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L’ASSEGNO UNICO UNIVERSALE

Analizzando i dati pubblicati dall’Eurostat , si può avere un quadro

11

complessivo di quella che è stata la situazione demografica in Europa, in

particolare in Italia dal 1° gennaio 2002 fino al 1° gennaio 2022.

Il 1° gennaio 2022 vi erano 446.7 milioni di persone che vivevano all’interno

dell’Unione Europea, tra i paesi più prolifici risultavano: la Germania (83.2

milioni, 19% del totale europeo), seguita dalla Francia (67.9 milioni, 15%) e

infine l’Italia (59.0 milioni, 13%).

La situazione però, inizia a peggiorare dal 1° gennaio 2020 al 1° gennaio 2022,

poiché la percentuale di popolazione all’interno dell’Unione Europea inizia a

diminuire. Tra i paesi che hanno sofferto maggiormente questa diminuzione

troviamo al primo posto proprio l’Italia ( -611.000.00) seguita dalla Polonia ( -

304.000.00). L’abbassamento della percentuale di popolazione, specialmente

in questi due anni è stata data soprattutto dalla pandemia Covid-19 che ha

colpito il mondo intero.

Il settimo rapporto Istat-Iss , datato il 2 marzo 2022, enuncia “L’impatto

12

dell’epidemia Covid-19 sulla mortalità totale della popolazione residente” e

chiarisce come dall’inizio della pandemia (marzo 2020) a gennaio 2022

l’eccesso di mortalità totale, rispetto alla media 2015-2019, è stato di 178.000

decessi, gran parte registrati nel 2021, anno in cui la percentuale di

vaccinazione era ancora bassa. Gli indicatori demografici relativi alla

13

popolazione residente in Italia al 1° gennaio 2023 segnano 58 milioni e 851

Eurostat 2023, Indicatori demografici – anno 2023

11 Istat, Impatto dell’epidemia Covid sulla mortalità totale della popolazione residente – anno 2022

12 Istat, Indicatori demografici – anno 2022

13 17

mila unità, 179mila in meno rispetto all’anno precedente, per una riduzione pari

al 3%.

Inoltre, attualmente i dati ci mostrano di come anche la fecondità sia

14

diminuita fino ad un minimo di 1,25 figli per donna, raggiungendo nel 2021, il

record negativo per la natalità. Nel 2022 la situazione continua a peggiorare,

registrando 392.598 nascite, 7.651 in meno rispetto al 2021 (-1,9%). 15

Dai dati si può evincere come in futuro ci saranno sempre meno famiglie

disposte ad avere figli, o perlomeno ad averne massimo uno.

Alcuni dei motivi che spingono la donna a ritardare sempre di più la creazione

di una famiglia e a rinunciare alla maternità trovano origine nella

trasformazione della struttura familiare, nell’organizzazione del lavoro, nella

difficoltà a conciliare il lavoro con la famiglia, ma ha anche delle ragioni sociali

come ad esempio:

a) la volontà di proseguimento degli studi; sempre più donne scelgono di

prolungare il loro percorso di studi anche dopo l’università, in modo tale

da acquisire sempre più conoscenze e poter così ambire ad una maggiore

crescita professionale.

b) la maggior presenza femminile nel mercato del lavoro; il boom

industriale dell’800 ha dato il via ai processi di cambiamento riguardanti

l’ingresso della donna nel mondo del lavoro, e ha posto le basi per alcune

delle tutele che le donne hanno al giorno d’oggi, facilitando loro

l’inserimento nel mercato lavorativo.

c) la crisi economica del 2008, la pandemia del Covid-19 e l’incertezza

economica che hanno portato; il clima di incertezza innescato dal primo

lockdown ha portato i giovani a rimandare non solo un possibile

matrimonio ma anche il concepimento di un figlio nel breve-medio

periodo.

Istat, Natalità e fecondità – anno 2021

14 Istat, Dinamica Demografica – anno 2022

15 18

d) la precarietà lavorativa; sono sempre più le donne disposte ad accettare

un lavoro part-time pur di riuscire a conciliare i doveri derivanti dalla

maternità e dalla cura familiare con quelli lavorativi. Solo nel 2022, il

contratto part-time rappresenta il 35,6% delle nuove attivazioni

contrattuali. Per le donne, la percentuale di contratti part-time è di circa

il 49%, mentre per gli uomini 26,2%.

e) politiche familiari deboli; gli interventi normativi in materia di maternità,

assegni familiari, congedi parentali nonché un welfare debole,

concentrato maggiormente sugli anziani e le pensioni, portano le donne

a dover scegliere tra l’avere figli o ad avere una carriera.

Avere un figlio al giorno d’oggi costa, non solo in termini di denaro ma anche

di tempo, ma soprattutto ha effetti sproporzionati sulla donna e sull’uomo.

Questo lo si può denotare da un attento studio pubblicato su Labour Economics

intitolato “The mommy track in the workplace. Evidence from a large French

firm” . Lo studio ha utilizzato i dati di una grande azienda manifatturiera

16

francese, e ha voluto mostrare come la nascita di un figlio, a differenza dei

lavoratori senza, influenzi la carriera professionale. Difatti, dopo la nascita del

primo figlio, lo stipendio della madre tende a scendere senza possibilità di

rialzo nel breve-medio periodo, e anche dopo 8 anni dal parto continua a

guadagnare il 10% in meno rispetto alle donne senza un figlio. Questa disparità

è data dall’avanzamento di carriera che si può avere nei primi anni di lavoro,

lo stesso periodo che una madre deve impiegare nel prendersi cura del figlio

appena nato; gli straordinari e l’impegno a tempo pieno impiegati all’interno

dell’azienda permettono in seguito una possibile promozione, tutto tempo che

è impossibile da dedicare se si vuole allevare un figlio.

