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Trachinie sono dominati dalla figura di Deianira, che lascia definitivamente la scena nel terzo

episodio mentre nell'esodo Eracle diventa personaggio dominante). Nell'Antigone il

personaggio di Creonte è presente dall'inizio alla fine ed esso, attraverso lo sviluppo nella

parte finale, viene a correlarsi con il personaggio stesso di Antigone; nell'Aiace il

protagonista continua a essere presente anche dopo la morte, fino alla fine della tragedia;

nelle Trachinie la vicenda ha sempre come termine di riferimento la figura di Eracle. Per

quanto riguarda la durata dell'azione, la maggior parte delle tragedie che conosciamo

rappresenta un'azione contenuta nel volgere di un solo giorno. Quando le trame si riferiscono

a fatti avvenuti in un arco di tempo più ampio, questo vengono recuperati all'interno della

rappresentazione per mezzo della narrazione di un personaggio. Il dato tecnico secondo cui la

vicenda rappresentata si svolge in un solo giorno diventa nell'Edipo re strumento per

evidenziare l'infelicità del destino di Edipo, che in un solo giorno riacquisterà la sua identità

e vedrà la sua rovina. Anche se per la maggior parte delle tragedie vale il modulo dello

svolgimento dell'azione in un solo giorno, ci sono tuttavia dei casi che dimostrano una

considerevole libertà da parte dei tragici; Significativo è il caso delle Eumenidi: Nel corso del

primo episodio Oreste lascia Delfi per recarsi ad Atene, e poco tempo dopo anche il coro

abbandona l'orchestra, per inseguirlo. Nell'orchestra, rimasta vuota e trasformatasi nel

frattempo nel tempio di Atena ad Atene, entra di nuovo Oreste, che rivolge un saluto alla dea,

ricordando di essersi purificato dalla macchia del matricidio. Il nuovo segmento dell'azione si

colloca molto tempo dopo i fatti rappresentati nella prima parte. Una sfasatura fra il tempo

occorrente per azioni collocate nello spazio extrascenico e il tempo che realmente trascorre

nella rappresentazione si riscontra anche nelle Supplici di Euripide: alla fine del secondo

episodio Teseo si trova a Eleusi, dove, dopo lo scontro verbale con l'araldo di Creonte,

esprime il proposito di guidare personalmente l'azione militare contro Tebe che dovrà

recuperare i corpi dei caduti della spedizione dei Sette.Alla fine del secondo stasimo arriva

un messaggero che racconta al coro l'esito vittorioso della battaglia che gli Ateniesi, guidati

da Teseo, hanno combattuto sotto le mura di Tebe. Anche qui quindi si ha una compressione

del tempo fattuale, per adeguarlo al ritmo del tempo della rappresentazione scenica. Per

quanto riguarda l'unità di luogo la tragedia greca del V se aC non appare vincolata a precise

norme unitarie. Tuttavia le vicende della maggior parte dei drammi appaiono collocate in un

unico luogo. Ciò nonostante la possibilità di un cambio di scena è attestata con sicurezza

nelle Eumenidi e nell'Aiace. Nella prima si hanno due successivi cambiamenti di scena:

l'azione si sposta una prima volta dal santuario di Delfi al tempio di Atena in Atene, e una

seconda volta dal tempio di Atena al colle dell'Areopago. Nella seconda si ha invece un solo

cambio di scena, dalla tenda di Aiace al boschetto presso il mare nel quale avviene il suicidio

del protagonista. In entrambe le tragedie, a sottolineare la discontinuità rispetto a ciò che

precede, si ha l'uscita del coro dall'orchestra e il suo rientro dopo il cambio di scena.

La funzione socialmente stabilizzante dello spettacolo tragico.

Un dato stabilizzante era già di per sè il fatto che i cittadini ateniesi assistessero a uno

spettacolo e si divertissero: il divertirsi provocava un allentamento delle tensioni e aveva

quindi un effetto socialmente stabilizzante. Inoltre attraverso gli spettacoli tragici e le feste di

Dioniso si aveva la prosecuzione di un patrimonio collettivo di procedure cultuali e miti che

venivano tramandati. Inoltre dal momento che i miti tragici si collocavano in un lontano

passato, lo spettacolo tragico comportava un approfondimento della coscienza storica della

collettività e un rafforzamento del senso della propria identità. Alla individuazione di una

funzione socialmente stabilizzante della tragedia si perviene anche attraverso la teoria

aristotelica della catarsi. Il termine katharsis usato da Aristotele nella Poetica è da intendere

come «rimozione di impurità»: l'assistere allo spettacolo tragico provocava l'insorgere di

emozioni di compassione e di paura, in relazione alle vicende in cui erano coinvolti i

personaggi della tragedia. Ma poichè la vicenda aveva termine la compassione e la paura

cessavano. Il risultato era una purificazione di potenzialità emotive già presenti nello

spettatore (e fatte venire alla luce proprio dallo spettacolo tragico, con un effetto di

allentamento, di alleggerimento che si accompagna al piacere. La tragedia assolveva a una

funzione stabilizzante nonostante che la forma tragica fosse di per sé conflittuale, e la cosa si

può spiegare tenendo conto per il fatto stesso di essere rappresentate, le vicende tragiche si

caricavano di una valenza di allentamento delle tensioni, che andava al di là delle

caratteristiche proprie che le contrassegnavano.

Tragedia greca e antropologia.

