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LA DITTATURA A VISO APERTO

Con il discorso dei 3 gennaio 1925 Mussolini mise in mora le sconcertanti e apatiche opposizioni e diede inizio alla fase recisamente dittatoriale dei suo governo. L'instaurazione della dittatura sul paese doveva consacrare di paripasso l'autorità personale ed assoluta dei duce sul partito. Con il 3 gennaio non era tanto il fascismo che trionfava, quanto Mussolini; e Mussolini non tanto come capo dei partito, quanto come capo di governo.

II pomeriggio stesso di quel giorno si metteva in movimento il nuovo regime poliziesco. Prima preoccupazione di Federzoni, ministro dell'Interno, fu quella di ammonire i prefetti sulla inderogabile necessità di di "riservare alle autorità legittime azione energica e tempestiva per la repressione e prevenzione non solo dei reati ma anche di ogni forma di attività che sia incentivo o pretesto a turbamento dell'ordine ed evitare che in questa azione intervengano altri elementi.

"estranei". Federzoni inoltre ordinò ai prefetti alcuni provvedimenti come quello di chiudere tutti i circoli e ritrovi sospetti dal punto di vista politico; scioglimento delle organizzazioni che tendevano a sovvertire i poteri dello Stato; vigilanza sui comunisti e sovversivi in genere, tramite retate; rastrellamenti di armi illegalmente detenute; ed infine rigorosissima vigilanza su tutti gli esercizi pubblici.

I giornali d'opposizione si trovarono naturalmente bersaglio di numerosi sequestri ordinati da prefetti e questori. Giornali come "II Mondo" vennero sequestrati per oltre una settimana e non vennero messi in vendita, ma anche giornali e periodici fascisti più sfrenati subirono numerosi sequestri.

La libertà d'espressione non venne ancora soffocata del tutto, né sulla stampa, né in sede parlamentare, dove l'opposizione costituzionale, specialmente al Senato, sia quella comunista, alla Camera, lungo tutto il 1925 poterono in varie

Occasioni manifestare il proprio dissenso. Anche dopo il 3 gennaio il fascismo continuò a procedere per gradi; ma perfino i più ingenui fra gli ottimisti non potevano ormai farsi illusioni sulle sue finalità ultime. Se ne resero conto rassegnando le proprie dimissioni il 5 gennaio, i due ministri liberali, Casati (Pubblica Istruzione) e Sarrocchi (Lavori pubblici), che furono sostituiti rispettivamente da Fedele e Giuriati. Uscì pure dal ministero il guardasigilli Oviglio, che sempre aveva rappresentato l'ala più moderata e legalitaria dei fascismo; a lui succedette Rocco, già presidente della Camera. Una volta sbarazzate le opposizioni e ottenuta (a mano libera dal governo, si poneva ora per il fascismo il problema di rompere definitivamente gli indugi e dare inizio ad effettive, radicali riforme istituzionali; insomma fascistizzare l'Italia. II 1 maggio dei 1923 il Gran Consiglio aveva sanzionato la creazione di un gruppo speciale di competenza

Per la riforma costituzionale e su decreto del Presidente del Consiglio nominò una commissione di 18 membri con l'incarico di "studiare i problemi oggi presenti nei rapporti tra Stato e tutte le forze che esso deve contenere e garantire", e di "presentare il risultato al Governo dei Re, onde possano essere proposte le opportune riforme". A capo di questa commissione fu chiamato Giovanni Gentile.

La commissione terminò i suoi lavori alla fine di giugno e dopo pochi giorni Gentile presentò la sua relazione a Mussolini.

Quanto al problema sindacale e all'ordinamento corporativo, sui quali la commissione presentò una relazione di maggioranza, e due proposte di legge, fu accettato all'unanimità il principio di riconoscimento giuridico delle organizzazioni professionali, ma non quello dell'unicità dei sindacato per ogni categoria. L'intera commissione si dichiarò in favore di una riforma subase corporativa.

Della rappresentanza politica, ma non si trovò unanime sul modo di attuazione di tale riforma. Vennero riconosciuti dalla Stato solo quelli operanti nell'ambito della vita nazionale. L'8 ottobre 1925, il Gran Consiglio prese in effetti in esame le proposte avanzate dai diciotto e decise di accoglierne le seguenti:

  • la costituzione dei ministero della Presidenza dei Consiglio;
  • l'istituzione dei segretari generali presso i singoli ministeri;
  • la presentazione di un disegno di legge modificante l'Articolo 10 dello Statuto, relativo alla presentazione di legge in Parlamento.

Per una singolare coincidenza, la prima riforma di rilievo che il fascismo condusse in porto dopo essersi trasformato in dittatura fu destinata a morire: infatti la riforma dei sistema elettorale era ormai decisamente superata. La commissione della Camera propose il voto plurimo, cioè l'attribuzione di uno o due voti agli elettori che fossero analfabeti o avessero ricoperto determinati uffici,

O che avessero raggiunto un minimo di cultura. La proposta dei voto plurimo incontrò la decisa opposizione, alla Camera, da parte di un nutrito numero di deputati fascisti con in prima linea isindacalisti. Di fronte a questa levata di scudi ed all'atteggiamento ambiguo dei governo, il quale, per bocca di Federzoni, dichiarò di rimettersi alle decisioni della Camera, "sola giudice competente e sovrana", la commissione ritenne opportuno far marcia indietro e vennero ritirati gli articoli dei progetto riguardanti il voto plurimo.

