Concetti Chiave
- Giacomo Leopardi, nato nel 1798 a Recanati, mostrò sin da bambino un talento precoce, formato attraverso una vasta biblioteca paterna e precettori ecclesiastici.
- Tra il 1809 e il 1816, Leopardi acquisì una grande erudizione attraverso studi intensi, segnando l'inizio della sua carriera letteraria con componimenti iniziali.
- La "conversione letteraria" di Leopardi avvenne nel 1816, quando passò da una fase di studio a una di creatività compositiva e iniziò a sfidare le posizioni cattoliche della famiglia.
- Leopardi rifiutò il Romanticismo per un classicismo che imitava la natura, criticando la modernità e cercando un equilibrio tra immaginazione e realtà nella poesia.
- Il pensiero leopardiano evolse da un pessimismo storico a un pessimismo cosmico, vedendo la natura come indifferente e malvagia, portando a una visione contemplativa e ironica della condizione umana.
Indice
La vita di Giacomo Leopardi
Giacomo Leopardi nasce a Recanati nel 1798, primo di 5 fratelli, appartiene alla nobiltà di provincia. Manifesta sin da piccolo un ingegno precoce.La formazione culturale è affidata a precettori casalinghi, ecclesiastici che condividono il classicismo del padre e le esigenze religiose della madre. Ma molto importante sarà la ricchissima biblioteca paterna.
Tra il 1809 e il 1816 si svolgono i 7 anni di studio matto e disperatissimo che conferiranno a Leopardi una grande erudizione, ma al prezzo di danni fisici; a questo periodo risalgono i suoi primi componimenti.
Intorno al 1816 egli inizia a percepire la ristrettezza culturale e l’insufficienza affettiva dell’ambiente familiare e recanatese; in questo periodo si colloca quella che lo stesso autore definisce “conversione letteraria” ossia il passaggio dalla fase erudita e di studio a quella della composizione creativa.
Nel 1817 inizia la corrispondenza con Pietro Giordani, considerato da Leopardi come suo “padre letterario”. L’amicizia con Giordani favorisce la rottura con le posizioni cattoliche della famiglia, promuovendo l’adesione a una concezione materialistica e atea. Nello stesso anno inizia a redigere lo Zibaldone, un’opera che contiene riflessioni personali, filosofiche e morali.
Successivamente tenta la fuga da Recanati, con l'obiettivo di sottrarsi alla noia, ma viene scoperto dal padre Monaldo; le sue condizioni fisiche peggiorano.
Nel 1824 compone le “operette morali”: dialoghi filosofici con critiche ironiche all’ideologia ottimistica del suo tempo e rappresentazioni della sua visione sconsolata della condizione umana.
Nel 1827 Leopardi si trasferisce a Pisa e ciò favorisce il ritorno alla scrittura poetica: si apre la stagione del ciclo pisano-recanatese.
Nel 1833 inizia suo pensiero critico verso il progresso e la fiducia nella scienza e nella tecnica.
1833: si trasferisce infine a Napoli, le sue condizioni di salute peggiorano.
1836-1837: Leopardi compone in questo periodo gli ultimi due canti (come La Ginestra). Tornato a Napoli si aggrava ulteriormente e muore.
Tra classicismo e romanticismo
Il rifiuto del Romanticismo riguarda il rapporto tra poesia e sensi (sensismo). Leopardi, infatti, propone una poesia capace di servirsi dei sensi. Il classicismo leopardiano si fonda su questa condanna della modernità, la quale è segnata dal distacco dalla natura. Egli rifiuta quella poesia romantica atta di effetti meravigliosi e scelte intellettualistiche; la poesia per lui deve, anzi, imitare la natura come facevano gli antichi. Infine, il classicismo che Leopardi accoglie è un classicismo non basato sull'imitazione di un repertorio, ma sulla consapevolezza che è ormai impossibile pensare come gli antichi.
Opere di Leopardi
Canzoni (1818-1823) - poesie di impianto classicistico influenzate dalle letture delle opere di Alfieri e dello stesso Foscolo (conversione letteraria; presa di posizione nella polemica tra classicisti e romantici, nella quale si schiera sul fronte dei primi); esse affrontano la tematica civile (All'italia; Sopra il monumento di Dante), condizionate dal pessimismo storico e animate da spunti polemici contro l'età presente, incapace di azioni eroiche;Fase dei “piccoli” idilli (1819-1821) - componimenti poetici che raccontano vicende intime e autobiografiche (sentimenti del poeta messi a nudo) e presentano un linguaggio semplice e colloquiale (≠ idillio classico) come ad esempio nell’Infinito, in cui comprare una situazione che sebbene possa ricordare l’idillio della tradizione bucolica classica in quanto scenario che suggerisce al lettore una certa quiete contemplativa e rasserenante (la siepe, lo stormire delle foglie,...), il suo scopo è in realtà quello di dar spunto per una meditazione lirica sull'idea di infinito creato dall'immaginazione, a partire da sensazioni visive e uditive.
