Anteprima
Vedrai una selezione di 7 pagine su 26
Riassunto esame storia contemporanea, prof. Gagliani, libro consigliato L'alba illusioria, Betts Pag. 1 Riassunto esame storia contemporanea, prof. Gagliani, libro consigliato L'alba illusioria, Betts Pag. 2
Anteprima di 7 pagg. su 26.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Riassunto esame storia contemporanea, prof. Gagliani, libro consigliato L'alba illusioria, Betts Pag. 6
Anteprima di 7 pagg. su 26.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Riassunto esame storia contemporanea, prof. Gagliani, libro consigliato L'alba illusioria, Betts Pag. 11
Anteprima di 7 pagg. su 26.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Riassunto esame storia contemporanea, prof. Gagliani, libro consigliato L'alba illusioria, Betts Pag. 16
Anteprima di 7 pagg. su 26.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Riassunto esame storia contemporanea, prof. Gagliani, libro consigliato L'alba illusioria, Betts Pag. 21
Anteprima di 7 pagg. su 26.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Riassunto esame storia contemporanea, prof. Gagliani, libro consigliato L'alba illusioria, Betts Pag. 26
1 su 26
D/illustrazione/soddisfatti o rimborsati
Disdici quando
vuoi
Acquista con carta
o PayPal
Scarica i documenti
tutte le volte che vuoi
Estratto del documento

MISSIONE E NECESSITA'

Il pensiero imperialistico non fu eccezionalmente ricco, ma fu costantemente nutrito. Esso si fondò

essenzialmente su due argomenti, o“duplice mandato”: benefici economici per gli stati (e per le

classi operaie), doveri culturali nei confronti delle popolazioni inferiori. Tali considerazioni non

accesero eccessivi dibattiti, in quanto in generale considerati evidenti. Gli imperialisti concordavano

sul fatto che la civiltà da essi diffusa era buona in quanto razionale: logica nel pensiero, tecnologica

nella produzione. Viene spontaneo però dubitare della buona fede degli imperialisti, in quanto la

sottile linea che intercorse tra buoni fini e grossolano sfruttamento fu spesso oltrepassata.

Marck Twain: l'avanguardia del processo di civilizzazione è sempre il wisky, cui seguono i

missionari, gli emigranti, e una banda di cercatori di se stessi.

4. IDEE E INTERESSI ECONOMICI

Nell'analisi dell'espansione economica del diciannovesimo secolo un argomento è d'obbligo: dietro

l'impero s'intravvede il luccichio dell'oro. Quale che fosse la giustificazione addotta per convincere

l'opinione pubblica della sua necessarietà, è chiaro che il motore di tutto furono gli interessi e i

profitti privati. E' inoltre semplicistico pensare, a conferma di ciò, che vi sia un perfetto rapporto di

causalità tra l'espansione commerciale e quella territoriale: di frequente accadde che i teorici in

patria seguissero una certa linea, mentre la politica nelle colonie ne realizzava un'altra (l'eccezione è

l'india, che divenne la fonte principale della potenza economica britannica).

Di fatto, in ogni caso, il termine imperialismo ha acquistato la precisa connotazione di sfruttamento

economico. Il suo critico più importante fu Hobson, a cavallo del secolo; lo precedettero molti altri

che invece videro nella colonizzazione un vantaggioso e onesto fattore economico.

Teorie dell'imperialismo economico

Il nucleo principale delle teorie economiche sulle colonie fu, prima degli ultimi decenni del secolo,

inglese. All'inizio dell'800 uomini come smith, ricardo e bentham scrissero trattati economici

fortemente contrari al monopolio coloniale, tanto che questa fase viene definita era

antimperialistica, e andrebbe dalla pubblicazione del saggio di smith La ricchezza delle nazioni del

1776, alla soppressione degli atti di navigazione e delle leggi protezionistiche sui cereali degli anni

