Concetti Chiave
- Eugenio Montale, nato a Genova nel 1896, lasciò un'impronta significativa nella letteratura italiana con opere influenzate dalle sue esperienze personali e dallo stimolante paesaggio delle Cinque Terre.
- La sua poesia esplora il "male di vivere", esprimendo una disarmonia esistenziale e una rassegnata accettazione della condizione umana, suggerendo l'indifferenza come salvezza.
- Montale utilizza la poetica dell'oggetto, impiegando oggetti e immagini concrete per evocare emozioni e rappresentare la condizione umana senza ricorrere a metafore convenzionali.
- Il linguaggio di Montale è volutamente semplice e privo di ornamenti, riflettendo la desolazione della realtà contemporanea e rifiutando la poesia aulica e generica.
- "Ossi di seppia" è una raccolta che incorpora influenze pessimistiche e crepuscolari, utilizzando la natura e la semplicità per descrivere l'aridità della vita e l'impossibilità di cambiamento.
Indice
Infanzia e Giovinezza
Nasce a Genova nel 1896 da agiata famiglia di commercianti, dovette interrompere gli studi economici a causa delle sue condizioni di salute, studia canto da baritono nel campo dell’opera, ma non intraprese mai questa carriera (raggiunti i trent’anni non aveva ancora una professione).
Inizio Carriera Letteraria
Si avvicina alla lettura ma non abbiamo molte notizie su questi suoi primi interessi letterari, anche la sua partecipazione alla prima guerra mondiale (in cui ufficiale sui fronti del Trentino) non ha lasciato molte tracce nella sua produzione letteraria.
Molta influenza ebbero invece le sue estati giovanili passate alle Cinque Terre, dove la sua famiglia aveva una villa sul mare, immerso nel paesaggio ligure = si ritrovano in Ossi di seppia, ossia la sua prima raccolta poetica del 1925 che venne pubblicato da Piero Gobetti (esponente della resistenza al fascismo).
1925: Montale firma Manifesto degli intellettuali antifascisti redatto da Croce; nello stesso anno pubblica su “Il Baretti” di Gobetti l’articolo Stile e tradizione, in cui sostiene il bisogno di rigore e chiarezza stilistica, contrapposta a quella confusa tipica della contemporaneità.
Trasferimento a Firenze
1927: si trasferisce a Firenze = lavora presso una casa editrice e poi diventa direttore del Gabinetto Vieusseux (istituzione culturale un tempo prestigiosa), da cui deve allontanarsi dato il suo rifiuto di aderire al partito fascista nel 1938, per sopravvivere si dedica alle traduzioni.
Collabora alla rivista “Solaria” e scrive la sua seconda raccolta di poesie Le occasioni nel 1939.
Nella seconda guerra mondiale Montale collabora alla Resistenza e dopo la liberazione di Firenze si iscrive al Partito d’Azione, formato da gruppi di intellettuali laici e progressisti che volevano dare vita ad un rinnovamento civile, ma che ebbe vita breve = poi abbandona vita politica attiva.
Vita a Milano
1948: si trasferisce a Milano, dove diventa redattore del “Corriere della Sera”, dove pubblica racconti, corrispondenze di viaggio, recensioni e articoli culturali e letterari; divenne anche critico musicale (riemerge qui la sua passione per il melodramma).
1956: scrive La Bufera e altro, raccolta di poesie degli anni della guerra e il periodo successivo = per un decennio non scrive più versi perché occupato nell’attività da giornalista.
1963: muore la moglie e il dolore lo spinge ad avvicinarsi alla poesia, con temi e stili diversi, scrive tre libri: Satura (1971), Diario del ‘71 e del ‘72 (1973) e Quaderno di quattro anni (1977).
Riconoscimenti e Temi Poetici
Riconoscimenti: nel 1967 diventa senatore a vita per il suo impegno in ambito letterario e artistico, nel 1975 prende il Nobel, viene venerato come un maestro, intervistato di continuo e tradotto in molte lingue.
Muore a Milano nel 1981.
Ossi di Seppia
Come Pirandello e Svevo, Montale evidenza la perdita d’identità e la crisi dell’uomo.
Lui esprime il sentimento di disarmonia col mondo che prova il genere umano, esso è il tema della raccolta Ossi di seppia, in cui esprime l’angoscia dell’uomo moderno che si sente abbandonato in un mondo senza significato e valore.
