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NATURALISMO FRANCESE

Si afferma in Francia intorno al 1870.

Il retroterra culturale e filosofico del Naturalismo è il Positivismo , movimento di pensiero che si

diffonde dalla metà dell'800 ed è l'espressione ideologica della nuova organizzazione industriale della

società borghese e del conseguente sviluppo della ricerca scientifica e delle applicazioni tecnologiche.

Esso porta al rifiuto di ogni visione di tipo religioso, metafisico o idealistico ealla convinzione che

tutto il reale sia un gioco di forze materiali, fisiche, chimiche, biologiche regolate da ferree leggi

meccaniche spiegabili scientificamente.

Il naturalismo francese trae i suoi fondamenti teorici da Hippolyte Taine (1828-93) la cui concezione

era ispirata ad un rigoroso determinismo materialistico ed affermava che i fenomeni spirituali sono

prodotti dalla fisiologia umana e sono determinati dall'ambiente fisico in cui l'uomo vive.

I modelli letterari indicati da Taine sono:

– Balzac autore della “Commedia umana” dove analizza la natura umana con precisione da

anatomista e chimico

– - Flaubert autore di “Madame Bovary” per la sua teoria dell'impersonalità (scriveva che

l'artista deve essere nella sua opera come Dio nella creazione, invisibile e onnipresente)

– i fratelli De Goncourt che costruiscono i loro romanzi in base ad una documentazione

minuziosa e diretta degli ambienti sociali rappresentati e per la nuova attenzione dimostrata

verso i ceti inferiori che ormai, in un'epoca di democrazia e suffragio universale, hanno

conquistato il diritto di essere rappresentati in letteratura.

Caposcuola del naturalismo è Emile Zola che con il suo “Il romanzo sperimentale” del 1880

trasforma il romanzo in uno strumento scientifico dove la realtà è rappresentata in tutte le sue forme,

anche quelle più crude, tradizionalmente rifiutate dal buon gusto letterario,

La scienza, sostiene Zola, non ha ancora trovato con certezza tutte le leggi che regolano la vita

passionale e intellettuale dell'uomo, ma 2 principi si possono affermare:

– l'ereditarietà biologica, cioè il trasmettersi da individuo ad individuo di certe caratteristiche

fisiche e psicologiche per via genetica,

– e l'influsso esercitato dall'ambiente sociale che modifica continuamente i meccanismi della

vita individuale.

La conclusione a cui approda il discorso di Zola = come il fine della scienza sperimentale è far sì che

l'uomo diventi padrone dei fenomeni per dominarli, così anche il fine del romanzo sperimentale è

impadronirsi dei meccanismi psicologici per poi poterli dirigere.

Il romanziere ha quindi un fine importantissimo -> non solo studiare scientificamente i fenomeni, ma

aiutare le scienze politiche ed economiche nel regolare la società ed eliminare le sue storture, fornendo

ai legislatori ed ai politici gli strumenti per dirigere i fenomeni sociali.

Alla base di questo romanzo sperimentale di Zola c'è la concezione di uno scrittore impegnato nel

sociale e nella politica. VERISMO

In Italia a diffusione del naturalismo di Zola avviene soprattutto a partire dal 1870 negli ambienti

culturali milanesi di sinistra, anche se si fermò a formulazioni teoriche approssimative e generiche.

Una teoria coerente ad un nuovo linguaggio fu invece elaborata da 2 intellettuali conservatori

meridionali che operarono nello stesso ambiente milanese: Luigi Capuana e Giovani Verga.

Luigi Capuana, come critico letterario del “Corriere delle Sera” fece conoscere Zola in Italia

attraverso le recensioni delle sue opere. In questi articoli però si coglie chiaramente un modo di

intendere la letteratura ben diverso da quello del Naturalismo francese.

Capuana respinge la subordinazione della letteratura a scopi estrinseci, come la dimostrazione

sperimentale di tesi scientifiche e l'impegno politico e sociale, concordando perfettamente con l'amico

Verga (che lo fa intendere direttamente nelle sue opere).

Nella prospettiva di Capuana il naturalismo è solo un modo particolare di fare letteratura -> la

“scientificità” deve consistere nella tecnica con cui lo scrittore rappresenta la realtà, che è simile al

metodo dell'osservazione scientifica.

Questa tecnica si riassume nel principio dell'impersonalità dell'opera d'arte -> il tradizionale narratore

che interviene, commenta e giudica, scompare dal testo.

Il Verismo italiano è un'etichetta generica che copre manifestazioni tra loro molto diverse, e che,

soprattutto, hanno ben poco da spartire con la scuola naturalista francese da cui tradizionalmente si

fa derivare.

Verso il 1890 il romanzo veristico, o più genericamente realistico, entra in crisi e viene a poco a poco

soppiantato dal romanzo puramente psicologico di D'annunzio e Fogazzaro -> qui non interessa più

l'ambiente sociale o la mentalità di creature elementari e l'attenzione si concentra sulla psicologia

complicata di aristocratici personaggi.

GIOVANNI VERGA

Nasce a Catania nel 1840 da una famiglia di agiati proprietari terrieri con ascendenze nobiliari.

Compie i suoi primi studi presso maestri privati, in particolare dal patriota Antonio Abate dal quale

assorbì il fervente patriottismo e il gusto letterario romantico.

La sua successiva formazione scolastica irregolare segna la sua fisionomia di scrittore che si discosta

dalla tradizione di autori di profonda cultura umanistica come Carducci.

