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DAI GOVERNI DEI PARTITI AI GOVERNI DEL PRESIDENTE
La frammentazione del sistema politico stava modificando la forma di governo anche per ciò che riguarda i ruoli del presidente del consiglio e del capo dello stato. Il 29 Aprile 1955 venne chiamato alla presidenza della repubblica Giovanni Gronchi, eletto in maniera "diversa" poiché lo schieramento che lo aveva eletto non si identificava come lo schieramento di governo. Fu con Gronchi che si dette attuazione alla corte costituzionale (1956) e al CSM (1958). Con Gronchi, oltre ad una maggiore spinta per l'attuazione della costituzione così come era stata concepita, si ebbero delle altre innovazioni: l'abolizione del decreto di incarico e il conferimento "verbale" dello stesso. Con Saragat presidente della repubblica si rese più organica la funzione di capo dello stato alla forma di governo (non mutarono i problemi circa i rapporti tra presidente e indirizzo di maggioranza); Saragat.partito di appartenenza. Questo portò ad una forte frammentazione delle decisioni e ad una perdita di efficacia del governo nel prendere decisioni importanti. Inoltre, con la legge n. 48 del 1967, furono introdotti nuovi vincoli nel processo di formazione dei governi. Venne istituito il CIPE (Comitato Interministeriale della Programmazione Economica), che aveva il compito di definire gli indirizzi della politica economica nazionale. Questa decisione, promossa dal centro sinistra, si rivelò problematica nella sua attuazione perché riduceva il potere del ministro del tesoro. Successivamente, si verificò un altro fenomeno: il Presidente del Consiglio perse completamente il potere di proporre i ministri, che passò invece nelle mani dei partiti e delle correnti di partito. I ministri, organizzati all'interno del governo in "delegazioni" dei partiti, si sentivano responsabili solo nei confronti del partito e della corrente di appartenenza, e non nei confronti del presidente e del parlamento. Questo portò ad una forte frammentazione delle decisioni e ad una perdita di efficacia del governo nel prendere decisioni importanti.appartenenza. La centralità acquisita dal parlamento dette buoni risultati sul fronte di quei problemi. La legge sul divorzio, sull'aborto ma anche importanti riforme riguardanti il lavoro e il diritto di famiglia furono il frutto di una collaborazione tra maggioranza e opposizione, mentre meno buoni furono i risultati per quello che riguarda l'economia e finanza. Il 4° governo Andreotti "di solidarietà nazionale" coincise con l'episodio delle dimissioni del presidente della Repubblica Giovanni Leone, eletto nel 1971 dal centro-destra e le cui dimissioni furono il frutto di un dissidio tra Dc e partiti laici che portò allo scioglimento delle camere in seguito alla discussione sulla legge del divorzio. Le dimissioni di Leone furono contestate anche perché in una fase delicata (sequestro moro) egli, invece di affidare il governo ad un governo tecnico o al governo dimissionario lo affidò ad Andreotti. Successivamente fu eletto Sandro.Pertini. Nel 1983 si stabilì un'intesa di governo tra la Dc e il Psi, ridimensionando drasticamente il ruolo del capo dello Stato. Ciò che è accaduto fra l'XI e la XII legislatura è pura attualità... LA RAPPRESENTANZA POLITICA di Paolo Pombeni
Secondo una teoria elaborata per la prima volta dal giurista tedesco Leibholz (nel 1929) il termine "RAPPRESENTANZA" ha due diversi significati:
- da un lato "rappresentare" richiama il classico "AGIRE IN NOME E PER CONTO DI", così come l'avvocato agisce in nome e per conto del suo cliente sulla base di un mandato;
- dall'altro richiama l'attività dell'attore che da vita ad un personaggio che è diverso da lui, ma che non esisterebbe senza la sua mediazione.
La teoria del mandato è stata sempre implicita nella questione della rappresentanza politica, perché l'atto elettorale assume la forma di un mandato.