Per lui la poesia non è in grado di portare messaggi positivi, può solo veicolare il negativo che caratterizza la realtà.
In Montale troviamo l'accettazione rassegnata di questa condizione di crisi e spaesamento = l’uomo non può cambiare e è costretto a condurre una vita arida e che lo conduce all'indifferenza, che lo salverà, solo distaccandosi dal mondo, infatti, l’uomo sarà in grado di accettare la sua esistenza così amara.
Come Ungaretti, dà importanza alla parola.
Usa il correlativo oggettivo = da immagini che presentano la situazione dell’uomo.
Poesia e Realtà
Montale descrive momenti di vita e oggetti che indicano la condizione umana destinata al fallimento (maglietta rotta, anello che non tiene), cerca un varco senza successo.
Usa il correlativo oggettivo: immagini e oggetti rappresentano un’emozione o una situazione (es. rivo strozzato ecc) = non sono metafore o similitudini, hanno valenza più ampia e indicano una sfera emotiva e sentimentale.
Rappresenta concretamente il male di vivere = parla della sua esperienza personale e attraverso la descrizione di situazioni e oggetti esprime il dramma della condizione umana (es. cocci aguzzi di bottiglia).
Poetica dell’oggetto = la condizione esistenziale viene espressa attraverso oggetti che la evocano (gli oggetti si caricano di valore allegorico e aiutano il lettore a sperimentare l’emozione che l’autore vuole provocare).
Fa leva su inconscio (associazioni mentali del lettore).
Non vuole creare una poesia aulica, per descrivere la desolazione del mondo vuole infatti dare vita a una poesia povera.
Usa diversi registri linguistici: aulico, usuale e tecnico, a volte termini dialettali = uso ironia.
Ricerca sonorità aspre per esprimere la disarmonia del vivere.
Rifiuta la poesia generica e aulica (così come fece anche Pascoli) = ricerca la terminologia specifica (es. “gallo cedrone”).
Ossi di seppia termina con la poesia Riviere, in cui Montale auspica la scoperta di una pace interiore e che la poesia possa tornare a esaltare una vita più armoniosa e positiva.
Raccolta che comprende le poesie scritte dal 1917 al 1925 che esce nel 1925.
Si compone di 4 parti: 1) Movimenti 2) Ossi di seppia 3) Mediterraneo 4) Meriggi e ombre.
Il volume si apre con la poesia In limine e si chiude con Riviere.
Influenze da:
Visione pessimistica di Schopenhauer.
Pascoli = scelta di raccontare realtà semplici e quotidiane.
Crepuscolari = semplicità del verso prosaico, la scelta di cose umili e l’uso dell’ironia.
IL TITOLO: richiama i residui di molluschi che il mare porta in riva, si tratta di relitti scarnificati a cui il poeta associa i suoi versi, che vogliono essere leggeri e “inutili”.
Il titolo si riferisce anche alla condizione di vita dell’uomo, impoverita, inconsistente e priva di vitalità e spessore a alla poesia che non può più essere aulica e sublime (al contrario di quella di D’Annunzio) ma può limitarsi a parlare solo di realtà piccole e povere = linguaggio è semplice ed essenziale, privo di ornamenti.
I temi: tema principale è l'aridità della vita, descritta attraverso i paesaggi liguri bruciati dal sole implacabile, c’è anche il tema del muro impossibile da valicare = Montale non vede possibile il miglioramento.
Poesia del 1923 che apre la sezione Ossi di seppia, una serie di 22 componimenti senza titolo che sta al centro della raccolta omonima = poesia contro la mercificazione dell’arte e rappresenta la fondamentale dichiarazione di poetica di Montale (totale contrasto con Ungaretti in Commiato).
Prima stanza: si riferisce alla società e supplica i lettori di non chiedere ai poeti e agli intellettuali di discutere o descrivere i valori della società contemporanea e di esprimere il loro punto di vista, illuminando le loro menti.
Similitudine: i poeti dovrebbero, secondo i lettori, scrivere versi capaci di illuminare le loro menti come il croco (fiore che sbuca tra la neve) che sbuca in un prato polveroso (che indica la società arida).
