Fabrizio Del Dongo
Genius
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Concetti Chiave

  • Il neorealismo è un movimento cinematografico italiano nato nel dopoguerra, focalizzato sull'oggettività e la rappresentazione delle realtà quotidiane e sociali.
  • Tra il 1945 e il 1951, il cinema italiano esplora temi come la disoccupazione, la delinquenza e le difficoltà rurali, utilizzando stili che spaziano dal reportage all'analisi sociale.
  • Negli anni '50, il neorealismo evolve con registi come Antonioni e Fellini, che reinterpretano la realtà con approcci personali e innovativi, mescolando ironia e critica sociale.
  • Nei primi anni '60, il cinema italiano mantiene l'impegno sociale, ma riflette una società che prospera economicamente a scapito dei valori, con registi come Antonioni e Visconti che esplorano queste contraddizioni.
  • Registi come Pasolini utilizzano il cinema per illuminare le realtà contemporanee attraverso narrazioni mitologiche, evidenziando il potere metaforico del mezzo cinematografico.

Indice

  1. Neorealismo nel cinema italiano
  2. Neorealismo, dal 1945 al 1951
  3. Il nuovo realismo degli anni 1950
  4. Realismo nel 1960

Neorealismo nel cinema italiano

Il neorealismo è un movimento cinematografico, nato in Italia all'indomani della seconda guerra mondiale, che mira all'oggettività, all'osservazione delle realtà quotidiane inserite nel loro contesto sociale.
Per gli storici del cinema, il neorealismo evoca immediatamente il clima del dopoguerra.

Il cinema italiano anticipava il compimento della sconfitta e sentiva tutto il peso della nuova realtà. La fine della guerra era la fine dei sogni nazionalisti e imperialisti su cui si basava il regime di Mussolini e la generalizzazione della miseria, la lotta inespiatoria o disillusa per la sopravvivenza nelle periferie della classe operaia o nei villaggi devastati dalla guerra.
Il cinema italiano, che partecipò al decadimento economico generale, fece della miseria un punto di forza: non avendo più i mezzi per girare nei sontuosi studi di Cinecittà, inaugurati nel 1937 e che facevano da sfondo a film storici, rappresentava la realtà per strada, senza dispendio di luci e senza star e impegni finanziari elevati dato che le persone miserabili avrebbero ricoperto sullo schermo il ruolo che era loro nella vita di tutti i giorni.
Se il neorealismo riflette una storia immediata, esso ha anche radici più lontane: dal verismo letterario ed estetico di fine Ottocento alla ricerca filmica del Centro sperimentale del 1935. È quindi interessante notare che il film da considerare come il manifesto del movimento, Ossessione, di Visconti, non è affatto un reportage sulla realtà italiana ma l'adattamento liberissimo di un romanzo noir americano, Il postino suona sempre due volte, di James Cain.
Il neorealismo italiano dal 1945 al 1952 fu dominato dai registi Roberto Rossellini, Vittorio De Sica, Luchino Visconti.
Se il movimento rivela rapidamente la sua eterogeneità, l'interesse per il mondo reale, attraverso varie forme, non cesserà più di far parte delle preoccupazioni non solo del cinema italiano, ma del cinema mondiale.

Neorealismo, dal 1945 al 1951

Tra le macerie del fascismo e di un'economia fatiscente, il cinema italiano intraprende una ricerca di autenticità umana e sociale. Liberato da Mussolini, privato della mediocrità piccolo-borghese che fino al 1940 era alla base dei melodrammi sentimentali, il paese ha ancora la disoccupazione, la delinquenza nelle città, la durezza della vita rurale, l'angoscia degli anziani, la disperazione precoce dei giovani e il neorealismo si impegna a mostrare tutto ciò.
Tuttavia, nonostante i temi comuni del crollo del fascismo, l'esperienza della Resistenza e i drammi sociali e umani del dopoguerra, i cineasti imprimeranno alla comprensione della realtà le loro personali visioni politiche ed estetiche.
Alcuni, come Rossellini, ricorrono all’aridità di uno stile vicino al reportage e ai disastri materiali e morali che accompagnano la caduta del fascismo (Roma, città aperta; Paisa) e il nazismo (Germania, anno zero). Altri mettono in evidenza, al di là delle responsabilità della dittatura, i profondi blocchi della società: ad esempio, De Santis analizza l'alienazione contadina (Riso amaro; Pasqua di sangue), o Visconti, che, ne La terra trema, ritorna al verismo di Verga per dipingere la difficile consapevolezza della propria condizione da parte dei miserabili pescatori di un piccolo porto siciliano.
Ma fu Vittorio De Sica a dipingere il panorama più completo dell'Italia del dopoguerra. Attore molto ammirato delle commedie leggere del 1930, aveva iniziato nel 1944 con una critica inaspettata dei costumi matrimoniali, I bambini ci guardano. Denuncia brutalmente l'ingiustizia sociale, la tragedia dei bambini abbandonati (Sciuscià) il disagio dei disoccupati (il Ladri di biciclette) e la solitudine del pensionato affamato Umberto D. Solo Miracolo a Milano rivela un barlume di solidarietà possibile.

