Concetti Chiave
- I cantari cavallereschi erano componimenti in versi recitati nelle piazze da giullari, destinati a un pubblico popolare e incolto, e si concentravano su avventure cavalleresche e temi come l'amore e il comico.
- Il Morgante di Pulci rappresenta una degradazione dei modelli tradizionali, riprendendo elementi giocosi e burleschi della tradizione fiorentina con un tono comico-parodico.
- Luigi Pulci, nato a Firenze, fu influente nella cerchia medicea fino a quando le sue posizioni eterodosse lo resero marginale; morì nel 1484, accusato di eresia e magia.
- Il Morgante è un poema cavalleresco in ottave che narra le avventure di Orlando e altri paladini, caratterizzato da una narrazione non lineare e da toni mutevoli, dal buffonesco al serio.
- Pulci utilizza una lingua vivace e variegata, mescolando il toscano parlato con termini latini e gerghi, rompendo con i canoni classici del linguaggio letterario.
Indice
L'epica delle origini e i cantari
Se i valori politico-religiosi dell’epica delle origini avevano già perso la loro efficacia nel passaggio dall’età feudale a quella comunale, il racconto delle avventure di cavalieri e paladini continuava a godere di una grande fortuna presso gli ambienti popolari e incolti attraverso la recitazione dei cantari cavallereschi, componimenti narrativi in versi (la versificazione prediletta è basata sull’ottava), che trattano la materia cavalleresca carolingia o bretone.
Tali componimenti vengono recitati nelle piazze da giullari e sono destinati a soddisfare le richieste di un pubblico ingenuo; in essi scompare la solennità epica dell’antica materia carolingia e si fa strada il gusto per la pura avventura. Acquista inoltre rilievo il tema dell’amore, ignoto alla primitiva epica carolingia, ma compare parallelamente anche il comico. Dovendo compiacere ed avvincere un pubblico non colto, gli autori ricorrono a meccanismi narrativi elementari, basati su una serie ripetitiva e potenzialmente infinita di avventure, su effetti di sorpresa, su iperboli straordinarie, intese a sbalordire, soprattutto negli scontri e nei duelli. La materia dei cantari sarà poi tenuta presente dai successivi poeti colti, Pulci, Boiardo e Ariosto, che riprenderanno quelle vicende dando loro una veste letteraria ed indirizzandole ad un pubblico del tutto diverso, cortigiano e comunque di condizione elevata.Il Morgante di Luigi Pulci
Rispetto alle opere di Boiardo e Ariosto, più vicino allo spirito dei cantari è il Morgante di Luigi Pulci, che riprende gli intenti giocosi e burleschi tipici della tradizione “borghese” fiorentina, rimasta viva anche all’interno della Signoria medicea - si pensi ai canti carnascialeschi. Oltre a rifare il verso alla materia dei giullari, Pulci si richiama alle esperienze della poesia comico-parodica, da Cecco Angiolieri al Burchiello, con il suo gusto per la deformazione caricaturale e grottesca, per le realtà più materiali e corpose. Il racconto delle avventure cavalleresche diventa così lo spazio aperto non solo al divertimento, ma anche all’irriverenza e alla dissacrazione, quando il riso si trasforma in irrisione.
La vita e l'influenza di Pulci
Nato a Firenze nel 1432 da una famiglia antica e nobile, ma impoverita, Pulci ebbe un’educazione letteraria che comprendeva la conoscenza del latino, ma non ai livelli raffinatissimi degli umanisti. Intorno al 1461 cominciò a frequentare il palazzo dei Medici, dove divenne intimo amico di Lorenzo de’ Medici, il futuro “signore”. Amato per il suo umore giocoso, per il suo gusto per la deformazione burlesca, influenzò per un certo periodo il clima della brigata medicea. Tuttavia, verso il ’73-’74 il clima della cerchia medicea cominciò a mutare per l’influenza dei filosofi “platonici” dell’Accademia, tra cui Pico della Mirandola, e si instaurò un atteggiamento di profonda pietà religiosa, che lasciò sempre più ai margini Pulci e le sue posizioni estrose e le sue curiosità eterodosse in materia religiosa e filosofica. Nel 1476 si pose al servizio del capitano di ventura Roberto Sanseverino e lasciò Firenze. Mentre lo accompagnava a Venezia, morì di febbri a Padova nel 1484 e, accusato di eresia, empietà e magia, venne sepolto in territorio sconsacrato.
