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Estratto del documento

I leader socialdemocratici erano contrari a una rivoluzione si stampo russo e favorevoli a una

democratizzazione del sistema politico entro il quadro delle istituzioni parlamentari. Questa linea

moderata, portava inevitabilmente allo scontro con le altre fazioni del movimento operaio: gli

indipendenti dell’USPD e i rivoluzionari della Lega di Spartaco. Gli spartachisti sapevano di essere

la minoranza e avrebbero evitato lo scontro, ma fu l’iniziativa spontanea delle masse della capitale

a spingerli allo scontro. I dirigenti dell’USPD e quelli spartachisti, fecero girar voce che gli operai

dovevano rivoltare il governo: il governo reagì avanzando i corpi franchi, che schiacciarono

l’insurrezione nel sangue nel giro di pochi giorni. I leader degli spartachisti furono presi e uccisi.

All’Assemblea costituente del 19 gennaio, il partito socialdemocratico risultò essere il partito più

forte ma non riuscì a raggiungere la maggioranza: bisognava cercare accordi tra la borghesia, i

cattolici del centro e i partiti liberali. L’accordo fra socialisti, cattolici e democratici portò all’elezione

di Ebert come presidente della Repubblica e una nuova costituzione repubblicana. Questa

costituzione stabiliva:

1. Mantenimento della struttura federale dello stato

2. Suffragio universale maschile e femminile

3. Governo responsabile davanti al parlamento

4. Presidente della repubblica eletto direttamente dal popolo.

Neanche la costituzione di Weimar portò la pace nel paese: ai primi di marzo vi furono nuovi

disordini a Berlino, in Baviera era stato proclamata una Repubblica dei consigli: entrambe le cose

furono stroncate nel sangue. I comunisti non si persero d’animo. La paura però era rappresentata

anche dalle correnti di destra: i generali che avevano combattuto in guerra fecero girare la

leggenda del pugnale alla schiena, secondo la quale l’esercito avrebbe vinto se non fosse stato

tradito da una parte del paese. Ciò screditò la repubblica. Nelle elezioni di giugno 1920 la SPD

subì una dura sconfitta e dovette cedere il governo ai cattolici di centro. Simile alla situazione della

Germania era quella dell’Austria. I socialdemocratici guidavano il paese e i comunisti preparavano

le insurrezioni: nel 1920 però vinse il partito cristiano-sociale. Breve fu la vita della repubblica in

Ungheria: i socialisti si unirono ai comunisti per instaurare una repubblica sovietica, che attuò una

politica di repressioni nei confronti di borghesia e aristocrazia agraria. Il regime di Béla Kun cadde

ai piedi di Miklos Horthy che si insediò al potere scatenando un’ondata di terrore bianco: si

instaurava un regime autoritario sorretto dalla chiesa e dai grandi proprietari terrieri.

Allontanato il pericolo rivoluzionario, i governi si concentrarono a ristabilire l’equilibrio a livello

sociale e politico, e limitare i fenomeni inflazionistici. In Francia e Gran Bretagna l’obiettivo di

stabilizzazione era sostanzialmente raggiunto. In Francia il governo conservatore di destra attuò

una politica conservatrice che faceva ricadere sulle classi popolari il peso di una difficile

ricostruzione. Nel ’26 la guida del governo fu assunta dal leader dei moderati Poncaré che riuscì a

ristabilizzare il corso della moneta e a risanare il bilancio statale aumentando la pressione fiscale

sui consumi popolari. In questi anni la Francia conobbe un vero e proprio boom economico,

incrementando la produzione in settori chiave come la chimica e la meccanica. Più lento fu il

processo di stabilizzazione in Gran Bretagna, il cui apparato produttivo si dimostrava invecchiato. Il

risultato fu un ristagno produttivo. Anche qui furono le forze moderate a guidare il paese, fra il 1918

e il 1929 furono i conservatori a guidare il paese tranne nel 1924 quando si affermarono i laburisti

con James Ramsay Mac Donald. Ma anche in questo caso i conservatori riuscirono a far sciogliere

la camera e a rivincere le elezioni. I conservatori avviarono una politica di austerità finanziaria e di

contenimento dei salari che li portò a scontrarsi con i sindacati, nel maggio del ’26 i minatori

entrarono in sciopero chiedendo l’aumento dei salari e la nazionalizzazione del settore minerario.

Altre categorie appoggiarono lo sciopero ma padronato e governo non cedettero.

La Repubblica di Weimar rappresentò un modello di democrazia parlamentare aperta e avanzata.

Il rigoglio intellettuale si collegava alla libertà che allora si respirava e che faceva contrasto con

l’epoca guglielmina. La politica si trovava però frammentata e l’unico partito in grado di guidare il

paese in questo periodo di crisi era il socialdemocratico. La SPD rimase per un intero decennio il

partito più forte e fece sempre sentire la sua voce nella vita politica tedesca anche

nell’opposizione, eppure non riuscì mai ad allargare il suo elettorato oltre quello operaio. Le classi

medie si riconoscevano nel partito popolare tedesco-nazionale (destra conservatrice) e nel partito

tedesco-popolare (moderati). Un terzo partito era il quello democratico tedesco che però era visto

con diffidenza anche dalla media e piccola borghesia. Per i ceti medi l’età imperiale era stata la

vera tranquillità, prosperità, rispetto per le tradizioni e le gerarchie, potenza e prestigio della

nazione tedesca. La repubblica era invece associata alla sconfitta, all’umiliazione di Versailles e al

problema delle riparazioni. I gruppi dell’estrema destra nazionalista (fra i quali c’era Adolf Hitler)

accusarono il governo di tradimento per aver accettato le condizioni di Versailles. I governi di

coalizione che si succedettero tra il ’21 e il ’23 pagarono le prime rate delle riparazioni senza

interventi troppo drastici sulle tasse: furono però costretti ad aumentare la moneta stampata. Il

risultato fu il processo inflazionistico.

