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Nel frattempo I Canti di Ossian si erano diffusi anche nel continente europeo, debitamente
tradotti in inglese. Turgot e Diderot ne pubblicarono alcuni frammenti e nel 1777 venne pubblicata
una traduzione integrale in francese; subito dopo apparvero traduzioni anche in tedesco, polacco,
svedese e italiano. I letterati europei vedevano nell’epopea ossianica il monumento fondatore di
una rivoluzione culturale. La poesia celtica entrò nel patrimonio europeo come assoluta novità ma
con i tratti dell’antico.
L’opera macphersoniana confutava l’ipotesi secondo la quale l’antichità greco-romana era l’unica
fonte delle culture contemporanee e il classicismo ne era l’erede. I Canti di Ossian dimostravano
definitivamente che esistevano altre tradizioni fondatrici delle culture europee e che era possibile
ritrovarne i resti. 1
Il decentramento della legittimità culturale veniva associato a un decentramento della legittimità
politica, questo spiega l’adozione europea dell’epopea scozzese.
Il contrasto col classicismo assunse ben presto la forma di una lotta contro la tirannia
dell’assolutismo monarchico, facendo degli inglesi i veri eredi degli eroi ossianici. Questo perché
nell’Europa settecentesca l’Inghilterra rappresentava il modello di libertà politica e democrazia,
perciò esaltarne la riscoperta della tradizione popolare inglese significava anche celebrarne il
modello politico.
In Inghilterra inoltre la lotta al classicismo si confondeva con una lotta contro l’egemonia culturale
francese. Nel Settecento la cultura e la lingua francese si erano imposte nella maggior parte delle
corti europee, affermandosi come l’espressione più completa della cultura letteraria.
La lotta al dispotismo culturale francese coinvolse vari personaggi, soprattutto in Germania,
Svizzera e Gran Bretagna. Lo svizzero Bodmer, formatosi all’interno di una società di letterati che
auspicava l’affermazione di una letteratura colta in lingua tedesca, affermava di trovare una
letteratura libera e autentica.
Bodmer esercitò una forte influenza sul tedesco Möser che nei suoi scritti esprimeva la necessità
di liberare il pensiero tedesco dalle influenze straniere e di creare uno stato dallo spirito nazionale.
Le sue cronache di viaggio insistevano sulla necessità di raccogliere e di preservare le tradizioni
popolari.
Non è un caso se la Gran Bretagna e la Svizzera siano stati i due più accesi focolai di lotta contro
l’imperialismo culturale francese, dal momento che erano terra d’asilo delle vittime del suo
dispotismo.
La lotta al modello culturale egemonico della Francia trovò un importante alleato in un giovane
teologo tedesco proveniente dalla Prussia orientale, Johann Gottfried Herder (ispiratore del
romanticismo tedesco). Ancora giovane, durante gli anni di studio, si interessò alle opere di Vico,
Montesquieu, Leibniz e Rousseau e conobbe personalmente Diderot, d’Alembert, Kant, Goethe (al
quale farà scoprire i concetti fondamentali per la costituzione di una letteratura nazionale) e
Georg Hamman, propugnatore di un pensiero ostile al razionalismo e al classicismo e che lo iniziò
alle letture di Shakespeare e Ossian.
Pienamente immerso nel clima culturale europeo e attivamente impegnato nei dibattiti
intellettuali contemporanei, Herder ottenne la possibilità di frequentare un ambiente colto e
stimolante occupando il posto di Oberpfarerr a Weimar, il più vivace centro culturale tedesco.
Herder qui svolgeva un’intensa attività di predicatore, direttore di coscienza e autore di una gran
quantità di scritti.
Nelle sue opere Herder mostrava una costante preoccupazione patriottica. Fin da Frammenti sulla
nuova letteratura tedesca, la sua prima opera importante, egli notava l’insufficiente livello della
cultura tedesca e la necessità di innalzarlo. Secondo lui bisognava opporsi alla tendenza degli
2
scrittori tedeschi di produrre delle imitazioni della cultura francese, poiché ciò che determina il
valore di una cultura è la sua originalità (così come aveva già sostenuto Leibniz decenni prima).
Invitava perciò la fondazione di una “Società per l’appartenenza tedesca”, volta a favorire la
restaurazione della gloria nazionale attraverso la produzione di opere di alto livello intellettuale
rigorosamente in lingua tedesca. Per Herder ciò che determinava il valore nazionale di una
letteratura era il suo profondo radicamento nel genio nazionale. La cultura autentica proveniva dal
popolo e ad esso doveva ritornare, non rimanendo un’esclusiva di pochi individui.
La questione della lingua occupava una posizione centrale nella riflessione herderiana, per lui
l’anima della nazione risiede nel genio della lingua. Ogni lingua è l’espressione vivente dello spirito
di un popolo, la somma finale delle azioni di tutti gli uomini che l’hanno costituita nel coso dei
secoli.
Herder sosteneva che la lingua è uno strumento di conoscenza della cultura e dei valori di una
nazione e ribadiva la necessità di una lingua comune al territorio nazionale. Senza una lingua
comune, in cui tutte le classi sociali si identificano, non vi è uno spirito patriottico.
