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Montale, Eugenio - Vita, pubblicazioni e poetica scaricato 0 volte

Concetti Chiave

  • Eugenio Montale emerged as a major Italian poet despite not completing formal education, drawing inspiration from diverse literary influences, including French poets and Italian figures like Leopardi and Dante.
  • His first significant work, "Ossi di seppia," published in 1925, reflects themes of existential disillusionment and historical context, such as World War I and the rise of Fascism.
  • Montale's poetic philosophy rejects the notion of the poet as a seer, instead exploring the limitations of poetry in revealing absolute truths, and emphasizes the continuous search for meaning.
  • The "correlativo oggettivo" is a central technique in Montale's work, using physical objects and concrete situations to evoke complex emotions and abstract ideas.
  • In "Meriggiare pallido e assorto," Montale contrasts the oppressive nature of sunlight with the desire for existential clarity, symbolized by a barricaded path, representing the persistent struggle for understanding.

Indice

  1. Eugenio Montale
  2. Pubblicazioni
  3. Poetica
  4. Scelte metrico-stilistiche
  5. Il correlativo oggettivo
  6. Raccolta “Ossi di seppia”
  7. I temi
  8. Non chiederci la parola
  9. Meriggiare pallido e assorto
  10. Cigola la carrucola del pozzo
  11. Raccolta “Le occasioni”
  12. Donne di Montale
  13. Introduzione
  14. Non recidere, forbice, quel volto
  15. Raccolta “Satura"
  16. Il tu
  17. Caro piccolo insetto
  18. Ho sceso dandoti un braccio almeno un milione di scale

Eugenio Montale

Nasce nel 1896, aveva una salute cagionevole quindi non riuscì a terminare gli studi: nacque ls sua passione per le lettere mentre faceva gli studi tecnici, e sua sorella studiava filosofia presso l’università, quindi è lei a spingere il fratello e guida i suoi interessi ed è lei ad accorgersi che il fratello è molto bravo nella scrittura di testi soprattutto poetici.
Lui si era comunque formato autonomamente, nei suoi modelli ci sono i poeti francesi, ma Montale è un eclettico, infatti proprio perchè non fa degli studi letterari, legge tantissimo, non solo italiano ma anche letteratura straniera, anche per montale Leopardi e dante sono fondamentali, ma anche i poeti liguri tra cui Sbarbaro. Leopardi e Dante sono tra i poeti più amati da Montale, ma aggiunge anche Pascoli e d’Annunzio; è importante nella sua età giovanile è il fatto che risiede in Liguria, presso le 5 terre.
Deve poi partire, nel 1916 per il fronte, e subito prima della sua partenza compone una delle poesie che gli apriranno al strada al grande riconoscimento della sua poesia, che è meriggiare pallida assorto: quindi con questa pubblicazione si apre la poesia di Montale.
Man mano si ampliano i suoi interessi anche verso al poesia inglese, vista in parte da adolescente, ma anche verso la poesia spagnola e la filosofia.

Pubblicazioni

La prima pubblicazione nel 1925, la prima raccolta di poesia italiana, Ossi di seppia, e Montale è anche uno dei poeti dell’epoca che nel 1925 firma il manifesto antifascista, (manifesto degli intellettuali antifascisti, redatto da Benedetto Croce).
Esce anche un articolo molto importante sui Italo Svevo di Montale, intitolato Omaggio a Italo Svevo (Svevo è contemporaneo come autore a montale, aveva già pubblicato due romanzi nel 1925, quando viene scritto questo articolo, Una vita e Senilità, i suoi primi romanzi non avevano avuto molto successo, i due autori che scoprono il genio di Svevo sono Joice, più giovane di Svevo ma già affermato dal punto di vista internazionale, ed è l’insegnante di inglese Svevo, infatti quando lui era adulto e lavorava nella ditta del suocero e ottiene l’incarico di andare all’estero. Quindi Joice lo introduce nella letteratura internazionale). Questo accende il dibattito su Svevo, sulle grandi novità del romanzo la Coscienza di Zeno, che rompeva con la tradizione romanzesca italiana: da questo momento inizia una grande amicizia tra Montale e Svevo.
(Collegamento Svevo Joice)

Nel 1927 Montale si trasferisce a Firenze, frequenta il caffè di alcuni intellettuali antifascisti, e in questo momento entra a far parte della rivista Solaria, molto importante: la caratteristica della poesia di questi anni è il fiorire di una serie di riviste culturali e letterarie, come l’acerba, su cui scriveva Ungaretti. E’ importante saperlo perchè attorno a queste riviste ruotavano i poeti più importanti dell’epoca, e si aiutavano a scoprirsi l’un l’altro, erano interessati a scoprire altri autori che non fossero ancora stati scoperti. E’ nata per aprire alla letteratura europea, tra cui Joice e Paund.