Verga si forma più che sui classici italiani, leggendo gli scrittori francesi moderni come Dumas.

Nel 1865 Verga di trasferisce a Firenze, convinto che per diventare uno scrittore autentico bisognasse

liberarsi dei limiti della cultura provinciale e venire a contatto con la vera società letteraria italiana.

Nel1872 si trasferisce a Milano dove entra in contatto con gli ambienti della Scapigliatura. In questo

periodo scrive 3 romanzi: Eva – Eros – Tigre reale ancora legati ad un clima romantico.

Nel 1878 avviene la svolta verso il Verismo con la pubblicazione del racconto Rosso Malpelo

( sull'adozione del nuovo modulo narrativo ebbe un influsso determinante la lettura dell'Assommoir

di Zola e l'influsso di Capuana) .

Seguono:

– nel 1880 le novelle di Vita nei campi dove accanto alla scabra rappresentazione veristica e

pessimistica del mondo rurale si può trovare ancora traccia di un atteggiamento romantico che

si vede nella rappresentazione nostalgica di quell'ambiente arcaico come di una sorta di

paradiso perduto di autenticità e innocenza, oppure come di un mondo mitico folcloristico,

estraneo alla storia e alla modernità, dominato da passioni violente e primitive, che sono

l'antitesi dell'artificiosità della vita cittadina e borghese.

– nel 1881 il primo romanzo del ciclo dei Vinti, I Malavoglia – criterio unificante di questo

ciclo di romanzi è il principio della lotta per la sopravvivenza, che Verga ricava dalle teorie di

Darwin sull'evoluzione delle specie animali e la applica alla società umana che è dominata, a

tutti i livelli, da conflitti di interesse, ed il più forte trionfa schiacciando i più deboli. Verga

però non intende soffermarsi sui vincitori di questa guerra universale e sceglie i “vinti”.

– nel 1883 le Novelle Rusticane e Per le vie,

– nel 1884 il dramma Cavalleria rusticana

– nel 1887 le novelle di Vagabondaggio

– nel 1889 il secondo romanzo del ciclo Mastro-don-Gesualdo

– negli anni successivi lavora assiduamente al terzo La Duchessa di Leyra, ma non riesce a

portarlo a termine.

Dal 1893 torna a vivere definitivamente a Catania e progressivamente si chiude in un silenzio

pressoché totale dedicandosi alla cura delle proprietà agricole e ossessionato dalle preoccupazioni

economiche.

Le sue posizioni politiche si fanno sempre più chiuse e conservatrici.

Muore nel gennaio del 1922, l'anno che vedrà la salita al potere del fascismo.

La svolta verista

La svolta verista di Verga si ha con la pubblicazione del racconto Rosso Malpelo.

Questa svolta non va interpretata in senso moralistico, come frutto di sazietà per gli ambienti eleganti

e mondani, che induca a cercare maggiore autenticità e serietà di vita tra gli umili.

Infatti Verga non vuole affatto abbandonare gli ambienti dell'alta società per quelli popolari, ma

piuttosto, parlare del popolo è il punto di partenza del suo studio dei meccanismi della società, poiché

in quegli strati sociali tali meccanismi sono meno complicati e posso essere individuati più facilmente.

Poi questo metodo sarà applicato via via agli strati superiori.

La poetica dell'impersonalità

Secondo Verga non basta che ciò che viene raccontato sia reale e documentato ---- deve essere anche

raccontato in modo da porre il lettore “faccia a faccia con il fatto nudo e schietto” in modo che non

abbia l'impressione di vederlo attraverso “la lente dello scrittore”.

Per questo lo scrittore deve “eclissarsi”,cioè non deve comparire nel narrato con le sue reazioni

soggettive, le sue riflessioni, le sue spiegazioni, come avveniva nella narrativa tradizionale.

L'autore deve vedere le cose con gli occhi dei suoi personaggi ed esprimerle con le loro parole ---

tanto che l'opera dovrà sembrare “essersi fatta da sè”,cioè senza alcun punto di contatto con il suo

autore.

Il lettore avrà l'impressione non di sentire un racconto di fatti, ma di assistere a fatti che si svolgono

sotto i suoi occhi. A tal fine non ci sarà spiegazione degli antefatti o verrà tracciato un profilo dei

personaggi.

Verga ammette che questo può creare una certa confusione nelle prime pagine, però man mano che

gli attori si fanno conoscere con le proprie azioni e le proprie parole, il loro carattere si rivela al lettore.

Solo così si elimina ogni artificiosità letteraria.

Come si vede la teoria dell'impersonalità è per Verga un modo di dar forma all'opera, di conseguire

determinati effetti artistici. Per questo parla di “artificio” di “illusione”, l'opera deve sembrare essersi

fatta da sé---- ma Verga sa bene che l'impersonalità è solo un procedimento espressivo, adottato per

ottenere certi effetti artistici, e che dietro c'è pur sempre l'artista che mette in atto quei procedimenti

in modo da dare quella particolare impressione, e che anzi proprio attraverso di essi imprime all'opera

la sua personalità creatrice.

La tecnica narrativa

Nei romanzi di Verga non è propriamente qualche specifico personaggio a raccontare, ma il narratore

si mimetizza nei personaggi stessi

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Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/10 Letteratura italiana

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher nicole123556y78 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Cultura italiana e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi "Carlo Bo" di Urbino o del prof Guasconi Eleonora.
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