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Senussi decise di spostare la sua principale residenza a Jaghbub, un’oasi situata nel
Sahara orientale ai confini con l’Egitto, la cui zawiya divenne un importante luogo di
formazione religiosa per gli sheikh (dotti, notabili) della Senussia con l’edificazione di una
grande biblioteca”. La struttura della Senussia era inizialmente molto semplice e gravitava
intorno alla figura carismatica dello sbeykh al-kabir (il gran senusso, fondatore dell’ordine,
poi un suo discendente) e dei discepoli a lui più vicini. Ogni zawyia era guidata da uno
sheykh anziano, generalmente esperto nella legge islamica, coadiuvato da un consiglio di
sheykb più giovani. La base della confraternita era formata da tutti gli aderenti o ikhwan
(fratelli), appartenenti alle principali tribù della Cirenaica e convertiti sin da giovani da
predicatori inviati dal gran senusso nelle zone dove si voleva istituire una nuova zawiya.
L’adesione alla confraternita era aperta anche alle classi più umili e agli illetterati, che
costituivano i muntasibin (affiliati), da cui si esigeva l’obbedienza e l’osservanza dei rituali
religiosi. A partire dagli ambiti religioso, sociale ed economico, il rapporto tra la Senussia e
le popolazioni della Cirenaica assunse sempre di più una connotazione politica. Alla morte
del fondatore, nel 1859, la successione fu affidata al iìglio Muhammad al-Mahdi, che era
però troppo giovane per governare dato che aveva solo 15 anni: la tariqa fu allora diretta
da un gruppo di anziani. In seguito Muhammad al-Mahdi si distinse per una guida
illuminata della confraternita e per un’espansione della presenza delle zawiya senussite
verso le regioni dell’Africa centro-occidentale: dal Sudan al Senegal. Per meglio governare
i nuovi insediamenti, il gran senusso decise di spostare la propria residenza da Jagbub
all’oasi di Cufra, Nel frattempo, per quanto riguardava l’influenza politica in Cirénaica, si
era creato un equilibrio tra la zona costiera e la città di Benea si, poste sotto il controllo
turco, e la regione più interna sahariana, retta dalla Senussia con vere e proprie
prerogative di sovranità. Si era così Stabilito sulla Libia orientale un condominio turco-
senusso. Alla morte di Muhammad al-Mahdi, nel 1902, fu il nipote Ahmed Sharif al-
Senussi a ereditare il ruolo di capo della confraternita, ne 1 attesa che Muhammad Idris al-
Mahdi al-Senussi, discendente diretto del fondatore (figlio primogenito del primo figlio),
raggiungesse la maggiore età. Il periodo della guida di Ahmed Sharif fu uno dei più difficili
nella storia della Senussia, sia per le mire della Francia sull’Africa centro-occidentale , sia
per lo scoppio della guerra italo-turca (1911-12), che vide la confraternita in prima linea
nella resistenza anti-italiana a fianco delle truppe ottomane, sia per lo scoppio della prima
guerra mondiale, ( Nel 1916, dopo la rinuncia all’incarico da parte di Ahmed Sharif,
Muhammad Idris al-Mahdi al-Senussi fece valere i suoi diritti di discendenza e sostituì il
cugino alla guida della confraternita. Un anno dopo, a Bir ‘Akrama, presso Tobruk, questi
firmò una tregua con gli italiani e accettò di separare i destini della confraternita da quelli
dei turchi, che dovettero lasciare definitivamente il territorio libico. In cambio, il governo
italiano gli riconobbe il ruolo di emiro della Cirenaica, ma ufficialmente solo dall’ottobre
1920, dopo la promulgazione delia Legge fondamentale che regolava i rapporti tra l’Italia e
la sua colonia nordafricana.
3. Dall’Islam dei Senussi al nazionalismo islamico del Regno di Libia
Dopo l’emanazione della Legge fondamentale – che prevedeva la concessione da parte
dell’Italia di una certa autonomia politica ai territori della Tripolitania e della Cirenaica, la
tradizionale insofferenza delle popolazioni locali per la dominazione Straniera e le lotte
inter-tribali in Tripolitania resero presto ingovernabile la provincia occidentale del territorio
libico, mentre Idris al-Senussi manteneva il controllo della Cirenaica, grazie al suo
personale carisma e alla forza della sua tariqa. La repressione italiana in Tripolitania per
riprenderne il controllo, ad opera del nuovo governatore Giuseppe Volpi (1921-25),
indusse alcuni notabili di Tripoli a chiedere l’aiuto della potente Senussia, offrendo a Idris il
titolo di emiro della Tripolitania nel luglio del 1922, con la proposta di creare un emirato
unico per tutto il territorio libico in funzione anti-italiana. La politica fascista inasprì la
repressione in Tripolitania, e le truppe italiane al comando del colonnello Rodolfo Grraziani
piegarono in pochi anni la resistenza delle tribù guidate da Mohamed Fikini ar Rajban,
costretto a ripiegare nel territorio desertico del Fezzan. Mussolini, poi, non aveva gradito il
gesto di Idris che, accettando l’emirato di Tripoli, aveva mostrato la sua intenzione di
stabilire un’influenza anche sulla ribelle Tripolitania, e il T maggio del 1923 denunciò gli
accordi di Bir ‘Akrama, al-Rajma, Bu Maryam e Got al-Sass, che stabilivano i principi del
condominio italo-senusso in Cirenaica, inviando come nuovo governatore della regione
orientale della Libia il generale Luigi Bongiovanni. Nel contempo, Idris al-Senussi era
partito per l’Egitto, dopo aver lasciato in Libia come suo rappresentante politico il fratello
