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CLASSIFICAZIONE DEI PROCESSI TECNOLOGICI DEGLI
ALIMENTI
TECNOLOGIE DI STABILIZZAZIONE/CONSERVAZIONE DEGLI
ALIMENTI
Gli alimenti necessitano di essere stabilizzati per poter ottenere una shelf-life maggiore. La
tecnologia alimentare studia i metodi con i quali stabilizzare e rendere salubre un determinato
prodotto per l’uomo durante tutta la sua vita da scaffale. Per la conservazione vengono
adottate queste tecniche:
Metodi fisici: alte temperature, basse temperature, disidratazione, radiazioni
e atmosfera modificata
Metodi chimici: conservanti naturali (salagione, uso di zuccheri) e conservanti
artificiali (antiossidanti)
Metodi chimico-fisici: affumicamento
Metodi biologici: fermentazione
TRATTAMENTI TERMICI di stabilizzazione (BLANCHING,
PASTORIZZAZIONE E STERILIZZAZIONE)
Che cosa comportano le alte temperature?
Definire ed illustrate le tecniche di stabilizzazione dei prodotti alimentati basate
sull’esposizione alle alte T
Le tecniche basate sull’esposizione alle alte temperature hanno la finalità di distruggere i
microrganismi e le loro tossine, distruggere insetti o parassiti eventualmente presenti,
inattivare enzimi; però possono avere degli effetti indesiderati come la distruzione di nutrienti
(vitamine, amminoacidi ecc.), possono innescare reazioni chimiche (ossidazione lipidica, NEB) e
possono provocare il cambiamento delle proprietà sensoriali (sviluppo di aromi e colori
indesiderati, modifica di consistenza)
Gli effetti del calore quindi sono:
• Quasi tutti i batteri vengono uccisi a 82-93°C, ma non le spore
• Molte attività enzimatiche sono inibite a 60-70°C
• Per la distruzione delle spore sono necessarie temperature maggiori di 100°C
• Il calore provoca danni a vitamine, colore e flavour
• Il calore provoca modificazioni chimico-fisiche ai costituenti degli alimenti (modifiche
sensoriali)
BLANCHING:
1. è il trattamento termico minimo richiesto per causare la distruzione
dell’enzima target (più termoresistente) e allo stesso modo preservare le proprietà
sensoriali e nutrizionali del prodotto.
PASTORIZZAZIONE:
2. consiste nel trattamento termico blando (T minore o uguale a
100°C) che ha la finalità di distruggere i patogeni non sporigeni (non elimina le spore) e le
forme vegetative (meno termoresistenti) nonché all’inattivazione della maggior parte degli
enzimi in un alimento.
Gli obbiettivi e le condizioni di questa operazione unitaria dipendono strettamente dal pH
dell’alimento.
- Se si pastorizza un alimento acido (pH<4,5) allora la pastorizzazione ha la finalità di
distruggere tutti i microrganismi alterativi e di inattivare gli enzimi presenti, in quanto il
pH acido blocca la crescita di batteri sporigeni e in questo caso l’alimento sarà una
conserva che sarà stabile anche a T ambiente e quindi non è necessario un trattamento
conservativo.
- Se si pastorizza un alimento non acido (pH>4,5) allora in questo caso la
pastorizzazione deve avere la finalità di distruggere i microrganismi patogeni e la shelf
life dipende anche da altri interventi conservativi o stabilizzanti (refrigerazione,
riduzione aW, confezionamento)
La durata e la temperatura del trattamento dipendono dalle caratteristiche
dell’alimento. Per questo esistono 3 tipologie di pastorizzazione:
Bassa (60-65°C per 30 secondi), adatto per alimenti che subiscono un processo
fermentativo come birra/vino o formaggi
Alta (75-85°C per 2-3 minuti), usato un tempo per il latte e ora sostituito dall’HTST)
Rapida o HTST (75-85°C per 15-20 secondi), condotta in alimenti liquidi che
scorrono in scambiatori di calore
Di norma dopo la pastorizzazione vi è una rapida fase di raffreddamento del prodotto,
per limitare lo sviluppo dei microrganismi residui e il danno termico.
La pastorizzazione riesce a mantenere solide le caratteristiche qualitative del prodotto ma
di contro il prodotto stesso dovrà essere consumato in tempi minori rispetto ad uno
sterilizzato (es. latte fresco e UHT)
STERILIZZAZIONE:
3. trattamento termico molto più drastico rispetto alla pastorizzazione
in quanto porta alla distruzione di tutti i microrganismi inattivando anche le spore e porta
all’inattivazione di tutti gli enzimi compresi i più termoresistenti. È normalmente condotta a
T>100°C (tipicamente trattamenti a 115-120°C per 20 minuti).
Le temperature impiegate per il trattamento sono dipendenti dall’acidità dell’alimento:
- Nel caso di un alimento acidi (pH<4,5) le temperature possono essere anche inferiori
ai 100°C in quanto, negli alimenti acidi, i microrganismi sporigeni non si sviluppano
- Nel caso di alimenti non acidi (pH>4,5) le temperature possono arrivare anche a
115-120°C per anche 20 minuti
Il trattamento può essere effettuato sull'alimento già all'interno del contenitore, oppure
sull'alimento sfuso.
Se le temperature superano i 100°C deve essere utilizzata una autoclave, che consente di
aumentare la pressione e quindi di innalzare la Teb dell'acqua oltre i 100°C.