In questi componimenti, Leopardi fa inoltre la prima prova anche di un originale linguaggio poetico, giocato sul "vago e indefinito" e su una musicalità segreta ed essenziale, che piacerà particolarmente a Pascoli ed ai poeti del ‘900;
Silenzio poetico (1822-1828) - Fase di silenzio poetico (solo per la poesia), successiva alla composizione dei primi idilli, che durerà sino alla primavera del 1828.
Il poeta lamenta la fine delle illusioni giovanili, lo sprofondare in uno stato d'animo di aridità e gelo, che gli impedisce ogni moto di immaginazione e sentimento. Per questo non compone poesia ma si dedicherà all'investigazione dell'”arido vero".
Operette morali (1824) - prosa filosofica che segna il passaggio dal pessimismo assoluto al pessimismo cosmico, in quanto il poeta abbandona gli atteggiamenti titanici tipici del Romanticismo per assumere una condizione più distaccata e ironica della realtà.
Fase dei “grandi” idilli (1828-1829) o Canti pisano-recanatesi - componimenti poetici composti durante il soggiorno pisano ("A Silvia", "Le ricordanze", "La quiete dopo la tempesta", "Il sabato del villaggio" il "Canto notturno di un pastore errante dell'Asia", "Il passero solitario") e profondamente segnati dal lungo periodo di riflessione del poeta. Essi sono percorsi da immagini liete lavorate con altre create dalla memoria, dalla consapevolezza del dolore, del vuoto dell'esistenza, della morte. Il risultato è un grande equilibrio tra due spinte apparentemente contrastanti, il "caro immaginar" e il "vero". Rispetto ai primi idilli, il poeta non usa più l'endecasillabo sciolto bensì una strofa di endecasillabi o settenari che si succedono liberamente, senza uno schema fisso, ma con un gioco libero di rime, assonanze, enjambements considerate una novità per l’800 (≠ Manzoni).
Ultima stagione (1830) - fase caratterizzata dalla permanenza del pessimismo assoluto e le basi materialistiche, a cui era approdato tra il ‘24 e il ‘25. Una svolta essenziale si presenta con La ginestra, vasto poemetto e lirica che chiude il percorso poetico del poeta. Il componimento ripropone la polemica anti ottimistica e antireligiosa, però qui non nega più un progresso civile, anzi cerca di costruire un' idea di progresso sul suo pessimismo. La consapevolezza lucida della reale condizione umana, indicando la natura come la vera nemica, può indurre gli uomini a unirsi in una "social catena " per combattere la sua minaccia, ed origine al "vero amore" tra gli uomini. Si apre qui ad una generosa utopia, basata sulla solidarietà fraterna degli uomini, che nasce a sua volta dalla diffusione del "vero".
Il pensiero e la poetica di Leopardi
- La natura benigna.
- Il pessimismo storico.
- La natura malvagia.
- Il pessimismo cosmico.
La natura benigna
Al centro della riflessione di Leopardi si pone un motivo pessimistico: l’infelicità dell’uomo. Egli identifica la felicità con il piacere sensibile e materiale. L’uomo non desidera un piacere, bensì il piacere: aspira cioè ad un piacere che sia infinito, per estensione e per durata. Siccome nessuno dei piaceri goduti dall’uomo può soddisfare questa esigenza, nasce in lui un senso di insoddisfazione perpetua. Da ciò nasce per Leopardi l’infelicità dell’uomo; l’uomo è dunque necessariamente infelice per sua costituzione. Ma la natura, che in questa prima fase è concepita come madre benigna e attenta al bene delle sue creature, ha voluto offrire un rimedio all’uomo: l'immaginazione e le illusioni.Per questo motivo, gli antichi greci e romani, che erano più vicini alla natura, e quindi capaci di illudersi e di immaginare, erano felici perché ignoravano la loro reale infelicità. Il progresso della civiltà ha allontanato l’uomo da quella condizione privilegiata e ha messo sotto i suoi occhi il “vero“ e lo ha reso infelice.