La struttura e il linguaggio del Morgante
Il Morgante, che costituisce l’opera principale di Pulci, è un ampio poema in ottave di argomento cavalleresco, che trae il titolo dal nome dell’omonimo gigante protagonista. Pulci si proponeva inizialmente di dare una forma letteraria più degna ad un cantare popolaresco, l’Orlando, riversando nelle leggende dei paladini di Carlo Magno i suoi umori bizzarri e mutevoli, oltre ad inserire episodi e personaggi nuovi. La prima redazione, pubblicata probabilmente nel 1478, non ci è pervenuta; nel 1483 uscì una nuova edizione ampliata, intitolata Morgante maggiore. Il poema trae l’argomento dalle leggende carolingie, narra le avventure e gli amori di Orlando e di altri paladini e termina con la morte di Orlando a Roncisvalle.
L’opera, man mano che veniva composta, era letta alla corte medicea, e conservava in sé i caratteri di una poesia destinata più ad essere ascoltata che letta. La narrazione non ha un disegno unitario ed organico: gli episodi scaturiscono l’uno dall’altro in modo apparentemente casuale, e spesso procedono a sbalzi, senza legami evidenti tra loro. Il poema presenta una mutevole avventura di toni diversi: buffoneschi, seri ed eroici, patetici e teneri, fiabeschi. Occorre però precisare che questi umori bizzarri non sono indizio di una mente superficiale: il riso di Pulci ha un fondo serio e pensoso, che emerge a tratti nel poema (ad esempio nell’episodio del diavolo Astarotte).
Alla legge della mutevolezza e della varietà si adeguano anche la lingua: una lingua che viene forzata al di là dei codici consueti del linguaggio letterario e che si colloca perciò agli antipodi rispetto al canone classicistico del levigato unilinguismo, fissato dalla tradizione petrarchesca e ripreso da Poliziano. Il fondo è il toscano parlato, ricco di modi di dire vivaci ed incisivi, su cui, però, Pulci innesta una variegata ricerca linguistica, attingendo volentieri ai gerghi furbeschi (di cui lo scrittore compilò anche un vocabolario) e recuperando termini latini, letterari e scientifico-filosofici. Su tutto domina il gusto della deformazione, che perdurerà nel secolo successivo e troverà in Italia un grande interprete, Folengo, artefice del latino maccheronico, e fuori d’Italia si esprimerà nel capolavoro di Rabelais, Gargantua e Pantagruele.
Domande da interrogazione
- Quali sono le caratteristiche principali dei cantari cavallereschi?
- In che modo il Morgante di Luigi Pulci si differenzia dalle opere di Boiardo e Ariosto?
- Qual è stata l'influenza di Luigi Pulci nella corte medicea?
- Quali sono le caratteristiche strutturali e linguistiche del poema Morgante?
- Qual è il significato del riso nel Morgante di Pulci?
I cantari cavallereschi sono componimenti narrativi in versi, spesso basati sull'ottava, che trattano la materia cavalleresca carolingia o bretone. Sono recitati da giullari nelle piazze e mirano a intrattenere un pubblico popolare e ingenuo, utilizzando avventure ripetitive, effetti di sorpresa e iperboli straordinarie.
Il Morgante di Luigi Pulci è più vicino allo spirito dei cantari, con intenti giocosi e burleschi tipici della tradizione fiorentina. Pulci si ispira alla poesia comico-parodica e introduce elementi di irriverenza e dissacrazione, trasformando il riso in irrisione.
Luigi Pulci, amico intimo di Lorenzo de’ Medici, influenzò il clima della brigata medicea con il suo umore giocoso e il gusto per la deformazione burlesca. Tuttavia, con l'influenza dei filosofi platonici, Pulci fu progressivamente emarginato a causa delle sue posizioni eterodosse.
Il Morgante è un poema in ottave che presenta una narrazione non unitaria, con episodi che si susseguono in modo apparentemente casuale. La lingua è vivace e variegata, attingendo a gerghi furbeschi e termini latini, con un gusto per la deformazione che si discosta dal canone classicistico.
Nel Morgante, il riso ha un fondo serio e pensoso, emergendo in momenti specifici del poema. Non è solo un elemento di divertimento, ma anche un mezzo per esprimere riflessioni più profonde, come nell'episodio del diavolo Astarotte.