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Osuna, e il soggiorno si rifletterà in opere di ispirazione storica e stoica. Nel frattempo si dedica a
una serie di vicende politiche, dall’incontro con il re e con il papa a una cospirazione contro
Venezia, sino ad arrivare al 1619, anno in cui lascia la penisola. Dopo l’incoronazione di Filippo IV
viene allontanato da Madrid solo la nomina di primo ministro al duca di Olivares, e costretto a
vivere in alla Torre di Juan Abad viene colpito da una grave malattia; tenta poi di recuperare il
favore del duca inviandogli la Polìtica de Dios, un denso trattato politico-morale. Dal 1623 lo
ritroviamo a corte e dal 1626 inizia una serie di pubblicazioni fra cui la Polìtica stessa e il Buscòn,
più una serie di opere burlesche. Da un lato opere di impegno, dall’altro operette satiriche. Nel
1632 ottiene il titolo onorifico di segretario del re, ma i segni della crisi esistenziale si fanno più
evidenti e si riflettono nelle sue opere, dense di secentismo e senso di vanità della vita. Le
seguenti vicende personali non sono più felici, da un infelice matrimonio di convenienza sino
all’arresto nel 1639 per sopporto spionaggio a favore dei francesi. Per i primi due anni di prigionia
Quevedo non può scrivere, solo per i restanti due porte dedicarsi di nuovo alla composizione
letteraria. Dal 1643 si avvia il percorso fatto di malattia che lo porterà alla morte nel ’45: le ultime
lettere riflettono tutta la consapevolezza per la fugacità della vita e l’inutilità della politica.
Alla morte dell’autore, gran parte della sua produzione era inedita: sarà il nipote a pubblicare
tutte quelle poesie che Quevedo aveva riunito prima della propria morte, più di ottocento
componimenti. Resta il problema della datazione: una corretta sequenza cronologica
permetterebbe un ordinamento in rapporto alle preferenze di generi dell’autore nei diversi momenti
della sua vita, ma in assenza di date sicure, si è soliti raggruppare per generi (poesie amorose,
metafisiche, morali, ecc.)
La poesia amorosa
L’abbondante poesia amorosa di Quevedo si inscrive nel Ciò che mi toglie in fuoco mi dà in neve
petrarchismo, in particolare per l’utilizzo della tinta del la mano con cui gli occhi mi sottrai;
ma non cessa la morte che mi dai,
“desengaño” e del contrasto. Un buon esempio è il né meno fiamme la bianchezza smuove.
sonetto A Aminta, que se cubriò los ojos con la mano. La vista freschi quegli incendi beve
La contraddizione di base è evidente: la mano bianca che poi spande, vulcano, per le vene.
come la neve e le fiamme d’amore trasmesse dagli occhi. Tratta con diffidenza quella neve
Anche la mano diventa temibile, poiché origina fuochi il petto amante, che la sa malfida.
Se il tirannico ardore dei tuoi occhi
d’amore, creando un collegamento con gli occhi del tu con la mano celi per placarlo,
poeta. E’ un’opera di misericordia temperare l’ardore dimostri gran pietà del cuore umano:
degli occhi coprendoli con la mano, che viene messa ma non di te, che può, nell’occultarlo,
rischio, a meno che il candore della neve non riesca a essendo neve, scioglier la tua mano,
gelare il fuoco dello sguardo. La costruzione si basa su se non è questa che vorrà gelarlo.
una serie di opposizioni su versi contigui (fuego-
nieve, frescos-incendios, ecc.) la cui chiave è il binomio
ojos-manos, che si incontra all’inizio delle quartine e delle terzine. La sensazione di simmetria è
accentuata dalla dislocazione grammaticale che prevede il sostantivo o il pronome in inizio di
verso, con il verbo in chiusura. La sequenza di opposizioni è inserita in una serie di figure di
ripetizione come l’anafora e il chiasmo. Quevedo dialoga con particolari anatomici: occhi, mano,
bocca, che portano alla dissoluzione dell’interlocutore. Si può leggere in questi componimenti una
sorte di fuga da una figura di donna disturbante: la donna brutta, in sfacelo, alla ricerca di denaro,
in un vampirismo da cui l’uomo cerca di difendersi.
La questione dei problemi psicologici dell’autore si rivela utile nella decifrazione della sua opera,
soprattutto per il problema della classificazione di una produzione così vasta e variegata, che fa sì
che parte della poesia amatoria possa essere inserita agevolmente in quella burlesca, a causa di
un atteggiamento impietoso verso la deformità. La beltà, per concludere i suoi lumi
E’ il caso del sonetto A una dama orba e molto bella. Il solo in un occhio della vostra faccia,
piano concettuale è basato sul contrasto luce-oscurità, e al esempio insigne e di bellezza rara
paragone col sole viene affidato il compito di riassumere e ebbe nel sol, che a un fuoco si riduce.
concentrare in sè tutta la bellezza, come l’unico occhio Imitate perciò l’architettura
della dama. Anche il secondo paragone è peculiare: la della volta del cielo, bella e chiara,
che molti occhi, ma di luce avara,
stella dell’occhio rimanente si può manifestare solo solo la notti li esibisce oscura.
nell’oscurità dell’altro sole (l’occhio mancante). Questi Se un occhio che in voi è giorno,
sopra elencati sono paragoni topici, abusati in poesia, a chi lo guarda dà morte e prigione,
che l’autore riesce, però, a risemantizzare e rinnovare. all’altro mancherebbero domini.