Per quanto riguarda i neo-padri invece, ciò che emerge dallo studio è un

risultato controverso, ovvero; da una parte ci sono Paesi dove diventare padre

Articolo completo tratto dal periodico Labour Economics intitolato “The mommy track in the workplace.

16

Evidence from a large French firm.” - anno 2021 19

pare aumenti le possibilità di una promozione, in quanto essi risultano più

affidabili e meno propensi ad andarsene dall’azienda, come ad esempio in

Danimarca. Dall’altra invece, non risultano affatto cambiamenti salariali, né

intoppi per l’avanzamento di carriera per quanto riguarda l’uomo padre.

Queste evidenze sono confermate anche dalle indagini Istat , riguardanti i tassi

17

di occupazione in Italia, difatti secondo l’indagine Istat sulla forza-lavoro

relativa al 2022, si evince che i padri hanno un tasso di occupazione

approssimativamente del 90% contro l’83% dei non padri, mentre nel caso delle

donne con i figli il tasso occupazionale è di 57% contro il 72% delle donne

senza figli.

Dai dati raccolti si può inoltre evincere come il nostro welfare sia debole e

necessiti di un investimento maggiore sulle politiche di conciliazione e sulla

famiglia. I temi trattati fin ora sono stati tutti argomento di dibattito già dopo la

crisi finanziaria che ha colpito l’Italia nel 2008, ma con l’avvento della

pandemia del Covid-19 si è finalmente compresa l’urgenza di interventi mirati

al rafforzamento delle politiche in materia di sostegno familiare.

Gli ultimi interventi in materia di conciliazione vita-lavoro e politiche di pari

opportunità risalgono al 2012 con l’introduzione della Legge Fornero e al 2014

con il Jobs Act.

La Legge Fornero ha introdotto per la prima volta il congedo di paternità

18

obbligatorio anche se solo per il periodo di un giorno e ulteriori due giornate

facoltative da godere in alternativa alla madre, facendo sì che ci fosse un timido

equilibrio di genere nei carichi di cura. In seguito con l’introduzione del Jobs

Act , torna la centralità della tutela alla maternità, nell’ottica di favorire così

19

l’occupazione femminile, riuscendo così nell’intento di favorire la

conciliazione dei tempi di vita e lavoro.

Istat – Rapporto sulla forza-lavoro relativa al 2022

17 L. 92/2012 completa consultabile sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana

18 D.Lgs. 80/2015 – Conciliazione vita-lavoro: tutte le riforme in tema introdotte con il Jobs Act sono

19

consultabili sulla pagina ufficiale della Camera dei Deputati 20

Alcuni punti salienti dell’intervento sono:

a) la fruizione del congedo obbligatorio di maternità in casi particolari,

quali il parto prematuro o il ricovero del neonato

b) l’estensione del congedo parentale dagli attuali 8 anni di vita del

bambino a 12 anni

c) l’introduzione di norme poste alla tutela della maternità e paternità in

caso di adozioni e affidamenti, che estendono a tali ipotesi quelle già

previste per i genitori naturali

d) si estende inoltre il congedo di paternità nei casi in cui la madre sia

impossibilitata a fruirne

e) si prevede un congedo per le donne vittime di violenza e inserite nei

percorsi di protezione nonché viene introdotta la possibilità per

quest’ultime di astenersi dal lavoro, per un massimo di tre mesi, per

motivi legati a tali percorsi, garantendo loro l’intera retribuzione

f) è previsto un incentivo normativo a favore del telelavoro per motivi

legati all’assistenza parentale.

Nonostante siano state importanti novità, l’intervento finalizzato solo in

materia di maternità non permette l’equilibrio di genere dei carichi parentali, e

se l’obiettivo della norma era di favorire l’occupazione femminile, il risultato

ottenuto non è stato coerente con le aspettative.

Difatti, i dati pubblicati dall’Istat a ottobre del 2015 confermano il calo

20

dell’occupazione femminile negli ultimi mesi. Il tasso di occupazione maschile,

pari al 65,9% rimane invariato, mentre quello femminile, pari al 46,8%

diminuisce di 0,2%.

Analizzando i dati emersi qualche anno dopo, in seguito alla pandemia Covid-

19, la quale ha portato non poche difficoltà economiche per le famiglie, si è

provveduto all’introduzione dell’Assegno unico e universale con d.lgs.

Istat, Occupati e disoccupati, – anno pubblicazione 2015

20 21

n.230/21 . Quest’ultimo vuole sopperire a quelle che sono le problematiche

21

del paese come ad esempio: la poco solida posizione dei lavoratori giovani

all’interno del mercato, le maggiori difficoltà a conciliare il lavoro di entrambi

i membri della coppia con la cura dei figli nonché la precarietà nell’ambito

lavorativo della donna.

Di fatto l’AU vuole incrementare la natalità, e per farlo ha introdotto alcune

misure tra le quali:

a) il premio alla nascita

b) l’assegno

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Publisher
A.A. 2023-2024
60 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/07 Diritto del lavoro

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher AllyP di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto del lavoro e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Verona o del prof Gosetti Giorgio.