Anteprima
Vedrai una selezione di 4 pagine su 12
Riassunto esame Economia delle imprese, prof. Mori, libro consigliato Economia delle imprese, Mori Pag. 1 Riassunto esame Economia delle imprese, prof. Mori, libro consigliato Economia delle imprese, Mori Pag. 2
Anteprima di 4 pagg. su 12.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Riassunto esame Economia delle imprese, prof. Mori, libro consigliato Economia delle imprese, Mori Pag. 6
Anteprima di 4 pagg. su 12.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Riassunto esame Economia delle imprese, prof. Mori, libro consigliato Economia delle imprese, Mori Pag. 11
1 su 12
D/illustrazione/soddisfatti o rimborsati
Disdici quando
vuoi
Acquista con carta
o PayPal
Scarica i documenti
tutte le volte che vuoi
Estratto del documento

La variabile di stock più rilevante è il capitale che a sua volta si divide in capitale fisso e capitale

finanziario. Tra il capitale e l'investimento(che è una variabile di flusso) vi è una relazione:

7 giovedì 27 novembre 2014

Il capitale è una variabile di stock e l'investimento è una variazione positiva del capitale in un determinato

periodo( e quindi una variabile di flusso).

Qual'è la differenza tra capitale e fattori di produzione? Il tempo.

Il primo è un bene durevole mentre il secondo è un bene non durevole ed immateriale.

Alcuni beni come l'energia elettrica ecc, hanno la caratteristica di essere divisibili in unità così piccole che

il loro uso si esaurisce in un tempo trascurabile, cioè sono "a uso istantaneo". Ci sono altri beni, invece, la

cui unità più piccola richiede per l'uso un tempo non trascurabile.

Tra i beni a uso non istantaneo ci sono beni:

- Durevoli: quelli la cui durata è superiore all'arco di tempo preso come riferimento.

- Non durevoli: tutti gli altri

L'uso o consumo del bene durevole, che come abbiamo detto è una variabile di flusso e quindi va riferita a

un arco di tempo, corrisponde al suo deperimento durante questo periodo.

Possiamo anche dire che un bene capitale(variabile di stock) è una somma di flussi d'uso in ciascun

periodo della sua vita. Il metodo di misura più semplice si basa sull'assunto che la qualità del bene si

mantenga costante per tutta la sua durata. Pertanto, l'ammontare di consumo può essere misurato

semplicemente con la lunghezza temporale in cui l'utente ha a disposizione il bene.

Se si tratta di beni non durevoli, il consumo sarà la somma delle quantità consumate tra il 1° gennaio ed il

31 dicembre dell'anno di riferimento.

Se si tratta di beni durevoli, il consumo sarà rappresentato dalla somma dei periodi di tempo, sempre

compresi tra il 1° e il 31 dicembre, in cui il consumatore ha avuto a disposizione l''oggetto.

Molti beni capitali sono altamente specifici all'attività produttiva di poche imprese o addirittura una sola. La

specificità è causa di ostacolo all'entrata di terzi investitori, perché:

1) fa sì che solo l'imprenditore che lo deve impiegare sia capace di dare una valutazione sulla redditività

del bene.

2) è possibile causa di lock-in e quindi, dopo l'investimento, l'investitore non può più cambiare contraente

e quindi quest'ultimo acquisisce un potere contrattuale di cui si avvarrà a danno dell'investitore.

Normalmente le imprese per poter usare i beni capitali devono acquistarli, pertanto, l'investimento non è

altro che l'acquisto di un uso presente contemporaneamente all'acquisto dell'uso futuro(acquisto oggi

anche per un uso futuro).

--> Da dove vengono i fondi per il finanziamento dell'investimento?

Le principali forme di finanziamento dell'impresa cooperativa sono:

- Conferimento di capitale di rischio: soci cooperatori e altri soci (Capitale Sociale)

- Accantonamento di utili: ____ (Riserve)

- Indebitamento: soci(prestito sociale) e altro (Debiti)

Tra parentesi sono riportate le voci del bilancio coinvolte nelle principali forme di finanziamento.

