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LE TENDENZE DELLA STORIOGRAFIA ELLENISTICA
Con gli storici che fecero delle imprese di Alessandro Magno l'argomento delle proprie opere
si fa iniziare la storiografia ellenistica. Essa rappresentò dunque della fase del pensiero
storico antico che si fece testimone di una serie di eventi di straordinaria importanza, dalla
creazione dei grandi regno ellenistici come conseguenza della divisione dell'impero di
Alessandro, fino alla loro progressiva decadenza e caduta a causa dell'espansionismo romano.
In un frammento di Duride di Samo si legge un giudizio molto significativo su Eforo e
Teopompo, due tra i maggiori storici del secolo IV aC: essi sono privi di «capacità di
mimesi» e quindi incapaci di coinvolgere emotivamente i loro lettori nelle vicende che
narrano. Di contro Polibio rivolge un'aspra critica a Duride e al suo continuatore Filarco per
la loro spiccata tendenza alla drammatizzazione, attraverso uno stile ricco di pathos e dalle
finalità psicagogiche. POnendo in stretta relazione queste due testimonianze, alcuni critici
moderni, in particolare Eduard Schewartz, hanno individuato nell'ambito della storiografia
ellenistica, un filone drammatico che tendeva a confondere gli intenti della storiografia con
quelli della poesia, filone di cui Duride e Filarco sarebbero stati i rappresentanti più illustri.
Secondo Fritz Wehrli invece non ci sono validi elementi per pensare che tra gli storici dell'età
ellenistica alcuni abbiamo volontariamente teorizzato una storiografia drammatica in
opposizione alla tradizionale storiografia razionalistica. Lo stile storiografico dai toni
romanzati e dalle coloriture poetiche si affermò con gli storici di Alessandro, uomini molto
vicini al re macedone o compagni d'armi. Alcuni di essi, essendo stati testimoni diretti della
spedizione in Oriente, si improvvisarono storici per circostanza e le loro opere, per sincera
ammirazione nei confronti di Alessandro o per dovere di propaganda, non erano scevre da
intenti celebrativi e contenevano tratti di amplificazione romanzesca. Il prodotto più
emblematico di questo filone è costituito dal Romanzo di Alessandro, un'opera falsamente
attribuita allo storico Callistene; si tratta di un mal riuscito tentativo di fusione tra una storia
romanzata e una sorta di biografia epistolare di Alessandro, entrambe risalenti al periodo
ellenistico.
Gli storici di Alessandro.
Oltre a Callistene di Olinto e ad Anassimene di Lampsaco, una storia di Alessandro dai toni
romanzati fu scritta da Clitarco, che viene generalmente ritenuto uno degli storici
contemporanei del re macedone che diedero inizio al filone della storiografia romanzesca.
Alcuni di coloro che presero parte alla spedizione scrissero le loro memorie solo dopo la
morte del re: tra questi ricordiamo Onesicrito di Astipalea e Carete di Mitilene. A questa
categoria di scrittori va ricondotta l'origine di molte notizie distorte e amplificate tendenti a
consolidare un'immagine straordinaria di Alessandrio e delle sue gesta, notizie che furono
alla base delle trattazioni di storici di età successiva, quali Diodoro Siculo, Curzio Rudo,
Giustino, Plutarco, e che Arriano definisce genericamente legòmena, «vulgate».
Ma vi fu anche un gruppo di storici di Alessandro che si attenne a principi di attendibilità e
fedeltà ai fatti, come Aristobulo di Cassandrea e Nearco di Creta, comandante della
spedizione navale che nel 325 aC navigò lungo le coste dell'Oceano Indiano in funzione di
appoggio logistico alla spedizione di terra verso l'India. Le sue memorie furono la principale
fonte di Arriano per la narrazione della spedizione in India; ma un rilievo particolare tra gli
storici più attendibili ebbe Tolomeo figlio di Lago, un nobile macedone compagno d'armi del
re e sua guardia del corpo durante la spedizione in Asia, divenuto prima satrapo d'Egitto e poi
primo sovrano della dinastia dei Lagidi dal 305 al 283 aC. Tolome scrisse una raccolta di
memorie su Alessandro quando era già re; quest'opera doveva essere fedele e veritiera: la
completezza e la precisione del racconto storico derivava anche dal fatto che l'autore ebbe
conoscenza diretta delle Efemeridi del re, cioè del diario militare della spedizione di
Alessandro, redatto dal suo segretario Eumene di Cardia.
La storiografia dell'età dei diadochi.
Il travagliato periodo storico immediatamente successivo alla morte di Alessandro,
caratterizzato dalle sanguinose lotte fra i diadochi, fu anch'esso oggetto di trattazione. La
parte più importante per la conoscenza di questo periodo fu Ieronimo di Cardia (350-260
aC), che visse in prima persona queste vicende, essendosi trovato al fianco di alcuni tra i
protagonisti principali, come Eumene, Antigono Monoftalmo e Antigono Poliorcete. Alla sua
opera, che prendeva in esame il cinquantennio tra la morte di Alessandro (323) e quella di
Pirro (272), gli storici di età successiva (DIodoro, Arriano, Plutarco) riconobbero notevole
autorità probabilmente perchp essa adottava il criterio dell'autopsia.
Duride di Samo nacque intorno al 340 aC e fu tiranno dell'isola, ma la sua formazione
culturale avvenne ad Atene presso la cuola peripatetica, dove fu allievo di Teofrasto. Fu
autore di un'opera storica sul periodo compreso tra il regno di Aminta III, padre di FIlippo II,
e la morte di Pirro. Lo stile di Duride è drammatico e deriva da quel gusto per il racconto
storico di tipo romanzesco. Di matrice autenticamente peripatetica fu invece l'interesse di
Duride per il genere storico-biografico: a questo genere appartenevano infatti la sua Storia di
Agatocle e le biografie di artisti famosi.
