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Concetti Chiave

  • Eugenio Montale, nato a Genova nel 1896, ha vissuto un'infanzia influenzata dai paesaggi delle Cinque Terre, che hanno ispirato molte delle sue opere, tra cui "Ossi di seppia".
  • "Ossi di seppia", pubblicato nel 1925, rappresenta una svolta culturale e poetica, abbandonando le avanguardie per un ritorno all'ordine con simboli di esilio e privazione.
  • "Le occasioni" riflettono la difesa della cultura alta contro la rozzezza del fascismo e la massificazione, con una poetica più astratta e un linguaggio purificato.
  • Con "Satura", Montale introduce un tono sarcastico e autoironico, esplorando il tema della morte della moglie e adottando uno stile che oscilla tra poesia e prosa.
  • Nei "Limoni", Montale esprime una poetica che si distacca dalla tradizione aulica, trovando nella semplicità dei limoni un simbolo di rivelazione e speranza.

Indice

  1. La vita di Eugenio Montale
  2. Influenze e amori di Montale
  3. Ossi di seppia: simbolismo e tematiche
  4. Le Occasioni e il cambiamento poetico
  5. Rielaborazione del lutto e nuova poetica
  6. La poetica dei limoni
  7. Drusilla Tanzi e la vita coniugale
  8. Non chiederci la parola: poetica e società
  9. Il male di vivere e l'indifferenza
  10. La casa dei doganieri: memoria e tempo

La vita di Eugenio Montale

Eugenio Montale nasce a Genova nel 1896. Dal 1905 trascorre l'estate a Monterosso, nelle cinque terre. Si tratta di un paesaggio di importanza decisiva nelle tematiche di “Ossi di seppia”. Dall'autunno del 1917 partecipa alla guerra. Nel 1920 aveva conosciuto a Monterosso Ana degli degli UBerti, destinata a restare una delle costanti ispiratrici della sua poesia. Nel 1924 si innamora di Paolo Nicoli, una donna sposata.

Influenze e amori di Montale

E’ soprattutto l'influenza di Contini e di Eliot che porta Montale a interessarsi a Dante e ad un metodo poetico allegorico. Ad avvicinare Montale a Dante contribuisce anche la giovane studiosa americana Irma Brandeis, conosciuta quando ella era venuta a Firenze per studiare la lingua del poeta medievale. La relazione d'amore durerà in modo irregolare per qualche anno, finché la donna non tornerà negli Stati Uniti. A lei l'autore dedica il libro delle "Occasioni". Nel biennio 1949-50, Montale è segnato dall'amore per la giovane poetessa Maria Luisa Spaziani, cantata con il nome di “volpe”, in implicita opposizione a Clizia (Irma Brandeis): si tratta infatti di un amore concreto e sensuale, ben diverso da quello dell'ispiratrice delle “Occasioni”. Nel 1982 l'autore sposa Drusilla Tanzi (Mosca), con cui conviveva da vari anni e che muore l'anno successivo. E’ proprio la rielaborazione del lutto della moglie che lo induce a ricominciare a scrivere versi. Come autore diversi, Montale dà inizio a una nuova stagione poetica. Le poesie scritte per la morte della moglie e numerose altre di argomento invece satirico, polemico, comico, rivelano la svolta in senso prosastico. Nel 1975 Montale riceve il premio Nobel per la letteratura e, nel 1981, all'età di 85 anni muore a Milano.