II disegno di legge sulla riforma elettorale fu naturalmente approvata senza difficoltà, prima alla Camera e successivamente al Senato e divenne legge il 15 febbraio 1925, n. 122. II nuovo sistema elettorale non ebbe comunque occasione di essere sperimentato poiché secondo Mussolini queste non erano imminenti nuove elezioni, come si affrettò il Gran Consiglio, subito dopo il voto favorevole della Camera, senza che vi fossero

entusiasmielettoralistici.I) partito fascista della nuova situazione venutasi a creare era ormaidivenuto partito unico. A dirigerlo in questa nuova fase venne chiamato, suconsiglio di Mussolini e unanimemente accolta dal Gran Consiglio, RobertoFarinacci, elemento più qualificato dell'estremismo fascista di provincia. Eglidoveva procedere all'allontanamento dei partito stesso da tutti gli elementiinfidi politicamente, incapaci amministrativamente, e fascistizzare lo Stato;insomma doveva portare avanti ciò che Mussolini aveva enunciato nel suodiscorso.Nel 1925 ci fu una politica di ridimensionamento dei Fnrinacci che obbligò anon accogliere nuove iscrizioni al partito fino a nuovo ordine; in occasionedei decennale dei Fascismo vennero riaperte le iscrizioni; ciò spinse ilpartito da essere fortemente politicizzato a partito di massa.Per quanto concerne il ministero degli interni il Federzoli venne liquidato daMussolini in quanto diede istruzioni ai

Prefetti di agire per stroncare l'illegalismo fascista, durante una riunione dei Gran Consiglio, non senza grande sorpresa. Nell'ottobre dei 1925 fu varato dal Gran Consiglio il nuovo statuto dei partito, con il quale viene data sanzione definitiva alla nomina dall'alto di tutte le gerarchie centrali e periferiche.

Il popolo italiano, quando ormai le linee essenziali dei nuovo statuto erano già conosciute, aveva ormai aderito nella sua quasi totalità al fascismo. Mentre il partito si andava riorganizzando dopo gli sbandamenti dei periodi della crisi Matteotti, il governo, ad opera dei guardasigilli Rocco, prese precisamente l'iniziativa nel campo legislativo al fine di attuare la trasformazione in senso fascista dello Stato.

Uno dei primi oggetti delle cure governative fu il diritto di associazione. Il 12 gennaio 1925 Mussolini presentò alla Camera un disegno di legge sulla disciplina di associazioni, enti ed istituti e sull'appartenenza e obbligava

idirigenti di società e di enti a comunicare l'atto costitutivo, lo statuto e i sociche appartenevano alle medesime.In tutti i casi di omessa, falsa o incompiuta dichiarazione, i prefetti potevanosciogliere le associazioni, mentre per i contravventori erano naturalmentestabilite sanzioni penali pecuniarie e detentive. II provvedimento sembravarivolto contro la massoneria ma servì da strumento di soppressione neiconfronti di qualsiasi tipo di associazione.La prima legge fascista di portata veramente costituzionale ad esserepromulgata fu quella sulle attribuzioni e prerogative dei capo dei governo. IIdisegno di legge fu presentato alla Camera il 18 novembre 1925. Essodeterminava e definiva la posizione costituzionale dei presidente deiConsiglio, facendone anche di nome capo dei governo, l'unico depositariodella fiducia della Corona, l'organoprimario attraverso il quale si doveva estrinsecare la sovranità dello Stato. IIcapo dei governo non era

più prhnus inter pares; riceveva la nomina e larevoca dal re e con decreto reale poteva avere più ministeri. I ministri,nominati e revocati anche loro dei re, su proposta dei capo dei governo,erano responsabili sia verso il re che verso il capo dei governo. II capo deigoverno aveva la facoltà di rimettere ai voti una proposta di legge rigettatadalle Camere. A coronamento di questa nuova configurazione politica egiuridica data al Presidente dei Consiglio erano introdotte sanzioni penaliper chiunque attentasse con fatti o parole, a) capo dei governo.Per più versi connessa con la legge sui poteri e le attribuzioni dei capo deigoverno,fu quella dei 31 gennaio 1926, n. 100, sulla facoltà dei potereesecutivo di emanare norme giuridiche, legge che mirava a rafforzare ilgoverno nei confronti dei parlamento; la legge mirava alla diminuzione deidecreti-legge, in quanto non avevano forza di legge.La commissione Rocco elaborò una serie di proposte con cui

Si precisavano le materie sulle quali il Governo era autorizzato a provvedere con decreto regio. La conclusione di questa lunga e travagliata vicenda, abbastanza significativa per quanto riguarda la prassi legislativa ed amministrativa regnante nello Stato fascista, fu con la legge dei 4 settembre 1940, n. 1547, dove si stabilì che le norme relative all'organizzazione e funzionamento delle amministrazioni pubbliche potevano essere emanate con decreto reale.

Attenzione ora merita la questione di Roma. Il primo passo fu compiuto con l'introduzione di uno speciale regime amministrativo per Roma. La questione era ormai di antica data. Del problema si era occupato il Gran Consiglio nel 1923 dove Preziosi, a capo di un gruppo, aveva presentato un progetto di riordinamento amministrativo a Roma. Nel 1925, con R.D.L. dei 28 ottobre, n. 1949, il comune di Roma venne eretto un governato con a capo un governatore, assistito da due vic

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A.A. 2007-2008
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SSD Scienze giuridiche IUS/19 Storia del diritto medievale e moderno

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher luca d. di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia contemporanea e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Gagliani Dianella.