40 del secolo. È interessante però che in questo periodo, accanto alle dichiarazioni ostili, assai

numerose, e spesso dalle stesse persone, furono gli argomenti in favore del mantenimento delle

colonie. Ciò non è tanto dovuto all'incoerenza dei singoli, quanto più al continuo affacciarsi di

considerazioni nuove, e al rapido mutare delle esigenze. Un critico ha affermato che fu proprio

dall'opposizione all'antico sistema mercantile di colonizzazione che nacque la dottrina che completò

l'imperialismo dello scambio. Quello che si vuole dire è che già in questa fase antimperialistica

esisteva un ideologia dell'imperialismo, tesi ancor più certa se si pensa alla GB di quel tempo,

costantemente alla ricerca di aree verso le quali esportare. Tale ideologia era fondata su una

reinterpretazione del pensiero economico classico (l'approccio liberale dell'economia basato sul

laissez-faire). Da ricordare tra i vari nomi quello di wakefield e di gibbon, tra i primi e i più

importanti tra coloro che giunsero alla conclusione che per risolvere il problema di eccedenza di

capitale, in patria, della sovrabbondanza e della stagnazione economica, era necessario aprire

nuove vie d'investimento e di emigrazione, ovviamente le colonie. Il dibattito che lo coinvolse

all'inizio del secolo fu all'origine della successiva teoria dell'imperialismo, anticipò le teorie di marx

e lenin sulla necessità di esportazione del capitale e alla lontana persino quelle di fine secolo sulla

necessità di un lebensraum (spazio vitale). Tutto questo, giova ripeterlo, successe in un inghilterra

all'epoca ritenuta imperialista.

Il vivo interesse economico quindi creatosi della GB per le colonie passò in Francia solo negli anni

70, e per altro le argomentazioni furono spesso una tarda rielaborazione di precedenti teorie inglesi.

Il più importante fra gli economisti sostenitori dell'imperialismo fu Leroy-Beaulieu, che attinse

ampiamente dagli inglesi pur dissentendo in qualche punto. I suoi scritti ebbero in ogni caso vasta

influenza nell'opinione pubblica. Sono da ricordare tra i sostenitori pure Ferry, primo ministro, che

fu però accusato di fare affermazioni a posteriori per giustificare un operato non accettato

dall'opinione pubblica (ma utile ai suoi fini personali), e Chailley-Bert. Le linee principali del

pensiero economico francese furono tracciate da questi tre, e costituirono la base del protezionismo

tipicamente francese caratteristico di tutta la sua azione coloniale.

Quanto alla germania, il problema dell'impero andava al di là dei mercati, e riguardò per lo più la

questione sociale: le condizioni precarie dei lavoratori, le difficoltà parlamentari di una nazione

neonata, la disoccupazione e il conseguente malumore sociale avrebbero potuto essere dirottati

verso un impero in costante crescita. Le basi della teoria imperialistica della germania vanno

ricercate in Fabri, ma il nucleo essenziale si solidificò con il dibattito accademico dei

kathedersozialisten, i socialisti della cattedra, che diedero vita all'idea di un vero e proprio

imperialismo sociale. Loro principale portavoce fu shmoller, la cui posizione contrastava con la

concezione liberale di tipo inglese ed era più vicina a un protezionismo di tipo francese.

Da segnalare che con l'estendersi delle tariffe protettive nel continente negli anni settanta e ottanta,

anche in GB si diffuse una corrente filoprotezionistica, sempre con un ottica favorevole all'impero,

il cui massimo sostenitore fu Chamberlain.

(Il protezionismo è una politica economica, opposta a quella libero-scambista, che tende a

proteggere le attività produttive nazionali dalla concorrenza di stati esteri mediante interventi

economici statali.

Il libero scambio è un sistema di commercio internazionale nel quale merci e servizi possono

circolare attraverso i confini nazionali senza barriere doganali, siano di tipo tariffario o non

tariffario. In un sistema di libero scambio, quindi, le autorità di governo non discriminano tra le

importazioni a vantaggio delle produzioni interne, né sovvenzionano le esportazioni di prodotto

interno sul mercato internazionale. In assenza di vincoli doganali, le quantità e i prezzi dei beni e

servizi commerciati dipendono esclusivamente dalla domanda e offerta, vale a dire dalle forze di

mercato.)

