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RISULTATI:

Dalle interviste è emerso un rapporto dinamico tra i problemi identitari e

difficoltà di integrazione: si evidenzia la richiesta di supporto a reti formali e

informali, proveniente più dalle donne che dagli uomini, e più da parte dei soggetti

immigrati dall’Africa e dai paesi balcanici. Le informazioni richieste riguardano per

lo più problemi di ordine legale e lavorativo, mentre è meno marcata la richiesta di

informazioni sui servizi socio-sanitari e scolastici. Di fondamentale importanza è il

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TG multietnico come mezzo di trasmissione delle informazioni (essendo trasmesso

in tutte le lingue, loro capiscono cosa fare, dove andare).

Vengono poi messe in evidenza le difficoltà di attivazione delle reti: è utile, in tal

senso, progettare iniziative ricreative e culturali, che consentano l’espressione delle

differenze in situazioni non competitive, per facilitare il contatto intergruppi.

Le parole delle immigrate

1) La prima area indagata riguarda le motivazioni alla migrazione: viene data

particolare importanza al bisogno di lavoro, ma anche al disagio sociale e

politico dei paesi di origine; ci sono inoltre motivazioni legate al

ricongiungimento con la famiglia; meno importanti le motivazioni legate allo

studio e religiose. [vedi fig.1 pag.175];

2) La seconda area riguarda la famiglia e, in particolare, le relazioni di coppia.

Sono state approfondite, in particolare, le differenze tra l’esperienza di coloro

che hanno un partner del proprio paese e coloro che hanno un partner italiano:

queste ultime affermano che questo legame sia servito da tramite per il loro

inserimento sociale, mentre le partecipanti che hanno il partner del proprio

paese affermano che tale vicinanza ha facilitato i rapporti di coppia e

l’espressione dei vissuti emozionali. La quasi totalità delle partecipanti ha figli,

ma molte non hanno potuto portarli in Italia con loro. [vedi fig.2 pag.176];

La terza area riguarda l’

3) uso e apprendimento della lingua italiana, che

appare la lingua più usata, appresa soprattutto attraverso i corsi per stranieri

messi a disposizione dalle autorità locali, ma anche da autodidatti. Le

partecipanti osservano come per i bambini l’apprendimento della nuova lingua

sia molto più facile, grazie al fatto che frequentano la scuola. Solo ¼ delle

intervistate afferma di continuare ad usare la lingua dell’ingroup. E’ stato

notato, inoltre, che chi usa la lingua italiana apprende anche la cucina italiana

(collega con il libro delle ricette…). [vedi fig.3 pag.177];

Abbiamo poi l’area del

4) lavoro: quasi la totalità delle intervistate riferisce

difficoltà e insoddisfazioni nell’ambito lavorativo, sia per problemi legati al

tipo di lavoro, sia per la pesantezza delle mansioni svolte, per la presenza di

figli piccoli e per la difficoltà nell’ottenere il permesso di soggiorno. Il lavoro,

quindi, che è stato la motivazione principale per la migrazione, diventa la

fonte principale di difficoltà per l’integrazione. [vedi fig.4 pag.179];

contatti col paese d’origine, che è un tema “caldo”

5) La quinta area riguarda i

per tutte: ad esempio, le donne desiderano che i figli che vivono in Italia con

loro mantengano relazioni con l’ingroup.

- Le donne che desiderano tornare nel loro paese natale hanno molta nostalgia, e

cercano di seguire gli avvenimenti in patria leggendo i giornali, guardando film

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e ascoltando musica. I contatti vengono mantenuti anche con le telefonate a

casa o con Internet;

- Invece, le donne che non hanno alcun progetto di ritorno tendono ad avere

pochi contatti con i connazionali residenti in Italia, non fanno viaggi per

tornare a visitare il paese natale, non comprano giornali… Fanno però molti

progetti per il futuro (loro e dei figli) in Italia. [vedi fig.5 pag.180];

relazioni con l’ingroup,

6) Abbiamo poi le ed emerge che solo alcune donne

scelgono di non coltivare i rapporti con i propri connazionali, mentre la

maggior parte instaura rapporti di amicizia che si intensificano nel tempo

libero (si fa riferimento alla condivisione della stessa religione). Coloro che

fanno prevalentemente riferimento all’ingroup affermano di avere scarse

relazioni con la comunità ospitante; altre partecipanti si dichiarano disponibili

al rapporto con gli italiani, cercando di gettare un ponte tra ingroup e outgroup;

altre ancora sviluppano contatti con associazioni di migranti in Italia. [vedi

fig.6 pag.181]; relazioni con l’outgroup,

7) Per quanto riguarda, invece, le abbiamo 2 sub-aree,

riconducibili rispettivamente ai rapporti istituzionali e a quelli informali con

la comunità ospitante:

- I rapporti istituzionali vengono attivati per motivi di salute, di lavoro, di studio

dei figli, e per la soluzione dei problemi di marginalità;

Le relazioni informali, invece, si riferiscono all’area delle amicizie e del tempo