Aumentando le temperature di trattamenti basati sul calore, si può dire che la carica
microbica presente tende a diminuire tendendo a 0 (non si azzera mai, efficacia del 99,9%)
Per le conserve non acide la sterilizzazione risulta adeguata quando si ottengono almeno 12
riduzioni decimali di una popolazione di spore di Clostridium botulinum (microrganismo
termoresistente e fortemente patogeno).
La sterilizzazione può essere:
Sterilizzazione classica: 100-120°C per un tempo superiore a 20 minuti (per
alimenti confezionati)
Indiretta o UHT: 130-140°C per alcuni secondi utilizzando scambiatori di calore
(alimenti sfusi, HTST)
Diretta: 130-140°C per alcuni secondi utilizzando un getto di vapore surriscaldato
sull’alimento sfuso, HTST.
Successivamente, l’alimento sfuso, si raffredda e si confeziona in asettico in contenitori
sterili (caso latte UHT)
L’obbiettivo della sterilizzazione è quindi massimizzare l’effetto di distruzione microbica ed
enzimatica e minimizzare il danno termico.
TRATTAMENTO ASETTICO:
Sterilizzazione in continuo dell'alimento allo stato sfuso, seguita dal
confezionamento a freddo in ambiente asettico, in contenitori sterili (prodotto a lunga
durata) o "molto puliti, quasi sterili" (alimento breve durata).
Usato per latte, minestre pronte, polpa di pomodoro.
Gli alimenti che subiscono questo trattamento hanno caratteri sensoriali e nutrizionali
superiori a quelli sterilizzati in modo classico, ma hanno una durata inferiore (3 o più mesi
contro 2-5 anni) a causa della permanenza di attività enzimatiche residue, che non vengono
completamente inattivate dal trattamento HTST.
OTTIMIZZAZIONE DEI TRATTAMENTI TERMICI
Per l’ottimizzazione del trattamento si presentano due alternative:
Se si vuole massimizzare l’effetto di distruzione delle spore minimizzando al contempo il
danno termico, si devono attuare trattamenti ad alte temperature per tempi brevi;
Se invece si vuole massimizzare l’inattivazione degli enzimi sempre minimizzando il
danno termico, si devono attuare processi a basse temperature per tempi lunghi, infatti
l’energia di attivazione dell’effetto voluto è nettamente inferiore di quella degli effetti
indesiderati.
Nella pratica si minimizza il danno termico, operando in maniera tale da minimizzare la carica
microbica della materia prima contrastando al contempo lo sviluppo dei microrganismi
produttori di enzimi. Il latte sterilizzato HTST o UHT (145-150 °C per 3-5 secondi) ha un tempo
di shelf-life piuttosto breve (ca. 3 mesi) proprio a causa della probabilità di persistenza di
attività enzimatiche. Al contrario il latte sterilizzato in bottiglia (ca. 120 °C per 15-20 minuti) ha
una shelf-life più lunga, ma mostra percepibili effetti di danno termico.
SIGNIFICATO DEL PARAMETRO ATTIVITA’ DELL’ACQUA
L’acqua è il principale costituente degli alimenti. La quantità d’acqua ma soprattutto quanta di
questa è disponibile sono fattori che influenzano enormemente sulle alterazioni possibili.
L’acqua è infatti mezzo di trasporto per i soluti, enzimi, prodotti di reazione e inoltre è
essenziale per la crescita microbica. All’interno della matrice alimentare l’acqua può essere:
Legata: l’acqua legata a costituenti ionici o polari ed è quindi impossibilitata ad essere
mezzo solvente di movimento, di conseguenza non è nemmeno in grado di contribuire
allo sviluppo microbico, all’innesco di reazioni chimiche ed enzimatiche
Libera: l’acqua libera, invece, non essendo legata ai costituenti della matrice
alimentare, può fungere da solvente e quindi è fondamentale per lo sviluppo microbico
ed innesco di reazioni chimiche ed enzimatiche degradative.
Quindi le caratteristiche qualitative di un alimento non dipendono dal quantitativo totale di
acqua ma solamente dalla frazione libera di questa (la quale potrebbe recare problemi di
conservazione dell’alimento)
Il parametro con il quale si identifica la frazione di acqua libera è l’attività dell’acqua (aW)
ed è questo che ci può dare informazione importanti sullo stato di salute del prodotto.
rapporto tra la tensione di vapore dell’acqua presente
Questo parametro viene definito come il
nell’alimento in equilibrio con l’ambiente (P) e la tensione di vapore dell’acqua pura in
equilibrio alla medesima temperatura (P’) (T=costante). Questo rapporto piò essere espresso in
% e il valore di aW va da 0 a 1:
aW=0 quando P=0 e quindi l’acqua è talmente tanto legata ai costituenti da non
generare pressione di vapore (nessuna molecola di acqua si libera sotto forma di
vapore)
aW=1 quando P=P’ e quindi l’acqua non è per niente legata in quanto la pressione di
vapore dell’acqua nell’alimento è uguale a quella dell’acqua pura
Più il valore va verso 1 più l’alimento in questione conterrà acqua libera e quindi maggiore
saranno le probabilità che si alteri.
Il quantitativo di acqua libera non dipende solo dal quantitativo di costituenti ionici ma anche
da altri 2 fattori: effetto di capillarità ed effetto di interazione superficiali
L’aW può essere ridotta per rallentare lo sviluppo microbico o per inibirlo scendendo fino
a aW=0,6. Fortunatamente i patogeni sono molto esigenti e necessitano di aW=0,80-0,90 per
svilupparsi.
Il primo effetto della disidratazione di un prodotto alimentare è dapprima un rallentamento e
poi, al di sotto di umidità