Ossi di seppia: simbolismo e tematiche

Il libro “Ossi di seppia”, esce nel 1925 in un momento di svolta politica e culturale: sta morendo la stagione delle avanguardie e si sta affermando in ogni campo un ritorno all'ordine. È naturale dunque che esso si lega su un baricentro precario, sottoposto a spinte contrastanti. Il titolo rinvia all'immagine marina degli ossi di seppia. Essi possono galleggiare felicemente nel mare oppure essere sbattuti sulla spiaggia come inutili relitti. La prima possibilità risulta sempre più difficile da attuarsi; tende a imporsi invece la seconda: come l'osso di seppia gettato sulla terra, il poeta è esiliato dal mare, escluso dalla natura e dalla felicità. I due simboli dominanti sono quelli del mare della terra. Il primo è luogo dell' indifferenziato, di una beatitudine panica e naturale quale quella proseguita da D'Annunzio nell'alcyone; la seconda è la sede della privazione dell'esilio ma anche del rapporto sociale, del sacrificio, del momento etico. Il libro di Montale è anche una sorta di romanzo di formazione in cui il distacco del mare corrisponde alla citazione storica della terra della scelta morale. Ossi di seppia delinea un percorso: al momento felice dell'incanto è seguito il disincanto della maturità, alla pienezza di un rapporto organico e simbolico con il cosmo è succeduta una condizione di spaesamento di frammentazione. La stagione del disincanto della maturità implica un programma esistenziale e morale insieme una scelta di poetica che comporta l'attraversamento e superamento della prospettiva simbolistica e dannunziana. A livello poetico Montale presenta la scelta anche dannunziana di “torcere il collo eloquenza”: la scelta cioè di uno stile aspro e arido che vorrebbe aderire la realtà delle cose al di là dell'inganno e delle convinzioni ideologiche linguistiche. Sul piano linguistico e stilistico del libro convergono momenti alti e bassi, toni prosastici e un vocabolario fitto di oggetti concreti e di figure precise, ma anche toni classici e aulici. Anche nella metrica si coglie un evoluzione: nelle poesie del primo periodo si assiste a una sorta di ironia metrica; nelle poesie successive Montale trova una sua originalità nel recupero in chiave moderna della tradizione: l'alternarsi fra endecasillabo e settenario si piega ad una musica sostenuta che consente un tono elevato tuttavia astrattamente lirico ma ragionativo e narrativo.

Le Occasioni e il cambiamento poetico

Le “occasioni” riflettono una situazione storica ormai mutata rispetto a quella degli “Ossi di seppia”. La letteratura diventa l'ultima difesa e l'ultimo privilegio per una generazione di autori che trova nella religione della cultura e dell'arte e la sublimazione che essa comporta l'unico risarcimento possibile. La Firenze di Solaria e di letteratura diventa, per Montale, simbolo di una civiltà letteraria da difendere non solo dalla rozzezza e dalla grossolanità del regime fascista, ma anche dal dilagare della civiltà di massa e dei suoi a automi. Questa nuova stazione storica e questa nuova condizione dell'intellettuale, provocano un cambiamento di poetica. Lo stile si innalza, si purifica; la prosa della modernità, viene accolta ma anche riqualificata dal contesto arduo ed elevato in cui viene collocata. Lo sperimentalismo tematico e metrico del primo libro viene abbandonato; si torna ad una metrica più tradizionale, fondata sull'endecasillabo, e sull'atteggiamento consueto del poeta lirico che si rivolge al “tu” della donna amata. In questo libro Montale intende tacere l'occasione spinta e cioè il momento soggettivo e limitarsi a esprimere l'oggetto. Non manca in quest'opera un confronto ravvicinato con Dante. Come Dante va giudicato una situazione storica trasponendola nei termini della salvezza e della condanna religiose, facendo ricorso al linguaggio e al mito della cultura pagana, così Montale nelle Occasioni, compie una duplice e analoga operazione: da un lato trasporta sul un piano di astrattezza metafisica e di universalità, la propria vicenda biografica e storica; dall'altro utilizza i termini e i concetti della religione cristiana all'interno della nuova cultura del tutto laica e della nuova religione: quella delle lettere. Nell'Occasione, la donna angelo Clizia, assume la funzione di una salvifica Beatrice dantesca: le sue apparizioni coincidono con momenti di rivelazione del valore. In assenza di Clizia il soggetto poetico appare frustrato e sconfitto. Ma quando il soggetto è riscattato dalla sua presenza, gli “occhi d'acciaio” della donna angelo sembrano non poter salvare non solo lui ma l'intera società umana. Da questa struttura tematica deriva la centralità del motivo tradizionale della poesia lirica a partire dallo stilnovismo dello sguardo degli occhi della donna amata e della luce che si accompagna alle sue epifanie, nonché il titolo del libro, che allude al carattere occasionale dell'apparizione di Clizia.

