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Quando i lavoratori sono i beneficiari dell’organizzazione e sono beneficiari rispetto a
questi bisogni, siamo di fronte a un fenomeno mutualistico. Diciamo che
un’organizzazione persegue uno scopo mutualistico se l’insieme dei beneficiari –
controllori è costituito da una qualche categoria di soggetti che svolgono
nell’organizzazione funzioni diverse da quella di investitore e sono beneficiari rispetto
a queste attraverso l’attività che i membri stessi del gruppo svolgono al suo interno.
La cooperazione tradizionale comprende tutte le organizzazioni che perseguono uno
scopo mutualistico e che hanno contemporaneamente l’assetto (a).
I beneficiari di un’organizzazione mutualistica possono contemporaneamente essere
investitori in essa ma l’obiettivo della gestione non può essere la remunerazione
dell’investimento.
Gli enti della cooperazione tradizionale si suddividono in due principali categorie:
- Società cooperative: lo scopo mutualistico si accompagna sempre a un secondo
elemento che è spesso presente anche in altri enti cooperativi, cioè il principio
democratico secondo cui il potere di controllo è distribuito in modo uguale tra i
soci. Una testa un voto. Mentre lo scopo mutualistico è essenziale per ogni ente
cooperativo, il principio democratico è essenziale solo per le società
cooperative. Il capitale di rischio è fornito dai soci, ma questi di massima
devono svolgere nella società anche altre funzioni oltre a quella dell’investitore.
Il capitale sociale piò essere variato senza dover variare lo statuto e per questo
le cooperative sono dette società a capitale variabile. L’ingresso dei nuovi soci
non può essere limitato per statuto, ma è assoggettato all’accettazione da parte
degli amministratori. Le cooperative sono una forma organizzativa d’impresa,
cioè svolgono un’attività in modo professionale, anche se allo scopo di lucro si
sostituisce lo scopo mutualistico, che comunque si concentra sul
soddisfacimento dei soci. Le forme specifiche che le cooperative possono
assumere corrispondono da un lato alla scelta del modello societario della s.p.a.
ovvero della s.r.l. e dall’altro all’adozione o meno del modello statutario di
cooperativa a mutualità prevalente.
Cooperative di lavoro: sono soci i lavoratori
o Cooperative di consumo: i soci sono acquirenti di beni di consumo
o Mutue assicuratrici: i soci sono gli assicuratori
o Cooperative di abitazione: i soci possono essere proprietari di abitazioni
o Banche di credito cooperativo: debitori
o Cooperative di dettaglianti: soci imprenditori, come la Conad
o
- Enti mutualistici diversi dalle società: non hanno natura societaria. Es. società di
mutuo soccorso. Queste società non sono società ma assicurazioni, le cui
finalità mutualistiche sono evidenti. Questa categoria accoglie forme
istituzionali diversificate e non identificabili a priori in modo esaustivo. Mentre le
società cooperative in Italia sono universalmente ritenute estranee al settore
non – profit, la presente categoria presenta una situazione più sfumata: infatti
gli enti che in essa ricadono possono avere entrambe le connotazioni, come le
società di mutuo soccorso appunto.
Vi sono enti in forma non societaria con connotati sia non – profit sia mutualistici
i quali ricadono nel sottoinsieme β del cerchio grigio.
Scopo mutualistico nelle società cooperative: beneficiare i soci rispetto alle esigenze
inerenti a una funzione economica diversa da quella di investitore attraverso l’attività
che i membri stessi svolgono. Ad esempio nella cooperativa di consumo si
distribuiscono ai consumatori benefici che si realizzano attraverso le transazioni con la
cooperativa.
Questo concetto presenta diverse complicazioni:
- Quali forme concrete possono assumere questi benefici diversi dal lucro
- La presenza del capitale e degli scambi con i non soci
Se prendiamo come es. le cooperative di lavoro, se non avessero capitale proprio e i
lavoratori impiegati fossero solo i soci della cooperativa, lo scopo mutualistico sarebbe
identificabile senza alcuna difficoltà, ma nella realtà non si verifica mai né l’una né
l’altra condizione.
Modalità di realizzazione dello scopo mutualistico:
La modalità dipende dal particolare modo in cui il gruppo beneficiario viene
beneficiato. La società cooperativa persegue uno scopo mutualistico ma non ne dà
un’esplicita definizione. C’è contrapposizione tra mutualità e scopo di lucro dove
quest’ultimo designa lo scopo di dividere gli utili provenienti dall’esercizio dell’impresa
che è tipico delle società di persone e di capitali. Affinchè si realizzi lo scopo
mutualistico il soddisfacimento dei soci non deve avvenire attraverso la distribuzione
periodica di utili, altrimenti di avrebbe il perseguimento di uno scopo di lucro. Però non
tutto ciò che è assenza di lucro può essere identificato come mutualistico.
