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E CONCETTO GOLDEN HOUR
Importante nella gestione delle emorragie sia nel personale laico che nel
7
personale sanitario il concetto di “Golden Hour” il quale venne introdotto
per la prima volta nel 1975 in un articolo del Dottor R. Adam Cowley che
definì “la prima ora post-intervento traumatico determina in gran parte le
possibilità di sopravvivenza di un paziente gravemente ferito”. Da tale
affermazione si può evincere quanto sia influente il fattore tempo nel
ricevere adeguato intervento di soccorso e di conseguenza quali possano
essere le conseguenze attese e dunque un outcome positivo del paziente. In
conseguenza al trauma sono stati individuati e descritti tre principali picchi
di mortalità:
• Primo picco: definito “decesso immediato”. Il decesso del Paziente
sopraggiunge nell’arco di pochi minuti o addirittura secondi dal trauma,
solitamente causato da asfissia, gravi lesioni cerebrali e del midollo spinale,
danni cardiaci o ai grandi vasi. L’unico possibile trattamento in questi casi
è contenuto nella prevenzione, attraverso l’adozione di misure di sicurezza
preventive come indossare il casco e le cinture di sicurezza, rispettare i limiti
di velocità, tenere un attento e diligente comportamento durante la
circolazione stradale e da campagne di sensibilizzazione.
7 Calland, J. F., & Shapiro, M. B. (2014). The Golden Hour and the Platinum Ten Minutes
in Trauma: An Examination of Current Concepts and Practices. Journal of Trauma
Nursing, 21(1), 4-10 -11-
• Secondo picco: definito “decesso precoce”. Il decesso in questo caso
sopraggiunge nell’arco di poche ore dal trauma. Talvolta all’interno della
Golden Hour, ed è solitamente causata da danni di tipo traumatico
(toracico, fratture) ed associate a ingenti perdite ematiche. Il trattamento in
questi casi prevede il riconoscimento preventivo dello stato di alterazione
dei parametri vitali e della potenziale emodinamica da parte del personale,
all’interno della Golden Hour con conseguente centralizzazione nella
struttura adeguata.
• Terzo picco: “decessi tardivi”. Può sopraggiungere nel giro di qualche
settimana. La causa di questa tipologia di decessi è legata alle conseguenze
evolutive di un quadro settico e insufficienza multiorgano (MOF). Per la
prevenzione di tale tipologia di decessi l’approccio più adeguato è lo
sviluppo tecnologico-ospedaliero che consenta la diagnosi ed il trattamento
di tali quadri. Un altro aspetto fondamentale è contenuto nella “regola delle
tre G”, che indica di portare il Giusto paziente, nel Giusto ospedale, nel
Giusto tempo. È importante puntualizzare che il concetto di Golden Hour a
volte è molto difficile se non impossibile da garantire a causa di criteri
dinamico-situazionali (come una estricazione difficile dal veicolo sul target)
e/o criteri puramente logistici legati alle caratteristiche del territorio dove è
sito il luogo dell’intervento, che potrebbe trovarsi a molti chilometri di
distanza dal nosocomio adeguato dove è indicato ospedalizzare il paziente.
A tal proposito si analizza il concetto di “Ten Platinum Minutes”, ovvero il
tempo massimo che l’equipe di soccorso che giunge sul luogo
dell’intervento dispone per la valutazione del paziente il riconoscimento del
quadro patologico, l’eventuale immobilizzazione e stabilizzazione facendo
in modo che ciò non influenzi o ritardi il trasporto in ambulanza.
-12-
2.1 - Classificazione delle emorragie
Le emorragie vengono classificate in IV classi in base all’entità di sangue
perso dalla ferita e in base ai parametri clinici.
Figura 1. Classificazione delle emorragie.
Classe I: si ha una perdita di sangue sino a 750 ml, con una riduzione della
volemia pari al 15%. La frequenza cardiaca (FC) è inferiore a 100 bpm/min
con una modica tachicardia, la pressione arteriosa (PA) rimane invariata, la
frequenza respiratoria (FR) rimane stabile sui 14-20 atti/minuto, la diuresi è
maggiore a 30 ml/h. Le estremità si presentano rosee ed infine lo stato
neurologico è lievemente in ansia. L’infusione di liquidi è attraverso i
cristalloidi.
Classe II: si ha una perdita di sangue tra 750-1500 ml, con una riduzione
della volemia tra il 15-30%. La FC è tra 100-120 bpm/min, la PA sistolica
rimane invariata, mentre la PA diastolica è aumentata, la FR è tra 20-30
atti/minuto, la diuresi è lievemente contratta tra i 20-30 ml/h. Le 6 estremità
-13-
si presentano pallide e lo stato neurologico in ansia moderata e irritabilità.
L’infusione di liquidi è attraverso i cristalloidi.
Classe III: in questa classe si ha una perdita di sangue tra 1500-2000 ml con
una riduzione della volemia tra 30-40%. La FC si trova tra 120-140
bpm/minuto, la PA sistolica e la diastolica sono ridotte, la FR è tra 30-40
atti/minuto, si nota un’importante contrazione della diuresi (5/20 ml/h). Le
estremità si presentano pallide e lo stato neurologico in ansia e confusione.
L’infusione di liquidi è attraverso i cristalloidi e trasfusioni di sangue.
