1. Roma (1823): dove soggiorna dallo zio, la quale si rivela una delusione.
2. Milano (1825): chiamato dall’editore Stella
3. Bologna(1825): dove pubblica le prime canzoni.
4. Firenze (1827): dove trova altri scrittori
5. Pisa (1828): dove la dolcezza del clima e l’affetto degli amici favoriscono il ritorno alla poesia.
Successivamente nel 1830 decide di accettare l’invito degli amici, che gli offrono un assegno mensile in cambio di un anno di collaborazioni critiche-letterarie. Nel 1833 si trasferisce a Napoli assieme ad un amico conosciuto a Firenze nella speranze che il clima mite posso migliorare la sua salute, qui a Napoli concordo con l’editore Starita la pubblicazione di tutte le sue opere. Nel 1836 si sposta ancora a Torre del Greco per scappare da un epidemia di colera e rientrato a Napoli nel 1837 Leopardi muore.
Il pensiero di Leopardi
Leopardi ha nelle sue opere una visione pessimistica soprattutto della vita dell’uomo causata per la maggior parte dalla sofferenze fisiche e psichiche, e riprende molto il materialismo illuministico.
Il “pessimismo storico” (1818-1822) Leopardi si interroga molto sull’origine dell’infelicità umana e arriva alla conclusione che la sofferenza degli uomini non dipende dalla natura ma bensì dall’evoluzione della civiltà.
La Teoria del Piacere (1822-1823) Leopardi constata che ogni uomo cerca di arrivare alla felicità, ma in verità desidera un piacere infinito che non esiste a meno che non venga immaginato, nella forma di un piacere passato o uno indeterminato futuro.
Il “pessimismo cosmico” (1823-1830) Nel quale l’autore pensa all’infelicità non più come un risultato storica bensì come un dato assoluto nel quale sono presenti tutti gli esseri viventi. E inoltre non vede più la natura come una madre benevola.
Il Titanismo Storico il valore della civiltà viene riaffermato con forza negli ultimi anni del Leopardi attraverso l’accettazione di un destino di sofferenza contro il quale l’uomo dovrà battersi.
La poetica del Leopardi
Per Giacomo la poesia classica è superiore a quella moderna, e pena che chi voglia creare vere arte debba ispirarsi ad essa e per questo “le canzoni” hanno una forma classica, anche la poetica del Leopardi si può suddividere in 3 fasi:
La “Poetica del vago e dell’indefinito” (periodo giovanile) nel quale ritiene che i testi per suscitare emozioni al lettore debbano fare ampio spazio a immagini vaghe e indeterminate in grado di stimolare l’immaginazione (“piccoli idilli”).
Il “Pensiero poetante” in cui descrive decisive verità filosofiche e morali, in genere presentano una struttura divisa in due parti: la prima parte realistico-descrittiva (spesso con ambientazione di Recanati); e una seconda parte di tipo riflessiva.
L’Ultimo Leopardi adotta una tecnica puramente anti-idillica senza qualsiasi descrizione paesaggistica o di immagini vaghe o indefinite.
Le opere del Leopardi
• Le opere giovanili: nel 1816 dopo la “conversione letteraria” Leopardi si dedica definitivamente alla poesia con la traduzione di testi classici e la stesura delle prime liriche.
• Lo Zibaldone e le prose teoriche: Nel 1817 Leopardi inizia la stesura di alcune annotazioni che proseguiranno lungo tutta la sua vita e andranno a formare oltre 4500 pagine dello Zibaldone (raccolta di appunti privati, una sorta di diario personale).
• I Canti: l’unica raccolta, fra quelle elencate, non i prosa, infatti è una raccolta di 41 liriche varie per quanto riguarda i temi. Alcune sono di carattere filosofico, altre d’amore, altre ancora per la patria. Leopardi iniziò a scriverli nel 1818 e continuò fino a qualche giorno prima della sua morte, quindi continuò a scriverli durante i suoi viaggi da una città all’altra. Vengono suddivisi in 3 fasce di produzione:
1. Primo gruppo: i “piccoli idilli”.
2. Secondo gruppo: con i canti pisano-recanatesi e i “grandi idilli”.
3. Terzo gruppo: “il ciclo di Aspasia” e le ultime liriche fra cui “la ginestra”.
• Le Operette morali: una raccolta di 24 componimenti risalenti al 1824, dei quali circa 17 sono dialogati. Gli argomenti sono abbastanza vari ma il tema è sempre quello dell’illusione umana e della visione pessimistica del poeta. Il titolo è stato scelto per uno scopo didascalico, quello di insegnare all’uomo l’accettazione del dolore e della debolezza che è in lui. Vennero pubblicate nel 1829, anno in cui Manzoni pubblicò i Promessi Sposi.