vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
GIOVANNI VERGA VITA E OPERE
Le origini e gli studi
Giovanni Verga nacque il 2 settembre 1840 a Catania, in una famiglia benestante di proprietari terrieri. Ebbe
un’educazione borghese e studiò giurisprudenza all’Università di Catania, ma abbandonò gli studi per seguire la sua
passione per la scrittura e la letteratura.
I romanzi patriottici
Nei suoi primi anni di attività, Verga scrisse opere di ispirazione romantico-patriottica, riflettendo il fervore
risorgimentale dell’epoca. Tra queste, Amore e patria (1856), rimasta incompiuta, e I carbonari della montagna (1861-
1862), incentrato sulle lotte per l’indipendenza italiana. Tuttavia, questi lavori rimasero in ombra e non gli procurarono
grande notorietà.
Il soggiorno a Firenze e i romanzi mondani
a Firenze, allora capitale del Regno d’Italia, dove entrò in contatto con gli ambienti culturali
Nel 1865 Verga si trasferì
della città. In questo periodo abbandonò i temi patriottici per dedicarsi a romanzi sentimentali e mondani. Scrisse opere
come Una peccatrice (1866), Storia di una capinera (1971) Eva (1873), Tigre reale (1875) e Eros (1875), in cui
affrontava temi legati alle passioni, al lusso e alla decadenza morale, seguendo i gusti di un pubblico borghese e
raffinato.
Il soggiorno milanese
Nel 1872 Verga si trasferì a Milano, città in fermento culturale e letterario. Qui venne a contatto con il Positivismo e il
Naturalismo francese, in particolare con le opere di Flaubert e Zola, che lo spinsero verso una nuova poetica. Milano
segnò il momento della sua maturità artistica e la nascita del suo stile verista. In questo periodo pubblicò Vita dei campi
(1880), raccolta di novelle, tra cui Rosso Malpelo e Cavalleria rusticana, e il capolavoro I Malavoglia (1881), che
inaugurò il ciclo I vinti.
La fama di seduttore
divenne noto a Milano anche per la sua fama di seduttore, frequentando i salotti dell’alta società e stringendo
Verga
relazioni amorose, tra cui quella con la contessa Dina Castellazzi. Questa immagine di uomo mondano coesisteva però
con la sua vocazione letteraria, che lo portò a riflettere sulle condizioni della "piccola gente" e sul destino delle classi
subalterne.
Insuccessi e difficoltà
Nonostante il valore letterario delle sue opere, I Malavoglia non ottenne il successo commerciale sperato, incontrando
nell’essere apprezzato dal grande pubblico. Anche
difficoltà Mastro-don Gesualdo (1889), secondo romanzo del ciclo I
vinti, ricevette una fredda accoglienza. Questi insuccessi e il crescente isolamento culturale lo spinsero a ritirarsi dalla
scena letteraria nazionale.
La tranquillità economica e gli ultimi anni
Tornato a Catania nel 1893, Verga si dedicò alla gestione delle sue proprietà terriere, trovando una certa tranquillità
economica. Visse una vita appartata, lontano dai riflettori, continuando a scrivere ma senza completare il ciclo I vinti.
Morì il 27 gennaio 1922, lasciando un’eredità indelebile nella letteratura italiana come massimo esponente del Verismo.
Tuttavia, già nel 1874, l’autore
LA POETICA VERISTA. Nel 1875, Verga pubblicò Tigre reale ed Eros. aveva scritto la
novella Nedda, che segnò un'importante svolta nella sua carriera. Ambientata nelle campagne siciliane, la novella racconta
la tragica storia di una povera raccoglitrice di olive, perseguitata dalla sfortuna e dall’indifferenza della comunità. Il
successo di Nedda lo spinse ad abbandonare i temi borghesi e sentimentali, per concentrarsi sulla dura vita dei lavoratori
siciliani, in particolare contadini e pescatori.
Questo cambiamento fu anche influenzato dal crescente successo del Naturalismo in Francia, soprattutto dopo la
pubblicazione di L'Assommoir (L’ammazzatoio) di Émile Zola nel 1877, e da un'inchiesta sulla Sicilia condotta da
Leopoldo Franchetti e Sidney Sonnino, che denunciava le misere condizioni di vita dell'isola dopo l'unificazione.
L’ABOLIZIONE DEL RITRATTO DEI PERSONAGGI. Per rappresentare questa realtà arcaica e proletaria, Verga
adattò il suo stile narrativo, ispirandosi alla tecnica naturalista dei francesi, ma sviluppandola in maniera originale. Questo
periodo lo vide avvicinarsi anche ai suoi amici Felice Cameroni e Luigi Capuana, convinti sostenitori del Naturalismo in
Italia. Il primo aspetto delle opere veriste di Verga che sorprende lettori e critici è la sua scelta di immergere subito il
lettore nella vicenda, senza fornire alcuna introduzione sui personaggi. A differenza di Manzoni, che presentava un
personaggio e poi lo descriveva, Verga elimina del tutto il "ritratto" dei suoi protagonisti. In una lettera a Felice Cameroni
del 1881, Verga spiega che l'assenza di descrizioni serve a dare al lettore l'illusione della realtà, evitando di far percepire
il romanzo come una storia inventata. Se un narratore onnisciente descrive i personaggi, si rompe infatti l'illusione di una
realtà autentica, poiché il lettore diventa consapevole che la storia è mediata dal racconto di qualcuno.