Effetto di troncamento e di liquidità nella cooperativa di lavoro

Analizziamo il caso in cui le riserve NON vengono distribuite ma vengono solo accumulate con finalità di

investimento.

Se l'investitore è un imprenditore di una impresa capitalistica, la curva del VAN rimane invariata perché

può cedere l'impresa al valore di mercato che in quel momento rifletterà il patrimonio netto.

8 giovedì 27 novembre 2014

Pertanto, a parità di interesse di mercato, l'impresa capitalistica ha maggior propensione all'investimento

dell'impresa cooperativa a causa dell'effetto di troncamento che si verifica in quest'ultima.

L'effetto di troncamento non è l'unico ostacolo dell'autofinanziamento nella cooperativa di lavoro, ma ve ne

sono anche altri. Anche se non c'è discrepanza tra vita del capitale fisico e vita lavorativa residua, nel

caso dell'impresa cooperativa, l'investitore non è in grado di realizzare immediatamente i rendimenti

futuro, ovvero liquidare il valore residuo dell'investimento ma è costretto per rientrare in possesso della

somma ad aspettare che l'investimento si ripaghi anno dopo anno fino ad esaurimento. Invece nel caso

dell'impresa capitalistica, l'investitore può vendere la sua quota dell'impresa e realizzare immediatamente

il valore attuale dell'investimento.

L'investimento nella cooperativa è meno liquido dell'investimento nell'impresa capitalistica.

Vanek arriva a sostenere che proprio per la mancanza di fonti finanziarie esterne alla compagine dei soci-

lavoratori sia la principale causa della minore diffusione delle imprese cooperative rispetto alle

capitalistiche. Per questo, lo studioso, propugna di superare la tradizionale forma di cooperativa basata

sul finanziamento interno con nuove forme basate sul finanziamento da parte di soggetti terzi.

Consideriamo ora l'indebitamento. Le risorse finanziarie non sono fornite dai soci, bensì da terzi soggetti e

ai soci competono i rendimenti e gli oneri finanziari dell'investimento solo durante la vita lavorativa.

Rispetto all'investimento finanziato mediante il debito, non ci sono apprezzabili differenze tra imprese

capitalistiche e cooperative a parità di condizioni interne e di mercato e la domanda di investimento sarà la

stessa.

Vi sono però differenze per quanto riguarda l'accesso al credito. Le imprese cooperative hanno maggiori

difficoltà rispetto alle capitalistiche ad accedere a punti di credito in quanto:

- I soci delle imprese cooperative sono meno solidi finanziariamente, rispetto ad altri imprenditori di

piccola e media impresa. Hanno più difficoltà a concedere garanzie personali e quindi ad ottenere

credito.

- Le quote o le azioni non possono essere portate a garanzia dei finanziatori terzi perché comunque

questi non possono subentrare nella posizione di soci, che è strettamente collegata a quella di

lavoratori(nel caso di cooperative di lavoro)

I nuovi strumenti di finanziamento delle cooperative

Abbiamo potuto constatare che nelle imprese cooperative c'è comunque una minore propensione

all'investimento autofinanziato e quindi all'accumulo di riserve, rispetto al caso delle imprese capitalistiche.

In Italia, con la legge Basevi, si è cercato di agevolare le imprese cooperative per incentivare l'accumulo di

riserve. Negli ultimi 50 anni, la stragrande maggioranza ha aderito alla legge Basevi, facendo risultare una

quota residua di utile destinata a riserva, e di conseguenza il risultato è stato che le cooperative nel

periodo preso in questione hanno registrato una quota di riserve accantonate sull'utile netto, nettamente

maggiore rispetto a quelle delle imprese capitalistiche.

