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CASEARIA
Il latte, come tutti gli alimenti destinati alla nutrizione umana, può risultare un
veicolo di pericolose infezioni (World Organization for Animal Health, 2006) per i
germi contenuti, provenienti direttamente dall’animale malato (contaminazione
primaria) o per errori di manipolazione successivi alla mungitura (contaminazione
secondaria). Inoltre il latte può essere contaminato da varie sostanze abiotiche, ad
esempio micotossine, farmaci, e minerali, provenienti dall’animale a seguito di
diete a loro volta contaminate o di trattamenti di tipo farmacologico errati, oppure
come conseguenza di erronee manipolazioni del prodotto (ad esempio impiego di
materiali inadatti, stoccaggio in luoghi contaminati).
In ogni fase del processo esiste dunque un rischio, più o meno rilevante, di
inquinamento o contaminazione del prodotto (tabella 3). Nella tabella 3 sono
elencati i principali contaminanti biotici, prevalentemente rappresentati da batteri, e
abiotici, costituiti da un’ampia gamma di sostanze, che possono essere ritrovati nel
latte sulla base degli attuali sistemi di produzione e manipolazione del prodotto.
Va tuttavia ricordato che solo per i fattori di rischio che rappresentano un serio
pericolo per la salute umana sono necessari accurati sistemi di controllo e
prevenzione, dopo aver valutato con attenzione il processo produttivo in tutte le
et al.,
sue fasi e le possibili fonti di inquinamento (Cassandro 2010).
30
Rischio Agente eziologico o contaminante Principio monitorato
Mycobacterium bosi e
Batteri tubercolosis, Brucella
abortus e spp., Listeria
monocytogenes e spp.,
Salmonella spp.,
Escherichia coli e spp.
(produttori di verocitossina),
Staphylococcus spp
(enterotossiche), Yersinia
enterocolica
Echinococcus spp.,
Biologico protozoi e parassiti Trichinellosis
Coxiella burnetii,
virus e rickettsie Picornaviridae genere
Aphtovirus (afta epizootica)
Micotossine Aflatossina M1
Residui di prodotti chimici usati in Pesticidi, detergenti e
azienda sanificanti
Abiotico Contaminanti ambientali Minarali: Cadmio, Cromo,
Mercurio, Piombo, Selenio,
Zinco, Iodio, Arsenico;
Radionuclidi;
Diossine, bifenili policlorinati
(PCBs), idrocarburi
policromatici (PAHs).
Farmaci Antibiotici, antinfiammatori,
sulfamidici
Ormoni e promotori di crescita Somatotropina,
corticosteroidi, clenbuterolo
Frammenti di materiali vari Gomma, plastica, vetro,
metalli, peli, feci, umani
(peli,capelli, sudore ecc.)
ecc.
Tabella 3: Contaminanti biologici e chimici del latte crudo e derivati freschi, individuati dalle norme
comunitarie e nazionali. 31
5.2.1 NORMATIVA EUROPEA PER LA SICUREZZA DEL LATTE (Allegato 1)
Il Reg. 853/2004, uno dei regolamenti del Pacchetto Igiene, ha fissato i punti
chiave anche per la sicurezza della filiera del latte, che sono poi stati
sostanzialmente ribaditi nel Reg. 1662/2006. I due regolamenti hanno innanzitutto
definito il “latte crudo”, come quel liquido secreto dalla ghiandola mammaria di
animali di allevamento, non riscaldato a più di 40°C e non sottoposto ad alcun
trattamento avente un effetto equivalente. La definizione è sostanzialmente
identica a quella usata in precedenti norme nazionali e comunitarie, ma non
appare tuttavia la più completa, in quanto non specifica l’esclusione della fase
colostrale e del latte prodotto da animali affetti da patologie (es. mastite), che
possono alterarne le caratteristiche. Un secondo aspetto importante definito da
questi regolamenti è quello dello stabilire i criteri per l’immissione di tale latte sul
mercato, in attesa di uno specifico provvedimento e di delegare i singoli stati
membri a mantenere o fissare misure nazionali volte a:
- vietare o limitare al solo loro territorio l’immissione di latte crudo sul
mercato e quindi destinato all’alimentazione umana diretta,
consapevole che rappresenta il prodotto a più elevato rischio tra
quelli lattiero-caseari;
- consentire, con l’autorizzazione dell’autorità locale competente,
l’impiego di latte crudo non corrispondente ai criteri individuati dal
Regolamento, relativamente al tenore di germi e di cellule
somatiche, per la fabbricazione di formaggi che richiedono un
periodo di maturazione di almeno 60 giorni.
Infine tali regolamenti hanno definito i criteri igienico-sanitari del latte crudo
raccolto presso l’azienda zootecnica e quelli per la fabbricazione dei prodotti
lattiero-caseari.
Per quanto riguarda gli specifici indicatori di igiene, nei regolamenti vengono
riportati solamente 3 indicatori:
1. il limite di germi per ml a 30 °C deve essere inferiore a 100.000;
2. il tenore delle cellule somatiche deve risultare inferiore a 400.000 per ml nel
latte bovino, ma può salire fino a 1.500.000 per tutte le altre specie;
3. la temperatura di stoccaggio non deve superare i 6 °C.
