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Compito della medicina è quello di conservare la vita umana più a lungo possibile e il più possibile libera da
dolori e infermità, e polemizza contro la tendenza a ridurre la medicina a una serie di brillanti ipotesi generali,
che bloccano ogni ulteriore scoperta dei fatti, in quanto si pongono come criteri insindacabili della realtà e
irrealtà degli stessi fatti da accertare. La teoria degli umori o i teoremi della iatrochimica non contribuiscono
all’acquisizione dell’arte medica, che esige un diretto contatto con il paziente e l’osservazione diretta della
malattia.
La consueta polemica contro le generalizzazioni scolastiche, contro le pretese di stabilire principi verbali, che
dovrebbero essere le regole fondamentali della natura, contro il disprezzo ingiustamente dimostrato nei
confronti delle arti meccaniche e delle invenzioni nate sulla base artigianale, diventa la matrice nella quale
Locke cala le polemiche di Sydenham contro i medici teorici. La vera conoscenza sorse per la prima volta
nel mondo per opera dell’esperienza e delle operazioni razionali e, se questo metodo fosse stato continuato,
e i pensieri di ciascun uomo fossero stati impiegati a saggiare le osservazioni degli altri, senza dubbio la
medicina così come le altre arti sarebbe ora in condizioni molto migliori delle attuali.
La coppia experience and rational operations sta a fondamento della costruzione della scienza. Essi
indicano i due poli, che definiscono l’atteggiamento fondamentale che sta alla base di una ricerca, la quale si
arricchisce attraverso osservazioni, che sono già generalizzazioni, e discussioni sull’attendibilità e la
comunicabilità delle osservazioni proposte.
Tra 1670-’71 Locke dà inizio alla propria opera filosofica maggiore ponendo in primo piano la critica della
nozione di sostanza. I termini che designano cose, non indicano realtà comuni a tutte le cose simili, distinte
dalle proprietà enumerabili, che costituiscono le caratteristiche di quelle cose; essi designano soltanto
insiemi di proprietà, che non hanno tra loro altri rapporti, se non di concomitanza. La sostanza non si
riferisce a qualcosa che stia alle spalle delle proprietà, e che permetta di dedurle nello stesso ordine in cui
sono concomitanti. Il significato di un termine che esprime una sostanza non è raggiungibile con una
deduzione dai principi, ma è costruito sulla base delle concomitanze di proprietà, rilevabili con accertamenti
disponibili a chiunque possa usare i propri organi di senso o eseguire esperimenti. Le nozioni di sostanza si
costruiscono assegnando convenzionalmente a un termine linguistico un insieme di proprietà concomitanti,
offerte dalla sensibilità. L’elemento sensibile diventa l’offerta di concomitanze di proprietà, e l’elemento
raziocinativo diventa la fissazione delle concomitanze nel significato di un termine linguistico.
Il punto più importante di questa formulazione della teoria della sostanza consiste nell’eliminazione dei
caratteri di completezza e definitività connessi con il concetto di sostanza. Non è possibile fare riferimento a
nessun criterio, che stabilisca la non ulteriore completabilità delle proprietà concomitanti, rendendo definitive
quelle assunte nella definizione. Nella sostanza possono entrare tutte le proprietà osservabili, sulla base di
scelte, che, però, non sono orientate dall’intuizione di un’essenza. I componenti della sostanza possono
essere accresciuti o modificati sulla base di osservazioni ulteriori rispetto a quelle che hanno portato alla
determinazione dei significati iniziali. Locke determinava così la nozione di sostanza in dipendenza dai mezzi
di osservazione disponibili a prescindere da qualsiasi ipoteca preliminare sulla sostanza stessa, cioè faceva
dipendere i teoremi, sostenibili sul conto della sostanza, dalle possibilità di essere informati sul suo conto,
indipendentemente da qualsiasi presunzione di conoscenza. La riduzione empirica della sostanza si
configurava come determinazione della natura di essa sulla base dei mezzi di accertamento autentici.
L’altro aspetto importante è la tesi dell’interdipendenza degli elementi costitutivi della sostanza. Espunta
l’idea della sostanza come un organismo di proprietà disposte secondo un piano necessario in dipendenza
da un nucleo essenziale, ciascuna proprietà si svincola da tutte le altre, e non entra più in connessioni,
senza le quali non potrebbe sussistere, dal momento che diventa comprensibile anche senza fare riferimento
al nucleo sostanziale, che permette di dedurla in connessione necessaria con le altre proprietà. L’unica
procedura possibile, per determinare il contenuto delle sostanze, diventa allora il raggruppamento delle
proprietà sulla traccia di concomitanze osservate, e per mezzo di un legame con un termine linguistico
convenzionale.
Non è importante la totalità delle qualità raccolte intorno a un soggetto sostanziale, ma le condizioni nelle
quali una qualità compare nei diversi corpi nei quali è osservabile. Le scienze naturali mirano a stabilire
relazioni di concomitanza o di esclusione tra condizioni sperimentabilmente accertabili o modificabili; ma gli
stessi rapporti di concomitanza non sono più considerati dipendenti da particolari assiomi ricavati in
riferimento a una struttura sostanziale. Le qualità costituiscono campi di unificazione per lo studio della
natura; campi fondati sulla riconoscibilità autonoma delle singole qualità, ed esplorati con l’accertamento
sperimentale delle relazioni di concomitanza.
