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CAPITOLO 1: LA PROFESSIONE INFEMIERISTICA
1.1 Storia dell’assistenza infermieristica.
La professione infermieristica riunisce in sé conoscenze e strumenti teorico-metodologici il cui fine
è curare l’individuo da un punto di vista olistico. L’infermiere si occupa non solo del “to cure”
(curare), ma anche e, soprattutto, del “to care” (prendersi cura); oggetto della cura è il paziente inteso
come essere umano, definito da emozioni e bisogni e non identificabile con la singola malattia
che ha l’ha portato a rivolgersi all’attenzione dei sanitari. Compito dell’infermiere è quello di
curare l’essere umano, un microcosmo e universo a sé, riconoscibile grazie alla conoscenza
e alle esperienze che lo hanno segnato nel corso della sua esistenza, così come diceva Jacques
Maritain (filosofo francese, 1882-1973). Gli infermieri identificano dunque i bisogni dei singoli,
delle famiglie e dell’intera comunità, adoperandosi affinché venga raggiunta una condizione di benessere
psicofisico.
Si parla spesso di assistenza infermieristica e in questa dicitura è possibile racchiudere il senso
della stessa: “assistere” infatti deriva dal latino ad- sistĕre, "stare accanto". Tale definizione
può facilmente spiegare l’essenza della professione, ovvero lo stare accanto al malato, guardarlo
come persona, porgendogli una mano al momento giusto e assistendolo a 360°. Nella storia dell’uomo
probabilmente il concetto di assistenza infermieristica è sempre esistito, ma documenti che ce ne
parlano ufficialmente risalgono agli ultimi 150 anni circa. Riferimenti all’infermieristica
come disciplina a sé non ve ne sono nella storia antica, ma più di una volta si è scritto di uomini
e donne le cui attività erano assimilabili a quelle tipiche dell’infermiere: nell’antico Egitto esistevano
figure che si occupavano all’assistenza materno-infantile mentre le balie dell’allattamento, sacerdotesse
negli antichi tempi greci gestivano l’assistenza agli infermi, nel 500 a.C. in Italia, ma anche in Egitto,
Palestina e in Asia erano presenti luoghi preposti al ricovero per gli ammalati.
Per citare qualche esempio più nel dettaglio, in Egitto l’assistenza infermieristica era incentrata
sull’ambito materno-infantile ed esistevano figure che oggi rientrerebbero nella categoria ostetrica,
inoltre sacerdoti erano adibiti all’assistenza; in questo contesto, il ruolo della donna non era di rilievo
in quanto, per discriminazione di natura sessuale, non era vista come adatta al processo di assistenza
e cura sanitaria. Durante l’epoca dei primi cristiani, cominciano a nascere figure, principalmente donne,
che si occupavano della nutrizione, della mobilizzazione dei pazienti e della somministrazione
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dei farmaci, inoltre curavano l’igiene e il comfort; in sostanza, assolvevano a compiti che oggi
sono propri della professione infermieristica (Craven R.F. et al., 2007).
È importante notare come ciò avvenga in un ambito in cui, trovando sempre più spazio le credenze
legate al cristianesimo, l’uomo viene visto come dotato di un grande elemento di valore, ovvero
la vita, che va preservata, curata e difesa dalle malattie. Continua l’attività infermieristica, nonostante
non fosse riconosciuta come tale, anche durante il medioevo, periodo caratterizzato da gravi
problematiche quali epidemie e contagi, che hanno messo a dura prova tutte le figure che si prodigavano
per la tutela della salute del singolo e, soprattutto, comune. Durante il periodo rinascimentale
ci fu un’evoluzione dell’importanza e del ruolo che la cultura aveva nella società, così anche l’ambito
sanitario venne messo in luce come importante materia di studio, ovviamente con limiti legati
al fatto che la povertà era dilagante, in associazione problemi di natura igienico-sanitaria non trascurabili.
Le rivoluzioni e le epidemie che portano ad aprire le porte al XVIII secolo furono causa
di un impennamento nelle necessità correlate all’assistenza sanitaria, la quale si svolgeva prettamente
a livello ospedaliero, in condizioni di lavoro debilitanti e molto limitanti, sia per i pazienti
che gli operatori. Ben poche persone decidevano di perseguire la strada dell’assistenza, trovandosi
in un contesto socio-economico e culturale molto demoralizzante. Nel XIX secolo la crescente povertà
e il dilagarsi di malattie aumentavano la necessità di avere figure – coloro che poi in futuro verranno
chiamati infermieri – che si adoperassero per la salute; si delinea un contesto in cui, però, questa figura
era ancora legata alla religione: si pensava, infatti, che bisognasse avere una chiamata per lo svolgimento
di tale lavoro, un po’ come se fosse assimilabile ad una missione, più che ad una vera e propria
professione. In Europa in questo periodo cominciarono ad essere costruiti i primi moderni ospedali
e il ruolo di medico quale direttore di un ospedale, responsabile diretto di redazione di cartelle cliniche
e delle terapie prescritte, viene demarcato nettamente da quello dell’infermiere.