Nel 1929 Montale, anche se aveva firmato il manifesto antifascista, viene eletto come direttore di un’istituzione letteraria fiorentina, e questo lo aiuta a risolvere alcun problemi economici: la sua poesia inizia ad essere molto nota, riceve delle critiche da Contini, che si sta affermando come critico letterario importante dell’epoca, ed intanto le poesie di Montale iniziano ad essere tradotte in inglese su una rivista inglese formata da uno dei poeti più importanti dell’epoca, Elliot, tra i due nasce un legame, e questa cosa è fondamentale poiché il correlativo oggettivo, uno dei mezzi retorici usati di più da montale, deriva da un definizione data da Elliot.
(Collegamento Elliot - Montale)

Montale ha avuto molte donne, una di queste la sposa, Drusilla Tanzi, e in parte troviamo di nuovo la donna angelo, un recupero di certi canoni danteschi: lui denominerà le sue poesie “Mosca”, infatti era miope, e portava degli occhiali con una pressa montatura nera.

Lui continua a pubblicare poesie, e la Einaudi pubblica una importante raccolta di Montale, intitolata Occasioni, che diventa una raccolta simbolo di opposizione al regime politico fascista, poi inizia anche era collaborazione con la rivista Letteratura, e intanto siamo già negli anni 40, infatti Montale nel 1942 inizia anche a tradurre alcuni scrittori americani, e questo lo porta ad avere dei contatti con scrittori americani, e traduce anche dei classici della letteratura inglese, Shakespeare, poi entra a far parte del Comitato della letteratura e dell’arte.

Si trasferisce a Milano, diventa redattore del Corriere della sera, infatti è stato un importante critico letterario e giornalista, poi intraprende numerosi viaggi, in questi anni conosce Elliot poche si reca a Londra assieme ad altri scrittori, poi nel 19i56 esce una delle sue raccolte più importanti, infatti ebbe un grande successo e un grande eco attorno a lui, La bufera e altro, poi riceve la laurea ad honorem dell’università di Milano, poi nel 1967 viene nominato senatore a vita, l’Italia è infatti nel frattempo diventata una Repubblica.

Scrive Satira, e nel 1975 riceve il premio Nobel per la letteratura.

Poetica

La poetica montaliana è molto complessa, infatti come quella di Ungaretti si divide in vari periodi, infatti la sua poesia subisce cambiamenti importanti.

La formazione di Montale parte dalla lettura dei simbolisti, i decadenti francesi, e D’Annunzio, (che riprende in senso polemico); l’alta parte della sua formazione è leopardiana e dantesca.

Lui parte dall’analisi della funzione critica della poesia, si chiede ovvero, quale funzione abbia la poesia nella società contemporanea, e che rapporto il poeta debba avere, i legami che deve avere (più o meno profondi) con la tradizione letteraria: Montale difende l’importanza e il senso della letteratura, infatti lui vede qui incarnarsi i valori più alti della società, che lui sente messi a rischi dalle profonde trasformazioni storico politiche e culturali che investono la società moderna e che sono messi a rischio (fascismo nella prima fase, e nella seconda la trasformazioni).
Allo stesso tempo rifiuta l’idea del poeta vate, quindi se da una parte riconosce che la poesia è portatrice di altri valori, rifiuta questo tipo di idea. Il poeta, come ogni altro uomo è alla ricerca, non ha delle qualità in più: e quando si dice che la sua poesia incarna i valori della società, non sta dicendo he la poesia è una via privilegiata verso la verità o l’assoluto (per Montale la poesia non fa trovare la verità, ), infatti la usa poesia viene definita anche “poesia in negativo”, poiché la poesia non da un’idea uguale per tuti, non da la formula di questa verità, il poeta ricerca la “maglia nella rete”, cioè il passaggio, il modo di vedere cosa c’è, ed in questa sua ricerca si fa portatore dei valori della società.
Poi, mentre Ungaretti scende nella profondità del mistero e risale portando un barlume di luce, questo non accade in Montale, che cerca la magia nella rete, cerca la formula per aprirsi altri mondi, ma non la trova, proprio perchè non è un poeta abate, ma è un uomo comune, tutti cercano questo varco e questa maglia nella rete, e non lo trovano; l’uomo non deve smettere di cercare, ma non ha la parola per dare una soluzione o una verità assoluta.
Anzi il poeta ha la coscienza del limite dell’uomo, e del valore relativo della poetica, (anche Dante ha prestato attenzione al ingaggio e alla parola poetica), ma la parola, per Dante, non sul rivelarci l’assoluto, poiché la parola è frutto della nostra ragione, quindi è limitato, invece per Montale, la parola poetica ha un limite, un valore relativo, poiché il poeta stesso cerca di non perdere i valori alti della civiltà, ma non ha una soluzione e una verità, quindi la poetica può avere solo un valore relativo.

Il poeta rappresenta la resistenza dell’uomo di fronte al dolore, la strenua resistenza dell’uomo di fronte al dolore che caratterizza dal nostra vita, anche Leopardi è stato rappresentativo del dolore.
Questo deve comunque diffondere il suo valore etico, che però non risiede più nel dare la soluzione ma nel farla cercare.

