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Rispettando i tempi di apprendimento di ogni bambino, non dimenticando la sua spontaneità, è importante
sviluppare un bagaglio motorio più ricco ed articolato possibile, e favorire la “fantasia” motoria, superando
movimenti stereotipati e ripetitivi, valorizzando la sua spontaneità. È fondamentale stabilire una buona
relazione educativa tra insegnante e alunno: l’insegnante non deve soffocare creatività e espressività
motoria, proponendo movimenti abitudinari e senza stimoli, così che il movimento venga vissuto dal
bambino come un peso più che come una fonte di piacere ricca di possibilità espressive.
La correttezza motoria e la spontaneità devono essere in equilibrio: l’uso di strumenti didattici, codificati e
non, è importante in quanto gli oggetti, lasciati alla libera creatività dell’alunno, vengono plasmati e
trasformati in maniera personale e creativa, e divengono uno strumento di interazione con gli altri.
Capitolo 3
A scuola con il bambino diversamente abile
Premessa
Quando si parla di “diversamente abili” si fa riferimento a quei alunni che, a causa del deficit, hanno abilità
diverse da quelle dei loro compagni. Tuttavia anche questa definizione è già stata superata, perché sono
diversamente abili tutti gli alunni: non solo gli alunni in condizione di handicap o di svantaggio
socioculturale, ma tutti gli studenti sono diversi l’uno dall’altro, per abilità di cui gli stessi sono portatori.
La scuola è, dopo la famiglia, il secondo ambiente sociale in cui il bambino si integra dando il via al suo
cammino all’interno della cultura e della società: il compito della scuola, accanto alla famiglia, è quello di
fornire le impalcature per la costruzione di una società civile e cooperativa, in cui la diversità sia sinonimo di
tolleranza, pace, rispetto, accettazione di se e dell’altro, e quello di attuare un processo culturale di
integrazione. Integrazione non è sinonimo di inserimento: inserire significa mettere assieme due realtà,
mentre integrare significa farle interagire ottenendo vantaggi per entrambe. La diversità, nella cultura
attuale, è vista come ostacolo, con paura e diffidenza; occorre invece privilegiare la diversità come punto di
forza e prerogativa del genere umano, tutto finalizzato alla scoperta dell’unicità che ci caratterizza.
L’obiettivo finale sarà quello di percepire e vivere l’incontro con il diverso come momento di confronto,
scambio, convivenza, fonte di ricchezza per una migliore società civile.
Integrazione scolastica
Per integrazione si intende un processo in cui due o più elementi si compenetrano o si compensano
reciprocamente: si rendono quindi integri, interi e completi. Applicato alle relazioni umane, questo
processo presuppone che l’essere umano non completo in sé, non è sufficiente, come un sistema chiuso,
ma si realizza nel rapporto con gli altri; quando si parla di integrazione quindi non si può riferirsi
esclusivamente ai soggetti in situazione di handicap, ma si tratta di un processo che coinvolge l’intera
comunità. All’interno del contesto scolastico, l’integrazione può essere definita come la promozione della
capacità di vivere attivamente – cioè in maniera costruttiva, collaborativa e produttiva – l’ambiente
scolastico; mentre l’inserimento implica il semplice ammettere l’alunno all’interno della classe senza alcun
intervento adattivo nei processi e nelle dinamiche relazionali, l’integrazione implica invece un processo
attivo che coinvolge tutti i componenti del gruppo classe.
L’integrazione scolastica in trent’anni di legislazione
L’integrazione degli alunni in situazione di handicap è un processo che caratterizza la scuola italiana da
quasi trent’anni: questa esperienza iniziò nei primi anni ’70, come conseguenza della grande contestazione
rivolta agli istituti e alla strutture emarginanti dove, fino a quel momento, venivano assistiti ed educati gli
handicappati. Queste prime esperienze avvennero in modo disorganico e senza una progettazione
specifica: l’attenzione era posta sulla possibilità per il bambino con deficit di stare con gli altri e seguire ogni
attività della scuola, a prescindere dal raggiungimento degli obiettivi formativi e di apprendimento. Negli
anni successivi ci fu una evoluzione culturale e ideologica, supportata da un parallelo progresso legislativo:
venne superato il concetto di uguaglianza, secondo il quale il bambino handicappato doveva essere il più
simile possibile agli altri, per introdurre quello di diversità come risorsa individuale, per cui ogni alunno è
diverso dagli altri per esperienze, identità personale, stili di apprendimento, capacità cognitive e
comunicative. Il termine integrazione ha sostituito quello di inserimento, segnando il passaggio dalla
situazione in cui il bambino disabile, seppur inserito, veniva isolato ed evitato, a quella in cui ci si impegna
attivamente perché egli sia pienamente integrato nel gruppo dei suoi coetanei.
