzione e sviluppo economico minimi.

Nonostante questo cambiamento si sia verificato in diversi Paesi industrializzati, questa teoria e il modello molte volte hanno dei margini di imprecisione se applicati ai singoli Paesi a causa di specifici fattori sociali, politici ed economici che interessano specifiche popolazioni. Comunque, l'esistenza di tipologie di transizione demografica è accettata nelle scienze sociali a causa della correlazione storica ben consolidata che lega la caduta della fertilità allo sviluppo sociale ed economico. Gli studiosi cercano di capire se l'industrializzazione e i redditi più alti portino a una popolazione più bassa, oppure se popolazioni più basse portino all'industrializzazione e a redditi più alti. Inoltre essi discutono anche fino a che punto siano coinvolti vari fattori proposti e talvolta correlati come un reddito pro capite più elevato, una mortalità inferiore, la sicurezza della vecchiaia e l'aumento della domanda di capitale umano.

Storia di tale teoria e le cinque fasi

La teoria si fonda su un'interpretazione della storia demografica che è stata sviluppata nel 1929 dal demografo americano Warren Thompson. Poco dopo, in Francia Adolphe Landry fece delle osservazioni simili sui modelli demografici e sul potenziale di crescita della popolazione intorno al 1934. Durante gli anni '40 e '50 Frank W. Notestein estese una teoria più formale della transizione demografica, ma nel 2009, la conoscenza di una correlazione negativa tra fertilità e sviluppo industriale era diventata una delle scoperte più accolte all’interno delle scienze sociali.
La teoria della transizione demografica presume quattro/cinque fasi: nella prima fase, la società preindustriale, i tassi di mortalità e di natalità sono alti, ma in equilibrio tra di loro. Si sostiene che tutte le popolazioni umane abbiano avuto questo equilibrio fino alla fine del XVIII secolo, quando questo equilibrio si concluse nell'Europa occidentale. Infatti, i tassi di crescita erano inferiori allo 0,05% almeno dalla Rivoluzione agricola. Di solito, la crescita della popolazione è molto lenta in questa fase, perché la società è condizionata dal rifornimento alimentare. Perciò, se non vengono sviluppate nuove tecnologie alimentari, qualsiasi oscillamento dei tassi di natalità verrà accompagnato da tassi di mortalità. Nella seconda fase, i tassi di mortalità iniziano a diminuire rapidamente a causa dei miglioramenti nell'approvvigionamento alimentare e nei servizi igienico-sanitari che migliorano la salute e riducono le malattie. I numerosi miglioramenti nella salute pubblica riducono la mortalità, soprattutto quella infantile. Inizialmente, questi miglioramenti nella salute pubblica riguardavano la manipolazione degli alimenti, l'approvvigionamento idrico, le acque reflue e l'igiene personale. Inoltre, si ha l'aumento dell'alfabetizzazione femminile combinato con i programmi di educazione alla salute pubblica emersi tra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo. Quindi senza un calo dei tassi di natalità ciò produce uno squilibrio nei Paesi che in questa fase sperimentano un forte aumento della popolazione. Nella terza fase, i tassi di natalità iniziano a diminuire a causa di vari fattori di fertilità come l’uso dei contraccettivi, l'aumento dei salari, l'urbanizzazione, una riduzione dell'agricoltura di sussistenza, un aumento dello status e dell'istruzione delle donne, una riduzione del valore del lavoro dei bambini, un aumento degli investimenti dei genitori nell'istruzione dei bambini e altri cambiamenti sociali. Il declino del tasso di natalità nei Paesi sviluppati è iniziato alla fine del XIX secolo nell'Europa settentrionale. Soprattutto l’uso dei contraccettivi ha ridotto in maniera significativa il tasso di natalità. Nella quarta fase, ci sono sia bassi tassi di natalità che di mortalità. I tassi di natalità possono scendere anche sotto la soglia, come è capitato in Germania, Italia e Giappone, portando a una diminuzione della popolazione, una minaccia per molte industrie che dipendono dalla crescita della popolazione. Alla fine del XX secolo, i tassi di natalità e di mortalità nei Paesi sviluppati si sono stabilizzati a tassi inferiori. Infine, per alcuni studiosi esiste una quinta fase in cui si ha un aumento della fertilità.
Questo modello rappresenta una generalizzazione applicabile a questi Paesi, ma in realtà non ci dà dei dati reali per i singoli casi. Molti Paesi come la Cina, il Brasile e la Thailandia sono passati attraverso il modello di transizione demografica molto rapidamente a causa dei rapidi cambiamenti sociali ed economici. Alcuni Paesi, soprattutto quelli africani, sembrano essere fermi alla seconda fase a causa del pessimo sviluppo e degli effetti causati dalle malattie.

Effetti sulla struttura per età

Quando il tasso di mortalità diminuisce durante la seconda fase della transizione demografica, il risultato è un aumento della popolazione infantile. Di conseguenza, quando il tasso di mortalità diminuisce, ciò può includere un tasso di mortalità infantile inferiore e un aumento della sopravvivenza infantile. Nel corso del tempo, quando gli individui con tassi di sopravvivenza aumentati invecchiano, potrebbe esserci anche un aumento del numero di bambini più grandi, adolescenti e giovani adulti. Tutto ciò comporta un aumento della percentuale di popolazione fertile che può portare ad un aumento del numero di bambini nati.

Domande da interrogazione

  1. Cos'è la transizione demografica?
  2. La transizione demografica è il passaggio storico da alti tassi di natalità e mortalità infantile a tassi più bassi, in una società con tecnologia, istruzione e sviluppo economico minimi.

  3. Qual è la storia della teoria della transizione demografica?
  4. La teoria è stata sviluppata nel 1929 da Warren Thompson e successivamente ampliata da altri studiosi come Adolphe Landry e Frank W. Notestein, diventando una scoperta accettata nelle scienze sociali.

  5. Quali sono le cinque fasi della transizione demografica?
  6. Le fasi includono: 1) alti tassi di natalità e mortalità, 2) diminuzione della mortalità, 3) diminuzione della natalità, 4) bassi tassi di natalità e mortalità, e 5) possibile aumento della fertilità.

  7. Quali effetti ha la transizione demografica sulla struttura per età?
  8. La diminuzione del tasso di mortalità porta a un aumento della popolazione infantile e, nel tempo, a un aumento della popolazione giovane e fertile.

  9. Come varia l'applicazione del modello di transizione demografica nei diversi Paesi?
  10. Il modello è una generalizzazione e non fornisce dati reali per singoli Paesi, con variazioni dovute a fattori sociali ed economici specifici, come visto in Cina, Brasile e Thailandia.

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