- libero. [vedi fig.7 pag.182]

relazioni con soggetti dell’outgroup,

8) Abbiamo poi le che sono state indagate

al fine di verificare se e in quale misura sia possibile parlare di

“personalizzazione del contatto” e se tale strategia abbia contribuito nel

migliorare l’integrazione culturale. Tuttavia, la letteratura ci dice che, sebbene

la personalizzazione presenti in misura maggiore relazioni positive, non

sembra però estendersi alla totalità dell’outgroup. Nello specifico, abbiamo

relazioni positive con la datrice di lavoro, la rete amicale e i colleghi di lavoro,

e negative con la figura del poliziotto (perché lo associano alle difficoltà

connesse con il percorso legislativo migratorio), con i membri dell’outgroup e,

a volte, con la stessa datrice di lavoro (ambivalenza legata anche alla

pesantezza del lavoro, agli orari…). [vedi fig.8 pag.184];

Abbiamo poi l’area dei

9) rapporti intergruppi: la maggioranza delle

intervistate vive questi rapporti come conflittuali e sente il proprio ingroup

discriminato. Questa percezione viene descritta in modi diversi: alcune notano

il disinteresse degli italiani verso il paese da cui provengono, altre vedono

l’omologazione degli stranieri (cioè il fatto che, ad es., tutti gli orientali sono

chiamati “cinesi”) come una discriminazione. Spesso si riscontra

un’interiorizzazione dello stigma verso la propria etnia, e pregiudizi delle

stesse immigrate verso altre etnie. A volte, poi, le partecipanti esprimono la

sensazione di sentirsi accettate e valorizzate, soprattutto da parte delle autorità

locali e dai familiari o amici rimasti nel paese di origine. [vedi fig.9 pag. 185];

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L’ultima area riguarda l’inserimento e l’integrazione:

10) le difficoltà

d’integrazione riguardano soprattutto i soggetti provenienti da aree socialmente

stigmatizzate (ad es. l’Albania e il Nord Africa), mentre sembrano avere avuto

minori difficoltà coloro che provengono dai paesi più vicini (come l’Europa

dell’Est). Nonostante la percezione di una disparità di trattamento, è superiore

il numero di intervistate che pensano di essere integrate nella cultura

dell’outgroup. Secondo loro, i motivi che favoriscono questo processo sono:

abitare in piccoli centri, aver avuto una socializzazione anticipatoria prima

della partenza dal proprio paese, veder rispettate le differenze culturali;

incidono poi anche fattori personali, come avere alle spalle una buona

istruzione, aver trovato un lavoro adatto… Un altro fattore è rappresentato

dall’avere figli che frequentano la scuola dell’obbligo, perché spesso fungono

da tramite per conoscere i bambini italiani e le loro famiglie.

Alcune intervistate, poi, rivelano difficoltà di reinserimento nel paese d’origine

al momento delle visite. Queste donne vorrebbero che i figli mantenessero

l’identità sociale d’origine, ma si scontrano quotidianamente col loro voler

appartenere al contesto italiano. [vedi fig.10 pag.188]

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CAPITOLO 10: “Processi di acculturazione di madri immigrate: la

funzione dei supporti sociali”

Le migrazioni possono essere di tipo volontario o forzato, e le motivazioni che

stanno alla base possono essere di tipo economico, politico, religioso o legate a scelte

personali; inoltre, tali spostamenti possono essere permanenti o di breve durata.

Il numero di studi che esaminano le transizioni culturali in relazione al

benessere/malessere delle persone è aumentato negli ultimi anni.

distingueva l’insieme dei processi cui un soggetto in transizione partecipa,

Sussman

che sono:

1. Lo shock culturale, che è una risposta affettiva intensa e negativa che si

manifesta sul piano psicologico e fisiologico ed è sperimentata allorché i

migranti affrontano simboli, ruoli e comportamenti sociali nuovi;

L’

2. adattamento, che è quel processo motivazionale che porta la persona a

modificare il proprio modo di pensare e di agire al fine di diminuire le

interazioni connotate negativamente ed aumentare quelle positive.

All’adattamento segue l’adattamento cross-culturale, in cui le modificazioni

cognitive e comportamentali producono un’influenza neutrale o positiva

sull’interazione sociale;

3. Infine, abbiamo il processo di acculturazione, che è il percorso di

adattamento ed evoluzione a lungo termine dei gruppi indigeni all’interno di

società pluralistiche o degli immigrati alla nuova cultura.

Dal punto di vista della persona migrante, il processo di avvicinamento alla cultura

“altra” è stato visto come un percorso globale che coinvolge tutti gli ambiti di vita del

soggetto, e, di volta in volta, può essere positivo, neutro o negativo, e può indicare

situazioni conflittuali non solo tra il migrante e la nuova cultura, ma anche all’interno

della stessa persona nelle diverse fasi della vita.

“stress da acculturazione”: infatti, all’interno del

A tal proposito si può parlare di

processo di acculturazione, alcuni individui possono vivere i cambiamenti come

molto stressanti, mentre altri come positivi o persino come opportunità. Lo stress da

acculturazione si riferisce ad una particolare tipologia di stress che considera gli

elementi stressanti quali prodotti del processo di acculturazione: essi si verificano

quando le risposte adattive di una persona sono insufficienti per adattarsi al nuovo

contesto culturale.

Berry et al. evidenziano alcuni comportamenti conseguenti allo stressa da

acculturazione, quali ansietà, depressione, alienazione, confusione di identità…

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L’identità sociale dei migranti è un costrutto fondamentale nell’anal

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Publisher
A.A. 2013-2014
79 pagine
28 download
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PSI/01 Psicologia generale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher swarovskyna di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Psicologia degli atteggiamenti e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Catania o del prof Licciardello Orazio.