IMPERSONALITA’ E IMPASSIBILITA’. Verga, rifiutando la mediazione del narratore onnisciente, elimina il distacco
tra il lettore e la storia, facendo sembrare che il lettore sia direttamente immerso nel mondo dei personaggi, come se stesse
vivendo accanto a loro. Questo approccio mira a trasformare il racconto in un "documento umano", dando al lettore
l'impressione che la vicenda sia realmente accaduta. Con questa scelta, Verga porta all'estremo il concetto di
"impersonalità" della scuola naturalista, superando i limiti di "impassibilità" adottati da Flaubert e Zola che, pur
distaccandosi, mantennero comunque una forma di narrazione onnisciente. Con Verga, invece, è il lettore che raccoglie e
interpreta le informazioni direttamente dall'azione, formulando un giudizio storico e morale autonomamente.
L’ECLISSI DEL NARRATORE ONNISCENTE. Verga aveva già manifestato la sua intenzione di abolire il narratore
onnisciente nella Prefazione all'Amante di Raja (poi L'amante di Gramigna), una novella uscita nel 1880. In questa
prefazione, Verga sostiene che la "mano dell'artista" deve rimanere invisibile, affinché l'opera sembri un avvenimento
reale, come se fosse stata creata autonomamente, senza tracce dell'autore. Per dare alla storia la freschezza e la verità di
un "documento umano", Verga rinuncia alla lente deformante dello scrittore, limitandosi a presentare il "fatto nudo e
schietto" con un linguaggio semplice e popolare.
In questo contesto, il narratore onnisciente viene sostituito da una voce popolare omodiegetica, cioè un narratore che è
stato testimone o protagonista degli eventi narrati. Questa voce, che può essere collettiva o appartenere a un singolo
personaggio, è facilmente riconoscibile attraverso il linguaggio semplice, pittoresco e il punto di vista che esprime, che
funge quasi da "firma" del narratore. In questo modo, Verga crea una narrazione che si fa interprete della realtà senza
mediazioni autorali.
LA DESCRIZIONE DEI SENTIMENTI. Verga afferma che la psicologia del personaggio, le sue emozioni e stati
d'animo non possono essere descritti direttamente, ma devono essere rappresentati attraverso azioni o parole. In
un'intervista del 1894, dichiarò che un pensiero può essere scritto solo quando è esternato, cioè tradotto in un atto o in una
parola. In pratica, per capire cosa provi un personaggio, il lettore deve osservare il suo comportamento esteriore, poiché
ciò che resta nel suo cuore, non manifestato, rimane inaccessibile e non può essere descritto.
IL CICLO DEI VINTI
UN PROGETTO AMBIZIOSO: Dopo il successo di Nedda, Verga, incoraggiato dall'editore Treves, iniziò nel 1875 un
nuovo bozzetto siciliano, Padron 'Ntoni, ambientato in un villaggio di pescatori. L'opera, concepita inizialmente come una
novella, crebbe fino a diventare il nucleo originario de I Malavoglia, primo romanzo di un ciclo narrativo ispirato
probabilmente al ciclo dei Rougon-Macquart di Zola.
Il progetto del ciclo, intitolato inizialmente La Marea e poi I Vinti, prevedeva cinque romanzi per rappresentare la "lotta
per la vita" attraverso le diverse classi sociali italiane, dai più umili ai potenti, con uno stile e un'ambientazione che
cambiavano gradualmente. I romanzi previsti erano:
- Padron 'Ntoni (diventato I Malavoglia), ambientato tra i pescatori.
- Mastro-don Gesualdo, nella piccola borghesia di provincia.
- La duchessa delle Gargantas (poi La duchessa de Leyra), tra l'alta aristocrazia di Palermo.
- L'Onorevole Scipioni, nel mondo politico romano.
- L'uomo di lusso, tra le élite fiorentine.
Il ciclo rimase incompiuto: Verga completò solo i primi due romanzi e si fermò durante la stesura de La duchessa de
Leyra, lasciandone un abbozzo. L'opera rifletteva un ambizioso intento di dipingere la "vita italiana moderna" e le sue
aspirazioni, senza focalizzarsi sull'ereditarietà come Zola, ma sulle dinamiche sociali e le contraddizioni umane.
UNA VISIONE DEL MONDO: La Prefazione al ciclo dei Vinti, pubblicata con I Malavoglia, espone la filosofia della
storia alla base del progetto. Verga vi delinea una visione del mondo in cui una legge universale governa i destini umani,
presentata attraverso vicende emblematiche nei romanzi, a dimostrazione dell'ineluttabilità di tale legge.
Questa componente ideologica evidenzia come la poetica dell'impersonalità di Verga non sia un disimpegno interpretativo,
ma una strategia narrativa. Lo scrittore adotta un tono impersonale per rendere le storie credibili e realistiche, offrendo al
lettore l'impressione di osservare un "documento umano" o un "fatto nudo e schietto", pur restando ancorato a una precisa
visione della realtà.
HOMO HOMINI LUPUS: La legge universale descritta da Verga nei Vinti si basa su due concetti positivisti: la "lotta
per la vita" (struggle for life) e il progresso infinito, privati però di ogni ottimismo e piegati verso una visione tragica.
Verga dipinge un mondo crudele, dominato da una lotta incessante di tutti contro tutti, dove il "pesce grande mangia il
pesce piccolo".
Nei rapporti sociali non c’è spazio per pietà o solidarietà, sostituite da un egoismo sfrenato. Ogni individuo, nella
spasmodica ricerca del meglio, persegue i propri obiettivi a scapito degli altri, ricorrendo a qualsiasi mezzo. Persino i
legami familiari e affettivi spesso cedono sotto il peso di odio, tradimento e calcolo, con l'interesse come unica guida nelle
scelte.
LE VITTIME DEL PROGRESSO: La lotta universale per il progresso, alimentata dalla "ricerca del meglio", appare