particolare che imembri del corpo elettorale danno a chi deve agire in loro nome. 8Meno evidente è stata, per lungo tempo, la valenza teatrale della rappresentanzapolitica.Oggi, invece, viene riconosciuto l’ambivalenza del termine “rappresentanza”: -da unlato il meccanismo attraverso cui i soggetti politici intervengono, per interpostapersona, nella formazione delle decisioni e nel controllo della gestione pubblica;- dall’altro un meccanismo che dà voce e personalità a concetti astratti come “popolo”,”stato” e “nazione”.Lo S.A. prevede la rappresentanza “BICAMERALE”: una camera di estrazioneelettiva(la Camera dei deputati) e una camera “dei migliori”(il Senato del regno)composta da membri nominati a vita dal re.LA LEGGE ELTETTORALE DEL REGNO DI SARDEGNA (18/03/1948) fondavaessenzialmente il titolo per la partecipazione politica sulla contribuzione fiscale (ILCENSO).Si riteneva, infatti,
che i diritti di partecipazione politica non potevano essere riconosciuti a tutti, ma solo a coloro che potevano esercitarli in maniera responsabile perché in possesso di requisiti d'indipendenza personale ed economica oltre che di determinati requisiti culturali. L'età per l'esercizio del voto era perciò fissata a 25 anni, il censo a 40 lire d'imposta annua, mentre erano comunque elusi gli analfabeti. I limiti di censo non si applicavano ad una serie di categorie professionali: notai, magistrati, laureati e professori, impiegati civili e militari... Il diritto di voto non era percepito come qualcosa di cui valersi ad ogni costo, anche perché il suo esercizio era molto difficoltoso, soprattutto a causa dalla lontananza dei seggi dalle residenze degli elettori. Il problema dell'alto tasso di astensionismo si ritrova anche nel nuovo Stato Italiano che, per altro, estese, con lievi modifiche, alle nuove province la legge.sarda. L'esercizio del voto non suscitava nel nostro paese passioni popolari, e le varie predicazioni astensioniste (cattolici, anarchici) trovavano terreno fertile in comunità che non sentivano alcun trasporto per la moderna forma di lotta politica. Famosa fu la formula del "non expedit" (non conviene), pronunciata nel 1868, che comportava una vera e propria proibizione per i cattolici di recarsi alle urne oltre che di essere eletti (soprattutto dopo la presa di Roma nel 1870). Il primo allargamento del suffragio universale si ha con la riforma del 1882. Sin dal discorso di Strabella del 1876, Depretis si era impegnato solennemente a favore di una riforma elettorale che allargasse significativamente l'elettorato, costituendo poi una Commissione per lo studio della riforma che portò l'anno dopo a un progetto formalizzato dal ministro Nicotera. In base alla nuova legge furono ammessi al voto tutti i cittadini maschi che avessero compiuto 21 anni e avesseroSuperato la prova finale del corso elementare obbligatorio di 2 anni; ma anche coloro che avessero servito per almeno 2 anni sotto le armi frequentando le scuole reggimentali; tutti coloro che sapevano scrivere di loro pugno di fronte ad un notaio la domanda d'iscrizione nelle liste; e i dipendenti della Pubblica amministrazione (tranne i lavoratori manuali).
Fu Giolitti, nel 1911, a proporre il passaggio al suffragio universale, facendo cadere il governo Luzzatti.
Il T.U. 26/06/1913 introduceva, in realtà, il suffragio "quasi universale", in quanto accordava il diritto di voto a tutti i cittadini maschi che avessero compiuto 21 anni e sapessero leggere e scrivere; a chi avesse passato il servizio militare per un determinato periodo; e ai cittadini analfabeti che comunque avessero già compiuto i 30 anni.
Questa riforma portò un aumento numerico di oltre 5 milioni di elettori e l'ingresso degli analfabeti favorì soprattutto le regioni
meridionali.Ma in realtà la riforma non si era limitata al suffragio.Vennero introdotte norme per impedire le frodi: da quel momento la scheda doveva essere inserita in "una busta di stato" e la composizione del seggio elettorale doveva essere decisa dalla magistratura scegliendo tra magistrati ovvero cittadini con particolari requisiti.Col fascismo il significato di rappresentanza muta, e non poco, infatti il fascismo non voleva per la Camera dei deputati alcun ruolo di rilievo: la camera dei deputati doveva essere il luogo tecnico in cui s'imprimeva un sigillo di legittimazione all'operato del governo.Così venne deciso in maniera piuttosto rapida e perentoria di introdurre un nuovo sistema che semplicemente funzionasse come "plebiscito" per la legittimazione del regime in quanto tale.Con la legge 1019 del 17 maggio 1928 venne introdotto un sistema elementare: si creavano un collegio unico nazionale ed un' unica lista che raccoglieva tutti
i 400 candidati al parlamento; l'elettore poteva dire si o no in blocco; ove prevalessero i si tutti i risultavano eletti, altrimenti in caso contrario non era chiarissimo cosa sarebbe successo, ma un regime totalitario lascia pensare che l'esito potesse essere ovviamente uno solo. Infatti il plebiscito nel 1929 vide solo l'1,5% di votanti contrari e quello successivo nel 1934 addirittura lo 0,15%. La legge elettorale n. 1019 aveva affidato al Gran consiglio del fascismo il compito di redigere l'unica lista, presentandolo così come il vero perno "rappresentativo" del sistema: del resto era l'unica sede in cui si discutessero i problemi e in cui fossero presenti tutte le figure storiche del fascismo in grado di porsi in una qualche dialettica con Mussolini. Ad aggravare la crisi venne probabilmente anche la pessima gestione dei meccanismi residui della rappresentanza che fu fatta nell'ultima parte del regime, infatti l'idea di Mussolini eraquella di creare un nuovo embrione della teoria della rappresentanza attribuendola direttamente a se stesso. (il dux) risultava capo del governo, capo del fascismo e colui che ha ricevuto dal popolo un mandato di rappresentanza diretta. A limitare al rappresentanza ci pensava anche la Camera dei fasci e delle corporazioni in cui sedevano i vetrici delle corporazioni e i segretari federali del partito, nessuno dei quali era espressione di un elettorato e la loro legittimazione era pressoché inesistente. Il regio decreto del 2 Agosto 1943 dichiarò abolita la camera dei fasci i e delle corporazioni, promettendo altresì libere elezioni entro 4 mesi dalla fine della guerra. 10 La monarchia però, era uscita dalla vicenda della caduta del regime non meno distrutta del fascismo. Così sulla scena s'imposero i partiti politici, soggetti che avevano mantenuto la posizione di opposizione al fascismo e al momento rappresentavano gli unici soggetti che operavano.politicamente reclamando il ripristino del