[il testo approfondisce meglio le posizioni specifiche dei vari economisti citati, ma secondo me

nell'ottica dell'esame riassumerli è superfluo, e la panoramica soprascritta sufficiente]

Teorie e argomenti contro l'imperialismo economico

Dagli anti-imperialisti l'espansione era considerata espressione di oggettiva rapacità e con nessuno o

poco beneficio per il genere umano. Certamente l'origine di questa posizione era marxista, perchè

nella visione di marx l'espansione era parte integrante del capitalismo, tanto inevitabile quanto

basata sullo sfruttamento.

Quantunque i socialisti fossero destinati a essere i principali critici dell'imperialismo, la prima

significativa opera sui suoi svantaggi economici venne da un liberale inglese, e fu Imperialism, a

study, di J.A Hobson. Le idee ivi enunciate andavano al di là dell'imperialismo stesso, poiché

derivavano da una più ampia visione sociale: egli, sotto l'influenza di spencer e ruskin, si opponeva

all'individualismo, e proponeva una teoria organicistica delle relazioni sociali, per la quale la

questione cruciale era il benessere dell'intera società, non dei suoi singoli membri. Tutti i suoi studi

partono da tale postulato, e convergono nell'opera sopracitata, che merita una breve considerazione

in quanto considerata il più importante saggio sull'imperialismo. Tutto ruota attorno alla domanda: a

chi giova l'imperialismo? H. dimostra come la risposta sia una sola: ai capitalisti. “l'imperialismo

aggressivo che costa tanto caro ai contribuenti, che è di così scarso valore per industriali e

commercianti, che è foriero di tanti incalcolabili pericoli per i cittadini, è fonte di guadagni per chi

effettua investimenti e, non riuscendo a trovare in patria il modo di impiegare lucrosamente i suoi

capitali , preme perché il governo lo aiuti a compiere all'estero investimenti lucrosi e sicuri”. In

sostanza,e riassumendo, per h. il problema stava nella mal distribuzione della ricchezza, senza la

quale le merci avrebbero senz'altro trovato nel mercato interno uno sbocco più che sufficiente,

senza alcun bisogno di colonie e imperi (teoria del sottoconsumo).

Tale posizione rimase fino alla guerra la più efficace contro l'imperialismo, anche se una critica

analitica non venne dall'inghilterra ma dalla germania, dai socialisti: essi ebbero come base

unificante la comune conoscenza di marx, ma le loro spiegazioni e integrazioni seguirono due linee

ben distinte: i revisionisti , tra i quali il più conosciuto è il tedesco Bernstein erano evoluzionisti

sociali non legati alla tesi di una rivoluzione imminente; i marxisti ortodossi rimasero invece fermi

sul dogma rivoluzionario. In generale si concordava insomma sul imperialismo in quanto funzione

economico politica del capitalismo, ma su questa relazione nacquero moltissime e sottili differenze

d'interpretazione, riassumibili ancora una volta in due correnti: da un lato, stabilire se il socialismo

dovesse condannare l'imperialismo nella sua totalità, dall'altro se l'imperialismo fosse davvero solo

una politica del capitalismo o se fosse in fondo parte di un processo storico inevitabile.

Da ricordare riguardo questo dibattito sono Lenin, col suo l'imperialismo fase suprema del

capitalismo, la cui posizione è evidente dal titolo, e Rosa Luxeburg, che con L'accumulazione del

capitale fornisce la più pesante critica all'economia del capitalismo, e dell'imperialismo, prima della

guerra.

Il divorzio tra teoria e pratica

Non c'è dunque disaccordo sul fatto che l'imperialismo ebbe le sue componenti economiche; per

tutto il secolo impero fu, per lo meno in quanto speranza, sinonimo di ricchezza. Ma sono fondati i

dubbi sul realismo di tale considerazione: nei fatti, il sistema capitalistico industriale non inondò di

capitali o di merci i suoi possedimenti oltremare, quando nei primi anni

Dettagli
Publisher
A.A. 2014-2015
26 pagine
6 download
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-STO/04 Storia contemporanea

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher paolo.terni di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di storia contemporanea e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Gagliani Dianella.