Muhammad al-Rida e dopo aver riconosciuto allo sheikh ‘limar al-Mukhtar, il ruolo di
coordinatore della resistenza della Senussia contro le forze armate italiane. Fino al 1928,
al-Mukhtar e i suoi circa 3000 uomini non dettero tregua agli italiani, approfittando della
perfetta conoscenza del territorio aspro del Jabal al Akhdar e lanciando attacchi a
sorpresa con tattiche di guerriglia”. Nel dicembre del 1928 il maresciallo Pietro Badogho fu
nominato da Mussolini governatore unico di Cirenaica e Tripolitania e questi dichiarò sin
dal primo momento che si impegnava a completare la «pacificazione» della colonia entro
cinque anni. A tal fine, dopo aver piega¬ to definitivamente la resistenza in Tripolitania, il
nuovo governatore nominò suo vice, con delega al vilayet della Cirenaica, il neo-generale
Graziani, con il compito di distruggere la resistenza e annientare la Senussia. Ma per
abbattere la resistenza, per l’alto ufficiale, era necessario distruggere il vincolo tra la
popolazione e le truppe di al-Mukhtari° mediante la chiusura delle zawiya, la confisca dei
beni della confraternita senussa, l’arresto dei suoi capi, la deportazione della totalità della
popolazione del jabal al Akhdar e della Marmarica, e la creazione di campi di
concentramento nella Cirenaica occidentale. Queste misure drastiche portarono alla
conquista di Cufra nel gennaio 1931 e alla cattura, in settembre, di ‘Umar al-Mukhtar, e
impiccato pubblicamente. Il 24 gennaio 1932 Badoglio annunciava trionfalmente la
«pacificazione» della Libia sotto la bandiera del colonialismo italiano. ‘Umar al-Mukhtar
rimarrà sempre nelle memorie del popolo libico come un eroe nazionale, immolatosi per la
libertà della sua gente, e la sua lotta ebbe sia un valore religioso di jihad (guerra santa) sia
un valore politico. Secondo Edward E. Evans-Pritchard, dall’esempio di ‘Umar in poi, una
guerra in nome della patria sarebbe stata anche una Otta per affermare la propria fede. Fu
l’eroe della resistenza anti-coloniale a dare il nome al primo movimento nazionalista che
auspicava la creazione in Libia di uno Stato indipendente, sorto al Cairo nel 1942 per
iniziativa dei libici esiliati in Egitto, la Jam’iyyat ‘Umar al-Mukhtar (Associazione ‘Umar al-
Mukhtar) che fu trasferita a Ben¬ gasi nell’aprile 1943, subito dopo la fine della
dominazione italiana in Libia e l’istituzione di un’amministrazione militare britannica.
L’associazione era aperta a tutti i cittadini libici, presentava una certa tendenza
panarabista, ispirata alle teorie del nazionalismo egiziano, e aveva l’obiettivo di formare
culturalmente le classi dirigenti di quello che avrebbe dovuto essere il futuro Stato libico.
Dopo un iniziale appoggio dato a Idris al-Senussi, che nel frattempo era tornato dall’Egitto
e aveva fondato il Fronte nazionale della Cirenaica, l’associazione prese le distanze dal
futuro sovrano, poiché si dimostrò critica rispetto all’avvicinamento eccessivo del leader
della Senussia ai britannici. La proclamazione dell’indipendenza della Libia sotto l’emiro
Idris, diventato re Idris I, il 24 dicembre 1951, segnò il declino della prima autentica
associazione nazionalista libica. La scoperta del petrolio in Libia nel 1959 cambiò
radicalmente la compagine socio-economica del giovane Regno di Libia, segnando uno
spartiacque tra gli anni li cinquanta e gli anni sessanta, contrassegnati da una maggiore
attenzione rivolta dalle potenze occidentali ai problemi interni del mondo arabo, primo fra
tutti quello dell’affermazione del nazionalismo arabo e in particolare del panarabismo
nasseriano: il timore degli analisti politici britannici e americani nei confronti della Libia era
che i movimenti nazionalisti filo-egiziani che cominciavano a sorgere nel paese
prendessero il sopravvento rovesciando la monarchia e mettendo in pericolo i consistenti
interessi economici anglo-americani. Nelle valutazioni anglo-americane il petrolio fu per la
Libia un’occasione per emanciparsi dalla dipendenza economica dall’Occidente ma, se da
un lato le rendite petrolifere aumentarono il benessere generale del paese, dall’altro
favorirono anche fenomeni di corruzione delle classi dirigenti, che alimentarono la
disaffezione popolare verso di esse. L’aumento della ricchezza nel paese portò anche a
una maggiore scolarizzazione dei libici e all’affermazione di un movimento nazionalista
libico autonomo, geloso anche della propria indipendenza da quello egiziano, con il quale
condivideva alcune posizioni ma dal quale voleva rimanere ben distinto. Il numero dei
militari britannici e americani si ridusse progressivamente, ma le installazioni militari di
Wheelus Field non furono mai rimosse, alimentando il risentimento della popolazione
contro gli occidentali, sempre meno tollerati. La risposta di re Idris al malcontento popolare
fu la nomina a primo ministro, nel 1967, di un giovane esponente del movimento
nazionalista libico, Abdullahmid al-Bakkush. Questi sembrava l’uomo giusto per mediare le
tendenze nazionalistiche, la continuità del regime monarchico, la presenza degli interessi
occidentali e il bisogno di avviare la Libia, grazie all’enorme ricchezza petrolifera di cui
essa disponeva, verso una fase di riforme che avrebbe trasformato l’assetto politico-
amministrativo dello Stato, rendendolo più moderno e più idoneo al contesto geopolitico
del Mediterraneo. L’eccesso di dina