Rielaborazione del lutto e nuova poetica

Quando la rielaborazione del lutto per la morte della moglie, spinge Montale a scrivere di nuovo diversi, questi non hanno più niente di sublime o di elevato, ma si pongono consapevolmente al confine tra poesia e non poesia. Si passa da una poesia selettiva ed esclusiva ad una inclusiva che accetta ogni tipo di materiale, anche più eterogeneo. Nel nuovo libro prevalgono il sarcasmo, l'ironia, la parodia, la satira. La parodia assume spesso l'aspetto di auto parodia, con riferimento ironico l'autore alla propria precedente produzione. Il titolo non allude solo agli aspetti di satira politica e culturale, ma rinvia anche alla verità e alla mescolanza dei temi e degli argomenti. Accanto al motivo della morte della moglie, un altro tema dominante è quello di vivere dopo la catastrofe. L'allegoria non è più piena o propositiva come avveniva con Clizia. All'allegorismo umanistico di Clizia subentra un allegorismo negativo, apocalittico e giudicante, che riprende il tema della catastrofe del mondo occidentale e sui valori. La struttura del nuovo libro non è più romanzesca. Si limita a raggruppare i testi ora in modo tematico ora sulla base delle loro tonalità espressive. Il termine Xenia (titolo delle prime due sezioni del libro) vuole indicare i doni inviati ad un amico che è stato nostro ospite. In questo caso il titolo allude ad un’offerta votiva alla moglie morta. Mosca è stata 3 celebrata per la sua vitalità di insetto, per la sua capacità distintiva di orientarsi a vista nell'informe quotidiano, senza farsi ingannare dagli estratti valore degli intellettuali e anzi concentrandosi sulla nuda esistenza, come puro fatto fisico materiale. Mosca ha insegnato al poeta non solo sopravvivere come un insetto ma anche a difendersi attraverso l'ironia, il sarcasmo. Di qui l'autocritica del poeta che in passato, invece, aveva puntato sui valori e sulle illusioni tipiche degli intellettuali.

La poetica dei limoni

metro: versi liberi La lirica si apre con un’autentica dichiarazione di poetica. Montale si rivolge subito al lettore con un tono imperativo e confidenziale e dice “Ascoltami”. Quindi stabilisce in modo programmatico la netta differenza tra la sua poesia e quella dei poeti “laureati” (coloro che sono stati investiti dall’alloro simbolo della gloria poetica,) che sono soliti adottare un linguaggio aulico e sublime chiamando in causa piante dai nomi poco noti. Da parte sua Montale afferma di voler fare una poesia minore, più prosaica che trova diretto riscontro nella realtà aspra e selvaggia del paesaggio ligure fatto di presenze vive e concrete come gli alberi dei limoni. Montale fa, successivamente, riferimento ai “limoni”, correlativo oggettivo delle sensazioni del poeta. I frutti gialli e aspri vengono presentati come l’emblema stesso della poesia, il sussurro dei rami dei limoni sembra anticipare la rivelazione che essi promettono. Nel mezzo dell’amato paesaggio ligure, Eugenio Montale sembra vivere un’autentica epifania. In una vera e propria sinestesia l’odore dei limoni sembra calmare il conflitto delle passioni dell’animo umano e, come per miracolo, mettere a tacere persino la guerra concedendo un’esperienza ai confini della realtà quotidiana. È proprio qui infatti che le cose finalmente sembrano rivelarsi per quello che sono e svelare l’intimo segreto che racchiudono: solo allora sembra possibile scoprire finalmente “il punto morto del mondo”. Montale fa riferimento all’“anello che non tiene” rifacendosi alla metafora della catena che con le sue ferree leggi sembra governare il mondo. La volontà del poeta è quella di spezzare la concezione puramente scientifica e positivista opponendovi un significato ulteriore, che va oltre la pura apparenza delle cose. In certi rari momenti il poeta sembra cogliere una presenza spirituale nella natura aspra e selvaggia: una presenza che la modernità con la sua smania di controllo sta ricacciando. Proprio nell’“anello che non tiene” secondo il poeta è racchiusa la chiave che, se scoperta, darebbe senso e scopo all’intera esistenza. Ma l’illusione infine si rivela ingannevole. La rivelazione tanto attesa non giunge al poeta. Con la proposizione avversativa che dà inizio all’ultima strofa “Ma l’illusione manca”, Montale fa riferimento allo svanire di ogni speranza. L’autore ligure non narra nessuna delle epifanie decantate dai poeti laureati, si ferma appena un passo indietro, dimostra che la rivelazione metafisica è impossibile. La lirica non si chiude tuttavia con un presagio nefasto, ma con un insolito spiraglio di luce. Nei limoni, da lui definiti le “trombe d’oro della solarità”, Montale mantiene vivo un messaggio di speranza. È in quei frutti poveri e umili che è racchiusa la poesia, e dunque la possibilità di evadere da una realtà soffocante. Tra le maglie della rete cittadina è possibile vedere il giallo del colore dei limoni che getta una nuova luce tutto attorno e scioglie il gelo dell’anima. L’identità stessa del poeta sembra liquefarsi dinanzi alla presenza dei limoni, che sembrano annunciare una visione epifanica quasi divina.

