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Concetti Chiave

  • La novella narra la storia tragica di Simona e Pasquino, due innamorati di umili origini a Firenze, durante il quarto giorno del Decameron.
  • Dopo essersi innamorati durante il lavoro, i due giovani decidono di incontrarsi in un giardino per stare insieme in tranquillità.
  • Pasquino muore improvvisamente dopo aver strofinato una foglia di salvia sui denti, suscitando sospetti di avvelenamento su Simona.
  • Simona tenta di provare la sua innocenza ripetendo il gesto di Pasquino, ma muore allo stesso modo, dimostrando la sua innocenza.
  • La pianta di salvia si rivela velenosa a causa della presenza di un rospo, risolvendo il mistero delle morti dei due amanti.
In questo appunto di italiano si riporta suddivisa in sequenze e introdotta da un riassunto, la settima novella del quarto giorno, quella raccontata da Emilia, che si ricollega alla novella di Panfilo. Il tema della giornata sono gli amori infelici e Emilia narra le vicende di due innamorati di Firenze, Simona e Pasquino. A causa di un incidente Pasquino muore e Simona, per dimostrare la propria innocenza sarà costretta a morire anche lei.
Decameron: la novella di Simona e Pasquino articolo

Indice

  1. La novella di Simona e Pasquino: le premesse
  2. Simona e Pasquino: l’inizio di un amore
  3. L’improvvisa morte di Pasquino
  4. Gli amori infelici: conclusione della vicenda

La novella di Simona e Pasquino: le premesse

Siamo al quarto giorno del Decameron e i dieci ragazzi chiusi nella villa nelle campagne fiorentine continuano con i loro racconti.

È lunedì e il re della giornata è Filostrato. Il tema che sceglie per le novelle sono gli amori infelici e ad iniziare è Fiammetta, con la storia di Tancredi. Seguono i racconti di Pampinea, poi di Lauretta, Elissa, Filomena e Panfilo. Quest’ultimo racconta la storia di Andreuola, una donna di Brescia che si innamora di un uomo, Gabriotto, senza l’approvazione del padre. Lo sposa segretamente e inizia con lui una relazione segreta. Una notte però Andreuola sogna la morte del marito, impaurita glielo confessa e poco dopo l’uomo muore. Ricattata dal podestà che la vorrebbe in sposa (l’uomo l’accusa di aver provocato la morte di Gabriotto e pretende di sposarla per non dir nulla), la donna viene poi salvata dal padre e si rifugia in convento per porre fine alle proprie sventure. Dopo questo racconto, tocca ad Emilia, che, come leggiamo, prende spunto dal racconto di Panfilo per narrare la novella di Simona e Pasquino: “Panfilo aveva assolto il suo compito riguardo alla novella quando il re, che non dimostrò nessuna pietà per Andreuola, con uno sguardo fece capire ad Emilia che avrebbe dovuto continuare lei, senza alcuna esitazione, cominciò: - Care compagne, la novella narrata da Panfilo mi suggerisce di raccontarne una per nulla simile se non per il fatto che la protagonista, come Andreuola, perse l’amante in un giardino; come Andreuola fu arrestata, ma si liberò dell’accusa non con forza e rettitudine morale ma con la morte. Come abbiamo più volte ribadito, sebbene Amore abiti volentieri le case dei nobili, non rifiuta di dimorare in quelle dei poveri, anzi, se per caso mostra la sua forza in una di quelle case, incute paura persino ai ricchi a causa della sua potenza. Questo sarà in parte dimostrato nella mia novella, grazie alla quale torneremo nella nostra città: oggi, discorrendo di vari argomenti, l’abbiamo lasciata per vagare in diverse parti del mondo.”
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Simona e Pasquino: l’inizio di un amore

