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POTERE PLEBISCITARIO:
GLI ORGANI DELLA PROPAGANDA – la massima priorità attribuita all’opinione pubblica si
manifestò in occasione delle elezioni del marzo 1933 quando il ministero per la propaganda e
l’educazione popolare venne affidato a Goebbels che concentrò la sua attenzione sulla propaganda.
Il terrorismo o il tacito assenso di coloro i quali non avevano accettato la presa di potere del partito
non potevano bastare, ma occorreva lavorare sulla gente fino a quando non si sarebbe convinta; era
necessario mettere in atto una mobilitazione dello spirito tedesco con riferimento significativo alla
prima guerra mondiale in cui la sconfitta della Germania era stata determinata dalla scarsa
mobilitazione. Il messaggio non doveva assumere i contorni filosofici, doveva invece essere
elementare, vaga e aperta a varie interpretazioni tanto che molte divisioni all’interno della società
tedesca furono dissimulate ma mai pienamente superate. Lo sciovinismo trovò difficoltà davanti alle
vecchie generazioni operaie, abituate ad operare secondo coscienza di classe sotto i dettami della
democrazia sociale, subordinando l’idealismo politico all’interesse privato; la propaganda fece leva
soprattutto su coloro i quali approvavano l’idea di una leadership autoritaria vedendo crescere il culto
del Fuhrer come colonna portante del nuovo stato. Proprio il culto del Fuhrer divenne parte
fondamentale nella propaganda promossa da Goebbels, il quale riteneva fondamentale la fede
assoluta verso il capo da parte della popolazione basata sulla certezza e sulla fiducia cieca che il
Fuhrer avrebbe sempre agito a loro favore; i tedeschi dediti a tale culto non furono molti date le
brutalità, le ingiustizie e le persecuzioni mosse dal partito mentre i seguaci attribuirono tali fattori ad
altri o al caso. Dal 1933 in poi venne imposto agli impiegati pubblici di esprimere con un gesto visibile
la loro lealtà pronunciando come forma di saluto lo “Heil Hitler!” ; tale esempio venne seguito dagli
insegnanti prima dell’inizio delle lezioni, mentre gente di spettacolo e artisti si affrettarono a rientrare
nelle grazie del Fuhrer e la Gioventù hitleriana segnò un forte impulso al fanatismo, tanto da
diventare organizzazione giovanile di stato. Dunque risultò praticamente impossibile sottrarsi alla
propaganda nazionalsocialista: per migliaia di seguaci del nazismo il lavoro prestato nel partito
divenne garanzia di lavoro, di status e di benefici materiali.
CONSENSO PEBLISCITARIO E DINAMISMO DEL REGIME – negli anni successivi al 1933 venne
messa a punto quella struttura organizzativa che servì a trasformare l’adesione di fondo al Terzo
Reich in consenso plebiscitario, anche se tale consenso non divenne mai totale con la macchina
propagandistica che fornì i contenuti da diffondere alla popolazione. Non era possibile presentare
un’argomentazione che fosse contraria all’ideologia hitleriana, meglio porre enfasi sulla sua
importanza ai fini della realizzazione degli obiettivi del Fuhrer con una selezione spontanea degli
obiettivi più vicini ai desideri di Hitler. Sul fronte interno avvenne, insomma, un processo di
radicalizzazione delle diverse componenti ideologiche confluenti nella politica razziale; il collante
psicologico che tenne unita la comunità popolare comprese non soltanto, in positivo, l’auspicio del
ripristino delle grandezza tedesca, ma anche, in negativo, il concreto tentativo di eliminare le forze
estranee alla comunità che apparivano sempre più potenti. Così iniziò a delinearsi la figura dell’ebreo
come antitesi delle virtù tedesche e l’antisemitismo offrì la possibilità di agire ad ampio raggio
conciliando principi ideologici e motivazioni sociali di tipo materiale che furono sufficienti a spingere la
pubblica amministrazione a prendere nuovi provvedimenti e ad incoraggiare la polizia a sviluppare
strategie esecutive. A partire dal 1933 iniziarono a cadere le remore che fino ad allora avevano
fissato i limiti del consentito per i comportamenti nei confronti dei gruppi marginali sgraditi o sospetti;
esperti in campi diversi poterono approfittare della situazione e giustificare le loro azioni disumane
facendo ricorso al volere del Fuhrer. Medici e psichiatri istituirono i Tribunali di eugenetica in seguito
al programma avviato nel 1939 per l’eliminazione delle “vite inutili”.
Il consenso plebiscitario contribuì alla radicalizzazione della dinamica del Terzo Reich e
all’autonomizzazione del potere di Hitler, uniti ai successi trionfali della politica estera
nazionalsocialista tra il 1935 e il 1939; Hitler giustificò l’uscita della Germania dalla Società delle
Nazioni nell’ottobre del 1933 in considerazione alla risonanza che tale passo avrebbe avuto nel
Paese legando a sé la popolazione ancora di più. Il ritiro dalla Società delle Nazioni, la rioccupazione
della Renania del 1936 e la legge di annessione all’Austria nel 1938 furono gli eventi che
precedettero gli altri tre plebisciti e che riscossero enorme popolarità. I fatti renani del 7 marzo 1936
offrono l’esempio di come una mossa brillante in politica estera possa sviare l’attenzione dalle reali
difficoltà interne del Regime e ad aiutarlo a riprendere slancio dentro e fuori la Germania. Il plebiscito
del 29 marzo riuscì a riaccendere l’entusiasmo dei militanti della NSDAP con un esito del 99% dei
voti a favore del sì; Hitler fu costretto a cercare un successo dopo l’altro per mantenere viva la fiducia
delle masse e per produrre la necessaria mobilitazione psicologica, in caso contrario il Regime si
sarebbe insterilito generando disordini.
