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VI CAPITOLO: POTERE ASSOLUTO

-Negli anni tra il 1938 e il 1943 il potere di Hitler divenne assoluto:

1. La guerra fu il passo decisivo verso la realizzazione della sua idea, e fornì il contesto in cui

radicalizzare le sue ideologie razziali

2. Si andò accelerando ulteriormente il processo di esautoramento delle normali strutture di

governo e amministrazione a vantaggio della “volontà del Fuhrer”.

-La disintegrazione dello stato

La burocrazia, la cui forza risiedeva nel rispetto di concetti astratti di legalità e costituzione, era

incompatibile con il principio di potere personale che era alla base dell’autorità carismatica del

Fuhrer; di conseguenza, nel 1938 ci fu di fatto l’ultima riunione del Gabinetto hitleriano, e con lo

scoppio della guerra l’apparato governativo centrale si frantumò.

1. Unica persona incaricata di mediare tra Hitler e gli altri organi di governo era quello che

divenne poi ufficialmente il suo segretario personale, Bormann; egli decideva chi poteva

incontrare il Fuhrer, quali informazioni gli dovessero arrivare e inoltre traduceva le

manifestazioni della sua volontà in direttive d’azione, a volte anche interpretando come

vincolanti direttive legislative osservazioni casuali fatte a tavola.

2. Parallelamente, i Gauleiter, i dirigenti regionali, ebbero sempre più autonomia rispetto

all’amministrazione centrale, essendo il loro potere legato esclusivamente alla lealtà

mostrata al Fuhrer e ad iniziative politiche che traducessero la sua supposta volontà.

3. A disgregare ulteriormente l’apparato governativo centrale ci fu la crescita abnorme di

organismi esecutivi, in sovrapposizione e spesso competizione reciproca. Essi erano le

cosiddette “autorità speciali” e le più importanti furono la Cancelleria del Fuhrer (di Bouhler,

a cui si attribuiscono le operazioni relative al “programma di eutanasia”, nato da una

vicenda casuale a in seguito applicato per eliminare deformi e malati di mente, con l’aiuto di

medici che stilavano vere e proprie liste di candidati, e l’”Azione Reinhard”, cioè lo sterminio

degli ebrei polacchi nei campi di concentramento e le forze di polizia unite alle Ss.

4. Le decisioni di Hitler parallelamente seguivano un iter sempre meno formale: egli da

sempre disprezzava gli aspetti formali del processo legislativo, perciò tese sempre più ad

utilizzare decreti personali, spesso nemmeno promulgati ufficialmente, invece di regolari

ordinanze di legge.

Il carattere di queste decisioni, inoltre, diede adito ad un perenne stato di incertezza e

conflittualità, soprattutto quando esse si presentavano inapplicabili per qualche ragione,

vaghe o quando andavano a contrapporre certi uffici contro altre autorità.

L’idea di un governo basato su un’organizzazione sistematica o su astratte norme legali e

costituzionali era stata ormai erosa dalle fondamenta, e la legalità era stata sostituita da un potere

arbitrario compiuto in nome della mistica volontà del Fuhrer.

-L’Idea diventa realtà

I due leader che influenzarono maggiormente Hitler in politica estera furono:

1. Ribbentrop, con una visione meno ossessionata dal bolscevismo ebreo (il suo obbiettivo

principale non era la Russia ma la Gran Bretagna). La sua posizione fu sfruttata da Hitler in

senso opportunistico con il patto di non aggressione con la Russia nel 1939, nel tentativo si

costituire un pericolo per la Gran Bretagna, ma poi fu messa da parte per tornare ai principi

alla base del suo credo.

2. Goring a sua volta era più interessato ad affermare il dominio e economico della Germania

in Europa centrale, da affiancare al consolidamento di un’alleanza con l’Inghilterra, che alle

mire razzial-imperialiste di Hitler.

Alla fine Goring, dall’approccio più cauto, fu messo da parte e sostituito interamente da

Ribbentrop.

Anche tra gli altri stretti collaboratori di Hitler non c’era una totale convergenza di idee in politica

estera, ma rimaneva un generico e forte consenso per l’espansione e il consolidamento di

un’egemonia tedesca nell’Europa centrale; alla base di questo consenso, Hitler fu libero di agire.

D’altra parte però, mentre sul fronte interno i vincoli d’azione non c’erano, aumentavano quelli

esterni: in primo luogo i problemi economici causati dal riarmo tedesco; inoltre, la lotta contro il

tempo che incalzava Hitler ad agire prima che le altre potenze occidentali procedessero al riarmo

in risposta a quello della Germania. Le decisioni in politica estera prese dal Hitler tra il 1938 e il

1939 furono quindi contrassegnate da pragmatismo e opportunismo: così l’annessione dell’Austria,

l’attacco alla Cecoslovacchia e quello della Polonia risultarono decisioni dettate da considerazioni

strategiche a seguito di avvenimenti esterni e urgenze economiche, più che da motivazioni

ideologiche (pg. 185)

Tuttavia alla base di tutto rimaneva l’obbiettivo di affermare il dominio tedesco in Europa centrale,

al fine ultimo di raggiungere lo scontro finale con il bolscevismo ebreo.

I successi in politica estera si accompagnarono a una nuova ondata di persecuzioni in politica

interna: in particolare l’apice fu raggiunto con la famosa “Notte dei cristalli”, tra il 9 e il 10

Novembre 1938.

Conseguenza dell’operazione fu l’esclusione definitiva degli ebrei dalla vita economica e in

generale pubblica, ma soprattutto l’affidamento della “questione ebraica” alle Ss ed Eichmann.