Facendo proprie le postulazioni fondamentali dell’atomismo boyliano, la filosofia di Locke poneva al centro
delle proprie assunzioni l’esclusione della possibilità di dedurre la conoscenza naturale da principi necessari
e l’interdipendenza degli aspetti che costituiscono la realtà naturale. Locke preferiva mostrare come esse
nascessero da un’interpretazione del sapere, formulata sulla base delle procedure a cui la scienza poteva
fare appello. Cadeva così la presupposizione di un’essenza necessaria della sostanza, ed emergeva la
condizione di interdipendenza degli elementi costitutivi della sostanza. Locke esprimeva le condizioni di
indipendenza dalla presupposizione di un’essenza sostanziale e di interdipendenza degli elementi costitutivi,
con la tesi dell’origine sensibile degli elementi costitutivi stessi. Asserisce quindi la possibilità di attingere
nella sensibilità quegli elementi, cioè ne riconoscimento della possibilità di attingerli con un rapporto diretto,
senza fare ricorso a presupposizioni di sorta e senza che un elemento venga a determinare l’altro.
La tesi dell’origine sensibile delle nozioni scientifiche era già stata trattata da Locke in termini di teoria delle
idee, consistente nell’adozione di una vera e propria tecnica di analisi filosofica, presa dal cartesianesimo. La
prima condizione per applicare questa tecnica consiste nella considerazione della scienza in termini di idee,
che sono gli oggetti della nostra intelligenza. La scienza può essere interpretata come una serie di
costruzioni eseguite componendo idee, a prescindere dalla considerazione di un eventuale ordine oggettivo
che le costruzioni di idee potrebbero rispecchiare. L’indagine del sapere come puro oggetto mentale, tutto
contenuto nel pensiero, e studiato a prescindere dal riferimento a qualsiasi struttura metafisica, è sufficiente
per stabilire le sue proprietà e le sue possibilità, in quanto sapere. Ciò costituisce l’approccio critico al
problema della scienza.
Lo strumento per la realizzazione dell’approccio critico è la tecnica analitica che, già a Cartesio, aveva
permesso di scomporre il sapere, considerato dal punto di vista mentale, in elementi mentali, di esplorarne la
costituzione e di rilevarne le proprietà. L’assunzione della tecnica analitica, e della dimensione critica ad
essa associata, modificava la posizione che la scienza aveva assunto nella filosofia lockiana degli Essays.
Qui essa, descritta nelle due strutture interne e nelle strutture metafisiche presupposte era il modello
esclusivo della conoscenza valida; nel Draft A, invece, sottoposta ad analisi, diventa essa stessa oggetto di
un’indagine critica, che deve determinare limiti e possibilità della scienza stessa, e differenziare dalla scienza
le altre forme di conoscenza. Anch’essa ha i suoi limiti, che devono essere riconosciuti, e costituisce il
termine di riferimento delle descrizioni differenziali delle altre forme di sapere.
Un linguaggio generalizzato, che esprimesse le condizioni del conoscere in quanto tale e che permettesse di
disporre di un terreno sul quale confrontare le diverse forme di sapere, era lo strumento che Locke poteva
ricevere dal cartesianesimo. Ma Locke teneva presente una scienza nata con l’appello dell’esperienza e con
la polemica baconiana contro l’accettazione preliminare delle ipotesi generali: la scienza naturale, più che il
sapere matematico, era il termine di riferimento dell’indagine lockiana. Locke si proponeva, non tanto di
formulare un modello di sapere capace di realizzare alti valori conoscitivi, ma estremamente uniforme e con
un campo di applicazione estremamente ristretto, quanto piuttosto di non escludere dalla propria indagine i
procedimenti scientifici che la scienza del tempo metteva innanzi, fissandone le condizioni e i gradi di validità
e le differenze caratteristiche. Nella mani di Locke, la ricerca riguardava i limiti di validità di un sapere
estremamente vario e illimitatamente esteso.
Gli elementi semplici, che le Regulae chiamano naturae simplices, sono costituiti da oggetti di conoscenza
intellettuale, dotati della massima chiarezza e distinzione, e tali da poter essere conosciuti anche senza fare
riferimento ad altre nozioni. Dalla sintesi di questi elementi nascono tutte le nozioni di cui l’uomo dispone; ma
tali nozioni conservano i valori della chiarezza e della distinzione solo se sono costituite da legami, tra gli
elementi semplici, che risultino necessari all’intuizione intellettuale. Le naturae saranno sostituite nelle opere
successive dalle idee. L’analisi cartesiana consisteva, perciò, nel tentativo di reperire elementi ad alto grado
di evidenza e di rintracciare l’ordine necessario che istituisce tra quegli elementi, cioè nel tentativo di
percorrere un cammino caratterizzato da gradi di complessità decrescente e da gradi di evidenza crescente.
Anche per Locke l’analisi consiste in un progressivo avvicinamento a elementi semplici; ma questi non sono
caratterizzati dall’evidenza logica, né dal tipo di generalità che spetta agli assiomi. Essi non nascono nel
pensiero puro, ma derivano dalla sensibilità: cioè