Classe IV: troviamo una perdita di sangue pari a 2000 ml, con una riduzione
della volemia superiore al 40%. La FC è sopra i 140 bpm/minuto, la PA
sistolica e diastolica sono molto ridotte da determinare una ipotensione
grave, la FR è >35 atti/minuto, per quanto riguarda la diuresi ci troviamo di
fronte ad anuria. Lo stato neurologico è in confusione e possiamo trovare
letargia fino allo stato di coma, le estremità sono pallide e fredde.
L’infusione di liquidi è attraverso cristalloidi e trasfusioni di sangue.
-14-
2.2 - Lo shock: fisiologia, tipologie e trattamento
Lo shock è definito come “una grave sindrome polieziologica, caratterizzato
da un’insufficiente ipoperfusione tissutale, responsabile a sua volta di gravi
alterazioni metaboliche cellulari a carico di tutti gli organi la cui funzione
risulta notevolmente compromessa.” 8
Le cause possono essere molteplici ma hanno come risultato comune quello
di causare in quadro clinico caratterizzato da: insufficienza contrattile del
miocardio che provoca una riduzione della gittata cardiaca e l’ipotensione
per un tempo prolungato, entrambi provocano un’insufficienza nella
perfusione dei tessuti che porta a gravi alterazioni metaboliche delle cellule.
“L'indice di shock (shock index, SI) è un indicatore della gravità dello shock
ipovolemico e viene calcolato dividendo la frequenza cardiaca (Heart rate,
HR) per la pressione sanguigna sistolica (systolic blood pressure, SBP).
Questo indice serve a predire la mortalità, la necessità di trasfusioni di
sangue o la necessità di ricovero in terapia intensiva tra i pazienti con
trauma, emorragia postpartum, infarto miocardico acuto, ictus, sepsi e altre
condizioni critiche.
Numerosi studi precedenti hanno dimostrato che il SI dimostra una
previsione di mortalità superiore ai segni vitali tradizionali, sebbene abbia
alcune limitazioni, inclusa la sua bassa sensibilità soprattutto per i pazienti
anziani o ostetrici. Tuttavia, nella pratica clinica, il calcolo dello SI per tutti
i pazienti è difficile. Un valore di SI > 0,9 è generalmente accettato come
punto di cut-off per un aumento del rischio di mortalità, ma a volte è
difficile calcolare velocemente se il paziente soddisfa questo cut-off quando
il valore del quoziente (soprattutto se si considera la seconda cifra decimale)
8 Pontieri G.M. Patologia e fisiopatologia generale. Roma: Piccin nuova libraria S.p.A;
2000. 434-435. -15-
è estremamente vicino a 0,9 (es. quando un paziente ha una FC di 103 battiti
per minuto e SBP di 114 mmHg, il quoziente è di circa 0,904 e tecnicamente
soddisfa il cut-off, ma è estremamente difficile da calcolare
tempestivamente senza una calcolatrice). Avendo un valore di cut-off
confuso, l'SI deve essere interpretato da diverse variabili per identificare i
pazienti con uno stato critico ma HR e SBP stabili, il che lo rende un
indicatore poco pratico che viene raramente utilizzato nei sistemi di
punteggio per valutare le emergenze”. 9
Lo shock può svilupparsi secondo tre stadi:
1. Shock compensato o 1° stadio: la perfusione tissutale è scarsamente
compromessa, si ha possibilità di guarigione completa. Qui i meccanismi di
compenso sono ancora in grado di mantenere una certa omeostasi
circolatoria; in questo stadio assume un ruolo fondamentale il concetto di
“Golden Hour”, “Ora d’Oro”, per il trattamento necessario per ripristinare
l’omeostasi del paziente. In questa fase il sistema interno dell’organismo
Yohei K. Hiroyuki H. Equivalency between the shock index and subtracting the systolic
9
blood pressure from the heart rate: an observational cohort study. BMC Emerg Med,
2020; 20 (1): 87. -16-
renina-angiotensina-aldosterone risulta fondamentale nel rispondere
all’ipovolomia causata dallo shock stesso.
2. Stadio reversibile o 2° stadio: i meccanismi di regolazione della PA non
sono più sufficienti a mantenere l’omeostasi e compaiono i primi segni di
ipotensione e insufficienza d’organo reversibile. Questo stadio è reversibile
solo mediante apposite terapie farmacologiche.
3. Shock irreversibile o 3° stadio: è irreversibile con qualsiasi terapia ed ha
esito infausto. Sono presenti segni di insufficienza d’organo come oliguria,
coma da ipoperfusione cerebrale, insufficienza respiratoria da ARDS,
miocardiodepressione e segni di insufficienza multiorgano.
Nella fisiopatologia dello shock il punto cardine è rappresentato dal ridotto
apporto ematico sistemico con inadeguato rilascio di ossigeno ai tessuti e
quindi un conseguente cambio da parte delle cellule dal metabolismo
aerobio ad anaerobio con incremento di CO2 ed acido lattico, fino alla
perdita della funzione e morte cellulare. L’ipoperfusione porta
all’attivazione della cascata coagulativa e infiammatoria con rilascio dei
mediatori pro-infiammatori causando un progressivo danno d’organo fino
al quadro clinico di insufficienza multiorgano della MOF. Quest’ultima
colpisce prevalentemente il polmone, il rene, il cuore e il fegato.
Nella fase iniziale dello shock l’apporto di ossigeno è ridotto ma i tessuti
riescono a compensare estraendo una percentuale di ossigeno
somministrato; la bassa pressione arteriosa causa una risposta adrenergica
con vasocostrizione e incremento della FC. Tra i meccanismi di compenso
troviamo anche le ammine beta-adrenergiche come l’adrenalina e la
noradrenalina che determinano un incremento della contrattilità