Il nuovo realismo degli anni 1950

Il neorealismo restituiva il gusto per la realtà, ma ogni regista aveva la sua visione del mondo. A ciascuno il suo reale: più umanista per Vittorio De Sica, più impegnato per De Santis, più formale per Visconti. D'altra parte, il pubblico mostrò subito la sua disaffezione per un cinema che riflettesse l'immagine della sua miseria: aveva bisogno di sognare e voleva sorridere. La pittura sociale lasciò nuovamente il posto al melodramma e alla commedia delle buone maniere. Così Alberto Lattuada, che aveva dato al neorealismo alcuni dei suoi film più duri, si dedicò al raffinato adattamento di romanzi e racconti.
Luigi Comencini, che aveva fatto piangere per i bambini di Napoli costretti a rubare per sopravvivere, riassume il nuovo programma di una società senza troppe illusioni con Pane, Amore e Fantasia con Gina Lollobrigida.
Ma questo periodo, segnato da una rinnovata vitalità industriale (da 100 a 150 film prodotti ogni anno), rivela soprattutto due registi che daranno alla realtà l'interpretazione più originale: Michelangelo Antonioni, fa di un'evocazione sociale ereditata dal neorealismo lo sfondo di un gioco di ruolo dove la comunicazione è costantemente interrotta (Cronaca d’amore; la Signora senza camelie; l'Urlo). Ciò che Antonioni trae dal neorealismo è paradossalmente la sensazione della cancellazione della realtà nei rapporti umani e nella coscienza degli esseri. Quanto a Fellini, troverà nel suo gusto per la caricatura, che trasforma ogni notazione concreta o psicologica in schizzo, il modo migliore per raggiungere il cuore delle cose oltre l'enigmatica corteccia di un universo dove il burlesque si mescola costantemente al tragico: egli sfiora così la cronaca disperata dei Vitelloni l'affresco a grisaglia di una generazione senza passione e senza scopo, prima di dare ai suoi personaggi umiliati e imbrogliati l'aspetto incongruo degli acrobati (La Strada; le Notti di Cabiria). Al di là della miseria materiale e sociale, l'ironica e tenera macchina da presa di Fellini si immerge nel disagio umano che abbraccia sia i carnefici che le vittime.

Realismo nel 1960

In un paese in pieno rinnovamento economico, ma che fatica a trovare il suo equilibrio politico e umano, il cinema evidenzia senza compromessi tutte le contraddizioni della società: il cinema degli anni 1960 non ha rotto con l'impegno sociale. Ma se non ha più il tono cupo e amaro del neorealismo, è perché la società è cambiata: se prospera, è perché ha svenduto i suoi valori per investire in oggetti che rappresentano il suo vuoto dell’anima.
Questa ammissione di fallimento, ogni direttore lo fa secondo il suo temperamento. Antonioni in forma di gelida intimità (L’avventura; La Notte; L’eclissi; Blow Up), Fellini nella lussureggiante messa in scena delle sue fantasie (La dolce vita; Otto e mezzo). Visconti dimostra ancora una volta il suo amore per i dettagli e l'arredamento, rivelando drammi interiori (Rocco e i suoi fratelli; Il Gattopardo). Doppio erede di Visconti (per il senso della storia e della composizione plastica) e di Rossellini (per aver catturato momenti fugaci che rivelano le profondità nascoste dell'essere), Francesco Rosi fa del suo Mezzogiorno natale il microcosmo della violenza e delle illusioni di tutta Italia (Salvatore Giuliano; Mano bassa sulla città; Il caso Mattei).
Pier Paolo Pasolini, poeta consacrato, esordisce con una favola neorealista, Accattone, seguita da Mamma Roma, che inaugura la serie delle sue parabole mitologiche o storiche (il Vangelo secondo Matteo; Uccellini e uccellacci; Teorema): è attraverso questo potere metaforico che il cinema illumina la realtà contemporanea degli anni Sessanta.

Domande da interrogazione

  1. Qual è l'origine e l'obiettivo del neorealismo nel cinema italiano?
  2. Il neorealismo è un movimento cinematografico nato in Italia dopo la seconda guerra mondiale, mirante all'oggettività e all'osservazione delle realtà quotidiane nel loro contesto sociale.

  3. Quali sono stati i principali registi del neorealismo italiano tra il 1945 e il 1952?
  4. I principali registi del neorealismo italiano in questo periodo furono Roberto Rossellini, Vittorio De Sica e Luchino Visconti.

  5. Come si è evoluto il neorealismo negli anni 1950?
  6. Negli anni 1950, il neorealismo ha restituito il gusto per la realtà, ma ogni regista ha sviluppato la propria visione del mondo, con un pubblico che ha mostrato disaffezione per un cinema che rifletteva la miseria, preferendo melodrammi e commedie.

  7. Quali sono stati i contributi di Michelangelo Antonioni e Federico Fellini al cinema degli anni 1960?
  8. Michelangelo Antonioni ha esplorato la cancellazione della realtà nei rapporti umani, mentre Federico Fellini ha utilizzato la caricatura per raggiungere il cuore delle cose, mescolando burlesque e tragico.

  9. In che modo il cinema degli anni 1960 ha continuato l'impegno sociale del neorealismo?
  10. Il cinema degli anni 1960 ha evidenziato le contraddizioni della società, pur avendo un tono meno cupo e amaro rispetto al neorealismo, riflettendo i cambiamenti sociali ed economici dell'epoca.

Domande e risposte