Nonostante tali argomentazioni, a prevalere è il senso di Per i suoi raggi non bastano i cuori,
vittorie per il suo valore ardente,
difetto e di mancanza, che si denota fra le altre cose con la e nazioni al trionfo dei suoi lumi.
ripetizione del verbo faltar.
Scrittura di evasione
Laddove la deformità e il feticismo operano con tutta la loro carica, il linguaggio assume
caratteristiche di rottura e eversione, apparendo lacerato come il corpo che descrive. Mentre
quando il corpo viene reso inoffensivo, il linguaggio si placa nell’accettazione di processi e
immagini topici. Il poeta è ossessionato dalla possibilità di neutralizzazione della donna, della
sua riduzione ad oggetto, ed ecco come nella sua lirica si incontrino schiere di prostitute e mogli
compiacenti; alcuni tic appaiono rivelatori, come l’uso di metafore mercantilistiche.
Oppure ancora il corpo che diventa cibo in
O carnesecca, corpo di telaccia, decomposizione, come nel sonetto 549: l’aggressione
quando dirai alla tua voglia “basta”, adotta come arma il discorso diretto e l’interrogazione
se quando il Parce mihi ti dà scacco retorica, e grazie ad una serie di sostantivi e apposizioni il
cominci a darti un mucchio di daffare?
Tu unisci sulla fronte e nella zucca movimento aggressivo risulta esaltato. L’allusione alla
crocchia e sudario sul senno demente, morte è chiara e sottolineata con la ripetizione di avverbi
se, diventata stramberia vivente, temporali. L’uso di definizioni repellenti e agghiaccianti
ti ungi il teschio in salsa di belletto. culmina in una situazione di odore nauseabondo, e il corpo
Vecchia rognosa, vai al tuo funerale, odiato non diventa altro che una buccia, un oggetto dietro
non rivestire il verme di confetto, al quale ci si può nascondere.
giacchè sei ormai stecca di mortaretto.
E poiché odori di carbone e zolfo,
il putrido ti serve da profumo,
gioca con la pellaccia a nascondino. Perché ci dai ad intender che sei bimba?
Analogo è il sonetto 569, ricco di interrogazioni retoriche e E vorresti morire di vaiolo?
violente su una “vecchia tornata ad essere bimba”. In Certo l’assenza di denti e molari
entrambi si incontra questa apostrofe diretta con l’uso del ti fa in vecchiaia boccuccia da “babbino”
“tu”, che va incontro alla dissoluzione fisica finale. Un E andando con l’età ti incaponisci,
che stan per nascer, mimmina, ci dici;
percorso ascendente conduce all’uso di sostantivi gorgheggi con bisavole gengive
sempre più sgradevole, che svela però l’ossessione per e chiami pannicelli la sottana.
macabra per l’oralità e per la bocca sdentata. Nell’ultima La bocca che fu taglio, ed ora imbuto,
terzina si assiste invece a una formulazione moralistica, dissimula degli anni il rancidume,
più pacificata anche a livello di discorso. e ci vende per bave i suoi liquami.
Bamboccia (vedi come ci convinci),
che tu abbia pochi anni te lo credo,
se son quelli da vivere i pochi anni.
Nel sonetto 551 si assiste a un processo che spacca Viso di bianca neve, corvo in sfondo,
verticalmente le quartine, opponendo alla successione tizzone, che presume d’esser ciglia,
la pelle sta per essere pellaccia,
di ciò che appare, ciò che è. Il tema della dissoluzione l’argento, che diventa ormai argentone.
ingannevole operata dall’ipocrisia è costante, assieme al Un parlare da serva e strofinaccio,
motivo del corpo-cibo e all’uso della metafora mercantile. l’ornamento imitato alla cornacchia,
La soddisfazione perversa che Quevedo trae da questa salsa e rossetto, l’incarnato pare
demolizione si traduce in divertimento letterario un fiore inamidato di sputacchio.
manifestato con rime, allitterazioni, onomatopee. Si assiste L’oro si fa lattone nelle ciocche,
l’occhio merita solo un abbaione,
anche ad un inversione alto-basso: la bocca si fa né altri lo può baciar che uno stregone.
deretano, così come l’occhio ricorda un altro buco, quello Dei dentacci mangiati e mostruosi,
baciato durante il rituale stregonesco dell’osculatio ani. Il bocca con diarree e con catarro:
disagio nei confronti del corpo deformato e consumato rosa lo è stata, ma ora è un roveto.
oralmente ha una nuova manifestazione: si teme che ciò
che appare non si identifichi con ciò che è.
Fuga dal tempo e da corpo
La vita inizia tra lacrime e cacca,
e poi viene la nanna, il bau, la pappa, Altra ossessione è la fuga del tempo, che si trasforma
di seguito vaiolo, e moccio e bava,
e poi arriva la trottola e la battola. rapidamente in angoscia esistenziale. Un esempio
E crescendo, l’amica e l’imbroglietto: specifico è il sonetto 535. La struttura è semplice: un
là va a parare quella voglia matta; verbo è seguito da uno o più sostantivi, e questi ultimi
quando si fa più grande, tutto è poco, hanno il predominio assoluto nella composizione, tanto
ora lo scopo è fare la canaglia. che gli articoli sono generalmente assenti, a imitare un
Poi si fa uomo e tutto si stravolge, linguaggio infantile ancora povero e disarticolato. La
da scapolo va dietro a ogni gonnella,
da sposato diventa uno zimbello. descrizione della gioventù nella seconda quartina
Vecchio si imbianca, raggrinzisce e secca, provoca un