Come si realizza lo scopo mutualistico nella cooperativa di lavoro: il socio partecipa
alla società come fornitore di due fattori, il lavoro e il capitale, mentre nelle società di
capitali partecipa solo come fornitore di capitale. Lo scopo mutualistico si realizza o
pagando meglio il lavoro dei soci o offrendo migliori condizioni materiali di lavoro. Può
essere realizzato secondo due strade:
- Trasferimenti monetari ai soci: l’utile netto meno gli accantonamenti a riserva
può essere distribuito sia sotto forma di ristorni (modalità di distribuzione
commisurata al lavoro erogato e sono una prima modalità di realizzazione dello
scopo mutualistico) sia di dividendi. Uno strumento analogo è il pagamento di
un salario più alto della remunerazione prevista dal contratto collettivo
nazionale di lavoro. Contabilmente abbiamo in questo modo un aumento dei
costi e di conseguenza una riduzione dell’utile lordo/netto. Il beneficio del socio
è distribuito attraverso differenziali salariali in eccesso rispetto i salari
contrattuali o sotto forma di ristorni.
- Altre forme: oltre ai benefici che sono erogati attraverso il trasferimento di
somme monetarie, il lavoratore può trarre beneficio da migliori condizioni
materiali di lavoro (sicurezza..). l’impresa può erogare benefici ai soci in modo
diretto e non attraverso somme di denaro. Si rinuncia a realizzare un profitto più
alto, sostenendo dei costi per l’attività che hanno l’effetto di innalzare
direttamente il benessere del lavoratore.
Mutualità prevalente:
i soci della cooperativa sono fornitori di capitale ed è ammessa dall’ordinamento
italiano la convivenza della mutualità con la distribuzione di dividendi. Sorge allora un
problema. La distribuzione di dividendi rende l’impresa lucrativa? Il nuovo diritto
societario dà una risposta precisa introducendo la particolare sottocategoria delle
cooperative a mutualità prevalente (art. 2514 c.c.). Lo scopo mutualistico è
caratterizzante per tutte le cooperative, ma c’è un livello minimo di mutualità che apre
l’accesso a alcune agevolazioni come la detassazione parziale o totale degli utili. Una
delle condizioni della mutualità prevalente è che sia maggioritario il soddisfacimento
diretto dei bisogni dei soci nella funzione verso cui è indirizzata la gestione della
cooperativa e non la distribuzione di dividendi tra essi in quanto apportatori di capitale
di rischio.
Le cooperative a mutualità prevalente devono prevedere nei propri statuti:
- Il divieto di distribuire i dividendi in misura superiore all’interesse massimo dei
buoni postali fruttiferi, aumentato di due punti e mezzo rispetto al capitale
effettivamente versato
- Divieto di remunerare gli strumenti finanziari offerti in sottoscrizione ai soci
cooperatori in misura superiore a due punti rispetto al limite massimo previsto
per i dividendi
- Divieto di distribuire le riserve fra i soci cooperatori
- Obbligo di devoluzione, in caso di scioglimento della società, dell’intero
patrimonio sociale, dedotto soltanto il capitale sociale e i dividendi
eventualmente maturati, ai fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo
della cooperazione.
Il principio è che se la cooperativa vuole fruire delle agevolazioni fiscali, la
distribuzione di utili deve essere una quota contenuta del beneficio complessivamente
goduto dal socio e inoltre la remunerazione del capitale di rischio non può scostarsi di
molto dalle attività finanziarie più liquide come le obbligazioni.
Sono società cooperative a mutualità prevalente, in ragione del tipo di scambio
mutualistico, quelle che:
- Svolgono la loro attività prevalentemente in favore dei soci, consumatori o
utenti di beni o servizi (es. cooperative di consumo)
- Si avvalgono prevalentemente delle prestazioni lavorative (es. cooperative di
lavoro)
- Si avvalgono prevalentemente degli apporti di beni o servizi da parte dei soci
(cooperative tra imprenditori)
Esistono delle caratteristiche costituzionali che possono ritenersi essenziali per la
cooperazione in generale?
Nel 1995 in un congresso dell’Alleanza cooperativa internazionale, venne stilata una
carta della cooperazione dove le stesse cooperative hanno raccolto quelli che sono da
esse ritenuti i capisaldi del movimento cooperativo in un’ottica sovranazionale. In essa
si dà una definizione di cooperativa svincolata dall’ordinamento giuridico,
evidenziando singoli elementi che sono ritenuti importanti per la cooperazione.
La Dichiarazione di identità cooperativa (titolo del manifesto) si apre con una
definizione volta a identificare l’ente cooperativa << associazione autonoma di
persone che si uniscono volontariamente per soddisfare i propri bisogni attraverso una
società di proprietà comune >>. Secondo la Dichiarazione questo ente persegue
questi valori:
- Autosufficienza
- Autoresponsabilità
- Democrazia
- Uguaglianza
- Equità
- Solidarietà
Fatta eccezione per la democrazia gli altri non sono in Italia requisiti giuridici delle
società mutualistiche. Per esempio la solidarietà consiste nel fare oggi gratuitamente
qualcosa a favore di un altro nell’attesa che domani in una situazione simile esso
faccia altrettanto; non ha valore fonante del mutualismo e della democrazia.
La Dichiarazione indica alcuni principi, intesi come modalità operative (strumenti) per
realizzare tali valori:
- I principio: famoso principio della porta aperta. La cooperativa è aperta a tutti