Seconda stanza: usa l’ironia = critica gli uomini che si mostrano sicuri di sé, per i quali tutto è chiaro, semplice e tranquillo, ma che non si curano del proprio animo e identità e della loro aridità e oscurità interiore = in questo modo rimangono dei sempliciotti, vivono in una condizione di falsità = la seconda strofa tratta il tema del rifiuto di ogni illusione e delle facili certezze.
Ritorna la figura del muro (v. 8) = confine invalicabile oltre il quale possiamo trovare il segreto dell’esistenza.
Similitudine: il sole proietta sul muro la loro ombra sullo scalcinato (che rappresenta la loro interiorità e vita) ma loro non la guardano.
Uso di negazioni: le loro parole sono come semplici sillabe, sono come dei rami secchi e brutti = l’unica certezza che gli intellettuali possono affermare riguarda solo ciò che nella società non funziona = poeti possono ormai solo descrivere le brutture della vita.
Ultimo verso = negazione: non certezza.
Figure retoriche: l'allitterazione della lettera r (v. 5 e 6), allitterazione di m, t e n (suoni che creano durezza) e ripetizione lettera s (storta, sillaba, secca).
Tono e sintassi: il tono è deciso la struttura sintattica è elementare, le immagini sono concrete.
Poesia del 1925 che fa parte di Ossi di Seppia = come in molte altre poesie di questa raccolta, l’autore presenta immagini naturali per poi compiere riflessioni sull’esistenza.
In questa poesia l’autore descrive il modo in cui la natura partecipa al male dell’uomo (la sofferenza permea ogni fibra dell’universo, non riguarda solo l’uomo), ciò si può notare in molti eventi = durante l’autunno, quando le foglie si rompono, nel cavallo che stramazza a terra e nel rivo che si perde = in questi momenti si nota l’assenza di vitalità nella natura e nella vita, essi sono infatti segnali che rappresentano il male di vivere dell’uomo.
L’unica cosa che ci può far sopravvivere è l’indifferenza = come il falco che vola alto e nulla lo tange, la statua che non sente sonnolenza e la nuvola che se ne sta in cielo, anche l’uomo dovrebbe smettere di farsi troppe domande e di farsi coinvolgere nelle situazioni.
Non ci sono lamenti o ragionamenti, il poeta descrive semplicemente con delle immagini (non sono similitudini o metafore) che incarnano i suoi sentimenti.
La visione negativa e disperata di Montale è molto influenzata dalle due guerre mondiali (tema della sofferenza universale trattato da Leopardi più averlo condizionato).
Secondo componimento della sezione Ossi di seppia, è stata composta nel 1916.
Presenta una situazione durante il meriggio estivo, ossia nelle ore in cui il sole è alto e le temperatura sono calde, in cui il silenzio viene squarciato dal frinire delle cicale e dallo stormire delle foglie (nel passato era considerata “l'ora panica”, ossia il momento in cui era possibile avvicinarsi a Pan, il dio della natura) = il poeta si trova davanti a un muro sormontato da cocci di bottiglia che lo rendono invalicabile, nessuno può quindi conoscere il segreto che esso nasconde, mentre la natura continua inesorabile nelle sue immagini e suoni.
L’autore parla di oggetti che esprimono l’aridità del mondo = è molto legata al paesaggio ligure, secco e aspro = questo paesaggio rappresenta quindi lo stato d’animo del poeta (correlativo oggettivo).
Oltre al paesaggio estivo, Montale descrive anche alcuni elementi naturali inquietanti (es. pruni, sterpi, schiocchi di merli, frusci di serpi, file rosse di formiche).
La poesia può essere divisa in due parti: la prima è statica e legata alla descrizione del paesaggio, la seconda è più dinamica e riflessiva e rivelano un’inquietante verità, ossia che la vita è un travaglio = cocci aguzzi di bottiglia (emblema della vita) = la natura è vista come una prigione (= ciò è una ripresa di Leopardi dei “grandi idilli”, che, partendo dalla descrizione di una scena si allargava verso una riflessione sulla condizione umana = Montale sembra inoltre riprendere, attraverso la figura del muro, la siepe dell’Infinito di Leopardi).
Figure retoriche: uso di parole con sonorità aspre e dure, per rappresentare la realtà umana tribolata e arida.
