vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
IL CONSIGLIO, IL CONFORTO E LA COMPLICITA:
La forma più usuale attraverso cui il coro partecipa allazione scenica è quella
dellammonimento o del conforto dato ai protagonisti della vicenda drammatica.
In alcuni casi il consiglio del coro risulta decisivo. Nelle Trachinie, ad
esempio, Deianira confessa alle coreute che per riconquistare Eracle ha pensato
di far ricorso alla magia dle chitone intriso del sangue di Nesso, ma ora che
deve consegnare la veste all'araldo Lica, perchè la porti ad Eracle, è titubante
e teme di compiere un atto sconsiderato. E' proprio il coro che l'aiuta a
superare ogni timore e ogni esitazione.
Il monito del coro, benchè di solito ispirato alla moderazione e al buon senso,
può anche essere anche disatteso. Ma anche in questo caso esso assolve una
funzione importante: nel rifiuto opposto a un consiglio o a un avvertimento
preventivo c'è la conferma inequivocabile che il personaggio è determinato ad
agire, in piena consapevolezza, fuori dagli schemi di comportamento comunemente
accettati.
Il consiglio e il conforto sono manifestazione di solidarietà e di benevolenza
del coro nei confronti del personaggio scenico. Mentre in Sofocle il coro a
volte mantiene un netto distacco rispetto al protagonista, Euripide tende a
generalizzare la presentazione di un coro che prende posizione a fianco
dell'eroe o dell'eroina che soffre o che è oggetto di minacce da parte di terzi.
Attraverso la simpatia che il coro manifesta per il protagonista della vicenda
tragica in una fase in cui la dinamica è ancora al suo avvio, il poeta orienta
lo spettatore, lo predispone ad un analogo sentimento di benevolenza e
partecipazione nei confronti della triste sorte del personaggio sofferente o
insidiato. Questa costruzione della prospettiva ha luogo sia in tragedie in cui
il coro si interroga preoccupato sulla situazione del protagonista assente dalla
scene, come nell'Agamennone o nell'Alcesti, sia in quei drammi in cui il
personaggio è presente e il coro gli si rivolge direttamente con parole di
affettuosa premura. La solidarietà può spingersi al punto da rendere il coro
partecipe dei segreti o delle trame dei protagonisti, come ad esempio per il
piano di vendetta contro Clitemnestra ed gisto nelle Coefore.
Particolarmente evidente è l'importanza drammaturgica di questa complicità nei
drammi di Euripide, come nell'Ifigenia Taurica, in cui il coro cerca di
ingannare l'anghelos venuto ad annunciare a Toante la fuga di Ifigenia, Oreste e
Pilade con il simulacro di Artemide, sostenendo che il re non è all'interno
della reggia.
LA PAURA, LA PREMONIZIONE, LA PREGHIERA:
Vi sono anche altre importanti funzioni che il poeta tragico assegna al suo
coro, soprattutto negli stasimi, i canti che separano gli episodi. Questi
accompagnano l'azione scenica, la commentano, ne pongono in rilievo le linee di
sviluppo e ne approfondiscono i nodi concettuali. Il tema della paura occupa uno
spazio rilevante. Il coro manifesta sgomento per un pericolo real e vicino, come
nell'assalto dei nemici nei Sette, o magari trepida per le sorti di avvenimenti
che si svolgono lontani, come la spedizione di Serse nei Persiani.
In queste situazioni è frequente il ricorso al modulo della preghiera. Il canto
dl coro può far risuonare accenti di inquietudine e di angoscia anche quando la
situazione scenica sembri invitare alla serenità e alla gioia: presentimenti
ancora vaghi e indefiniti, ma che anticipano la catastrofe imminente. Una chiara
valenza profetica ha, ad esempio, il terzo stasimo dell'Agamennone: il re è
appena tornato e la regina lo ha accolto con tutti gli onori, ma i vecchi
coreuti nel loro intimo non riescono a gioire ed avvertono l'incombere di
un'oscura minaccia.
IL CORO SPETTATORE IDEALE:
Vi è stato chi ha voluto vedere nel coro uno spettatore ideale, o che ha voluto
assegnargli la funzione di portavoce delle opinioni del poeta. A indicare il
coro come spettatore ideale fu Schlegel, che affermava che attraverso il coro il
poeta si sarebbe fatto portavoce del comune spirito nazionale ed anzi
dell'umanità intera. Il coro è, quindi, considerato come un osservatore
distaccato, cosa in parte vera se si pensa che spesso può intervenire nei
conflitti solo con le sue raccomandazioni o i propri consigli. Ma questo non è
vero, perchè è il pubblico, lo spettatore, che conosce il mito, è posto in una
posizione superiore rispetto ai coreuti che invece conoscono gli eventi man mano
che accadono. Lo spettatore è, dunque, in grado di focalizzare e giudicare ciò
che accade assai meglio del coro.
GLI IPORCHEMI SOFOCLEI:
Dove appare più evidente la fallibilità del giudizio del coro è nei cosiddetti
iporchemi, termine con cui si indicano alcuni canti che in Sofocle il coro
intona in una fase della tragedia in cui la minaccia che gravava sul
protagonista sembra felicemente passata. Come liberatisi da un incubo angoscioso
i coreuti manifestano il loro sollievo e la loro gioia, abbandonandosi a vivaci
movimenti di danza. In realtà la catastrofe non solo è sempre in agguato, ma
incombe vicina: lo spettatore lo sa bene, e ciò produce un potente effetto di
ironia tragcia. Così è, ad esempio, nell'Aiace, con il coro che esulta dopo che
con una rhesis l'eroe ha dato l'impressione di aver rinunciato al proposito di
suicidarsi.