Da quei nasce la polemica della poesia montaliana contro i “poeti laureati”, entra il polemica con i poeti che pensano di poter dare all’uomo una verità certa, una via privilegiata verso l’assoluto, una “formula che riveli o che apra ad altri mondi”, che pensano quindi di potere essere dei poeti Abate, portatori di ideali elevati e di essere maestri per l’umanità.

La sua è anche detta la “poetica dell’oggetto”, poiché per Montale, l’oggetto è il tramite tra l’uomo e l’essere, la sua poesia è definita anche metafisica, quindi come l’uomo non deve smettere di cercare la maglia della rete, il poeta non deve smettere di cercare la parola più idonea ad accogliere questa natura astratta tra uomo ed essere: una sorta di tensione verso la verità ma senza esito, lui cerca la rivelazione salvifica, cerca un’illuminazione ma non la trova, invece Ungaretti sprofonda, e torna su (fratellanza, armonia con Universo).

Scelte metrico-stilistiche

Le scelte stilistiche delle varie raccolte, come in altri autori, presentano varie differenze, come in Dante troviamo il plurilinguismo e il pluristilismo, dobbiamo trovare cioè la parola più idonea anche se questa può avere solo un valore relativo, la ricerca della parola è fondamentale in Montale (anche per la questione dell’essere),

Poi abbiamo al ripresa della metrica tradizionale, della cioè canzone libera leopardiana, dei versi cari alla tradizione come l’endecasillabo, il settenario e il novenario, e il recupero della rima, che a volte è codificata e a volte no.

Dal punto di vista delle figure retoriche l’allegoria, e il ritorno ad una sintassi definita la “subordinazione ripristinata”, cioè che Montale ritorna da una sintassi meno frammentata rispetto a quella di Ungaretti.
La parola è sempre fortemente realistica, vi è sempre una ricerca dell’oggetto, infatti il concetto che c’è sotto è che per Montale il poeta è comunque un esiliato dalla vita, il poeta non arriva mai a sentirsi parte dell’armonia dell’universo, per questo molto spesso ritornano molto spesso Lee rime asprechiocce, il lessico dell’inferno pia che delle altre cantiche, che è già pietroso e duro, e siccome la poesia di Montale esprime che lui non arriva a sentirsi in armonia con l’universo (Ungaretti si trasforma in un’urna pur essendo al fronte, mi mezzo alle brutture del mondo), non smette comunque di cercarla.

Il correlativo oggettivo

Il correlativo oggettivo, ne parla Elliot nel 1919 in un articolo intitolato Amlet and this problems, poi questo articolo era stato pubblicato tradotto su Solaria da parte di un critico dell’epoca di Montale:

E’ un segno fisico che rimanda ad una condizione astratta dell’esistenza;
cioè, consiste in una serie di oggetti, o in una catena di eventi, che costituiscono la formula di una particolare emozione.

La poesia, cioè, non deve esprimere direttamente delle emozioni, ma deve trovare nella realtà concreta e quotidiana una serie di oggetti e situazioni o fatti capaci di evocarle.

Raccolta “Ossi di seppia”

Montale aveva pensato come primo titolo “Rottami”, mentre “Ossi di Seppia”, indica il relitto, ciò che avanza, il detrito espulso dal mare, è ciò che pur essendo un relitto continua a far parte dell’universo, che però è stato rigettato, è un detrito, ciò che avanza, una maceria.
Proprio questa immagine è un correlativo oggettivo, dà infatti l’idea di qualcosa di respinto, e questo richiama il sentire del poeta, l’esilio, che non è già un pota Abate, e non si sente nemmeno lui in armonia con l’universo: infatti per i poeti decadenti, si pensi all’Albatro, di Baudelaire, viene deriso, ma quando è in alto vede ciò he gli altri non vedono, per cui ha una certa coscienza di sé, lui invece no, si sente un relitto poiché non si sente più in armonia con l’universo, non può dare una verità perchè non la trova, ma non smette di cercarla, quindi si sente privo di vitalità, estraneo, si sente quasi consumato dall’esistenza e dal dolore, e quindi è come l’osso di seppia, in una condizione di residualità.

Quest’opera risente anche del momento storico dell’epoca, infatti c’è stata la prima guerra mondiale, poi l’affermazione del fascismo, il delitto Matteotti, quindi il male di vivere esistenziale di Montale risente anche fortemente dl contesto storico che tutti i poeti stanno vivendo in quell’epoca, è inevitabile: quindi il poeta è in profonda crisi.