Un punto di partenza a questo proposito può essere la tensione che c'è nella tragedia tra livelli

culturali diversi, e cioè la cultura primitiva, evocata attraverso i miti, e la cultura

contemporanea, con cui il poeta tragico si confrontava. Si tratta in particolare di individuare i

procedimenti attraverso i quali i due livelli culturali interagivano tra di loro. Nella Medea di

Euripide le capacità di maga della protagonista on appaiono messe in atto nella tragedia; a

esse si accenna come a un dato reale, ma non immediatamente effettuale. L'accenno batte

sulla sophia, sulla saggezza di Medea, fatta di lucida consapevolezza e di grande capacità

nell'organizzazione con piena determinazione il disegno di vendetta. E si deve riconoscere

che il dato mitico di Medea maga dà una risonanza sinistra alla sua sophia, come se

attraverso il suo passato mitico si scandagliassero profondità paurose della psiche di Medea.

Quindi, attraverso l'evocazione del mito, Euripide lasciava intravedere un andare al di là della

cultura razionalistica di cui pure il personaggio di Medea si sostanzia. Una tensione tra

cultura razionalistica e cultura magica è ravvisabile anche nelle Trachinie di Sofocle: qui si

evoca il mondo magico legato alla figura di Nesso e al suo sangue che provocherà la morte di

Eracle. Deianira a un certo momenti si rende contro della forza tremenda di una realtà fino ad

allora sconosciuta e ne resta attonita. Il primitivo appare nelle Trachinie una componente di

un quadro più complesso, entro in quale si evidenzia anche la capacità di autoconsapevolezza

che è costruita secondo i moduli della cultura razionalistica contemporanea di Sofocle. Ma il

primitivo non costituisce un livello più profondo del personaggio come accade in Medea; si

ha invece una situazione di scontro tra il primitivo e il personaggio. E il pathos della tragedia

scaturisce dal fatto che il personaggio soccombe e si ritrae in se stesso fino

all'autodistruzione. Nell'Edipo re c'è la messa in crisi delle strutture portanti di una cultura

razionalistica di cui il protagonista si sostanzia nella parte iniziale della tragedia; ma c'è un

nesso stretto tra lo scacco della cultura razionalistica e la conoscenza del proprio passato da

parte di Edipo. Questo passato è una storia terribile e sia il parricidio che l'incesto vengono

visti come infrazioni e presuppongono quindi norme e leggi già esistenti. E tuttavia nel suo

insieme la storia di Edipo evoca una realtà sconvolta che appare proiettata in una dimensione

molto lontana. Nelle Baccanti il dionisismo è un fenomeno a doppia faccia: da una parte

Euripide mette l'accento sulla funzione rasserenante del vino, ma dall'altra viene fuori anche

l'aspetto orgiastico del dionisismo e in più, si ha l'uccisione violenta di Penteo. C'è dunque

nella tragedia l'evocazione di un mondo selvaggio, che doveva essere sentito come qualcosa

di orrido e di primitivo. Di fronte a questo mondo primitivo e selvaggio la cultura

razionalistica del V sec aC in un primo momento appare subalterna, ma alla fine il dionisismo

è contestato, sulla base di un maturo razionalismo (gli dei non dovrebbero equipararsi ai

mortali in atteggiamenti di per sé riprovevoli) e il culto di Dioniso alla fine appare in crisi,

con Agaue che rigetta con forza il suo passato. Tutto questo è alla base della creazione di una

chiusa di tragedia assai patetica: con Agaue che chiede aiuto a Cadmo e Cadmo che non può

darglielo, creando un rovesciamento radicale rispetto all'ideologia tradizionale, che vedeva

nel padre un termine di riferimento sicuro e rassicurante. Il rapporto tra le due culture è

essenziale per la costruzione di tutta la tragedia per il messaggio (non-messaggio) che alla

fine il poeta trasmette agli spettatori. Con un procedimento di forte impatto emotivo, nel caso

delle Baccanti alla messa in crisi del dionisismo e del mondo primitivo che ad esso si

collegava si accompagna anche la messa in crisi della cultura contemporanea del poeta, in

quanto sistema fatto di certezze. Si possono a questo punto individuare alcuni moduli

fondamentali del rapporto tra antico e moderno nella tragedia greca:

a) la cultura magico-primitiva appare come uno sfondo, inquietante, rispetto a una cultura

diversa, più stratificata e recente, all'interno dello stesso personaggio;

b) la cultura razionalistica viene in contatto con la cultura magico-primitiva e ne resta

soccombente;

c) lo strato arcaico.primitivo viene a coincidere con la storia personale passata dell'individuo

e che il soggetto arriva a conoscere, pagando un prezzo altissimo;

d) la cultura razionalistica si pone in termini di opposizione consapevole con una cultura

primitiva; e il risultato è quello di uno stallo, con un messaggio alla fine della tragedia, che si

qualifica come un non-messaggio.

Le cose si presentano in termini diversi nella tragedia di Eschilo, qui:

a) Il primitivo viene inglobato nel contesto di una griglia concettuale finalizzata

all'enunciazione di un messaggio etico-didattico.

Nell'Orestea Eschilo evoca la realtà del ghenos degli Atridi, contrassegnato da una catena di

delitti. Espressione di questa realtà orrida e paurosa sono le Erinni, di cui è evidenziato il

carattere primitivo. Eschilo vuole utilizzare la paura che si sprigiona dal ghenos e dalle Erinni

per un fine stabilizzatore dell'ordine sociale e politico: la paura non deve impedire all'uomo

di commettere infrazione.

L'Orestea di Es

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Publisher
A.A. 2014-2015
28 pagine
4 download
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/02 Lingua e letteratura greca

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher ostakista di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Letteratura greca e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi Roma Tre o del prof Cozzoli Adele Teresa.