Drusilla Tanzi e la vita coniugale

La poesia, come altre di questa e della prima serie, è dedicata alla moglie, Drusilla Tanzi, soprannominata “Mosca”, a causa della forte miopia e della conseguente necessità di occhiali molto spessi. Montale e la Tanzi si sposeranno solo nell’aprile del 1963, pochi mesi prima della sua scomparsa, per le conseguenze di una caduta che le causò la rottura del femore. Lo stile della poesia è prosastico e usa un linguaggio colloquiale. Montale ricorda la sua vita coniugale, allegoricamente simbolizzata dalla discesa delle scale e dal viaggio dell'esistenza, che, sebbene sia stato lungo, al poeta appare breve. Dal punto di vista retorico l’anafora ai versi 1 e 8 (“ho sceso”) evidenzia proprio la ripetitività e l’importanza che assume quest’azione. Le piccole azioni quotidiane, le coincidenze, le prenotazioni, le trappole, gli scorni (vv. 5-6) sembrano ormai del tutto inutili, perché fanno parte di un realtà superficiale; quella più profonda non tutti riescono a coglierla. Proprio la moglie di Montale riusciva ad accorgersi di questa profondità, paradossalmente proprio grazie alla sua quasi totale cecità: “sapevo che di noi due | le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate, erano le tue” (vv. 9-11). Da qui si evidenzia il ruolo di Drusilla Tanzi e il rilievo che la sua assenza ha nella vita del poeta. Montale mette in luce l’aiuto reciproco che si portavano: la donna (solo apparentemente debole e bisognosa di sostegno) mostrandogli la profondità della realtà, il poeta sostenendola e aiutandola a scendere le scale.

Non chiederci la parola: poetica e società

Non chiederci la parola è, essenzialmente, un’enunciazione di poetica, una dichiarazione su come l’autore intendeva il ruolo del poeta e della poesia nella società a lui coeva. Con ferma lucidità e profonda convinzione, Montale afferma che non è più tempo di grandi verità svelate, di formule certe e di messaggi edificanti, ma solo di "qualche storta sillaba e secca come un ramo", uno dei versi più esplicativi e illuminanti dell’incrollabile e assoluto male di vivere che ne pervade l’animo e, di conseguenza, la produzione letteraria. La poesia non ha, per lui, alcuna funzione salvifica o consolatoria, potendo solo limitarsi a constatare la realtà che ci circonda. Questa consapevolezza negativa supera in pessimismo persino Giacomo Leopardi, che pure nella poesia vedeva quel "fiore del deserto", come chiaramente espresso ne La ginestra, capace di rischiarare l’animo e proteggere dalle brutture del mondo. Cosa resta da fare dunque, al poeta moderno? Qual è il suo compito? Non più vate e dissipatore di dubbi attraverso la capacità di saper affermare grandi verità, egli ormai può solo definire una condizione negativa dell’esistenza e della volontà. Montale ammette di non avere certezze di alcun genere, né politiche né religiose, sente forte il senso di precarietà della condizione umana e avverte come qualcosa di totalmente estraneo da sé l’atteggiamento opposto di chi, probabilmente troppo rozzo e superficiale per rendersene conto, è privo di inquietudini e smarrimenti. Non chiederci la parola è un testo di notevole suggestione, un manifesto di poetica che non riguarda solo l’autore ma un’intera generazione di poeti, precisamente quella a cavallo delle due guerre mondiali, consapevole della povertà di ideali e dei pericoli insiti in un’epoca che, di lì a poco, sarebbe sfociata in eventi altamente drammatici. Poeta-vate → titolo attribuito a un poeta animato da spirito profetico o dotato di un'aura sacra, grazie al tono elevato delle sue opere o all'ispirazione civile. (D’Annunzio).