I temi

Oltre a quelli citati (polemica die poeti laureati) il rifiuto del sublime, e il tema della ricerca di una identificazione del’Io con la natura, con il cosmo, che non approda a nulla, e anzi arriva alla disarmonia con il corpo, alla alienazione, alla frantumazione, sembra ci sia una ricerca del panismo come in D’Annunzio, che non ha però un esito positivo, infatti, in Meriggio di Ungaretti i è la trasformazione panica (assume la potenza della natura, non solo si trasforma), in Montale avviene il contrario, l’allontanamento cioè dal panismo, non avviene nessuna metamorfosi, fusione con la natura, (scacco del poeta, che si sente inaridito ed incapace di armonizzarsi con questa natura secca e arida, che quasi lo rifiuta). Quindi c’è tanto D’Annunzio in Montale, ma o in senso polemico, cioè che lui non è un poeta Abate, o in senso di metamorfosi, non la raggiungo, anzi sono rifiutato dalla natura: segna la separazione tra l’Io poetico e la natura stessa. In più verso è aspro, la musicalità c’è ma è secca, i suoni suono aspri.

Non chiederci la parola


Pubblicata nel 1925 ma scritta nel 1923, è il simbolo della poesia in negativo e del tema principale trattato da Montale, il fatto che il poeta non è capace di fornire un’interpretazione globale della realtà, lui stesso non è in armonia con l’universo e non ne è capace.
Il tema è della negazione, l’assenza di certezze, il dubbio esistenziale, e questo lo si vede anche solo dal punto stilistico.

Non chiedere a noi poeti la parola che definisce con precisione, nella sua interezza, l’animo umano informe (privo di certezze, privo di una forma), e che riveli, con parole illuminanti, ciò che è fondamentale, (ciò che ha i colori vivi), risplenda come un croco, perduto in mezzo a un prato spento.

Il croco era una pianta di colore giallo-arancione, quindi ha dei colori brillanti, dice, non chiederci la parola, poiché io a differenza di D’Annunzio non ho una parola che risplenda come un croco (parola veritiera e squillante del poeta), lui non lo trova il croco, e il prati da lui calpestato è polveroso e brullo, cioè secco.
Troviamo poi l’imperativo negativo, e in lettere di fuoco troviamo la polemica con i poeti laureati, quasi un tono sarcastico.

Ah, l’uomo che procede sicuro di se, possiede delle certezze di sé e le può trasmettere agli altri, e non si preoccupa, della sua ombra che la canicola proietta su un muro scrostato

Lui polemizza, in maniera sarcastica con chi crede di avere delle certezze e pensa di poterle trasmettere agli altri.

Non domandarci la risposta assoluta che possa rivelarti verità nascoste, ma bensì, qualche verso secco e spento, (scabro), come un ramo secco.

Questo solo oggi possiamo dirti noi poeti, ciò che siamo e ciò che non vogliamo,

Codesto ha valore dispregiativo, è un deittico.

Prima anafora del non, in posizione incipitaria n ella prima strofa, che fa un imperativo negativo, e anche nella seconda strofa; poi l’iterazione sempre nel non nell’ultimo verso, il poeta infatti non solo non è un rivelatore di verità assolute, ma non lo vuole nemmeno essere.
Allitterazione della velare c, della r, poi le metafore, il polveroso prato, scalcinato muro, la presenza cioè della tradizione ma comunque variata, infatti questi sono versi endecasillabi, la ripresa della rima, ma sono comunque non è petrarchesta o dantesca dal punto di vista metrico.

Meriggiare pallido e assorto

Questa lirica è scritta nel 1916, nel 1924 viene pubblicata e nel 1925 rientra nella raccolta Ossi di seppia, riprende Meriggio di D’Annunzio reinterpretandolo in senso malinconico;: il tema del meriggio viene trattato soprattutto nelle prime 3 strofe in modo descrittivo, che diventa un paesaggio scabro e assolato, e richiama un’idea totalmente diversa rispetto a d’Annunzio, perché a differenza di questo, che ci porta alla volontà di potenza, qui il sole rappresenta l’idea di torpore dei sensi, il sole non esalta i sensi come in D’Annunzio ma li opprime, li rende ottusi, quindi il sole è il disagio esistenziale (e l’immobilità) e non l’esaltazione della potenza: si parla in questo caso di paesaggio metaforico, il linguaggio poetico è petroso, ricavato molto da Dante.

Trascorrere il meriggio con il viso sbiancato da sole, e con l’animo assorto nei pensieri,

Il pallido e assorto può essere riferito al meriggio, o secondo la critica all’autore, il volto è pallido è una metafora, il sole è talmente potente che soffoca, quasi non fa respirare, quindi il sole soffoca per il cado, per questa potenza che fiacca l’uomo.

Presso i rovi e le sterpaglie del muro, ascoltare tra le sterpaglie il verso dei merli e il frusciare delle serpi,

Come modello abbiamo Leopardi nei verbi all’infinito, anche usati da Dante, ma in Leopardi l’infinito è di tipo sostantivato, rappresenta lui che giunge all’infinito, mentre in Montale è il disagio esistenziale.

Vi sono numerosi rimandi al canto tredicesimo dell’inferno, poi le rime asprechiocce, che rappresentano il disagio esistenziale.

Nelle crepe del suolo, o nella pianta della Veccia, guardare le file delle formiche rosse che, ora si separano, e ora si intrecciano, sulla sommità di minuscoli mucchi di terra.

Anche le immagini delle formiche e degli avvallamenti di terra su cui salgono le formiche, è ripreso dal canto ventinovesimo del’Inferno.

