Concetti Chiave
- Primo Levi descrive tre tipi di prigionieri nei Lager nazisti: rei comuni, ebrei e prigionieri politici, evidenziando una complessa rete di rapporti tra loro.
- Il saggio si concentra su riflessioni e opinioni dei sopravvissuti, sottolineando il peso della memoria e la difficoltà di rievocare l'esperienza del Lager.
- Levi distingue tra "sommersi" e "salvati", con i sopravvissuti che spesso provano vergogna per l'egoismo necessario alla sopravvivenza.
- L'opera esplora la complessità dei ruoli tra oppressori e vittime, suggerendo che non esiste una netta distinzione tra i due.
- Il libro di Levi offre una visione unica dei Lager, concentrandosi su questioni morali e psicologiche, piuttosto che sulle esperienze giornaliere dei prigionieri.

Riassunto e trama
I prigionieri dei Lager nazisti sono di tre tipi: rei comuni, ebrei, prigionieri politici. Nel testo sembrano passare le ombre di milioni di figure che vivono in modo diverso, ma comunque tragico, le infamie dei Lager nazisti.
Tra di loro esiste una rete di rapporti molto complessa.
Uno degli aspetti per esempio, che disorienta e paralizza i "nuovi" dei Lager, è l’accoglienza terribile fatta di insulti, sputi, calci, degli "anziani" anche solo per qualche mese di presenza nel Lager, da coloro da cui si sarebbero aspettati conforto e consiglio.
Nella prefazione dell’opera, Primo Levi ci tiene a puntualizzare che il suo punto di vista non è quello di uno storico; per cui nel saggio vengono riportate per lo più considerazioni, non essendovi alcuna documentazione reale dei fatti accaduti. Nel testo infatti sono presenti riflessioni e opinioni che accomunano i reduci dalla drammatica esperienza dei lager. In particolare, emergono i ricordi, i sentimenti e le emozioni che i sopravvissuti hanno sentito fortemente sulla propria pelle, anche a causa delle violenze subite. L’autore parla dell’importanza della Memoria e del Ricordo per noi uomini. Rievocare il dramma del Lager provoca forte disagio sia a chi lo ha vissuto da vittima sia a chi lo ha vissuto da oppressore. Per non restare schiacciato dal peso di ciò che ha fatto l’oppressore si costruisce una realtà di comodo cercando di convincere sé stesso e poi gli altri che ha agito “in buona fede”.
Chi sono i sommersi e i salvati
I salvati sono i sopravvissuti a un Lager, essi provano vergogna anche per l’egoismo assoluto che ha contraddistinto il periodo trascorso all’interno di questi terribili luoghi: non si aveva tempo o possibilità di badare agli altri, ma soltanto a sé stessi. Levi dice che “i salvati non erano i migliori”. Purtroppo a sopravvivere erano spesso gli egoisti, le spie, i loro collaboratori, le persone più malvagie e senza scrupolo.
Chi si è salvato da un lager e ha un animo sensibile sente su di sé tutte le colpe del mondo, soffre anche per quello che altri hanno commesso al posto suo. Le vittime infatti solitamente alterano i ricordi di una esperienza così dolorosa per evitare di soffrire ancora. Ma c’è una differenza che Primo Levi mette in evidenza: mentre i politici, i combattenti e coloro che hanno sofferto di meno hanno provato un senso (legittimo) di liberazione una volta usciti dai lager, in tutti gli altri (la maggioranza) prevale un senso di abbattimento e vergogna che dura molti anni. Alcuni sopravvissuti ai campi di concentramento non hanno retto al peso dei ricordi e si sono suicidati. Nei lager non avvengono suicidi semplicemente perché si è impegnati a sopravvivere e il senso di colpa viene continuamente soffocato dalle violenze e punizioni inflitte.
Una volta usciti, poi, il senso di colpa di non aver fatto nulla per ribellarsi al sistema che li ha soggiogati, torna a fare capolino. E per alcuni può essere talmente forte da portare al suicidio.
Non esiste una netta distinzione tra oppressori e vittime, anche se i loro ruoli determinano responsabilità diverse. Tra le vittime, molte si trasformano in collaboratori, alcune addirittura in aguzzini e oppressori, a loro volta vittime di altri.