Il male di vivere e l'indifferenza

Il poeta ha una visione pessimistica della condizione dell’uomo e vede la vita come sofferenza (il male di vivere) , egli incarna questo suo concetto in tre successive immagini, prese dai vari Regni della natura: il ruscello che gorgoglia, e il gorgoglio sembra un gemito di dolore, perché ostacolato da qualcosa nel suo percorso, la foglia che riarsa si accartoccia (ed anche questo è un segno di dolore), il cavallo che stramazza. L’uomo partecipa a questa condizione di dolore universale da cui può preservarsi solo attraverso una divina indifferenza. Quest’ultimo concetto è esplicato, in contrapposizione con le 3 precedenti immagini di dolore, in tre figurazioni espressione di immobilità: la statua, la nuvola e il falco.La lirica è composta da due quartine che la dividono strutturalmente connotando due momenti della riflessione del poeta: Prima quartina: verte sul male di vivere. Il poeta afferma di aver riconosciuto il malessere esistenziale in alcune situazioni quotidiane in cui si verifica un doloroso incepparsi delle cose. Montale fa riferimento al mondo animale e vegetale: "il rivo", "la foglia", "il cavallo". Queste tre realtà vengono colte in momenti di incertezza e dolore:

- il ruscello che trova un ostacolo che gli impedisce di fluire liberamente;

- la foglia che appassisce e si accartoccia;

- il cavallo che è stroncato dalla fatica. Gli aggettivi collegati alle tre realtà sono scelti dal poeta per sottolineare questo stato di cose: "strozzato", "riarsa", "stramazzato". Montale parte da immagini dimesse e quotidiane per affermare l’esistenza di un universale male di vivere, che accomuna tutti in un uguale destino di dolore e sofferenza.

Seconda quartina: verte sul valore dell’indifferenza. Alla condizione insanabile di malessere dell’esistenza non è possibile opporre altro se non il distacco, l’Indifferenza (scritta con la i maiuscola) che in questo contesto acquisisce valore positivo, l'uomo deve assume un atteggiamento di "divina Indifferenza" per tutto ciò che è contrassegnato dal male e dal dolore. Il male di vivere non può essere annullato ma può essere alleggerito attraverso il distacco dalla realtà e quindi dal dolore. L’indifferenza viene definita divina perché propria degli Dei, o secondo un’altra interpretazione, perché “dono degli Dei”, e considerata prodigiosa in quanto rara ed eccezionale come un prodigio, un miracolo, uno spiraglio nella dolorosa realtà. I riferimenti di Montale ad un mondo di realtà naturali, cose, oggetti, animali è strumentale ad affermare il concetto che sta alla base della lirica. Gli oggetti, anche i più banali e insignificanti, non significano solo se stessi ma diventano simbolo di una sensazione, di un sentimento, di una situazione esistenziale in cui tutti possono riconoscersi (correlativi oggettivi). Simmetricamente il poeta contrappone a tre emblemi del male (rivo, foglia, cavallo) tre immagini esempio del bene: "la statua", "la nuvola" e il "falco", tre immagini che si elevano verso il cielo, immagini-simbolo dell’immobilità e quindi dell’indifferenza:

- la statua si caratterizza per la sua fredda, marmorea staticità inerte, completamente insensibile;

- la nuvola per la sua inconsistenza con cui si staglia nel cielo;

- il falco perché afferma la sua libertà volando alto al di sopra della miseria del mondo.

