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Nietzsche e Freud: un confronto sul “processo della creazione”. Ciò che andremo a chiarire di seguito è questo: il “processo creativo dell’artista”, di cui Nietzsche parla nel V capitolo della Nascita della Tragedia, non è trascurabile nelle sue capacità esplicative di dar conto delle attività che concorrono nell’uomo che crea. In parole povere, quel processo, rifacendoci a quanto ha detto Freud sul sogno, sulla creazione artistica e in generale sulle attività produttrici dell’uomo, non significa che non ci possa svelare aspetti nuovi ed inaccessibili all’indagine psicoanalitica, e che quindi su di esso l’Estetica possa sostenere nuovi punti di vista. D’altronde c’è da chiedersi perché l’esegetica si sia poco interessata a quel V capitolo e al processo di creazione artistica: forse ha troppe implicazioni psicologiche che rimandano inevitabilmente alla Psicologia dove si possono trovare più esaurienti e legittime risposte? L’impressione sarebbe tale… E’ bene allora riprendere l’argomento già affrontato nel nostro primo capitolo, mettendolo momentaneamente su un banco di prova diverso da quello della “metafisica estetica”, solo per poterlo confrontare con Freud. Espresso in concetti più semplici, ma non devianti dall’origine, Nietzsche sostiene che l’artista nello stato creativo è disposto “musicalmente” a dare vita a forme, laddove la “musica” per Nietzsche è il canale di contatto con l’interiorità più intima e complessa, il cui fondamento è indefinibile. Qui la musica è da intendersi, come detto nelle pagine precedenti, in senso di “metafora” che spiega bene qual è lo stato d’animo dell’artista in quel momento: un’apertura al profondo abisso dell’essere, al «dolore e contrasto». Insomma, si tratta dello stato dionisiaco, dell’ebbrezza, della libertà degli istinti, della vitalità, del desiderio e delle contraddizioni che da qui si generano confrontandosi col mondo. La creazione prende forma non appena «sotto l’azione apollinea del sogno, la musica per lui [l’artista] diventa visibile, come un’immagine simbolica di sogno». Ora, Freud, parafrasandolo, nella sua “teoria” descrive il sogno come immagini che sono riflesso di un’intima realtà costituita dal conflitto tra desideri, istinti e l’impossibilità reale di soddisfarli. Volutamente riteniamo inutile addentrarci nei particolari della teoria di Freud evitando le specifiche terminologie e distinzioni. Ci manteniamo invece sui toni di questa teoria così come noi l’abbiamo riportata. In definitiva, per sommi capi, sia Nietzsche che Freud hanno sostenuto che nel sogno gli istinti prendono forma in immagini, entrambi hanno esteso questa capacità dell’uomo ad ogni attività produttrice umana: un fenomeno che la psicoanalisi ha voluto chiamare “sublimazione”, nel mentre Nietzsche parla di una “attività metaforizzante”, sia sul piano della creazione artistica, come avviene nei sogni, sia sul piano del pensiero raziocinante. Per entrambi, Nietzsche e Freud., quest’attività ha la funzione di dare una via di espressione a quella “realtà intima” che Nietzsche chiama “dionisiaco” e Freud “inconscio”. In verità, come vedremo, bisogna essere più cauti perché i due termini possono essere paragonati solo fino ad un certo punto. Vogliamo dire che essi, sui loro rispettivi piani, l’uno estetico-filosofico e l’altro psicologico, affrontano diversamente “l’intima realtà” cogliendone aspetti e attività differenti dovuti proprio al diverso modo di accostarsi.
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I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Giovanni Schiava di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia della filosofia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Perugia o del prof Giannatiempo Anna.