Osservare tra le fronde degli alberi il palpitare lontano del mare, mentre risuonano dei suoni simili a scricchiolii, che vengono emessi alle cicale, che si trovano sulle collinette spoglie, (bruciate dalla calura).

Anche qui troviamo un rimando a D’Annunzio, lui vede il mare increspato, come ci fossero dei bagliori in lontananza il mare, ma non nella sua complessità, lo vede luccicare come fossero lame di metallo che scintillano al sole, e sente il verso delle cicale in lontananza ma lo sente come fossero tremuli sceicchi, rime asprechiocce di tipo dantesco.

E procedendo, nel sole che abbaglia, percepire (con intensi) con triste meraviglia, com’è tutta la vita, e la sua sofferenza, in questo suo seguire lungo il cammino un muro che ha in cima cocci di vetro.

La muraglia è un correlativo oggettivo, indica proprio il fatto che l’uomo ha una tensione a conoscere che però è ostacolata (dal muro), da una barriera che si pone tra l’uomo e l’armonia con l’universo, quindi l’uomo segue il limite del muro, sperando di trovare uno spiraglio, ma non lo trova, il muro è la prigionia del’Io, la tensione che rimane disillusa verso la conoscenza, ma anche la coscienza dell’uomo che, nonostante tutto continua a seguirlo, la condizione dell’uomo ha preclusa la conoscenza e per essendo però. In questa dimensione sospesa continua a seguire il muro e cercare la maglia nella rete.

Sia D’Annunzio che Montale usano un linguaggio ricercato, so pensi al croco, ma mente in D’Annunzio la ricerca del lessico aulico ha un valore retorico ed eloquente, in Montale, il linguaggio è antiretorico, anche più ricercato e specifico indica proprio la complessità esistenziale, l’aridità esistenziale, indica il distaccamento dell’esistenza; alcuni dicono che Montale attraverso i temi dannunziani.

Spesso ho incontrato il male connaturato all’esistenza (alla vita) e si manifestava, nel ruscello interrotto che gorgoglia, si manifestava nell’accartocciarsi della foglia secca, era il cavallo caduto a terra morto.
Non ho conosciuto il bene al di fuori del miracolo che può la statua della sonnolenza consentire, si manifestava nella statua della sonnolenza del meriggio, era rappresentata dalla nuvola, era rappresentata da un falco che vola alto nel cielo.

Una statua che cioè è colpita dalla calura del sole.

Questa è la poesia più nota che esprime l’angoscia esistenziale che subisce due processi, il male di vivere non è solo una condizione interiore e soggettiva, viene oggettivata e coinvolta e coinvolge non solo l’animo dell’autore, cioè l’autore, ma acquisisce, questo male di vivere, un respiro universale, non è solo una condizione del poeta ma dell’uomo e dell’universo.
La seconda questione è che si trasforma in immagini fortemente espressionistiche, in suoni aspri, che sottolineano proprio questa durezza di questa condizione di dolore.

I correlativi oggettivi sono potenziati dalla scelta delle parole, la loro musicalità aspra, gorgoglia, allitterazioni delle velari, allitterazioni della r, linguaggio specifico.
L’unico dato che può essere visto come positivo è l’apparizione dell’indifferenza, rappresentata come una divinità, cioè l’unico tentativo che l’uomo può fare per non essere attanagliato da questo angoscia esistenziale, è la ricerca di uno stacco dalla realtà che ci circonda, che ci permetta di sentire meno di questo dolore, quasi elevandoci come una nuvola, un falco nel cielo.

Cigola la carrucola del pozzo

Della raccolta Ossi di seppia, una poesia che tratta il tema della memoria e in particolare l’irrecuperabilità del ricordo (del passato): la lirica si pare con l’immagine di una carrucola di un pozzo che sale verso l’alto, viene tirato su, in questo secchio c’è dell’acqua che viene portata su.
Apparentemente la poesia è quindi descrittiva, ma già alla fine del secondo verso, quando compare l’immagine della luce, si comprende che mediante questa poesia si entra in una dimensione al di là del lato realistico, come sempre in Montale: infatti al verso 3 appare un ricordo, quindi il secchio sale verso l’alto, il poeta guarda l’acqua e in questa compare l’immagine di una donna (il suo volto); siamo già passati dal lato realistico al tema del ricordo, si ha il passaggio da qualcosa di fisico a qualcosa di metafisico e immateriale, infatti la sua poesia è anche definita “metafisica”.
Il pozzo quindi rappresenta la profondità dell’inconscio, come se il poeta si immergesse nel suo passato cercando di ricordare, come Ungaretti, ma a differenza di lui nel Porto sepolcro, che si immerge anche lui e riporta alla luce un’immagine chiara e vivida, qui accade che questa immagine è tremula, trema un ricordo nel colmo secchio, ed è un’immagine evanescente, che piano piano scompare, e viene ringhiottita di fatto dal pozzo, perchè dopo che lui vede questa immagine, il secchio torna nel pozzo. Questo movimento discendente, di ricotto nel pozzo, che il poeta definisce “atro fondo” non è presente in Ungaretti, mentre qui l’immagine è fragile e labile e viene riportata giù.
Quindi l’ultima parte della poesia è di rottura, non è possibile una vera e propria contemplazione del ricordo, poiché viene ringhiottito dal nero fondo.