Il ruolo diretto svolto da Hitler in questo avvenimento fu davvero limitato: fu più che altro un tacito

consenso il suo, sufficiente a scatenare i suoi sottoposti all’azione per realizzare ciò che ritenevano

la sua volontà. In generale infatti, l posizione centrale occupata dall’antisemitismo nel credo

nazionalsocialista determinava il fatto che qualsiasi azione potesse essere giustificata con il

pretesto che essa contribuisse ad escludere gli ebrei dalla società tedesca.

Gli ebrei, inoltre, non furono le uniche vittime di questa radicalizzazione ideologica a fine anni

Trenta: omosessuali, malati di mente, zingari, prostitute, mendicanti furono altrettanto oggetto di

persecuzioni, le quali erano tra le altre cose motivate dalla guerra in corso, che necessitava di una

società forte. Da questi anni in poi, gli obiettivi ideologici di Hitler si tradussero in vere e proprie

forme di genocidio.

Un esempio furono i metodi utilizzati per l’eliminazione degli ebrei polacchi: dopo l’occupazione del

paese, questo venne diviso in regioni occidentali, per le quali venne predisposta una

germanizzazione entro 10 anni, e le altre regioni, che divennero invece luogo di raccolta delle

“razzie inferiori”.

Tornando in politica estera, Hitler, ossessionato dall’idea che il tempo giocasse a sfavore della

Germania, organizzò la fulminea campagna contro il fronte occidentale e successivamente preparò

l’attacco alla Russia per il maggio 1941. In particolare per la decisione di attaccare la Russia, le

considerazioni di tipo ideologico giocarono sul momento un ruolo indiretto: ben più consistenti

erano le necessità strategiche ed economiche, come la minaccia che il paese stava

rappresentando con la sua espansione sui Balcani e la necessità di obbligare la Gran Bretagna a

scendere a Patti.

In seguito tuttavia, l’impronta dell’ideologia razziale venne in piena luce: il Fuhrer in persona

annunciò che rispetto alla guerra su fronte occidentale, questa sarebbe stata una guerra diversa,

“di sterminio”. Essa fu quindi concepita come una crociata ideologica contro il “bolscevismo

giudeo”, e la realizzazione concreta delle ideologie hitleriane. L’esercito tedesco avrebbe

imprigionato e sterminato di fatto tutti gli ebrei, compresi donne e bambini.

La strada verso la “soluzione finale” della “questione ebraica”, vale a dire lo sterminio sistematico

di tutti gli ebrei d’Europa, si aprì con l’ordine di deportazione degli ebrei tedeschi, nel 1941. Da lì in

poi una serie di tappe come l’apertura dei primi campi di sterminio, il perfezionamento di tecniche

per le uccisioni di massa come il gas, ecc, avrebbe portato, nell’ottica di Hitler, alla realizzazione di

questo obbiettivo.

Le pressioni favorevoli da una “soluzione finale” furono inoltre accentuate dalla svolta negativa che

stava prendendo la campagna in Russia (Hitler sempre più sfiduciato non poteva accettare di che

gli ebrei determinassero la sconfitta della Germania una seconda volta) e le crescenti difficoltà

pratiche risultanti dalla presenza di milioni di prigionieri ebrei.

E’ innegabile che Hitler fu l’inventore, il vero ispiratore della “soluzione finale”: nella sua mente la

guerra e la questione ebraica andavano di pari passo sin dall’inizio: egli aveva accusato gli ebrei

della sconfitta tedesca nella prima guerra mondiale e si era ripromesso di estinguerli totalmente in

caso di un nuovo conflitto; è tuttavia altrettanto errato considerare la “soluzione finale” una

semplice questione personale tra dittatore tedesco e gli ebrei.

Non dobbiamo dimenticare che tutto ciò che avvenne, avvenne sotto gli occhi della società

tedesca, e spesso le decisioni prese non erano nemmeno frutto di interventi diretti da parte di

Hitler. I normali cittadini non erano entusiasti di quello che stava accadendo, eppure ufficialmente

non costituirono mai una vera opposizione; le istituzioni religiose badavano a difendere i loro

interessi e scelsero il silenzio; l’apparato statale fu caratterizzato dalla stessa passività e si limitò a

lavorare affannosamente per trasformare la follia ideologica in regole burocratiche di

discriminazione.

Il genocidio perpetrato in Germania non fu la decisione di un singolo uomo, ma piuttosto il prodotto

dell’immediata disponibilità, da parte di ampi e vari settori della società tedesca, a “lavorare” per gli

obbiettivi visionari di un capo carismatico.

L’attacco del Giappone a Pearl Harbour il 7 dicembre 1941 rappresentò per Hitler una bella

notizia, in quanto da tempo stava cercando di coinvolgere il Giappone nel conflitto per tenere gli

Stati Uniti lontani dall’arena europea. L’11 dicembre 194, egli dichiarò guerra agli Stati Uniti.

Il 2 febbraio 1943 vi fu la resa definitiva dei tedeschi ai russi a Stalingrado. Questa sconfitta

rappresentò l’inizio della fine del potere di Hitler, agli occhi suoi come a quelli di tutti i tedeschi.

VII CAPITOLO: DELIRIO DI POTEERE

-Il potere hitleriano degli ultimi anni appare come una sorta di paradosso: cercheremo di spiegare

come fu possibile che un uomo ormai mentalmente ins

Dettagli
A.A. 2014-2015
16 pagine
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SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-STO/04 Storia contemporanea

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher camilla.marazzi di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia contemporanea e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Calanca Daniela.