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Trasformazione del lavoro domestico: dopo la guerra, nei paesi occidentali, la disponibilità di case si è accresciuta
notevolmente e la superficie media per abitante notevolmente accresciuta, se non raddoppiata. In Francia dopo la
guerra sono state costruite circa sette milioni di abitazioni, di cui più di cinque con l’aiuto dello stato tra il 45 e il 71.
Siano essi case indipendenti o appartamenti in immobili collettivi, queste nuove abitazioni erano costituite almeno
da 4 stanze, costruire secondo le norme moderne di comodità e collegate alla grande rete di distribuzione pubblica.
La casa e la sua manutenzione sono state modificate da vari fattori tra cui l’ampliarsi degli spazi disponibili, dalla
disponibilità di acqua, di reti fognarie, dal gas e dall’elettricità per il riscaldamento e per la cucina e dall’installazione
del riscaldamento centrale, che ha esteso il calore del focolare dalla cucina a tutta l’abitazione. L’acqua e l’elettricità
non hanno solo eliminato compiti casalinghi miseri e gravosi ma hanno anche permesso la parziale meccanizzazione
di molti lavoro casalinghi grazie agli utensili domestici. Tuttavia si è dovuto attendere gli anni 70 perché nella
maggior parte dei paesi occidentali più della metà dei nuclei avesse quegli equipaggiamento così detti di base. I
lavori casalinghi sono poi stati trasformati anche da un uso sempre più frequente di prodotti conservati, congelati e
surgelati o fibre tessili nuove o detersivi di materie moderne o la confezione industriale dei vestiti.
“liberazione” della casalinga: la donna non dovendo essere più sempre presente in casa inizia a produrre beni e
servizi extradomestici. Ma è anche stata richiesta la sua presenza fuori di casa, per avere uno stipendio doppio che
permettesse di mandare avanti la famiglia. L’aumento della produttività però non stava al passo con la presenza
femminile: mentre il welfare entrava nelle case e spingeva la donna ad uscirne, la logica industriale della prioritaria
assegnazione agli uomini del lavoro di forza salariato, e alle donne della casa, era invece per contro minata dalle
modificazioni che l’espansione del settore terziario e il ricorso all’automazione e all’informatica apportavano alle
caratteristiche di manodopera richieste dal mercato del lavoro postindustriale. Ormai i privilegiati sono i capitali
intellettuali, che devono acquisire le basi per lavorare prima di entrare nel mercato del lavoro, in primis nell’ambito
scolastico. Questo cambiamento nei criteri di formazione e di educazione della forza lavoro hanno portato ad una
diversa nuzialità: non era più importante il legame coniugale e la famiglia di destinazione. Il lavoro di riproduzione è
divenuto un affare pubblico quindi, a causa dei forti processi di collettivizzazione di questo periodo.
Collettivizzazione del lavoro di riproduzione: a metà anni 80 nella CEE la scolarizzazione a tempo pieno era quasi
generale, già dall’età dei tre anni. Gli altri stati europei, invece, si occupavano assai poco della socializzazione dei
bambini di età inferiore ai tre anni e della liberazione della forza lavoro delle loro madri: la gestione pubblica di
questi bambini interessava meno del 5% di loro. Altro fenomeno in diminuzione era la coabitazione con i genitori
anziani coi figli adulti che ha portato inoltre ad una diminuzione delle loro responsabilità grazie anche all’aumento
delle pensioni; al contempo l’allungamento della vita ha portato alla nascita necessaria di accudire molti di questi
nelle proprie abitazioni, tutto a carico dello stato, attraverso strutture sanitarie. Questa collettivizzazione parziale
dell’opera di socializzazione infantile (con gli asili), di assistenza e cura alle persone dipendenti che di solito spettava
alle donne e limitava fortemente la loro disponibilità lavorativa, ha consentito alle donne una presenza più
continuativa sul mercato del lavoro, aprendo anche nuovi mestieri e carriere. In Francia, per esempio, tra il 1962 e il
1982 il numero di impiegate è quadruplicato per le professioni relative insegnamento e sanità e si è moltiplicato per
più di 18 volte nei servizi di assistenza ai bambini. Questo settore legato alle cure e alla socializzazione della
popolazione oggi rappresentano ancora un forme aumento del lavoro femminile.
- “Sposate” al Welfare?
Molti hanno visto lo sviluppo del lavoro femminile e quello del settore della riproduzione come l’unione delle donne
al Welfare state. Le donne sono il welfare state sia come fonte dei servizi che come fruitrici degli aiuti sociali. Così
collettivizzazione e professionalizzazione crescente del lavoro di riproduzione hanno trasformato le donne dalla
dipendenza economica da padri e mariti a quella statale. Nel nuovo regime l’unione coniugale e la sua durata si
fondano ora e si legittimano sul sentimento amoroso e l’attrazione sessuale, e non più su famiglia e matrimonio
come luoghi di destinazione per la vita. I welfare states hanno quindi enormemente contribuito a rendere le donne
più libere dall’istituzione coniugale, familiare e figliare, dando loro libero accesso a nuove forme di libertà quali il
divorzio. Tuttavia nonostante queste forme di libertà grazie al welfare ancora ogni donna ha un grado di autonomia
differente rispetto all’istituzione coniugale e non ne pagano un prezzo uguale.