Cigola la carrucola nel pozzo: l’acqua viene riportata in superficie dal secchio, verso la luce, e diventa luminosa per il riflesso della luce stessa; il ricordo di un volto trema nel secchio colmo d’acqua.
Avvicino il mio volto a labbra evanescenti (destinate a sparire), il passato si deforma, invecchia, sembra appartenere ad un altro (sé stesso).

Poiché quello che eravamo ieri non è ciò che siamo oggi, quindi quel ricordo è come se appartenesse ad un altro, cioè come il poeta era e non è più.
Questo rende in realtà il passato irrecuperabile: se io non sono più cosa ero, il ricordo della donna amata non è recuperabile; questa irrecuperabilità del passato è messa in evidenza dai tre puntini di sospensione e il fatto che il verso ottavo inizia a metà. Da questo si vede come Montale recuperi la tradizione, non vi è lo spazio semantizzato che troviamo in Ungaretti, ma troviamo una tradizione che viene rielaborata alla luce di contenuti del 900, quindi si hanno spezzature del verso e puntini di sospensione ad esempio.

Ahimè, già la carrucola sta riportando il secchio nel pozzo, riporta l’immagine della donna nel nero fondo.

Nero ricorda ater, Montale non ha fatto il liceo ma grazie alla sorella ha recuperato come autodidatta tutta la tradizione latina, grazie a Dante e Petrarca, quindi usa atro fondo.

Oh visione, (oh ricordo), ci divide una distanza insanabile.

Qui c’è proprio la divisione tra Montale ed Ungaretti, Ungaretti scende ma poi torna su, per Montale l’immagine sale ma non è recuperabile, e poi si riprende, un movimento contrario.

Il ricordo è irrecuperabile quindi non può dare conforto al poeta, Ungaretti alla fine ne trae quasi una soddisfazione poiché ritorna in armonia con il cosmo nonostante la crudeltà della guerra, nonostante al consapevolezza del male del mondo, lui grazie al ricordo dei suoi fiumi riesce a sentirsi bene, persino l’Isonzo, in cui ha vissuto la guerra ma ha recuperato la fratellanza.
Qui non vi è un ritorno all’armonia con l’universo, anzi il ricordo rende ancora più consapevole il poeta di non poter trovare una consolazione nel passato.

Lui non ha più un’identità definita, non è più ciò che era allora, e questo contribuisce al non poter avere il ricordo.
Le parole sono quasi onomatopeiche, stride, carrucola, l’allitterazione della r (richiamano le rime asprechiocce), quindi i suoni sono molto importanti.
Un’immagine ride per alcuni può anche essere intesa come una sinestesia, infatti dà anche l’aspetto fonico.

Enjambement stride la ruota, vi è un’inversione della posizione del verbo e del soggetto, per mettere in clausola il verbo stride, verso quasi onomatopeico e cruciale, infatti non dice solo che vi è un’inversione del movimento, cioè il secchio che torna nel pozzo, ma ci dice anche che il poeta non ha trovato consolazione nel passato, quindi questo è molto denso dal punto di vista del significato.

Raccolta “Le occasioni”

E’ una raccolta pubblicata in prima battuta nel 1939 e vi è una seconda edizione l’anno successivo: siamo in piena epoca fascista, entra a fare parte del gruppo degli intellettuali antifascisti e si è trasferito a Firenze.

Quello che caratterizza questa raccolta è l’ambientazione, infatti i paesaggi di Ossi di seppia erano legati al paesaggio ligure, qui invece l’ambientazione è urbana.
Si amplifica la condizione di disarmonia e un’autenticità, gli uomini sono rappresentati come automi privi di identità e di volto: siamo alla vigilia della seconda guerra mondiale, e vi è in modo evidente questo senso di cupo e di morte, di perdita di senso e di vuoto.

Donne di Montale

Ma in tutto ciò, viene recuperata la funzione della donna, infatti Montale ha avuto molte donne che sono state delle muse nella sua vita: in questa raccolta si parla di Clizia, (nome di invenzione), si tratta di una donna che si chiamava Irma Brandeis, ed era un’italianista americana con cui condivideva la passione per la letteratura e la letteratura dantesca, ma Irma era di origine ebraica, quindi quando entrano in vigore in Italia le leggi razziali, dopo l’incontro tra Hitler e Mussolini, lei è costretta a lasciare Firenze e tornare in America.

L’altra donna di cui si parla in questa raccolta è Drusilla Tanzi, quella che verrà definita “mosca” e diventerà poi sua moglie, a cui dedica soprattutto Satura, la raccolta successiva, è più protagonista in quest’ultima.