Nel gennaio del ’23 Francia e Belgio occuparono la zona della Ruhr: la zona più ricca e

industrializzata della Germania. Lo scopo era quello di controllare la consegna dei materiali dovuti

ma il vero obiettivo era quello di spegnere ogni velleità tedesca di sottrarsi al pagamento delle

riparazioni. Il governo tedesco incoraggiò la resistenza passiva e molti operai lasciarono le

fabbriche per non scendere a compromessi con gli occupanti. Intanto i franco-belgi venivano

attaccati da attentati e sabotaggi, questi risposero con la repressione e arresti di massa.

L’occupazione della Ruhr rappresentò il tracollo definitivo. Il valore d’acquisto del marco precipitò,

si parlò di polverizzazione monetaria e le conseguenze furono sconvolgenti. Lo stato stampava

monete in quantità sempre maggiore e con valore nominale sempre più alto, chi possedeva

risparmi li perse del tutto, chi viveva di stipendio dovette affrontare grossi sacrifici, furono

avvantaggiati i possessori di beni reali e tutti coloro che avevano contratto debiti. Doppiamente

avvantaggiati furono coloro che producevano per l’esportazione. Nel momento più drammatico, la

classe dirigente seppe reagire, con la formazione di un governo di grande coalizione con a capo

Stresemann, leader del partito tedesco-popolare. Stresemann era convinto che la rinascita della

Germania sarebbe stata possibile solo tramite accordi con le potenze vincitrici: ordinò quindi la fine

della resistenza in Ruhr e riallacciò contatti con la Francia. A Monaco nel novembre del 1923, gli

aderenti al partito nazionalsocialista organizzavano un’insurrezione contro il governo centrale: il

complotto capeggiato da Hitler non ottenne l’appoggio dei militari e delle autorità locali, così fu

represso. Hitler fu condannato a 5 anni di carcere. Nell’ottobre del 23 fu introdotta una nuova

moneta, il Rentenmark il cui valore era garantito dal patrimonio agricolo e industriale della

Germania. Fu avviata una politica deflazionistica che costò ai tedeschi ulteriori sacrifici ma

consentì il ritorno alla normalità monetaria. L’accordo con i vincitori fu trovato grazia al piano del

finanziere e politico statunitense Charles Dawes. La Germania avrebbe potuto sostenere le spese

delle riparazioni solo se la sua macchina produttiva avesse funzionato meglio: gli altri stati

dovevano quindi prestare denaro a lunga scadenza e la Germania riprendeva possesso sulla Ruhr.

Il governo di Stresemann si ruppe alla fine del ’23 e le elezioni del ’24 videro l’avanzata di

comunisti e tedesco-nazionali che avevano basato i loro piani sul rifiuto del piano Dawes. Alle

elezioni presidenziali vinse il generale Hindenburg, simbolo vivente del passato imperiale. La

situazione politica si andò stabilizzando e i partiti di centro e centro-destra mantennero il potere

fino al ’28, quando vinsero i socialdemocratici. Stresemann ottenne l’incarico di ministro degli esteri

conservando gli accordi con i vincitori.

Il piano Dawes istituì una svolta anche per l’intero assetto europeo uscito dai trattati di pace. La

Francia che si era sentita tradita dai suoi alleati, aveva creato da sola un sistema di sicurezza

legandosi con altri paesi che rifiutavano un cambiamento degli assetti europei: Polonia,

Cecoslovacchia, Jugoslavia, Romania (tutte insieme formavano la Piccola Intesa). Questa alleanza

però non allontanò lo spettro di una rivincita tedesca e la tranquillità tra le due potenze fu raggiunta

solo con l’approvazione del piano Dawes. Il risultato dell’intesa franco-tedesca fu rappresentato

dagli accordi di Locarno del ’25: Germania, Francia e Belgio riconoscevano i confini stabiliti da

Versailles, e la Gran Bretagna e l’Italia si facevano garanti contro eventuali violazioni. Un anno

dopo la Germania fu ammessa alla Società delle nazioni e nel giugno del ’29 fu approvato il piano

Young che diminuiva ulteriormente l’entità delle riparazioni e allungò la scadenza a 60 anni. La

firma del Patto Briand-Kellogg e l’affermazione del piano Young rappresentarono la massima

distensione internazionale.

Il dopoguerra in Italia e l’avvento del fascismo

L’Italia resta alle prese con i mille problemi che la guerra aveva lasciato dietro di se. L’economia

presentava i tratti tipici della crisi postbellica:

1. Sviluppo di alcuni settori industriali

2. Sconvolgimento dei flussi commerciali

3. Deficit gravissimo del bilancio statale

4. Inflazione galoppante.

La classe operaia chiedeva miglioramenti economici e reclamava maggiore potere alla fabbrica

manifestando tendenze rivoluzionarie. I contadini tornavano dal fronte consapevoli dei loro diritti e

decisi a ottenere le promesse fatte dalla classe dirigente. I ceti medi si mobilitavano per difendere i

loro interessi e ideali patriottici. Questi problemi in Italia, con un’economia poco avanzata e le

istituzioni politiche poco radicate nella societ&

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Publisher
A.A. 2012-2013
89 pagine
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SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-STO/04 Storia contemporanea

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher vanity_90 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia contemporanea e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Papadia Elena.