Il pessimismo storico
La prima fase del pensiero leopardiano è costruita sull’antitesi tra natura e ragione, tra antichi e moderni. Gli antichi, a cui venivano date le illusioni, erano capaci di azioni eroiche, erano più forti fisicamente e questo favoriva la loro forza morale; la loro vita era più attiva e intensa, e ciò contribuiva a far dimenticare il nulla e il vuoto dell’esistenza. Il progresso della civiltà e della ragione spense le illusioni e rese i moderni incapaci di azioni eroiche; ha generato viltà, meschinità e corruzione. La colpa dell’infelicità del presente è attribuita all’uomo stesso che si è allontanato dalla natura benigna.La società è mossa da inerzia e tedio. Da qui scaturisce anche l’atteggiamento titanico: il poeta combatte da solo il fato maligno.
Questa fase è designata come pessimismo storico: la condizione negativa del presente viene vista come effetto di un processo storico, di una decadenza e di un allontanamento progressivo da una condizione di originaria felicità.
La natura malvagia
Leopardi si rende conto che la natura mira alla conservazione della specie e per questo fine può anche sacrificare il bene del singolo e generare sofferenza; capisce quindi che il male rientra nel piano stesso della natura. La natura stessa ha posto nell’uomo quel desiderio di felicità infinita, senza dargli i mezzi per soddisfarlo.Leopardi cerca di uscire da queste contraddizioni attribuendo la responsabilità del male al fato: propone una concezione dualistica, natura benigna contro fato maligno. Ma ben presto rovescia la sua concezione della natura (nel dialogo della natura e di un islandese).
Leopardi concepisce la natura come un meccanismo cieco, indifferente alla sorte delle sue creature; meccanismo crudele, in cui gli individui devono perire per consentire la conservazione del mondo. È una concezione meccanicistica e materialistica. La colpa dell’infelicità è solo della natura e l’uomo è sua vittima.
Leopardi rappresenta la natura come meccanismo inconsapevole, somma di leggi oggettive non regolate da una mente provvidenziale, la rappresenta come una sorta di divinità malvagia.
Viene superato il dualismo tra natura e fato: alla natura vengono attribuite le caratteristiche che prima erano del fato, la malvagità crudele e persecutoria.
Muta anche il senso dell’infelicità umana: prima era concepita come assenza di piacere, in una dimensione psicologica ed esistenziale; ora l’infelicità, materialisticamente, è dovuta soprattutto ai mali esterni a cui nessuno può fuggire: malattie, eventi atmosferici, vecchiaia, morte.
Il pessimismo cosmico
Se la causa dell'infelicità è la natura stessa, tutti gli uomini, in ogni tipo di società, sono necessariamente infelici; anche gli antichi, pur essendo capaci di illudersi, erano vittime di quei terribili mali.Arriva la fase del pessimismo cosmico: l’infelicità non è più legata ad una condizione storica e relativa dell’uomo, ma ad una condizione assoluta, diviene un dato eterno e immutabile di natura.
Ne deriva l’abbandono della poesia civile del titanismo: se l’infelicità è un dato di natura, non resta che la contemplazione della verità. Subentra in Leopardi un atteggiamento contemplativo, ironico, distaccato e rassegnato. Il suo ideale non è più l’eroe antico, ma il saggio antico (stoico), la cui caratteristica è l’atarassia, ossia il distacco imperturbabile dalla vita. Questo atteggiamento caratterizza le Operette Morali.
Al termine della vita, nella Ginestra, Leopardi arriverà a costruire tutta una concezione della vita sociale e del progresso.
Domande da interrogazione
- Qual è l'importanza della biblioteca paterna nella formazione di Giacomo Leopardi?
- Come si manifesta il rifiuto del Romanticismo da parte di Leopardi?
- Quali sono le caratteristiche principali delle "Operette morali" di Leopardi?
- In che modo Leopardi concepisce la natura nella fase del pessimismo cosmico?
- Qual è l'evoluzione del pensiero di Leopardi riguardo alla felicità e all'infelicità umana?
La biblioteca paterna è stata fondamentale per la formazione culturale di Leopardi, fornendogli accesso a una vasta gamma di conoscenze che hanno contribuito alla sua erudizione precoce.
Leopardi rifiuta il Romanticismo per il suo distacco dalla natura e per l'uso di effetti meravigliosi e intellettualistici, preferendo una poesia che imiti la natura come facevano gli antichi.
Le "Operette morali" sono dialoghi filosofici che criticano ironicamente l'ideologia ottimistica del tempo e rappresentano una visione sconsolata della condizione umana, segnando il passaggio al pessimismo cosmico.
Nella fase del pessimismo cosmico, Leopardi vede la natura come un meccanismo cieco e indifferente, responsabile dell'infelicità umana, superando il dualismo tra natura e fato.
Leopardi evolve dal considerare l'infelicità come una mancanza di piacere a vederla come un dato eterno e immutabile di natura, portando a un atteggiamento contemplativo e rassegnato.