Gli anni ’70 e l’integrazione scolastica
Lo slancio iniziale per l’inserimento di alunni con handicap nelle scuole comuni è dato dalla Legge 118 del
1971, che riconosce il diritto degli alunni con handicap all’educazione in classi normali, escludendo però i
casi più gravi di deficit intellettivi o menomazioni fisiche. Un punto di partenza per comprendere e applicare
l’integrazione scolastica fu il Documento Falcucci del 1975, accompagnato dalla CM 227/1975, le cui
affermazioni e soluzioni proposte contribuirono ad un ulteriore progresso nell’ambito dell’integrazione
scolastica di alunni con deficit. La Legge 51 del 1977 è stata una delle leggi fondamentali per l’integrazione
scolastica dei disabili: sanciva il principio della programmazione educativa anche mediante attività
scolastiche integrative organizzate per gruppi di alunni, al fine di realizzare interventi individualizzati in
relazione alle esigenze dei singoli alunni, tramite il supporto di insegnanti specializzati a favore degli alunni
portatori di handicap.
Gli anni ’80 e l’integrazione scolastica
Nel corso degli anni ’80 si consolida la tutela legislativa a favore degli alunni disabili nella scuola dell’obbligo
e si amplia con norme per favorire l’integrazione nella scuola materna e nella scuola superiore. La Legge
270 del 1982 estende alla scuola materna l’istituzione dei posti di sostegno. La CM 258/83 sottolinea la
necessità di collaborazione tra i servizi socio-sanitari e amministrazioni scolastiche, ribadendo la esigenza di
interventi coordinati da parte della scuola e degli enti locali: questi ultimi sono invitati a farsi promotori di
accordi perché venga riconosciuto, oltre al diritto allo studio, il diritto all’integrazione. Con la CM 250/1985
si predispongono le disposizioni normative sull’azione di sostegno in favore degli alunni portatori di
handicap. La sentenza della Corte Costituzionale n. 215 del 1987 ha spalancato le porte della scuola media
superiore a tutti i disabili: è stata definita come “Magna Charta” dell’integrazione scolastica, e ha dato
luogo all’emanazione della CM 262/1988 che rendeva possibile l’iscrizione e la frequenza della scuola
secondaria di secondo grado a tutti gli allievi in situazione di handicap, sia fisico che psichico, senza
limitazione per quanto concerne la gravità.
Gli anni ’90 e l’integrazione scolastica
La Legge quadro 104 del 1992 per l’assistenza, l’integrazione e diritti delle persone handicappate, raccoglie
varie disposizioni precedenti e riempie vuoti legislativi in merito a sostegno alle famiglie, scuola, lavoro,
salute, tempo libero, integrazione sociale: la famiglia assume un ruolo più attivo nella formulazione del
Profilo Dinamico Funzionale (PDF) e del Piano Educativo Individualizzato (PEI), si prevede un’ampia
collaborazione tra i servizi culturali, ricreativi, sportivi, nonché sanitari e scolastici del territorio. La
valutazione dell’allievo disabile è l’indicatore più importante e delicato di tutta l’integrazione, in quanto
oscilla sempre tra due posizioni opposte: da una parte un’eccessiva severità e dall’altra un inefficace
buonismo; con la Legge 104 si valuta il progresso dell’allievo in rapporto con le sue potenzialità. Sul finire
degli anni ’90 tutto il sistema scolastico ha iniziato ad attraversare un grande processo di trasformazione,
uno per tutti il processo di autonomia scolastica che ha avuto inizio con l’art. 21 della Legge 59 del 1997,
seguito dal DPR 275/1999, tramite i quali le scuole acquisiscono autonomia giuridica, finanziaria,
amministrativa, didattica, di ricerca e di sperimentazione. Si sottolinea la necessità di una scuola che veda
nell’individualizzazione il fulcro su cui far ruotare il generale andamento educativo e didattico:
nell’esercizio dell’autonomia didattica le istituzioni scolastiche regolano i tempi di insegnamento e di
svolgimento delle singole discipline nel modo più adeguato al tipo di studi e ai ritmi di apprendimento degli
alunni, adottando tutte le forme di flessibilità che ritengono opportune.
Il nuovo millennio: una scuola per tutti e per ciascuno
Nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea del 2000, all’art. 26 (Inserimento dei disabili),
l’Unione riconosce e rispetta il diritto dei disabili di beneficiare di misure intese a garantire l’autonomia,
l’inserimento sociale e professionale e la partecipazione alla vita della comunità. Infine la Legge Delega n.
53/03 e il Decreto L.vo n. 59/04 (meglio noti con il nome di Riforma Moratti) regolano il nuovo sistema
scolastico, lanciando nel panorama legislativo la parola personalizzazione: le scuole sono chiamate a
predisporre “Piani di Studio Personalizzati”, ovvero capaci di rispondere all’esigenza di percorsi di
apprendimento e di crescita degli allievi che rispettino le differenze individuali in rapporto a interessi,
capacità, ritmi e stili cognitivi, attitudini, carattere, inclinazioni, esperienze di vita e di apprendimento: si
tratta quindi, di accomodare la pratica didattica alle peculiari esigenze di ciascun allievo.
L’INTEGRAZIONE è il traguardo di un percorso fatto di tre “I”: Inserimento, Inclusione, Integrazione.
Una speciale normalità
La definizione “speciale normalità”, come idea e pratica pedagogica-didattica rispondente ai bisogni di ogni
bambino, nasce finalizzata all’integrazione scolastica: con essa si intende l’intervento educativo della
scuola, fatto di aspettative, obiettivi, prassi, per tutti gli alunni nelle at