Il canto corale accompagna ed amplifica un'atmosfera di giubilo che trae origine
dalla convinzione che le difficoltà che si prospettavano all'inizio del dramma
siano state di colpo superate; convinzione destinata ad essere smentita dallo
sviluppo immediatamente successivo della tragedia.
IL CORO PORTAVOCE DELLE OPINIONI DEL POETA:
Il coro, istituzionalmente, non è lo strumento attraverso cui l'autore esprime i
propri giudizi, le proprie opinioni. Occorre riconoscere che vi sono in realtà
casi in cui non è facile distinguere tra coro e poeta, soprattutto quando il
canto corale si apre ad approfondimenti concettuali che sembrano travalicare la
dimensione puramente scenica. Ad esempio, per le valutazioni etnico-religiose di
alcuni cori nelle tragedie di Eschilo. Impossibile non interpretare come
espressione diretta della severa teologia del poeta e della sua concezione dei
limiti della condizione umana l'Inno a Zus e le gnomai con cui nella parodo
dell'Agamennone i vecchi coreuti commentano la scelta che il re fece di
sacrificare sua figlia Ifigenia. A volte anche in Sofocle il lettore non riesce
a sottrarsi alla suggestione che attraverso il coro parli direttamente il poeta.
Il primo stasimo dellAntigone inizia con la notizia dellazione con cui la
giovane eroina ha simbolicamente dato sepoltura a Polinice, contravvenendo
alleditto di Creonte ma obbedendo ai suoi obblighi nei confronti del fratello.
Il canto celebra lambigua grandezza delluomo, da un lato capace di grandi
audacie, e dallaltro pronto a servirsi di quello stesso ingegno per fini
contrari alle norme divine. In questa riflessione si è voluto leggere la
profonda preoccupazione del poeta per le insidie implicite nel processo di
crescita di Atene negli anni che coincidono, sul piano politico, con
laffermarsi del disegno imperialistico di Pericle, e su quello spirituale, con
la circolazione di nuove tendenze e nuovi umori, soprattutto la concezione
antropocentrica che dal nascente movimento sofistico doveva apparire già una
delle idee-guida.
Naturalmente anche in Euripide a volte parla il coro per il poeta, come nel
secondo stasimo dellAndromaca in cui si ha la riflessione che la bigamia è la
rovina della casa. In questo caso si può addirittura parlare di un poeta che si
sostituisce al coro. Tuttavia va ribadito che lidentificazione tra coro e poeta
non costituisce una norma, ma al contrario, occorre non attribuire allautore
ciò che pertiene alla moralità del coro inteso come personaggio storico.
IL CANTO CORALE COME RACCORDO TRA PASSATO E PRESENTE:
Unimportante funzione svolta a volte dai canti del coro è quella di integrare
nella vicenda scenica segmenti del passato utili ad illuminare gli eventi
presenti.
NellAgamennone, in più canti successivi, il coro rievoca il sacrificio di
Ifigenia, la presa di Troia, e alla ricostruzione del quadro degli eventi
trascorsi contribuisce anche la visione di Cassandra, che richiama gli orrori
antichi della casa degli Atridi. Via via che si dipana lazione tragica
riemergono e sono assunti ad oggetto di meditazione critica quegli antefatti in
cui affondano le loro radici gli sviluppi del dramma che si rappresenta sulla
scena. Il coro può, anche, richiamare dei miti non necessariamente connessi alla
saga rappresentata, in funzione di allusione, come il coro delle Coefore che
paragona lempito omicida di Clitemnestra a quello di Altea e di Scilla.
IL RUOLO DEL CORO SECONDO ARISTOTELE. LA NUOVA LIRICA DEL TARDO EURIPIDE.
Aristotele affermava che il coro doveva essere considerato un attore, facente
parte del tutto e partecipe dellazione. Il filosofo condanna la tendenza ormai
invalsa ai suoi tempi di comporre canti del tutto avulsi dallintreccio scenico,
veri e propri cedimenti come lo stesso filosofo ravvisa nella drammaturgia di
Euripide. Di qui lindicazione di Sofocle come modello di poeta capace di
assegnare al coro una parte pienamente attiva nel dramma. Vi sono, però, in
Euripide esempi di coinvolgimento del coro nellazione, come nelle Supplici e
nelle Eumenidi. NellIfigenia in Aulide il coro non ha legami con lazione, ma
acquista valore più per le sue qualità pittoriche, che per il tema che sviluppa.
Esempio di questa tendenza è lultimo stasimo dellElena, in cui si ha
abbondanza di aggettivazione ridota a mero elemento esornativo, linsistenza sul
dato visivo e la ricerca del colore, al servizio di una vena immaginifica. Non
conosciamo la musica che accompagnava questo canto, ma probabilmente anchessa
creava forte suggestione. La cura delle immagini, il gusto per i particolari
descrittivi e la propensione alle notazioni coloristiche non sono certo una
novità nel teatro euripideo, ma in una fase precedente la loro funzione era
diversa. Essi dovevano creare effetti di contrasto, servivano ad accrescere il
pathos, e a rendere più angosciosa latmosfera. Con la produzione tarda di
Euripide questo cambia, perché il canto corale tende a farsi decorativo, e la
narrazione povera di autentiche risonanze emotive. Si moltiplicano le immagini
di evasione e il canto corale doveva servire ad allontanare dalle angosce del
tempo. Il forte legame con la politica che nutriva le tragedie non cè più,
soprattutto nella fase critica della guerra contro Spa