La casa dei doganieri: memoria e tempo

Il testo può essere suddiviso in due parti:

nella prima strofa il poeta recupera un ricordo del passato, un momento, un incontro vissuto nella casa di doganieri insieme o da una donna Arletta. Ma lei, che viene data come morta, non ricorda più. La seconda e la terza strofa insistono sulla dimensione di perdita che minaccia il poeta, la casa e la memoria, introducendo una serie di oggetti dal significato inquietante (la bussola, i dadi..).

La quarta strofa determina una svolta: la luce e la petroliera potrebbe indicare un passaggio verso la vita vera (il varco). Il poeta non sa più se la donna se ne si effettivamente andata: forse, invece, è restata, con la morte, più legata di lui agli eventi del passato. Nel componimento si assiste a un procedimento tipico della poesia montaliana: la individuazione di oggetti emblema, di oggetti, cioè, che hanno un valore particolare perché carichi un significato emblematico, in quanto staccati dal contesto e ridotti a correlativi oggettivi di aspetti soggettivi che vengono taciuti: ad esempio la bussola impazzita, che indica lo spaesamento e il disorientamento del soggetto lirico, e la banderuola, che significa il transito inesorabile del tempo. Una coppia di parole, di grande importanza è rappresentata nel testo dal contrasto fra memoria e tempo. Il trascorrere del tempo costituisce una minaccia perché può cancellare i valori e significati del passato, custoditi invece dalla memoria. Quest'ultima tenta inutilmente di mantenere immutato nel presente ciò che di necessità cambia se lontana. Sin dal titolo compare il tema della casa, insieme all’opposizione interno ed esterno. L'interno è il luogo dell'autenticità dell'interiorità psicologica e del ricordo; l'esterno quello della vita falsa, della società di massa e del fascismo. D'altra parte il riferimento ai doganieri Introduce il motivo del limite e, appunto, del confine che separa la vita vera dalla vita falsa e la vita dalla morte. Il messaggio della poesia consiste nel negare la coincidenza tra vita biologica e vita vera e quell'altra morte non vita.Infatti gli uomini comuni sono automi e dunque vivi solo apparentemente.

Domande da interrogazione

  1. Chi è stata una delle principali ispiratrici della poesia di Eugenio Montale e come ha influenzato la sua opera?
  2. Ana degli Uberti è stata una delle principali ispiratrici della poesia di Montale, influenzando tematiche e motivi nelle sue opere, in particolare in "Ossi di seppia".

  3. Qual è il significato del titolo "Ossi di seppia" nell'omonima opera di Montale?
  4. Il titolo "Ossi di seppia" simboleggia la condizione del poeta, esiliato dalla natura e dalla felicità, come un osso di seppia gettato sulla terra, lontano dal mare che rappresenta un luogo di beatitudine panica e naturale.

  5. In che modo "Le occasioni" segna un cambiamento nella poetica di Montale rispetto a "Ossi di seppia"?
  6. "Le occasioni" riflettono un cambiamento storico e poetico, con uno stile più elevato e purificato, abbandonando l'esperimentalismo tematico e metrico di "Ossi di seppia" per una metrica più tradizionale e un approccio che esprime l'oggetto piuttosto che l'occasione soggettiva.

  7. Come viene rappresentata la figura della moglie di Montale, Drusilla Tanzi, nelle sue poesie?
  8. Drusilla Tanzi, soprannominata "Mosca", viene rappresentata come una figura di profonda comprensione e intimità, capace di percepire la realtà in modo unico grazie alla sua quasi totale cecità, diventando un sostegno essenziale per Montale.

  9. Qual è il messaggio principale della lirica "Limoni" di Montale?
  10. In "Limoni", Montale esprime una poetica della realtà quotidiana e aspra, trovando nella semplicità e nella presenza viva dei limoni un simbolo di speranza e di rivelazione, contrapponendosi alla poesia aulica e alla ricerca infruttuosa di una verità metafisica.

Domande e risposte

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