Concetti Chiave
- Grazia Deledda, autodidatta sarda nata nel 1871, ha coltivato la sua passione letteraria con letture di grandi romanzieri dell'Ottocento, pubblicando poesie e racconti già in giovane età.
- La scrittrice ha ottenuto notorietà con il romanzo "La via del male" nel 1896, influenzando il suo stile verso il verismo e utilizzando la Sardegna come sfondo per i suoi racconti realistici.
- Deledda esplora il travaglio morale dell'individuo, rappresentando conflitti interiori e la lotta contro il destino, influenzata dalla letteratura russa, in particolare da Lev Tolstoj.
- "Canne al vento", il suo romanzo più celebre, pubblicato nel 1913, narra le vicende della famiglia Pintor e affronta temi di fragilità umana e destino inevitabile.
- Oltre ai romanzi, Deledda ha scritto poesie che celebrano la cultura e le tradizioni sarde, mescolando lingua sarda e italiana per esaltare il patrimonio culturale dell'isola.

Indice
Grazia Deledda, biografia e opere
Nasce a Nuoro, in Sardegna, nel 1871 da una famiglia benestante.
La Deledda può essere definita un'autodidatta: non segue, infatti, corsi regolari di studio, ma alimenta la sua precoce passione letteraria con la lettura dei più grandi romanzieri dell'Ottocento. Giovanissima, pubblica su riviste femminili e su giornali locali poesie e racconti, tutti improntati a fantasie romantiche, a vicende d'amore, di dolore e di morte che molto si avvicinano alle tematiche decadenti del D'Annunzio.
Nel 1896 pubblica il romanzo “La via del male”, che riceve un'ottima recensione da Luigi Capuana, critico e scrittore affermato: da questo momento la notorietà della scrittrice sarda cresce sempre più. L'influsso della narrativa verista, di grande successo in quegli anni, segna una svolta decisiva nel suo stile. Lo sguardo verso il mondo che la circonda si fa più attento. La terra di Sardegna, aspra e selvaggia, diventa lo scenario in cui prendono vita personaggi della realtà quotidiana: servi pastori della Barbagia, garzoni di fattorie sperdute. Questi personaggi, tormentati da profondi conflitti interiori, sono delineati con mano sicura e precisa. Sembrano emersi dalle antiche leggende popolari dell'isola. Su di essi pesa un destino tragico a cui non possono sottrarsi. Trasferitasi a Roma nel 1900, dopo il matrimonio con un funzionario statale, continua la sua attività di scrittrice con romanzi che la rendono nota a un vasto pubblico: “Elias Portolu” (1903), “Cenere” (1904), “L’edera” (1906), “Canne al vento” (1913), “Marianna Sirca” (1915), “La madre” (1920), “Il paese del vento” (1931), “Cosima” (1937). Nel 1926 ottiene il Premio Nobel per la letteratura. Muore a Roma nel 1936.
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Pensiero e personalità: autrice del travaglio morale
Grazia Deledda, seppur associata al verismo e regionalismo per i tratti folclorici dei suoi racconti, descrive principalmente, nelle sue opere, il travaglio morale dell’individuo. Ne approfondisce i conflitti interiori, le angosce e le sofferenze, le fragilità di fronte al male. Ella ritiene infatti che, per quanto cerchi di combattere, l’essere umano non può che uscire sconfitto dalla lotta con le proprie passioni. I personaggi di cui ci parla, infatti, Deledda sono vittime del fato, costretti all’infelicità e nel suo stile forte si sente l’influsso della letteratura russa, in particolare di Lev Tolstoj. E le sue storie hanno sì, caratteristiche regionaliste. La donna, infatti, è presentata nella sua lotta per il riconoscimento sociale. Il denaro è il mezzo per riscattare una disuguaglianza originaria. La sessualità è il diavolo tentatore capace di compromettere la fermezza di istituzioni quali il matrimonio, la famiglia, il sacerdozio. La sua opera manca di quella descrizione dettagliata e minuziosa ricostruzione dei veristi, i suoi paesaggi emergono dalla psicologia e dalle passioni che l’autrice ci racconta.