Poi nel 1949 si innamora di un’altra donna, una poetessa, che è Luisa Spaziani, che lui denominerà “volpe”, una la si trova con il nome poetico di “Dora Markus”.

Introduzione

Lo stile diventa più elevato, parte della critica ritiene che parte della poesia di Ungaretti riprenda i poeti ermetici, però la parola di Montale si allontana sia dalla funzione della parola pura di Ungaretti, sia da quella degli ermetici. Ma Ungaretti, così come gli ermetici, propone una parola pura, portatrice di significati densi, si pensi a Fratelli, invece questa è la poetica dell’oggetto: la parola, che qui rappresenta l’oggetto, è un correlativo oggettivo, che mette cioè in relazione con lo stato d’animo profondo dell’autore, lui è lontano dalla parola pira poiché la sua è una poesia dell’oggetto, che non conduce a nessuna armonia, mette in evidenza anzi la disarmonia e nel correlativo oggettivo la sensazione provata dal poeta.

Il fatto che lui in questo periodo entra all’interno dei poeti di Solaria è importante perchè questi stavano recuperando la tradizione poetica (Petrarca e dante), perchè questo, era visto come il modo per contrapporsi alla società di massa e alla barbaria del mondo, quindi vi è il recupero della funzione salvifica della donna come conseguenza.
Ma con una grande differenza, non siamo in epoca medievale, non è che la donna permette di andare in paradiso: la donna è l’unica ancora di salvezza per staccarsi, per non essere fagocitato dalla società di massa, e dalla sua barbarie, dalla sua pochezza. Ispira al poeta la poesia che sia in qualche modo protetta da questa società di massa, che non si confonda, trova invece un’ispirazione poetica più alta.
Ti libero la fronte dai ghiaccioli

Questa donna angelo è stata lacerata, le cui ali sono state lacerate da cicloni, dal vento:

Ti libero la fronte dal freddo, che raccogliesti attraversando i cieli pieni di nuvole; hai le ali squarciate dalle tempeste, sei stata travagliata dai cicloni.

È mezzogiorno, allunga presto la finestra l’immagine del nespolo, nel cielo c’è un sole freddo, e le ombre di altri uomini che spintonano nella strada non sanno che sei qui.

Questa è la contrapposizione con le ombre degli altri uomini che non si accorgono più di nulla, è la massificazione. La società è imbruttita dalla velocità e dall’omologazione; questa è esaltata dai futuristi e per Montale rappresenta la perdita dell’uomo.
Infatti lui non parla di uomini ma di ombre che scantonano, sgombravano le strade nel vicolo e non sanno che sei qui, non si accorgono nemmeno che c’è un punto che potrebbe dare qualche consolazione all’uomo.
La donna non è l’angelo di Dio ma della poesia, che potrebbe essere di ispirazione però le ali distrutte poiché l’uomo moderno non si accorge di lei: la donna angelo può rappresentare un’epifania (collegamento con Pirandello ), cioè una rivelazione che può in realtà salvare l’uomo dalla confusione e l’annullamento del mondo esterno.

Non recidere, forbice, quel volto

Come Petrarca, anche Montale, utilizza come titolo il primo verso della poesia:

Non tagliare, forbice, l’immagine di quel viso di donna.

La forbice è l’oblio, la memoria che dopo un po’ tende a cancellare la nostra memoria: lui sta chiedendo alla memoria di poter mantenere vivo in lei il ricordo della donna amata;

Della mia memoria che pian piano dimentica, non fare che il suo volto svanisca,

Noi però sappiamo che questa cosa non è possibile, il ricordo non rimarrà mai vivo.

Tutto si raggela, e il colpo duro si abbatte duramente, la forbice recide in realtà il ricordo.
E la pioggia fa cadere il guscio della cicala nella prima fanghiglia di novembre.

Il guscio della cicala è il ricordo della donna, che è labile.

Raccolta “Satura"

Si tratta di una raccolta del 1971, quindi ampiamente dopo la fine della seconda guerra mondiale, siamo nella guerra fredda, siamo nel mondo contemporaneo molto complesso, la società consumistica, la società è diversificata e complessa.
Satura è una poesia diversa da quella che abbiamo visto finora, infatti interviene il tono ironico del poeta, “satura” prende il nome da Satura Lax, cioè la satira di origine latina, romana, di cui richiama in parte il modello.

Mentre nella raccolta precedente vi è un alzamento del dono, qui vi è un abbassamento del tono, infatti la donna delle Occasioni, simboleggiata soprattutto da Clizia, rappresenta la salvezza ricercata nella poesia che può salvare l’uomo, mentre qui è immersa nel quotidiano, quindi quieto simbolo di ritorno al mondo più familiare è rappresentato dalla moglie, la mosca, quindi a questo punto, l’unica possibilità per resistere a questo elemento della massificazione e la modernità è invece proprio la donna che rappresenta il quotidiano.