Gli attacchi all’egemonia culturale francese sono accompagnati in Herder da un’esaltazione della
poesia popolare. Per riformare la letteratura contemporanea e ridarle vita, bisognava raccogliere i
canti popolari e ispirarsi ai resti di una poesia dell’età primitiva. La lotta all’egemonia francese
passava attraverso la raccolta dei canti popolari delle vari nazioni. Herder criticava il ritardo dei
tedeschi rispetto agli inglesi nella raccolta dei canti popolari e auspicava l’avvento di un
Macpherson tedesco. Il recupero della poesia antica e popolare era per lui la base di un
rinnovamento culturale che avrebbe posto fine alla tirannia del classicismo e che avrebbe
permesso la formazione di letterature nazionali autentiche.
Herder nutriva grande ammirazione per le epopee ossianiche (nutriva dei sospetti sulla loro
autenticità ma ne riconosceva ugualmente il grande valore) e per Macpherson, poiché aveva
trasmesso lo spirito e la forza degli antenati e aveva saputo restituire il genio del suo popolo.
La sua monumentale opera, Idee per la filosofia della storia dell’umanità (1791), rappresentava
una sintesi di tutto il sapere geografico, filologico, filosofico, astronomico, antropologico e storico
dell’epoca, con l’obiettivo di esporre e spiegare la storia universale. Herder denunciava le
degenerazioni del dispotismo, dell’imperialismo e dell’intolleranza, avanzando pesanti critiche
verso le crociate, ma riconoscendo l’importante ruolo storico rivestito dalle varie eresie (hussite,
catare, bogomile) nel progresso della ragione e della libertà. La formazione politica più idonea
secondo lui era quella costituita da un popolo unito nazionalmente, mentre riteneva artificiali gli
Stati nati dalle guerre (non si fondavano né sulla natura né sulla ragione).
Herder fu un importante punto di riferimento per la maggior parte dei letterati europei, desiderosi
di offrire alle rispettive nazioni gloria e dignità. Egli fu capace di delineare l’unica via possibile che
le giovani nazioni emergenti potevano percorrere: il rifiuto della supremazia e il riconoscimento
della pluralità di organismi. 3
Herder fu in grado di operare una sintesi teorica propriamente europea di idee completamente
nuove nel XVIII secolo: la lotta contro l’immobilismo culturale e il dispotismo politico, le aspirazioni
alla felicità e alla libertà, il rifiuto delle barriere sociali, lo stimolo alla riscoperta della tradizione
popolare.
L’opera herderiana divenne presto un punto di riferimento per gli intellettuali che in Europa si
occupavano della questione nazionale, soprattutto nel mondo slavo, poiché Herder – nelle sue
Idee per la filosofia della storia dell’umanità – affermava che fin da Carlo Magli gli slavi erano stati
sempre soggetti ai germani e che un giorno avrebbero finalmente riconquistato la dignità e la
libertà. Le sue idee vennero immediatamente accolte da ungheresi, romeni e greci, mentre in
Francia penetrarono piuttosto tardivamente.
Nel frattempo dilagava in Europa l’epopea ossianica. L’influenza di Macpherson si compiva
attraverso l’emozione romantica e le aspirazioni alla libertà. La nuova generazione di intellettuali
iniziò a produrre una gran quantità di componimenti poetici che si rifacevano apertamente ai Canti
di Ossian.
In Russia ai numerosi adattamenti dei canti degli antichi bardi gaelici si accompagnava una
rivoluzione estetica, con l’introduzione della metrica popolare nella poesia “alta”. La Russia fu il
primo stato europeo a dotarsi piuttosto rapidamente di un’epopea nazionale di tipo ossianesco.
Un esempio è il Canto della schiera di Igor del 1800 che si rifaceva ad un antico manoscritto
contenente la descrizione della lotta condotta nel XII secolo dai russi contro un popolo nomade:
l’opera – che dimostrava che anche gli slavi avessero avuto il loro Ossian – venne considerata fin
da subito di egual valore dell’epopea macphersoniana.
Il Canto della schiera di Igor assunse un ruolo fondamentale nella fondazione della cultura
nazionale russa ed entrò nel patrimonio russo in qualità di monumento culturale e documento
storico (anche se la sua autenticità – al pari de I Canti di Ossian – era dubbia).
Ai bardi russi si affiancarono i bardi germanici (il ciclo di Arminio – eroe della resistenza germanica
contro i romani – di Klopstock) e i bardi gallesi. Il Galles nel Settecento fu teatro di convegni artisti,
noti come Eisteddfodau, che ridavano vita allo spirito dei bardi medievali. I bardi, rivisti e corretti,
assumevano le vesti di continuatori della cultura druidica, cioè dei cantori della resistenza eroica
degli antenati della nazione contro l’invasore romano.
Il druidismo gallese non venne utilizzato per rivendicare una nazione gallese politicamente
indipendente dal Regno Unito ma venne presentato come la prefigurazione di un cristianesimo
puro, non corrotto dalla Chiesa romana: la religione druidica aveva un spirito anticlericale e si
identificava come protocristianesimo.
Il druidismo gallese ispirò i francesi nella loro opera di fondazione delle antichità nazionali (in
ritardo rispetto alle altre realtà europee). Più che in altri paesi, in Francia la cultura popolare
doveva conquistare una nuova dignità a tutela del patrimonio collettivo. 4
I galli vennero scelti come antenati della nazione essenzialmente per due motivi: il primo motivo
dipendeva da un contemporaneo moviment