V – L’ESPANSIONE DEL POTERE
Il partito nazionalsocialista fino a tutto il 1937 occupò poche delle principali cariche di governo del
Reich; in politica estera la linea d’azione del regime sarebbe andata al di là del revisionismo e della
liquidazione dei Trattati di Versailles e di Locarno. Hitler dovette usare cautela nei suoi rapporti con le
elites tradizionali, mantenendo entro certi limiti le richieste e le spinte dinamiche più estremiste
provenienti dal suo movimento; il movimento nazionalsocialista, l’amministrazione statale, le forze
armate, il mondo degli affari, la polizia ebbero sfere d’interesse diversificate ma interdipendenti, che
trovarono come punto d’incontro l’autorità del Fuhrer. A sua volta, il ruolo del Fuhrer dipese dal suo
essere fulcro.
Tra il 1934 e il 1937, sotto l’apparente normalizzazione del governo nazionalsocialista, il processo di
espansione del potere di Hitler progredì e insieme ad esso anche il radicalismo.
LA FINE DEL GOVERNO COLLEGIALE – il governo del Terzo Reich cercò di adeguare le strutture
burocratiche alla volontà di un leader la cui autorità derivava dalle sue pretese”carismatiche” e non
da una legittimazione formale: il risultato fu una progressiva prevaricazione del potere del Fuhrer.
All’inizio Hitler fu messo a capo del Gabinetto ricoprendo i ruoli del cancelliere pur non avendo
esperienza governativa e un’avversione verso la routine burocratica; il consenso di massa accolse la
crescita del cancellierato hitleriano, offrendo da subito al dittatore un largo margine di vantaggio.
Conscio della sua posizione minoritaria all’interno dell’esecutivo, durante i primi tempi Hitler non creò
contrasti con gli altri membri della coalizione; l’atteggiamento cambiò dopo la legge per la
concessione dei pieni poteri che gli conferì la facoltà di legiferare dopo essersi accordato con gli altri
membri del governo. Con la crescita del Regime si acuì anche l’insofferenza di Hitler nei confronti
delle riunioni del Gabinetto che infatti diminuirono, dirigendosi verso una procedura in cui la fase di
discussione delle leggi con i ministri doveva saltare: fino ad allora Hitler poteva promuovere o
respingere una legge, ma restava estraneo al processo di elaborazione. Il governo centrale si fratturò
in sezioni minori che si ritrovarono a legiferare quasi autonomamente aventi come punto in contatto
con Hitler la figura di Lammers, il cui ruolo risiedeva nella scelta d’esposizione delle leggi proposte,
influendo notevolmente sulle decisioni del Fuhrer. La distanza presa da Hitler nei confronti della
routine di governo fu una mossa strategica necessaria per evitare di farsi coinvolgere nelle lotte fra le
diverse fazioni del partito; durante la presidenza di Hindenburg, Hitler mantenne orari e procedure
lavorative piuttosto convenzionali, ma dopo il plebiscito del 1934 la sua prassi divenne sempre più
antiburocratica che autorizzò il disordine di tutto il sistema di governo. L’indefinitezza dei compiti di
rielaborazione e rieducazione della società tedesca incentivò gli scontri su come le direttive
dovessero tradursi in atti politici, soprattutto tra gli affari interni e nel vasto ambito delle “politiche
sociali”il processo decisionale si scontrò spesso con le volontà del Fuhrer espresse in modo
ambiguo. Nelle questioni di politica estera Hitler intervenne più frequentemente e direttamente,
mentre per le ragioni razziali si mantenne al di sopra delle parti secondo una strategia di prestigio;
nella politica antisemita favorì a rendere confuso il piano decisionale. Con il suo modo di governare,
Hitler incentivò la libera competizione sfociata in opportunismo: l’indebolimento del corpo collegiale
ebbe come conseguenza il fatto che, al posto di un corpo centrale responsabile di decidere un
insieme di politiche coerenti, subentrò la nascita di istituzioni in conflitto reciproco (paragone con il
sistema tardo-feudale). Anche il Partito rivendicò il ruolo di agire nei diversi ambiti politici: dato che i
rapporti provinciali e centrali tra NSDAP e stato non erano affatto definiti, Frick propose di creare una
struttura governativa di tipo autoritario unificata e sistematica ma fu bloccato da Hitler (la NSDAP
agiva come organo populista sull’attività legislativa!). Sorsero nuove istituzioni a metà strada tra il
partito e l’istituzione statale; lo stato fu concepito da Hitler come un mezzo per raggiungere un fine,
da scavalcare quando il fine poteva essere raggiunto più velocemente in altri modi.
LA POLITICA HITLERIANA TRA GIOCO D’AZZARDO E OPPORTUNISMO – l’espansione del potere
hitleriano fu il riflesso della debolezza dell’ordine nazionale e internazionale degli anni trenta con la
crisi delle istituzioni di Weimar in primo piano; non è da sottovalutare nemmeno il carisma da
giocatore d’azzardo di Hitler, la capacità di cogliere il momento giusto sfruttando le debolezze altrui
evidenziatasi in politica estera dopo il 1933. In questo campo Hitler non aveva un programma
prestabilito, la regola princ