Impieghi di Welfare e autonomia nei confronti del legame coniugale: per accedere agli impieghi connessi alla
riproduzione sociale, le donne si sono muniti di diplomi, e questo ha permesso loro l’accesso anche a migliori salari e
a posto “quadro”, in particolare in questo settore assistenziale. L’essere impiegate in questo settore ha permesso
loro, rispetto ad altre impiegate nel settore commerciale o dei servizi privati, di coniugare al meglio vita familiare e
attività professionale, scegliendo spesso il tempo parziale per accordare il tempo del lavoro a quello dei figli. Esse
sembrano quindi incontrare meno difficoltà rispetto alle altre donne salariate nel conciliare maternità, lavoro
domestico e attività professionale. Inoltre queste donne possono anche con più tranquillità, vista la sicurezza del loro
impiego, richiedere un divorzio o di avere meno difficoltà nel sopportare le conseguenze materiali del decesso o
dell’abbandono del congiunto. Tuttavia questa collettivizzazione del settore di riproduzione al femminile non è stato
in tutti i paesi lo stesso: in Germania vigeva uno stato corporatista, socialdemocratico in Svezia, liberale negli USA.
Nel primo caso poche donne sono impiegate nel settore pubblico; nel secondo più di due terzi degli impieghi di
questo settore sono occupati da donne; nel terzo caso un impiego femminile su tre era di riproduzione, nonostante
la predominanza del terziario. Così le tedesche avevano oltre ad un’offerta più limitata di impieghi connessi alla
riproduzione sociale, anche minori possibilità di autonomia dal legame coniugale rispetto a svedesi e americane.
Tuttavia le americane, vista la predominanza del terziario privato, hanno avuto meno sicurezza di avere un lavoro e
quindi maggiori rischi nel caso di dissoluzione del legame coniugale. Le svedesi erano quindi le più fortunate.
Welfare e protezione di fronte alla dissoluzione del legame coniugale: un gruppo di paesi occidentali si caratterizza
per un alto rischio di povertà legato alla monoparentalità e un’assai debole protezione in rapporto a tale rischio.
Questo accade nei paesi con economia liberale come USA o Canada e in misura minore in UK. In questi paesi il rischio
di indigenza legata ala monoparentalità è aumentato sempre più nel corso del decennio 1980. In altri paesi
occidentali come Germania Federale e Francia, dove anche qui la percentuale di monoparentalità è molto elevata, la
situazione è differente: in Germania la protezione sociale si applica soltanto alle madri sole di età superiore ai
trent’anni, esponendo così le giovani a gravi rischi di povertà, nonostante le redistribuzioni sociali. Quindi negli stati
statalcorporatisti, nonostante l’azione distributrice, la percentuale di povertà per nuclei monoparentali aumenta da
due a 4 volte rispetto agli altri nuclei. Negli stati dove vige una ridistribuzione socialdemocratica al contrario si
assicurano che tutti i cittadini, compresi i genitori soli, siano protetti dal rischio di povertà, soprattutto se legata alla
monoparentalità e questo è il caso di paesi come Svezia o Paesi Bassi, dove la protezione assicurata è tale da ridurre
di un terzo la percentuale di nuclei monoparentali poveri.
15) Un’emancipazione sotto tutela. Educazione e lavoro delle donne nel 20 secolo
Il 20 secolo si definisce come il secolo in cui si sono legittimati i principi di divisione sessuale nel mondo sociale,
perpetuando o reinventando sottili forme di segregazione nel sistema di formazione e nel mondo del lavoro. Eppure
questo secolo non ha smesso un attimo di proclamare l’uguaglianza dei sessi, di imprimerla nelle leggi. Il 20 secolo
ha però scritto la storia dell’ingresso imponente delle donne nell’istruzione e nel lavoro indipendente, ma mischiato
alla disuguaglianza delle possibilità scolastiche e alla differenziazione delle professioni.
- Lavoro o famiglia, quale patria per le donne? 1918-1945
La prima guerra mondiale ha sicuramente favorito le donne: gli uomini partiti per il fronte liberano degli spazi di cui
esse ne prendono il controllo. È in questo contesto, nei paesi industrializzati, a partire dal 1917, che istruzione e
lavoro femminile progrediscono, anche se di ritorno dalla guerra gli uomini cercheranno a tutti i costi di far tornare le
donne ai loro posti “originari”.
Dallo spirito alla lettera: le ricostruzioni nazionali passano anche per attività di ripopolamento delle nazioni. Fore del
sostegno della Chiesa si da strada una politica familista che attacca le donne che lavorano, in particolare quelle
sposate, accusate di denatalità, mortalità infantile, disgregazione del focolare domestico, degenerazione dei costumi
e maleducazione dei figli. Per convincere le donne a tornare alle origini si combatté su due fronti: uno radicale con
l’interdizione dal lavoro pura e semplice; l’altro repressivo, in cui si rivalutava il lavoro casalingo. Ma come conciliare
ideali cattolici con la logica economica? I padroni cattolici sono obbligati a rifiutare di occupare madri di famiglia, ma
ancor più strategico fu il fatto che le donne si incaricarono autonomamente della loro eliminazione dal mondo del
lavoro, propagandando un ritorno entusiastico e carico di valore al focolare domestico, accompagnata dalla figura
taylorizzata della casalinga nazionale, della madre educatrice. Per fare ciò, oltre la propaganda, si aprirono m