Cooperazione di consumo e forme affini

Adesso affrontiamo una nuova tipologia di cooperativa, la cooperativa di consumo, in cui i soggetti

beneficiari sono gli acquirenti di beni o servizi.

Il commercio al dettaglio è la fase finale di un processo produttivo in cui intervengono due principali

categorie di venditori:

- Venditore al dettaglio: ha relazione con il cliente.

- Venditore all'ingrosso: ha relazione con il venditore al dettaglio in quanto gli fornisce le merci.

Il sistema delle cooperative di consumo consiste in due principali settori:

- Cooperative di consumo: entrano nell'ultima fase del processo e di cui sono soci i consumatori.

9 giovedì 27 novembre 2014

- Enti cooperativi o consorzi di cooperative: che le associano e si collocano tra le cooperative e i venditori

all'ingrosso.

Il potere di monopolio è il maggior problema nelle cooperative di consumo perchè questo influisce sui

prezzi di mercato per ottenere il massimo profitto a scapito di chi non lo ha.

Il sistema della cooperazione di consumo ha quindi due obiettivi principali:

- Contrastare il potere di monopolio dei venditori all'ingrosso attraverso il coordinamento degli acquisti

- Gestire in modo diverso dalle imprese lucrative il potere di monopolio del venditore al dettaglio nei

confronti dei consumatori finali.

Il potere di mercato e il coordinamento degli acquirenti

Nel caso in cui prendiamo in considerazione un consorzio di cooperative di consumo, il beneficio della

cooperazione per i soci delle cooperative/consumatori finali è solo quello eventualmente realizzato dal

consorzio attraverso il coordinamento degli acquisti.

Invece, se ipotizziamo che, anche se si associano ad un cooperativa di consumo, i soci si impegnano ad

effettuare acquisti per altri canali e quindi rendono immodificabile il prezzo negoziato dal consorzio:

- Rispetto al consorzio, che in questo caso negozia il prezzo finale, i consumatori sono prenditori di

prezzo(price taker).

In assenza di cooperazione, il mercato coincide con quello di monopolio puro non discriminante, ovvero

quello in cui il lato della domanda è occupato da tanti piccoli consumatori che sono privi di potere

monopolistico sul prezzo.

Il monopolio è, come insegna la teoria economica di base, la situazione di mercato che garantisce il

massimo potere di mercato al venditore.

Monopolio bilaterale: situazione in cui sia il venditore che il/i compratore/i hanno incidenza sul prezzo di

mercato.

Il monopolio bilaterale va a creare una fase molto importante che precede il contratto tra venditore e

compratore, che si chiama negoziazione. Questa è la fase in cui venditore e compratore discutono sul

prezzo.

I passi della negoziazione:

a) Identificare l'insieme degli esiti possibili.

b) Una volta identificati i possibili esiti della trattativa, si individua una curva, detta frontiera delle

possibilità di utilità, che rappresenta l'insieme delle combinazioni di profitto che possono essere

raggiunte dalla trattativa.

Tutto ciò che riguarda all'acquisto, di cui abbiamo appena parlato, può essere applicato anche alla vendita

con un modello che dovrà subire minime trasformazioni.

Il commercio al dettaglio in forma cooperativa

Le cooperative di consumo nascono quando sul mercato al dettaglio i venditori hanno un rilevante potere

di monopolio che possono sfruttare a svantaggio dei consumatori. I rapporti con i consumatori,

ovviamente, sono diversi dalla visuale del venditore lucrativo e da quella del venditore cooperativo.

Il venditore al dettaglio, ha la possibilità di scegliere il prezzo che "imporrà" ai consumatori finali e in

questa scelta entrano a far parte i costi di approvvigionamento del bene

Dettagli
A.A. 2014-2015
12 pagine
1 download
SSD Scienze economiche e statistiche SECS-P/08 Economia e gestione delle imprese

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher lucachiacchio.sapri di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Economia delle imprese e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Firenze o del prof Mori Angelo.