Concetti Chiave
- Il contratto di lavoro a termine è una modalità flessibile utilizzata principalmente per soddisfare esigenze produttive stagionali.
- Storicamente, il diritto del lavoro ha cercato di limitare i contratti a termine, privilegiando quelli a tempo indeterminato.
- La direttiva europea 70/1999 e il d.lgs. 368/2001 hanno reso più flessibili le condizioni per l'uso dei contratti a termine, sostituendo le causali tassative con motivazioni generali.
- Le successive riforme, inclusa quella Fornero, hanno bilanciato l'accessibilità dei contratti a termine con misure per evitarne l'abuso.
- Il governo Conte ha ulteriormente regolato i contratti a termine, imponendo limiti temporali e introducendo penalità contributive per l'uso reiterato.
Indice
Modalità lavorative flessibili
Una delle più importanti modalità lavorative flessibili o non standard è quello a termine, che mira a rapportare l'organico hai variabili fabbisogni produttivi. Questa tipologia di contratto è maggiormente utilizzata dalle imprese che offrono servizi stagionali: si pensi, ad esempio, alle località turistiche e ai cicli stagionali di alcuni prodotti industriali.
Evoluzione normativa del contratto
Il diritto del lavoro ha sempre cercato di contenere e circoscrivere questa determinata modalità, sostenendo la centralità e la maggiore rilevanza del contratto di lavoro a tempo indeterminato. La legge 230 del 1962 ammetteva il ricorso al contratto di lavoro a termine soltanto in presenza di situazioni (dette causali) tassativamente determinate, fra le quali lo svolgimento di attività stagionali e la sostituzione di lavoratori temporaneamente assenti (Si pensi alle supplenze scolastiche).
Il mancato rispetto delle causali determinava la conversione giudiziale delcontratto a termine in contratto a tempo indeterminato. Il sistema delle causali tassative è sopravvissuto a lungo, anche se è gradualmente divenuto più flessibile grazie all’estensione delle suddette causali.
Riforme e modifiche recenti
L’adozione della direttiva europea 70/1999 ha ribadito la centralità del rapporto di lavoro a tempo indeterminato. L’intervento comunitario ha incentivato la riforma dell’istituto, realizzata nel 2001 tramite il d.lgs. 368/2001, che ha sostituito le causali tassative con la cosiddetta causale generale delle ragioni tecniche, organizzative e produttive. La disciplina si è evoluta ancora nel 2005 e poi nel 2010 e infine è stata coinvolta nella riforma Fornero. Da un lato l’istituto è stato liberalizzato e reso più accessibile, dall’altro ne è stato disincentivato il ricorso reiterato con lo stesso lavoratore, considerato una forma di «flessibilità cattiva».
L’istituto è stato ulteriormente modificato prima dal Jobs act e poi dal governo Conte (2018): quest’ultimo ha limitato notevolmente il ricorso al contratto di lavoro a termine al di sopra della soglia di 12 mesi. È stata anche parzialmente recuperata la tecnica delle causali.
Per disincentivare l’uso reiterato del suddetto contratto, il governo Conte si ha consolidato una misura punitiva introdotta dalla riforma Fornero: la maggiorazione contributiva dell’1,4% a carico del datore per ogni dipendente assunto a termine.
Domande da interrogazione
- Qual è l'origine e l'evoluzione del contratto di lavoro a termine in Italia?
- Quali sono state le principali riforme che hanno influenzato il contratto di lavoro a termine?
- Quali misure sono state adottate per disincentivare l'uso reiterato del contratto a termine?
Il contratto di lavoro a termine è stato introdotto per rispondere ai fabbisogni produttivi variabili, particolarmente in settori stagionali. La legge 230 del 1962 ne limitava l'uso a situazioni specifiche, ma con il tempo le restrizioni sono state allentate. La direttiva europea 70/1999 e successive riforme hanno modificato ulteriormente la disciplina, rendendola più flessibile ma anche introducendo misure per disincentivare l'uso reiterato.
Le principali riforme includono il d.lgs. 368/2001 che ha introdotto la causale generale, le modifiche del 2005 e 2010, la riforma Fornero, il Jobs act e le modifiche del governo Conte nel 2018. Queste riforme hanno cercato di bilanciare la flessibilità con la protezione dei lavoratori, limitando l'uso reiterato del contratto a termine.
Per disincentivare l'uso reiterato del contratto a termine, il governo Conte ha limitato il ricorso a tali contratti oltre i 12 mesi e ha consolidato la misura punitiva della riforma Fornero, che prevede una maggiorazione contributiva dell'1,4% a carico del datore di lavoro per ogni dipendente assunto a termine.