Commento all'opera I sommersi e i salvati
Il libro di Primo Levi, I sommersi e i salvati,è l’ultimo dei libri nei quali l'autore descrive l’esperienza dei campi di concentramento nazisti, vissuta personalmente e raccontata anche nel suo più celebre romanzo, Se questo è un uomo.
Questo libro, infatti, venne concepito dall'autore come una serie di risposte ad alcune domande poste dopo la lettura del libro
Se questo è un uomo; domande di tipo morale e psicologico che si pongono automatiche, come per esempio: qual è il rapporto tra oppressori e oppressi? Era possibile capire all’interno la logica della macchina dello sterminio? Era possibile ribellarsi?
Anche se una risposta esatta a queste domande non c’è, Primo Levi ha cercato di dare una sintetica ma concisa descrizione dei lager, mettendo in evidenzia gli aspetti negativi e le tipiche giornate nei campi di concentramento.
L’esperienza dei campi di concentramento è estranea alle nuove generazioni e sempre più estranea si va facendo man mano che passano gli anni. Per i giovani degli anni ’50-’60, queste esperienze erano ancora vive e vivide nella memoria dei loro padri e nonni, e se ne parlava in famiglia e i ricordi conservavano la freschezza delle cose vissute. Per i giovani di oggi, rappresentano ormai cose lontane, sfumate, storiche. Essi sono assillati dai problemi di oggi, diversi, urgenti.
Levi vuole far capire ai lettori la differente struttura di una memoria, che puo’ essere ricca di ricordi allegri, gioiosi o piena di ricordi negativi che rivivono quotidianamente nei nostri pensieri, assillandoci la mente, ma può essere anche tormentata da un chiodo fisso, qualche azione fatta o subita che vorremmo cancellare o vendicare. Quest’ultima è la memoria di un dittatore, che non nasce dal nulla e non crea una dittatura tanto per comandare, ma vuole realizzare qualcosa, rivendicare qualcosa. Secondo l’autore la memoria dell’uomo è uno strumento bellissimo, ma che può sbagliare; infatti i ricordi col passare degli anni tendono a cancellarsi, spesso subiscono delle modifiche o addirittura vi si inseriscono dei particolari estranei.
Più si rievoca un ricordo, più questo rimane vivo, ma talvolta si cristallizza e così si ricorda ciò che si è rievocato e non il fatto stesso.
Questo libro non è il solito romanzo che tratta l’argomento dei campi di concentramento, soffermandosi soprattutto sulle esperienze personali, giornaliere, ma è un saggio che mette al centro i rapporti sociali, le amicizie, i tristi addii e le diverse persone, le diverse culture, le diverse lingue che popolavano i lager nazisti.
Per ulteriori approfondimenti su Primo Levi vedi anche qua.
Domande da interrogazione
- Quali sono i tipi di prigionieri descritti nel saggio "I sommersi e i salvati" di Primo Levi?
- Come vengono accolti i nuovi prigionieri nei Lager secondo il testo?
- Cosa prova chi è sopravvissuto ai Lager, secondo Levi?
- Qual è la differenza tra i sopravvissuti politici e gli altri sopravvissuti?
- Qual è l'obiettivo di Levi nel libro "I sommersi e i salvati"?
I prigionieri dei Lager nazisti sono descritti come rei comuni, ebrei e prigionieri politici, ognuno vivendo in modo diverso ma tragico le infamie dei Lager.
I nuovi prigionieri vengono accolti con insulti, sputi e calci dagli "anziani" del Lager, un'accoglienza che disorienta e paralizza.
I sopravvissuti provano vergogna per l'egoismo assoluto vissuto nei Lager e un senso di colpa per non essersi ribellati al sistema oppressivo.
I sopravvissuti politici provano un senso di liberazione, mentre gli altri sopravvissuti provano abbattimento e vergogna che durano molti anni.
Levi vuole far comprendere ai lettori la complessità della memoria e l'importanza di ricordare le esperienze dei Lager, mettendo in evidenza i rapporti sociali e le diverse culture presenti nei campi di concentramento.