A cavallo fra il Settecento e l’Ottocento cominciarono a essere scritti i primi manuali incentrati
sull’assistenza infermieristica. Per entrare nel vivo della rivoluzione della professione bisogna
addentrarsi in un’altra rivoluzione, quella industriale, la quale cambierà il modo di lavorare,
produrre, vivere e pensare. In questo contesto la medicina avanza grazie a scoperte che aprirono le porte
ai primi vaccini, al concetto di prevenzione, alla diagnostica strumentale. L’ospedale diventa luogo
di diagnosi e cura ove troviamo professionisti sempre più preparati e specializzati: è in questo clima
che l’infermieristica diventa una vera e propria disciplina scientifica. Un merito importante
va riconosciuto a colei che oggi viene comunemente definita come “pioniera dell’infermieristica”,
ovvero Florence Nightingale (Firenze, 12 maggio 1820 – Londra, 13 agosto 1910), nobildonna inglese.
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Ella era una donna profondamente religiosa e desiderosa di rendersi utile, così decise di dedicarsi
al lavoro in ospedale, nonostante le iniziali remore della famiglia. Le vennero affidate 39 donne,
con le quali partì per la Crimea con lo scopo di migliorare le condizioni sanitarie ed igieniche delle
truppe britanniche (Craven R.F. et al., 2007).
La Nightingale era convinta che l’infermieristica sussistesse per i malati e per i sani, provvedendo
alla cura nel primo caso e alla prevenzione nel secondo; si adoperò infatti affinché negli
ambienti preposti all’assistenza sanitaria fosse mantenuta un’adeguata igiene. I dati ci dicono
che le sue idee erano giuste in quanto, grazie al suo operato, la mortalità durante la guerra
vide un’importante calo. Veniva chiamata “The lady with the lamp” (la signora con la lampada) in quanto
soleva girare di notte negli accampamenti per poter sorvegliare e assistere i soldati al bisogno.
Sue forti convinzioni erano che l’infermieristica si occupasse della risposta dell’individuo alla malattia,
intesa come risposta biologica, psicologica e sociale. Le sue conoscenze furono fondamentali
per la rivoluzione della sanità, infatti molti ospedali, soprattutto militari, vennero poi concepiti sulla
base delle indicazioni raccolte dalla sua esperienza. Ad oggi Florence Nightingale è considerata
la prima infermiera della storia, colei che ha saputo dare dignità alla professione, adoperandosi affinché
quest’ultima mantenesse fissi i propri capisaldi, ovvero la cura della persona dal punto
di vista fisico, psicologico, sociale e spirituale. Offrì il suo bagaglio personale istruendo e trasmettendo
le sue capacità e la sua esperienza ad altre donne e selezionò personalmente le prime quindici infermiere
formate all’ospedale Saint Thomas. Queste ultime poi si recarono all’estero per far sì che il “modello
Nightingale” venisse conosciuto dai più. Dopo la morte di Florence Nightingale, in Gran Bretagna
nacquero scuole per infermiere e nel 1919 venne approvato dal Parlamento l’istituzione dell’albo
delle infermiere. È naturale pensare come, con il successivo arrivo della Seconda guerra mondiale,
la richiesta di infermieri crebbe a dismisura. Intanto, in America, l’infermiera Nutting ottenne
il ruolo di insegnante presso la Columbia University di New York, divenendo la prima
docente universitaria di discipline infermieristiche al mondo. All’inizio del XX secolo nacquero
le prime organizzazioni professionali, come l’ANA (American Nurses Association) e l’ICN
(Internazional Council of Nurses). Cominciarono ad essere pubblicati articoli di giornale dedicati
alla professione infermieristica e nel 1900 venne per la prima volta stampato l’American Journal
of Nursing, prima rivista infermieristica voluta e pubblicata da infermieri. Da ciò si evince come,
a partire da primi passi fatti a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento, l’infermieristica si sia fatta
sempre più strada, acquisendo valore e dignità. Contestualmente, in Italia molte scuole nascono
grazie all’opera di allieve di Florence Nighingale; nel 1919 viene istituita l’ANITI (associazione
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nazionale italiana tra infermiere), poi affiliata al consiglio nazionale delle infermiere tre anni dopo.
Nel 1928 vengono aperte scuole-convitto professionali per infermiere con corsi biennali e successivo
corso annuale, necessari per ottenere l’abilitazione all’esercizio della professione. Si stabiliscono
due livelli di avanzamento di carriera: infermiera generica e infermiera professionale, quest’ultima
capace di ottenere ruoli direttivi e di accedere a corsi di specializzazione (Craven R.F. et al., 2007).
Tale modello di impostazione durerà per tutto il periodo fascista. In particolar modo, in Italia il concetto
di assistenza infermieristica si sviluppa su due pilastri: da un lato nascevano congregazioni religiose,
il cui scopo era perseguire l’ideale di servizio dell’infermieristica, dall’altro nasceva la Croce
Rossa italiana, che incarnava l’ideale di missione; sarà proprio la Croce Rossa ad assicurare assistenza
durante il secondo conflitto mondiale. Il 29 ottobre 1954 nacque l’IPASVI, il collegio infermiere
professionali, assistenti sanitarie visitatrici e vigilatrici dell’infanzia. Da qui, è un carrellata di novità
per lo sviluppo della formazione: la licenza media inferiore diventa obbligatoria per l’accesso alle
scuole, viene istituita una scuola di specializzazione per la dirigenza infermieristica e vengono
così conferiti all’infermiere ruoli di carattere organizzativo e amministrativo. Finalmente nel 1971
viene permesso anche al personale masch