Linguaggio: semplice, usa termini tecnici (dalla botanica alla zoologia) e popolari (ricchi di suoni aspri).
Le Occasioni
1939: esce la seconda raccolta “Le Occasioni”, in essa troviamo uno stile più elevato rispetto alla prima, mantiene però la poetica degli oggetti = in essa si trovano le poesie scritte tra il 1928 e il 1939.
In questo periodo è a Firenze (dal 1927) e fa parte del circolo di intellettuali della rivista letteraria Solaria, erano contrari alla società di massa e alla dittatura fascista, di conseguenza tendevano a isolarsi dal contesto sociale per mantenere la loro sensibilità, valori e dignità.
In questa raccolta viene ripreso spesso il tema della donna, presentata come donna-angelo che salvifica e guida l’uomo = tante sono le donne di cui parla: Dora Markus, Gerty, Oliva e Arlette, che aiutano a esprimere l’inquietudine del poeta.
Il titolo allude alla “poesia d’occasione”, l’autore coglie occasioni, circostanze e eventi banali per riflettere sulla vita in modo profondo (es. memoria).
Poesia del 1937 che fa parte della raccolta Le Occasioni e si trova nella sezione Motetti (una serie di 20 brevi componimenti senza titolo = la parola indicava un breve componimento poetico).
Montale prende spunto da un contadino che sta recidendo un’acacia, descrivendo il guscio della cicala che cade con il ramo tagliato = si tratta di una scena quotidiana di vita campestre usata per dare voce a un suo desiderio, ossia quello che il tempo (forbice) non faccia smarrire (tagli) il ricordo che l’autore ha della sua amata moglie deceduta (es. il suo odore, il suo viso, la sua risata ecc) = tema potatura dell’albero si identifica con il tema della memoria.
L’autore però è consapevole dell’impossibilità di mantenere vivo un ricordo per sempre, lui sa infatti che il tempo cancellerà inesorabilmente le sue memorie e le renderà sfocate = il freddo e la nebbia di novembre offuscheranno i suoi ricordi (idea di disagio e umidità e sconforto) = ogni cosa gli ricorda la moglie e ciò gli dà coraggio.
Correlativo oggettivo: forbice, albero e cicale assumono valore simbolico e indicano vari aspetti della vita.
Figure retoriche: personificazione della forbice (la poesia si presenta come un appello/richiesta a qualcuno), assonanza suono s (v. 2 “solo” “sfolla”), onomatopea (v. 5 “freddo” “cara” = suoni duri dentali che indicano il suono della forbice che taglia).
La Bufera e Altro
Poesia del 1953 (anni della guerra fredda, in cui il mondo è spaccato in due blocchi contrapposti, che si riflettono in Italia nella contrapposizione tra cattolici e comunisti = gli scrittori subivano pressioni affinché si schierassero ) che fa parte di La bufera e altro, nella sezione Conclusioni provvisorie.
Rappresenta un manifesto politico, in cui vengono esaltate la dignità, l’indipendenza intellettuale e la fedeltà.
In essa Montale parla del piccolo barlume di fede che ha mantenuto, questa piccola luce è infatti sopravvissuta nonostante il periodo buio che stava vivendo.
La sua fede/speranza è scintillante come:
La traccia lasciata dalla lumaca quando striscia (bava di madre perla luccicante).
Il vetro che si è frantumato per terra e che luccica coi raggi del sole.
Non si tratta di una fede rivolta a un’ideologia politica o a un partito = non è la lume di un'officina (che indica il partito comunista: chierico rosso), nè quello di una chiesa (che indica il partito democristiano: chierico nero) = non vuole farsi chierico di una chiesa ideologica.
Si tratta di un’iride, di una sicurezza tenue, che gli permette di sperare ancora nell’umanità, egli continua infatti ad avere speranza nel fatto che l’uomo in futuro capirà che le cose terrene e il potere hanno poca importanza.
Similitudine: la sua fede è solida e duratura e continuerà a resistere così come il ceppo di legno che impiega molto a bruciare (correlativo oggettivo).