La novella inizia con la descrizione dei personaggi e di come nacque il loro amore. Siamo a Firenze e Simona, ci dice Boccaccio attraverso le parole di Emilia, è una donna di umili origini che lavora molto filando la lana per guadagnarsi da vivere. Pasquino, di bassa estrazione sociale anche lui, le porta ogni giorno della lana da filare, per conto di terzi. Tra i due si instaura un rapporto di dipendenza lavorativa che fa crescere pian piano anche una dipendenza amorosa. I ragazzi si innamorano e iniziano una relazione: “Non molto tempo fa a Firenze viveva una fanciulla molto bella e gentile, di nome Simona, figlia di un povero: sebbene dovesse guadagnarsi il pane con il lavoro delle sue braccia e filasse la lana, il suo animo non era così meschino da non essere in grado di ricevere l’amore che aveva dimostrato ampiamente di voler entrare nel suo cuore con gli atteggiamenti e le parole gentili di un giovanotto di condizione sociale simile alla sua, che le portava la lana da filare per conto di un suo maestro lanaiolo. Ricevette, così, l’amore con la bellezza del giovane che si era innamorato di lei, il cui nome era Pasquino, lo desiderava ardentemente ma non osava fare il primo passo, mentre svolgeva il suo lavoro, insieme ad ogni passo di lana filata avvolgeva mille sospiri che scottavano più del fuoco ricordando colui che gliela aveva portata. Egli, d’altra parte, era diventato molto esigente, pretendeva che la lana del suo maestro fosse filata alla perfezione e, come se tutta la tela dovesse essere tessuta solo con la lana filata da Simona, la sollecitava più spesso di quanto facesse con le altre. Da un lato lui la esortava e dall’altro lei traeva beneficio dalle sollecitazioni, lui divenne sempre più esigente e più ardito e lei sempre più paurosa e timida, finché non si congiunsero; i loro incontri erano talmente graditi sia a lui che a lei che nessuno dei due aveva il compito di invitare l’altro, ma il primo che ne aveva voglia lo proponeva.”
Decameron: la novella di Simona e Pasquino articolo
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L’improvvisa morte di Pasquino

Il racconto prosegue: l’amore tra i due cresce sempre di più. Decidono di incontrarsi in giardino, per stare più comodi e in tranquillità e vi si recano accompagnati dai propri amici: Simona porta con sé Lagina, Pasquino lo Stramba. Tra questi nasce un amore e le due coppie si appartano in due parti diverse di questo bel giardino. Simona e Pasquino si sdraiano vicino ad un cespuglio di salvia e il ragazzo, per dimostrare le proprietà della pianta, se ne strofina una foglia sui denti. Improvvisamente però, muore. Simona inizia ad urlare e a piangere, subito accorrono Lagina e lo Stramba e quest’ultimo la accusa di averlo avvelenato. Si diffonde la notizia e Simona viene creduta colpevole da tutti: “Questi incontri continuarono giorno dopo giorno per il piacere di entrambi e più passava il tempo, più cresceva il loro amore, una volta Pasquino disse a Simona che gli sarebbe piaciuto se avesse trovato il modo di recarsi con lui in un giardino in modo da poter stare insieme più comodamente e destando meno sospetti. Simona rispose che le piaceva l’idea; una domenica dopo pranzo disse al padre di voler andare alla perdonanza di San Gallo, ma, insieme ad una sua amica di nome Lagina, si recò nel giardino che le aveva indicato Pasquino dove incontrarono lui ed un suo amico di nome Puccino ma che tutti chiamavano lo Stramba; qui nacque un amorazzo nuovo tra lo Stramba e Lagina, si appartarono in un angolo del giardino e lasciarono lo Stramba e Lagina da un’altra parte. Nella parte del giardino dove si misero Pasquino e Simona c’era una bellissima pianta di salvia: si sedettero vicino ad essa e trascorsero molto tempo tra i sollazzi poi parlarono di una merenda che avrebbero voluto fare, dopo essersi riposati, in quel giardino; ad un certo punto Pasquino si girò verso la pianta e colse una foglia di salvia e con essa prese a strofinarsi i denti e le gengive, dicendo che la salvia era ottima per la pulizia dei denti dopo aver mangiato, migliore di qualsiasi altra cosa. Dopo averli strofinati per un po’, riprendendo il discorso di prima, riprese a parlare della merenda: aveva appena iniziato quando il volto cominciò a cambiare e, subito dopo, non riuscì più né a vedere né a parlare, poi, dopo qualche minuto, morì. Simona, che aveva assistito alla scena, cominciò a piangere e ad urlare e chiamò lo Stramba e Lagina; i due si presentarono di corsa e videro Pasquino morto con il corpo gonfio e pieno di macchie scure persino sul viso, lo Stramba gridò: “Donna malvagia, l’hai avvelenato!” Fece talmente chiasso da essere sentito da chi abitava nei pressi del giardino; molti accorsero, trovarono il morto con il corpo gonfio, sentirono lo Stramba che, addolorato, accusava Simona di averlo avvelenato con l’inganno, lei, sconvolta dal dolore di aver appena perso l’innamorato, non fu in grado di scagionarsi e fu ritenuta colpevole da tutti, come affermava lo Stramba.”
Per ulteriori approfondimenti sulla novella di Simona e Pasquino vedi qui

