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Inoltre la creazione di questa rotta è stata sostenuta da una politica di wave through
(che significa “lasciar passare”) adottata dagli Stati – Grecia, Macedonia, Serbia,
Ungheria- che affrontavano quest’ondata di migranti, con l’obiettivo di facilitare il
loro spostamento verso l’Europa settentrionale.
Una seconda causa concernente questa insistente pressione migratoria è costituita
dalla politica di accoglienza che la Germania ha voluto adottare nell’agosto 2015, con
l’idea di sospendere il funzionamento del Sistema di Dublino consentendo ai profughi
di stanziarsi in Germania. L’eccessivo numero di richiedenti asilo e di migranti,
soprattutto dalle popolazioni siriana, irachena e afghana (i quali hanno ottenuto alti
tassi di riconoscimento per presentare richieste di asilo) preannunciò un collasso del
sistema di accoglienza tedesco. Questo fu alla base della decisione di reintrodurre i
controlli da parte della Germania.
L’afflusso di migranti fu tale da rendere incontrollabile il numero delle entrate
irregolari di migranti, soprattutto dovuto al fatto delle gravi mancanze riscontrate nei
Paesi di transito come Grecia e Italia. Si sono registrate, infatti, alcune anomalie nella
gestione dei controlli alle frontiere esterne, a causa di un’assenza d’identificazione e
registrazione dei migranti giunti sulle isole greche. Questo passo fu determinato anche
dal fatto che il personale autorizzato al controllo dei documenti di identità dei
migranti non era sufficiente.
Un esempio è riscontrato nell’articolo: “Schengen al bivio, confini europei o confini
nazionali?” nei quali si racconta che l’Austria accusa la Grecia per la mancata
organizzazione nella gestione dei confini esterni.
Se tutte queste cause compongono la prima parte del problema dell’immigrazione,
l’altra faccia della medaglia riguarda le conseguenti misure restrittive che sono state
adottate per affrontare il problema e salvare l’Area Schengen.
Prima di tutto, numerosi Stati membri hanno reintrodotto i controlli alle proprie
frontiere interne a partire dal settembre 2015, tra cui Svezia, Norvegia, Danimarca e
Belgio. Una nota degna di riguardo è destinata all’Ungheria, paese enormemente
influenzato dai flussi migratori e critico nei confronti della Germania: esso ha
costruito, infatti, una barriera di filo spinato anche al confine con la Slovenia –
iniziativa interrotta a seguito di un accordo tra i due Paesi.
La reintroduzione dei controlli è conforme alle regole previste dall’articolo 28 del
Codice Frontiere Schengen, il quale precisa in merito alle modalità per cui possono
essere effettuati controlli interni e in che durata. E’ prevista una durata di due mesi per
circostanze di minaccia all’ordine pubblico e alla sicurezza interna e possono essere
reintrodotti per un massimo di trenta giorni rinnovabili fino a sei mesi.
La gestione dei flussi viene intensificata insieme alle relazioni tra Paesi di origine e di
transito, assicurando la registrazione di tutti i migranti e i richiedenti asilo giunti sulle
coste greche e italiane e garantendo il corretto funzionamento del Regolamento di
Dublino. A questo proposito fu proposto un supporto finanziario alla Grecia:
dall’inizio del 2015, sono stati accordati 353 milioni di euro di aiuti d’emergenza, in
aggiunta ai 509 milioni già destinati per il periodo 2014-2020. Anche per la Bulgaria è
stato previsto un sostegno finanziario aggiuntivo: 12 milioni di euro per fornire una
sistemazione, cibo e medicine ai migranti e per equipaggiare le guardie di frontiera
bulgare (in aggiunta ai 91 milioni già previsti). Per accelerare la risposta alle crisi
umanitarie nell’UE, la Commissione ha anche lanciato un nuovo strumento di
assistenza emergenziale che mette a disposizione 700 milioni di euro per il periodo
2016-2018. I primi interventi saranno per la situazione in Grecia: 198 milioni
serviranno a migliorare le condizioni di vita dei rifugiati.
Una successiva conseguenza al fine di contenere i flussi, fu quella di creare una
cooperazione con la Turchia, in contrasto all’immigrazione irregolare, proponendo un
supporto maggiore alla popolazione siriana. Il meccanismo ha ridotto i tentativi di
attraversamento via mare verso le isole greche: nell’ottobre 2015 arrivavano in media
10mila persone al giorno, ora ne arrivano 100 al giorno come stila un articolo di
Giampiero Gramaglia per la Commissione Europea: “Migrazione e crisi per i
rifugiati: priorità per l’UE”.
Sono state introdotte delle pratiche di respingimento – in primis dalla Turchia,
Svizzera e Austria – le quali però contrastano con le clausole del Codice Frontiere
Schengen, il quale prevede delle circostante a favore e tutela dei rifugiati e richiedenti
asilo secondo il principio di non-respingimento sancito dall’articolo 33 della
Convenzione di Ginevra. È infatti stabilita l’impossibilità di rimpatriare i richiedenti
asilo in Grecia a causa delle inadatte condizioni del sistema di accoglienza di quel
Paese (Favilli, 2015).
La conseguenza più significativa risiede in una possibile riforma del Sistema Comune
europeo di Asilo, comprendente tutte le misure restrittive elencate sopra al fine di
poter ridimensionare i flussi di migranti e garantire un adeguato ricollocamento, con
l’obbligo per gli Stati membri di versare una contropartita pari a 250mila euro per