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“Canne al vento”, trama dell’opera
“Canne al vento” è il romanzo più famoso di Grazia Deledda, pubblicato nel 1913, dopo essere uscito a puntate sulla rivista milanese “L’illustrazione italiana”. L’opera racconta le vicende della famiglia Pintor, dalle nobili origini, che vive in un villaggio in Sardegna. Il padre di famiglia, Don Zame, è un padre padrone, che trascura la felicità delle quattro figlie (Ruth, Ester, Noemi e Lia) e pensa solo a mantenere alto il prestigio della famiglia. Lia, la figlia più piccola, si ribella alla prepotenza del padre e fugge dalla Sardegna, approdando a Civitavecchia. A quel punto, disonorato, Don Zame tenta di seguirla ma viene ucciso involontariamente da Efix, servo della famiglia, che stava cercando di aiutare la fuggiasca. Efix a questo punto cerca di espiare il proprio senso di colpa rimanendo al servizio delle altre sorelle, cadute, dopo la morte del padre, in disgrazia. Intanto Lia ha un figlio, Giacinto, che stravolgerà nuovamente gli equilibri della famiglia. Alla notizia del suo arrivo in Sardegna le sorelle reagiscono diversamente tra chi lo vuole e chi no. Il giovane, infatti, inizia a sperperare le ultime ricchezze rimaste alle zie e si innamora di una ragazza di ceto inferiore. Il che mette ulteriormente a disagio la famiglia Pintor che cade sempre più in disgrazia. Ruth muore, e tra Efix e Giacinto cominciano a nascere dei malumori: quest’ultimo non sopporta di essere continuamente rimproverato e accusa il servo dell’omicidio del nonno. Efix, colpevole, abbandona la famiglia, che pian piano si risolleva. Passa del tempo e Giacinto sposa la sua amata, Noemi sposa il cugino, e la situazione economica inizia a migliorare. Efix, ormai provato da una malattia, confessa il proprio omicidio involontario e muore negli ultimi capitoli toccanti del romanzo proprio il giorno del matrimonio di Noemi. L’intera vicenda affronta dunque temi come la fragilità umana, e il triste sottostare dell’uomo alla sorte, costretto a piegarsi al destino come canne al vento.
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Grazia Deledda, poesie che raccontano la Sardegna
Oltre agli importanti romanzi, Grazia Deledda scrive anche molte poesie, nelle quali continua a rappresentare i misteri e le tradizioni della Sardegna risollevandone la fama e il prestigio. A questo scopo, le scrive in lingua sarda, che mescola con l’italiano per favorire la trasmissione della cultura isolana su tutto il territorio. Tra le poesie più significative, la raccolta “Paesaggi sardi” (1896) e “Noi siamo sardi” che descrive l’anima e le origini del popolo sardo:
Noi siamo spagnoli, africani, fenici, cartaginesi,
romani, arabi, pisani, bizantini, piemontesi.
Siamo le ginestre d’oro giallo che spiovono
sui sentieri rocciosi come grandi lampade accese.
Siamo la solitudine selvaggia, il silenzio immenso e profondo,
lo splendore del cielo, il bianco fiore del cisto.
Siamo il regno ininterrotto del lentisco,
delle onde che ruscellano i graniti antichi,
della rosa canina,
del vento, dell’immensità del mare.
Siamo una terra antica di lunghi silenzi,
di orizzonti ampi e puri, di piante fosche,
di montagne bruciate dal sole e dalla vendetta.
Noi siamo sardi.
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Domande da interrogazione
- Chi era Grazia Deledda e quale fu il suo percorso letterario?
- Quali sono i temi principali delle opere di Grazia Deledda?
- Qual è la trama del romanzo "Canne al vento"?
- In che modo Grazia Deledda rappresenta la Sardegna nelle sue poesie?
- Quali influenze letterarie si riscontrano nelle opere di Grazia Deledda?
Grazia Deledda era una scrittrice sarda del primo Novecento, nata a Nuoro nel 1871. Autodidatta, iniziò a pubblicare poesie e racconti su riviste femminili e giornali locali. La sua notorietà crebbe con il romanzo "La via del male" nel 1896. Trasferitasi a Roma, continuò a scrivere romanzi che la resero famosa, ottenendo il Premio Nobel per la letteratura nel 1926.
Le opere di Grazia Deledda si concentrano sul travaglio morale dell'individuo, esplorando conflitti interiori, angosce e sofferenze. I suoi personaggi sono spesso vittime del fato, costretti all'infelicità. Le sue storie, pur avendo caratteristiche regionaliste, trattano temi universali come la lotta per il riconoscimento sociale e le tentazioni della sessualità.
"Canne al vento" narra le vicende della famiglia Pintor in Sardegna. Dopo la fuga della figlia Lia, il padre Don Zame muore accidentalmente per mano del servo Efix. Efix cerca di espiare la colpa servendo le altre sorelle, mentre il ritorno di Giacinto, figlio di Lia, sconvolge ulteriormente la famiglia. La storia affronta temi di fragilità umana e destino inevitabile.
Grazia Deledda rappresenta la Sardegna attraverso poesie che esaltano i misteri e le tradizioni dell'isola. Utilizza la lingua sarda mescolata con l'italiano per diffondere la cultura isolana. Le sue poesie, come "Paesaggi sardi" e "Noi siamo sardi", descrivono l'anima e le origini del popolo sardo, evocando paesaggi e sentimenti profondi.
Nelle opere di Grazia Deledda si riscontrano influenze del verismo e della letteratura russa, in particolare di Lev Tolstoj. Sebbene associata al verismo per i tratti folclorici, la sua scrittura si distingue per l'approfondimento dei conflitti interiori e delle passioni umane, piuttosto che per la descrizione dettagliata tipica dei veristi.