Nella poesia Montale preannuncia una “terza guerra mondiale” (visione causata dalla corsa agli armamenti e la competizione scientifica e tecnica che era nata nel dopoguerra) = e invita una donna a conservare questi suoi valori nella scatoletta della cipria, essi riusciranno infatti a rendere bella la società del futuro, quando ormai nessuno avrà speranza perchè Lucifero (il male) scenderà, con le sue ali cosparse di bitume (petrolio) sulle grandi capitali mondiali (Londra, New York e Parigi) = Sardana (danza vivace catalana) diventerà infernale.
Chiede alla donna di tenere stretti questi valori, pur non sapendo se sarà in grado di ricordarsi di questa missione, la avvisa poi che i monsoni saranno duri e che forse riusciranno a strapparle i valori o che la sua memoria potrebbe rompersi come il filo di un ragno.
Montale è consapevole che dalla cenere possono rinascere i veri valori e conclude dicendo che il suo orgoglio (il suo isolamento) non è stato vanagloria, viltà o disinteresse per la vita civile= vuole con questa poesia lanciare un messaggio e mettere in atto la sua fede (che si basa sulla coerenza morale e sulla dignità), che non si spegnerà subito come il lume di un fiammifero.
Satura e Xenia
Composta nel novembre del 1967, fa parte della raccolta Satura e si trova nella sezione Xenia (si presenta come una sorta di “diario del dolore” associabile a Giorno per giorno di Ungaretti, in cui parla del dolore straziante causato dalla morte del figlio).
Parla di sua moglie Drusilla Tanzi e si riferisce a lei con il soprannome di “mosca” = in questa poesia ricorda la moglie che è morta e di quando le tendeva il braccio per aiutarla a scendere le scale perchè non vedeva bene e per la sua malattia alle ossa (le scale rimandano al tema della memoria).
Ammette come nella relazione di coppia fosse lei quella più sveglia e si rende conto solo ora che i battibecchi che avevano erano inutili e che avrebbero dovuto rendersene conto prima, capisce infatti solo adesso, quando ormai è troppo tardi, che avrebbe dovuto passare sopra questi momenti e affrontarli in modo differente.
Figure retoriche: ossimoro (v. “breve e lungo” = anche se gli anni passati erano stati tanti, il tempo è stato troppo poco = anche se hanno passato tanti anni insieme vorrebbe stare ancora con lei) e espressione metaforica con cui Montale allude a una vista profonda e spirituale della moglie miope.
Domande da interrogazione
- Qual è l'anno di nascita di Eugenio Montale e dove è nato?
- Quali sono state le principali influenze sulla prima raccolta poetica di Montale, "Ossi di seppia"?
- In che modo la partecipazione di Montale alla Resistenza ha influenzato la sua vita e la sua opera?
- Quali temi affronta Montale nella sua poesia "Non chiederci la parola" e come si inserisce nel contesto della sua opera?
- Come viene rappresentato il "male di vivere" nelle opere di Montale e quali soluzioni propone il poeta?
Eugenio Montale è nato a Genova nel 1896.
Le principali influenze su "Ossi di seppia" sono state le estati passate alle Cinque Terre, dove Montale era immerso nel paesaggio ligure, e la visione pessimistica di Schopenhauer, oltre all'influenza di Pascoli e dei Crepuscolari.
La partecipazione alla Resistenza ha segnato un impegno attivo di Montale contro il fascismo e, dopo la liberazione di Firenze, si è iscritto al Partito d’Azione, testimoniando il suo desiderio di contribuire a un rinnovamento civile, sebbene abbia poi abbandonato la vita politica attiva.
In "Non chiederci la parola", Montale affronta il tema della mercificazione dell'arte e la resistenza a fornire risposte semplicistiche o valori imposti dalla società contemporanea. Questa poesia rappresenta una fondamentale dichiarazione di poetica che si contrappone alle tendenze dell'epoca, inserendosi nel contesto della sua opera come espressione del suo rifiuto delle facili certezze e della sua ricerca di un'espressione autentica.
Il "male di vivere" è rappresentato nelle opere di Montale attraverso l'espressione di un profondo senso di disarmonia e spaesamento dell'uomo moderno, che si sente abbandonato in un mondo privo di significato. Montale propone come soluzione l'indifferenza e il distacco dal mondo come mezzi per accettare l'esistenza amara, utilizzando la poesia non per veicolare messaggi positivi, ma per esprimere la realtà negativa che caratterizza l'esistenza umana.