Ricordiamo poi Filarco di Naucrati, nella seconda metà del sec III aC, scrisse un'opera sul
cinquantennio compreso tra il 272 e il 219 aC, anno della morte del re spartano Cleomene III.
Infine Demetrio Falereo, che col suo scrito Sul decennio rese una testimonianza preziosa sul
periodo in cui tenne il governo di Atene.
Storiografia locale ed etnografica. Paradossografia.
Accanto a una storiografia di vasto respiro sui grandi temi della storia di Alessandro e dei
regno ellenistici, in questo periodo ebbe grande successo anche la storiografia locale. La
ragione principale può essere individuata nel fatto che, di fronte all'ampliamento dei confini
geografici e culturali, la preservazione della memoria storica e mitica locale assunse un
valore maggiore che nel passato: è il caso di Duride di Samo, autore tra l'altro degli Annali
di Samo, o di Ninfide di Eraclea, che intorno alla metà del III sec aC, scrisse un'opera
monumentale su Alessandro e le sue imprese e compose anche una Storia di Eraclea in
tredici libri, o di Neante di Cizico che, verso la fine del secolo III aC, scrisse sia opere di
interesse storico generale, come gli Hellenikà, sia la Cronaca di Cizico. Un aspetto molto
interessante della storiografia locale è rappresentanto anche dalle epigrafi pubbliche che
riportavano, sotto forma di cronaca annalistica, i fatti salienti della storia di una città, come il
Marmor Parium, un resoconto dei più importanti eventi politici, culturali e religioso di tutta
la Grecia dai tempi del mitico re attico Cecrope fino al 264 aC, e l'Anagraphé di Lindos, un
resoconto storico simile a quello di Paro, la cui compilazione risale all'inizio del secolo I aC.
Il contatto diretto dei Greci con etnie diverse ebbe come conseguenza anche un maggior
interesse per la storia degli altri popoli: tra la fine del sec IV e l'inizio del III aC Megastene,
un greco che fu incaricato da Seleuco I Nicator di curare i rapporti diplomatici col vicino
regno di Chandragupta, scrisse un'opera in 4 libri sulla storia dell'India. In tale contesto si
spiega anche l'opera di alcuni storici di origini non ellenica che si servirono del greco per
scrivere la storia del proprio popolo: durante il regno di Tolomeo II Filadelfo, l'egiziano
Manetone di Sebennito, sacerdote del culto del sovrano presso Eliopoli, scrisse, per volontà
del re, una Storia d'Egitto, in tre libri, dalle origini mitiche fino alla morte di Alessandro; e
allo stesso periodo risale la Storia babilonese dedicata ad Antioco I Sotèr da Berosso di
Belo, un sacerdote di Marduk. Al confine tra etnografia e storiografia si colloca l'opera Sugli
Egizi di Ecateo di Abdera, composta sotto il regno di Tolomeo I Sotèr, e in cui storia, mito,
religione, descrizione di usi e costumi si mescolavano per dimostrare che l'Egitto fu la culla
della civiltà umana e il migliore degli Stati. Un intento etico-politico e religioso ispirò anche
l'opera etnografica Scritto sacro di Evemero di Messene, un uomo vicino al re macedone
Cassandro e che compì diversi viaggi in terre lontane. In quest'opera l'autore presentava sotto
forma di resoconto di viaggiò ciò che egli dichiarava di ave veduto a Panchaia, una lontana
isola dell'Oceano Indiano: una terra giorente, abitata da un popolo felice e giusto, ma
soprattutto seguace di una religione basata sul culto di uomini che, una volta morti, venivano
divinizzati (Urano, Crono, Zeus). Il gusto per l'esotico e il favoloso ispirò anche la
paradossografia, un sottogenere della storiografia in cui le opere si configuravano come un
insieme di mirabilia, cioè di racconti meravigliosi e inediti. Iniziatore della paradossografia
fu Callimaco che scrisse una Racccolta di meraviglie in tutta la terra secondo le località; ma
l'opera che più rappresenta questo genere fu la Raccolta di Storie mirabili, compilata nel sec
III aC da Antigono di Caristo, vissuto probabilmente presso la corte attalide a Pergamo.
La storiografia siceliota.
Il culmine della tradizione storiografica siceliota fu rappresentato da Timeo di Tauromenio,
nato intorno alla metà del secolo IV aC; suo padre Andromaco, tiranno della città, fu un
fedele sostenitore della politica filoligarchica imposta da Timoleonte a Siracusa e alle altre
poleis siciliane. Quando a Siracusa prese il potere Agatogle e Tauromenio con altre città
greche della Sicilia fu assoggettata alla politica egemonica del tiranno siracusano, Timeo fu
costretto all'esilio ad Atene, dove morì ultranovantenne. Ad Atene Timeo lavorò alla sua
monumentale opera storica, il cui titolo più probabile è Sikelikai Historiai, in cui tracciava la
storia della grecità occidentale dall'età micenea fino alla prima guerra punica; doveva trattarsi
di un'opera di vasto respiro, articolata in 38 libro. I primi cinque erano completamente
dedicati a una descrizione etno-geografica dell'Italia meridionale, con particolare attenzione
elle leggende ecistiche; i successivi libri erano occupati dalla cronaca storica dalle oprigini
fino al 289 aC, anno della morte di Agatogle: a lui e alle vicede di cui Timeo stesso fu
testimone e vi