Concetti Chiave
- Luigi Pirandello fu criticato da Benedetto Croce per la sua impostazione filosofica, che secondo Croce riduceva la sua autenticità letteraria, critica che tornò anche dopo il Nobel nel 1934.
- Leonardo Sciascia, insieme ad altri critici come Sapegno e Petronio, rivalutò Pirandello, sottolineando la sua abilità nella critica delle convenzioni borghesi e l'importanza del contesto siciliano nella sua opera.
- Il vitalismo di Pirandello è inteso come un democraticismo assoluto, in contrasto con l'élitismo dannunziano, permettendo all'uomo di vivere autenticamente attraverso la visceralità e l'istintualità.
- Lo straniamento in Pirandello si manifesta attraverso il distacco critico, esemplificato dai personaggi come Mattia Pascal e Enrico IV, che vivono la vita in modo alienato.
- Pirandello abbraccia l'idea della relatività, rifiutando un sistema etico univoco e promuovendo il dubbio come base della comprensione umana, come evidenziato da Nino Borsellino.
Indice
Critiche e rivalutazioni di Pirandello
Nel 1919 dopo l’uscita de “L’umorismo”(1908) Pirandello riceva la stroncatura di Benedetto Croce, che critica soprattutto l’impostazione metodologica di carattere filosofico, che fa venir meno la vena del letterato vero e proprio, una critica che Croce riproporrà anche dopo l’assegnazione del Premio Nobel per la Letteratura nel 1934.
Altro testo critico decisivo è “Pirandello e la Sicilia” di Leonardo Sciascia, che si inserisce in un filone rivalutativo già rappresentato da Sapegno e Petronio.
In particolare, Giuseppe Petronio (critico marxista) inverte la posizione crociana ritenendo Pirandello particolarmente abile nella critica corrosiva nei confronti delle convenzioni borghesi. In questo senso, la contrada del Caos di Agrigento è una costante non solo biografica, ma anche narrativa, e soprattutto non è mai indizio di provincialismo. Filosoficamente è possibile operare una distinzione dialettica fra “vita” e forma”, già presa in considerazione dal critico Adriano Tilgher negli anni Venti del Novecento.Vitalismo e democraticismo pirandelliano
Il vitalismo pirandelliano è solo parzialmente assimilabile al dionisiaco dannunziano, in quanto lo scrittore siciliano non intende più il vitalismo come il privilegio di alcuni uomini ben selezionati, bensì come forma di democraticismo assoluto, nonché unico rimedio per dire di aver vissuto veramente (l’uomo infatti può tornare alla visceralità e all’istintualità, abbandonando ogni codificazione). Un personaggio come Mattia Pascal o come Vitangelo Moscarda diventa quindi un “forestiere della vita”, ovvero un uomo che vive l’esistenza in maniera straniata, ma senza alcuna accezione poetica.
Straniamento e relatività in Pirandello
Altro dato importante è la “filofosia del lontano”, in quanto lo straniamento può essere raggiunto attraverso un distacco critico che ha due differenti modalità: il guardarsi vivere (modello Mattia Pascal) oppure la scelta della lucida follia (modello Enrico IV).
Infine, con Pirandello si ha anche l’apoteosi della relatività: egli non si propone più in un sistema codificato come avevano fatto o tentato di fare i suoi predecessori, ma ritiene che non esista alcuna univocità etica e perciò la vita dell’uomo non possa essere spesa nella ricerca delle certezze (esse non esistono e sembra rianimarsi la tendenza al “dubito ergo sum”). Nino Borsellino mostra infatti che in Pirandello c è un’analisi che almeno metodologicamente è tanto rigorosa da schiacciare tutto il resto.
Domande da interrogazione
- Quali sono le principali critiche mosse a Pirandello da Benedetto Croce?
- In che modo il vitalismo pirandelliano si differenzia dal dionisiaco dannunziano?
- Come si manifesta lo straniamento e la relatività nella filosofia di Pirandello?
Benedetto Croce critica l'impostazione metodologica di carattere filosofico di Pirandello, ritenendo che essa faccia venir meno la vena del letterato vero e proprio, una critica che Croce ripropone anche dopo l'assegnazione del Premio Nobel per la Letteratura nel 1934.
Il vitalismo pirandelliano si differenzia dal dionisiaco dannunziano perché non è visto come privilegio di pochi uomini selezionati, ma come una forma di democraticismo assoluto, permettendo all'uomo di tornare alla visceralità e all'istintualità, abbandonando ogni codificazione.
Lo straniamento in Pirandello si manifesta attraverso un distacco critico, come il "guardarsi vivere" o la "lucida follia", mentre la relatività si esprime nel rifiuto di un sistema codificato, sostenendo che non esista un'univocità etica e che la vita non possa essere spesa nella ricerca delle certezze.