32
Tuttavia, proprio per la molteplicità di contaminanti del latte, sono state emanate
specifiche direttive e regolamenti per le distinte categorie. La Comunità Europea,
sulla base di una approfondita valutazione del rischio, ha fissato per ciascun
contaminante il Limite Massimo di Residuo (LMR). Nella definizione di tal i LMR
comunitari sono stati considerati i livelli stabiliti nei comitati internazionali, in
particolare dalla Codex Alimentarius (organismo emanato dalla FAO e WTO,
l’organizzazione mondiale del commercio). Tuttavia, non sempre vi è perfetta
coincidenza tra i limiti comunitari e quelli adottati a livello internazionale. Per
ciascuna sostanza, valutata come potenzialmente nociva per la salute umana,
viene eseguita una prima valutazione del rischio e viene stabilito un LMR
provvisorio. In seguito, sulla base di nuove conoscenze, ricerche e valutazioni
epidemiologiche, i limiti provvisori possono essere rivisti, sino alla determinazione
et al
di quelli definitivi. (Cassandro ., 2010).
5.2.2 NORMATIVA NAZIONALE
La normativa nazionale, ancor più di quella comunitaria, appare come un intreccio
di norme stratificate nel tempo delle quali si avverte la mancanza di una sintesi.
Tale normativa include disposizioni vario tipo: Leggi parlamentari, Decreti e
Circolari del Ministro della Salute, Leggi delle Politiche Agricole, Leggi Regionali,
finalizzate essenzialmente al recepimento delle Direttive e dei Regolamenti
comunitari. Le nuove norme non hanno completamente cancellato le precedenti
(anche quelle antecedenti all’istituzione della Comunità Europea), per cui la
giurisprudenza relativa a tale settore è complessa per la numerosità ed il
frazionamento dei riferimenti normativi, ma anche per la loro non sempre coerente
integrazione.
Le norme inerenti la filiera del latte sono strettamente legate a quelle comunitarie a
partire dal Reg.853/2004. Per quanto riguarda alcune caratteristiche igienico
sanitarie (ad esempio la carica microbica), il quadro giuridico nazionale appare
tuttavia molto più complesso rispetto a quello definito dalla legislazione europea.
Un valido punto di riferimento, anche se abrogato, è rappresentato dal DPR 54/97
del 14.01.1997, che rappresenta l’ultima legge quadro nazionale del settore
lattiero-caseario. Tale DPR ha infatti disciplinato le norme sanitarie per la
33
produzione e commercializzazione di latte crudo, latte alimentare trattato
termicamente e latte destinato alla fabbricazione di prodotti a base di latte per il
consumo umano. Un’altra normativa di riferimento è quella rappresentato
dall’Intesa Stato Regione del 9.01.2007, che ha in sostanza recepito i Regolamenti
Comunitari più recenti in materia di produzione di latte e che ha anche superato le
precedenti norme Regionali finalizzate, in particolare, a disciplinare i requisiti per la
et
produzione di latte crudo ammesso alla vendita diretta (Tabella 4) (Cassandro
al ., 2010).
Destino del Consumo Consumo alimentare Latte crudo e Consumo umano
latte vaccino alimentare previo trattamento prodotti diretto o previo
crudo termico o caseificazione lattiero trattamento
caseari termico
trasformati
Riferimento DPR 54/97 DPR 54/97 Reg. Intesa Stato
legislativo 853/2004 Regioni
Tenore di germi <50.000 <100.000 <100.000 <100.000
totali a 30 °C
(ufc/ml)
Cellule <400.000 <400.000 <400.000 <400.000
somatiche
Tabella 4: Caratteristiche igienico-sanitarie del latte crudo destinato alla vendita diretta al
consumatore finale e del latte pastorizzato destinati al consumo umano.
Come si può notare dalla tabella 4, la disciplina sul latte alimentare del Reg.
853/2004 non è sostanzialmente variata da quanto definito dal DPR n° 54/97.
Questo infatti dà la medesima definizione di latte “crudo” riportata dal Reg.
853/2004, ma lo considera idoneo alla trasformazione solo se in possesso di alcuni
requisiti: prodotto in apposite aziende autorizzate collocate in zone non sottoposte
a vincoli sanitari, proveniente da soggetti sani e privo di contaminanti oltre i livelli
di tolleranza ammessi, rimandando tuttavia ad altre norme nazionali o comunitarie
per l’individuazione dei livelli massimi dei residui. Un altro punto da osservare è
che l’intesa Stato Regioni ha sostanzialmente confermato quanto previsto dal Reg.
853/2004, in pratica innalzando il limite fissato dal DPR 54/97 per la carica
microbica massima da 50.000 a 100.000 ufc/ml.
34
Un aspetto molto interessante da sottolineare, che deriva dall’analisi dell’attuale
quadro normativo, è la vendita diretta al consumatore del latte crudo. Nel passato,
prima dell’avvento del DPR 54/97, la normativa nazionale aveva definito il latte
idoneo al consumo umano dopo “almeno un trattamento termico ammesso o un
trattamento di effetto equivalente autorizzato” per l’elevato rischio biologico
connesso al consumo di latte crudo. Inspiegabilmente, almeno nell’ottica della
sicurezza alimentare, negli ultimi anni, è stata condotta una “battaglia” per ottenere
la possibilità di commercializzazione, in azienda o presso distributori automatici, il
latte crudo, in regione ad una presunta superiore naturalità di tale prodotto e di un
valore nutrizionale più elevato.
Se infatti, è noto che qualsiasi trattamento termico, anche blando, determina una
denaturazione di alcune componenti come le siero proteine, enzimi e vitamine
(Tiecco, 2000), va altrettanto sottolineato che tale denaturazione è modesta con
alcuni interventi (ad esempio la pastorizzazione) assicurando, d’altro canto, una
fondamentale sanificazione nei confronti di tutti i microorganismi. Al contrario,
nonostante i notevoli progressi compiuti in ambito sanitario, che hanno comportato
una drastica diminuzione della carica microbica, il latte crudo continua a
et
rapp