La poesia intesa come lui l’ha intesa nelle Occasioni, quindi che richiami gli ideali della bellezza stilnovista, scompare, ha dei cambiamenti importanti nella sua poetica.
Nelle Occasioni ha detto che l’unico modo per proteggersi dall’alienazione è la poesia stilnovista, il ritorno alla poesia che esalta la donna angelo, ora dice il contrario, dice che la poesia non è più possibile: l’unico modo per scrivere ancora poesia è abbassarla al quotidiano, quindi una poesia bassa e non alta.

Il tu

La poesia del tu è una poesia del quotidiano: questa è una poesia di congedo con cui si apre la raccolta Satura, ed è la poesia in cui è chiaro che lui si congeda dalla poesia alta, e quella poesia allegorica e simbolica che aveva caratterizzato le sue raccolte precedenti; infatti si prende quasi gioco degli altri critici letterari, è ironico, loro cioè si sforzano di cercare dei riferimenti nella sua poesia, ma il suo è un depistaggio.

Montale qui celebra non solo il depistaggio, ma anche il rifiuto della cultura moderna, rappresentata dai critici, rappresentata da tutti coloro che vogliono cercare un verità, un strada, nella sua stessa poesia, mentre, dice Montale, gli interrogativi sulla propria identità e sulla propria posizione di intellettuale, non possono essere sanati.
Lo dice proprio lui stesso, dice che l’identità dell’uomo e ormai quella del poeta è in crisi, quindi il poeta, così come tutti gli altri uomini, non sa più quale sia la sua identità, quindi non può fare altro che prendersi gioco di tutti coloro che cercano di incanalare la poesia di Montale.

Caro piccolo insetto

Il linguaggio di prima era allegorico, questo è invece quotidiano e semplice, lo si comprende dal primo verso; è quasi prosastico, questa è in ricordo di sua moglie.
Sua moglie è quasi banale, quella di cui nessuno parla, che fa il suo dovere, accompagna il marito nella vita, quella banalità che in questo momento storico è forse la meno banale di tutto: la realtà in cui è tutto urlante ma vuoto; quindi forse la cosa migliore e la più vera è proprio questa semplicità, e lui la rappresenta così, non con una poesia aristocratica e alta, ma con questa quotidianità.

Lui studiava, e la moglie gli era affianco anche se non sapeva cosa stesse studiando, e ora non c’è più, ma mentre legge la sente ancora, come ci fosse.

Ho sceso dandoti un braccio almeno un milione di scale

Lui è molto ironico: ho affrontato con te le difficoltà della vita, con te le ho scese perchè sebbene sapevo che fossi una donna semplice e come tutte le altre, vedevi davvero la realtà così com’era.

C'è un abbassamento di tono ma anche di immagini: il linguaggio quotidiano viene ripreso anche da un noto poeta, Saba, e anche lui dedica una famosa poesia alla moglie, intitolata La capra, ma vi è anche Trieste.

Domande da interrogazione

  1. Chi era Eugenio Montale e quale fu il suo percorso formativo?
  2. Eugenio Montale nacque nel 1896 e, a causa della sua salute cagionevole, non riuscì a terminare gli studi. Tuttavia, sviluppò una passione per la letteratura grazie all'influenza della sorella, che studiava filosofia. Montale si formò autonomamente, leggendo ampiamente sia letteratura italiana che straniera, e fu influenzato da poeti come Leopardi, Dante, Pascoli e d'Annunzio.

  3. Qual è l'importanza della raccolta "Ossi di seppia" nella carriera di Montale?
  4. "Ossi di seppia" è la prima raccolta di poesie pubblicata da Montale nel 1925. Questa raccolta segna l'inizio del riconoscimento della sua poesia e contiene temi di esilio e disarmonia con l'universo, riflettendo il contesto storico dell'epoca, come la prima guerra mondiale e l'affermazione del fascismo.

  5. Quali sono i temi principali della poetica di Montale?
  6. La poetica di Montale è complessa e si evolve nel tempo. I temi principali includono la critica alla funzione della poesia nella società contemporanea, il rifiuto del poeta vate, la ricerca della verità senza esito, e la resistenza dell'uomo di fronte al dolore. Montale si oppone ai "poeti laureati" che pretendono di avere verità assolute.

  7. Come Montale utilizza il "correlativo oggettivo" nelle sue poesie?
  8. Montale utilizza il "correlativo oggettivo" per evocare emozioni attraverso oggetti e situazioni concrete, piuttosto che esprimerle direttamente. Questo concetto, influenzato da T.S. Eliot, permette a Montale di trasmettere stati d'animo complessi e astratti attraverso immagini fisiche e quotidiane.

  9. Qual è il significato della poesia "Meriggiare pallido e assorto"?
  10. "Meriggiare pallido e assorto" è una poesia che esprime il disagio esistenziale attraverso la descrizione di un paesaggio assolato e scabro. A differenza di D'Annunzio, il sole non esalta i sensi ma li opprime, simbolizzando l'immobilità e il torpore. La muraglia con cocci di vetro rappresenta la barriera tra l'uomo e l'armonia con l'universo, sottolineando la tensione e la ricerca di conoscenza senza esito.

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