Concetti Chiave
- Giacomo Leopardi's "L'Infinito" is a renowned poem reflecting the poet's inner "historical adventures," where the hedge symbolizes both a boundary and a trigger for imagination.
- The poem emphasizes the dualism between reality and imagination, suggesting that the poet's mind creates an infinite space beyond the visible, offering a sense of peace.
- Leopardi uses the natural setting to evoke the sensation of infinity, where the sound of the wind is compared to the eternal silence, highlighting the contrast between the finite and the infinite.
- The poem is a reflection on the human pursuit of pleasure and happiness, which can only be truly experienced through imagination and illusion, not in reality.
- Leopardi's early works reveal a philosophical pessimism, emphasizing the growing dominance of reason that distances man from nature and the inherent impossibility of achieving true happiness.

Indice
Interminati spazi e sovrumani silenzi
Il componimento, scritto in endecasillabisciolti, fa parte di quelle liriche definite dall’autore come “avventure storiche” del suo animo.
In questa poesia, l’Io del poeta, non contempla l’infinito, ma vi si immerge, affidando a questa esperienza la speranza che il suo animo si possa placare. Un ruolo fondamentale ha la siepe, limite e spinta a immaginare, lo stimolo all’avventura. Riportiamo il testo, così come lo scrisse il poeta.
Sempre caro mi fu quest'ermo colle,
e questa siepe, che da tanta parte
dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
spazi di là da quella, e sovrumani
silenzi, e profondissima quïete
io nel pensier mi fingo, ove per poco
il cor non si spaura. E come il vento
odo stormir tra queste piante, io quello
infinito silenzio a questa voce
vo comparando: e mi sovvien l'eterno,
e le morte stagioni, e la presente
e viva, e il suon di lei.
Così tra questa
immensità s'annega il pensier mio:
e il naufragar m'è dolce in questo mare.
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L’infinito: parafrasi e commento
Questo colle solitario mi è sempre stato caro. Nel componimento si ripete l’aggettivo dimostrativo, “quest’ermo”, “questa siepe”, “queste piante”, “questa voce”, che che rende l’idea di una realtà, visibile e presente, dalla quale prende slancio l’immaginazione, la finzione poetica. E così questa siepe, che impedisce allo sguardo di vedere una gran parte dell’orizzonte. Il luogo è caro a Leopardi perché permette di elevare il pensiero e l’immaginazione. Escludendo lo sguardo lascia libertà alla fantasia di spingersi oltre.
Ma sedendomi e osservando, sterminati spazi al di là di quella siepe, e silenzi sovrumani,
e quiete profondissima, io mi immergo nella finzione del pensiero. Lo sguardo del poeta, si presta alla finzione dell’immaginazione. C’è ancora un forte dualismo tra reale e finzione. “Io nel pensier mi fingo”, commentando il verso con le parole dello stesso Leopardi nello Zibaldone potremmo dire “Alle volte l’anima desidererà ed effettivamente desidera una veduta ristretta e confinata in certi modi, come nelle situazioni romantiche. La cagione è la stessa, cioè il desiderio dell’infinito, perché allora in luogo della vista, lavora l’immaginazione e il fantastico sottentra al reale. L’anima s’immagina quello che non vede, che quell’albero, quella siepe, quella torre gli nasconde, e va errando in uno spazio immaginario, e si figura cose che non potrebbe, se la sua vista si estendesse da per tutto, perché il reale escluderebbe l’immaginario”. E di conseguenza di ciò il cuore quasi si spaventa, cioè la visione dell’infinito evocata dal poeta lo spaventa. Come quando ascolto il vento tra queste piante, io paragono quell’infinito silenzio a questa voce che genera il rumore del vento: e mi ricordo dell’eterno. L’infinito infatti è un tempo eterno, che era già presente prima che si rivelasse. E del tempo passato, e dell’età presente e viva e i suoi rumori. Così in questa immensità sprofonda il mio pensiero: e naufragare in questo mare è dolce, perché Leopardi si libera dall'angoscia della ragione.
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La teoria del piacere e il pessimismo storico
La produzione poetica leopardiana dei primi anni è mossa da una chiara riflessione filosofica, quella sulla ricerca del piacere legato in maniera imprescindibile all’idea di felicità. A muovere l’uomo infatti è un desiderio di piacere, non collegato ad un piacere specifico, ma al suo ideale infinito, eterno, dunque alla felicità. E di un piacere così, l’uomo non può fare esperienza nella realtà, ma solo attraverso l’immaginazione e le illusioni. Tanto più è grande l’immaginazione tanto maggiore è la felicità che essa può generare. Come leggiamo dalle parole dello stesso Leopardi nello Zibaldone: “Io considero le illusioni come cosa in certo modo reale stante ch’elle sono ingredienti essenziali del sistema della natura umana, e date dalla natura a tutti quanti gli uomini, in maniera che non è lecito spregiarle come sogni di un solo, ma propri veramente dell’uomo e voluti dalla natura, e senza cui la vita nostra sarebbe la più misera e barbara cosa ecc. Onde sono necessari ed entrano sostanzialmente nel composto ed ordine delle cose”. Come leggiamo nella citazione è la natura che fa sì che l’uomo ricorra all’immaginazione, la natura è grande rispetto alla ragione umana, che invece è piccola. Il pessimismo storico, che caratterizza dunque questo primo periodo del pensiero di Leopardi, va ricondotto quindi all’infelicità alla quale il dominio crescente della ragione ha condotto, allontanando l’uomo dalla natura. E rendendolo inoltre cosciente che c’è una radicale impossibilità per l’uomo a raggiungere la realizzazione del piacere e della felicità.
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Domande da interrogazione
- Qual è il ruolo della siepe nella poesia "L'Infinito" di Leopardi?
- Come viene descritto il dualismo tra reale e immaginario nella poesia?
- In che modo Leopardi collega il concetto di infinito al tempo?
- Qual è la relazione tra piacere e felicità secondo Leopardi?
- Come si manifesta il pessimismo storico nel pensiero di Leopardi?
La siepe rappresenta un limite fisico che stimola l'immaginazione del poeta, permettendogli di immergersi in spazi infiniti e silenzi sovrumani, elevando il pensiero oltre il visibile.
Leopardi esplora il dualismo tra reale e immaginario attraverso la finzione del pensiero, dove l'immaginazione sostituisce la vista reale, permettendo all'anima di vagare in spazi immaginari.
Leopardi associa l'infinito a un tempo eterno, evocando l'eterno e le stagioni passate e presenti, suggerendo che l'infinito esisteva già prima di essere percepito.
Leopardi vede il piacere come un desiderio infinito e ideale, legato alla felicità, che non può essere sperimentato nella realtà ma solo attraverso l'immaginazione e le illusioni.
Il pessimismo storico di Leopardi deriva dall'infelicità causata dal dominio della ragione, che allontana l'uomo dalla natura e rende impossibile raggiungere il piacere e la felicità.