Gli amori infelici: conclusione della vicenda

Simona viene arrestata e non riesce a dimostrare la propria innocenza. Finché non le viene l’idea di portare il giudice nel giardino in cui è avvenuta la morte del ragazzo. Lì, tra la derisione e l’incredulità dei presenti, strappa una foglia di salvia e la strofina sui denti, proprio come aveva fatto Pasquino. Di lì a poco muore: ha perso la vita ma ha riconquistato il proprio onore e la propria credibilità. A seguito della vicenda si scopre che ad aver reso la pianta di salvia velenosa era la presenza di un rospo, così gli si dà fuoco. Il caso della morte di Pasquino è così risolto e i due innamorati vengono sepolti insieme nella chiesa di San Paolo: “Fu arrestata e, mentre continuava a piangere, fu condotta al palazzo del podestà. Qui, nel frattempo, erano giunti lo Strambo, l’Atticciato e il Malagevole, tutti compagni di Pasquino che la accusarono, un giudice, senza indugio, cominciò ad analizzare i fatti e, non avendo elementi sufficienti per capire se la donna avesse effettivamente commesso il reato, volle, in presenza di lei, vedere il cadavere ed il luogo dove si erano svolti i fatti, perché il racconto della donna aveva dei punti oscuri. Si recò, insieme a lei, sul luogo del delitto dove giaceva ancora il corpo di Pasquino e si meravigliò che fosse gonfio come una botte, poi le chiese di raccontare come si era svolta la vicenda. Ella si accostò alla pianta di salvia e per fargli capire ciò che veramente era successo, cosa che aveva già raccontato, fece come aveva fatto Pasquino: prese una foglia e si strofinò i denti. Lo Stramba, l’Atticciato e gli altri compagni di Pasquino ritennero che stesse facendo una stupida pantomima e la schernirono davanti al giudice mentre la accusavano con ancora più forza e dicevano che un tale delitto avrebbe dovuto essere punito con il fuoco, la poveretta se ne stava tutta timida e confusa di fronte allo Stramba ma, subito dopo essersi strofinata i denti con la foglia di salvia, cadde a terra esattamente nello stesso modo di Pasquino, non senza stupore degli astanti. Oh anime felici, che vissero il loro amore lo stesso giorno in cui incontrarono la morte! Sareste più felici se andreste insieme nello stesso luogo! E sareste felicissimi se esistesse l’amore anche nell’altra vita e se voi vi amaste come faceste qui! Ma l’anima di Simona fu ancora più felice, anzitutto perché, secondo il giudizio di noi che siamo rimasti in vita, la sua innocenza non subì la sorte di essere infangata dalle testimonianze dello Stramba, dell’Atticciato e del Malagevole, probabilmente scardassieri e uomini vili, ma divenne più pura perché si liberò dalla loro infamia morendo nello stesso modo del suo amante e continuando a seguire l’anima tanto amata del suo Pasquino. Il giudice rimase esterrefatto come tutti coloro che avevano assistito alla vicenda, non sapeva cosa dire e rimase in silenzio per lungo tempo; poi si riprese e disse: “È evidente che questa salvia è velenosa, ma generalmente la salvia non lo è. Ma affinché non accada la stessa cosa a qualcun altro, ordino di estirpare la pianta e gettarla nel fuoco”. Il guardiano del giardino si occupò di farlo, dopo che la pianta fu estirpata apparve evidente la ragione della morte dei due amanti. Sotto la pianta di salvia trovarono un rospo di straordinaria grandezza e capirono che la salvia era diventata velenosa a causa sua. Nessuno ebbe il coraggio di avvicinarsi al rospo così gli costruirono intorno una grandissima catasta di legna secca e gli diedero fuoco insieme alla salvia: si concluse così il processo del giudice sul caso della morte del povero Pasquino. Fu seppellito insieme alla sua Simona, furono portati così com’erano, con i corpi gonfi, nella chiesa di San Paolo, della quale erano parrocchiani, dallo Stramba, dall’Atticciato, da Guccio Imbratta e dal Malagevole.”
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Domande da interrogazione

  1. Qual è il tema principale della novella raccontata da Emilia nel quarto giorno del Decameron?
  2. Il tema principale della novella è quello degli amori infelici, come dimostrato dalla tragica storia di Simona e Pasquino.

  3. Come si sviluppa la relazione tra Simona e Pasquino?
  4. La relazione tra Simona e Pasquino inizia con un rapporto di dipendenza lavorativa che si trasforma in amore, portandoli a incontrarsi segretamente.

  5. Cosa causa la morte improvvisa di Pasquino?
  6. Pasquino muore improvvisamente dopo essersi strofinato una foglia di salvia sui denti, ignaro del fatto che la pianta fosse velenosa a causa della presenza di un rospo.

  7. Come cerca Simona di dimostrare la sua innocenza?
  8. Simona cerca di dimostrare la sua innocenza portando il giudice nel giardino e ripetendo il gesto di Pasquino, strofinandosi una foglia di salvia sui denti, morendo così nello stesso modo.

  9. Qual è la conclusione della vicenda di Simona e Pasquino?
  10. La vicenda si conclude con la scoperta che la salvia era velenosa a causa di un rospo. Simona e Pasquino vengono sepolti insieme, e il loro amore viene riconosciuto come innocente.

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