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IL SOCIALISMO GIURIDICO:
all’interno di semplici variazioni dell’universo borghese. In Germania,
negli anni Settanta, fu fondata un’associazione di professori
universitari di economia, qualificati come esponenti di un “socialismo
della cattedra”, nonostante le loro richieste non andassero oltre un
intervento dello Stato in campo economico al fine di ridurre lo
squilibrio fra capitale e lavoro. I primi ad usare l’espressione
“socialismo giuridico” furono Engels e Kautsky, propagatori della
teoria Marxiana, allorquando criticarono Menger esponente, a loro
avviso, di un falso socialismo. Menger polemizzò con il primo
progetto del BGB ispirato agli ideali della purezza e astrattezza del
diritto, tipici della pandettistica. Il movimento mengeriano ha
un’ispirazione solidaristica e le sue proposte sono soltanto
modificative: egli è convinto che l’edificio giuridico è pieno di
difetti eliminabili. Bisogna cancellare solo l’astrattismo del diritto
per renderlo meno “di classe” e più “sociale”.
A Marx e ai socialisti questa proposta appare inutile, poiché è inutile
apportare modifiche a un diritto che comunque rimarrà borghese.
Claudio Treves, giurista e deputato socialista, nel 1894, scrive che il
popolo attende una riforma del diritto operata dai movimenti
operai, a cui il legislatore e i giuristi non possono aggiungere nulla.
Grande merito del socialismo giuridico è quello di aver riscoperto l’io
collettivo. nell’Ottocento gli Stati europei si mostrano
LA COMPARAZIONE GIURIDICA:
chiusi in se stessi; non è un ambiente in cui si praticano scambi e
comparazioni giuridiche. Il Codice ha assunto il significato di legge
positiva nazionale; il diritto è contenuto in un testo autorevole che
chiude all’interno del proprio recito giudici e giuristi. Fin quando
permarrà il culto rigoroso della legge non ci sarà spazio per la
comparazione.
In Francia, nel 1889, viene fondata la Societé de législation comparée ,
ma affinché la comparazione sia avvertita come una necessità,
bisogna attendere gli anni Ottanta, quando diventerà branca
autonoma della scienza giuridica e poi il 1900, quando Saleilles
organizza a Parigi il primo congresso internazionale di diritto
comparato. Qui egli tiene una relazione in cui mostra il suo scopo:
comparare esperienze giuridiche diverse in vista di un
possibile futuro diritto uniforme. Continuando la sua opera, Ernst
Rabel crea, nel 1916, a Monaco, un istituto di diritto comparato e
redige un breviario metodologico dove le intuizioni del “maestro”
diventano progetto scientifico.
Il Francia, Edouard Lambert, si dedicherà alla edificazione di una
scienza comparatistica francese e si deve a lui la fondazione di un
istituto di diritto comparato a Lione.
si ha un diritto del lavoro quando il fatto
IL DIRITTO DEL LAVORO:
“lavoro” viene considerato in una sua specificità etica, sociale e
giuridica, il che avverrà soltanto alla fine del secolo XIX.
Il codice napoleonico risolve il problema del lavoro subordinato e
autonomo grazie allo schema della locazione, rientrando così nella
precisa ottica borghese. Secondo l’art. 1708 “vi sono due specie di
contratti di locazione: quello delle cose e quello delle opere”; il primo
è il contratto con cui il locatario offre il godimento del bene al locatore,
il secondo è quello con cui il proprietario della forza lavoro la offre in
godimento ad un altro, contro la prestazione di una mercede. Questa
visione mercificata del lavoro cambierà solo a fine secolo grazie ai
moti del quarto stato e alle prime capitolazioni del potere borghese
con atti di legislazione speciale. Il diritto del lavoro nasce da queste
rozze concessioni dei borghesi o dei governi lungimiranti. Il
solidarismo giuridico aveva ottenuto due grandi risultati: aveva
mostrato l’inadeguatezza della classificazione del lavoro come
locazione e aveva fatto emergere l’io collettivo.
Un passo avanti si farà con il tedesco Philipp Lotmar, una personalità
complessa che da un lato accoglie innovazioni quali i contratti
collettivi, le ordinanze sindacali (..), ma dall’altro non riesce a non
considerare il contratto di lavoro come contratto di scambio, anche se
si rende conto della inadeguatezza di questa considerazione.
Hugo Sinzheimer, invece, guarda al futuro e rifiuta l’identificazione fra
Stato e società, fra legge e diritto, richiamandosi al diritto vivente,
cioè ad un diritto espresso dalle forse sociali, al di là degli apparati
potestativi statali. Il contratto collettivo è manifestazione
dell’autonomia dei gruppi sociali ed è produttivo di norme
(auto-normazione), è un accordo fra un’associazione professionale di
lavoratori e un datore di lavoro, contenete norme destinate a
disciplinare il contenuto di futuri contratti di lavoro.
L’Ottocento è il secolo dei Codici, fra questi spicca anche il Codice di
commercio, un codice legato agli interessi di un ceto professionale,
immerso nei fatti economici e nel loro rapidissimo divenire.
FRANCIA: Il Code de commerce del 1807 non smentisce la vecchia
alleanza con il potere politico già siglata nella Ordonnance colbertiana.
Questa volta, però, la specialità del diritto commerciale rispetto alla
legge generale civilistica non risiede sui caratteri tipici dei soggetti
esercenti il commercio, bensì su una particolare realtà oggettiva che
sono gli atti di commercio. Questa dimensione è intesa in senso assai
ristretto, per non togliere spazio alla legge madre, il Code civil. Il
codice è varato in un momento anteriore allo sviluppo industriale
francese e rispecchia una società ancora incentrata sulla proprietà
terriera e su un capitalismo strettamente commerciale. Furono due le
circostanze che ne provocarono il precoce invecchiamento: lo sviluppo
economico e tecnico e la massiccia industrializzazione che pervase
l’Europa occidentale a partire dagli anni Quaranta. Queste due
circostanze causarono una grande proliferazione di leggi speciali che
mostrano l’esigenza del diritto commerciale di misurarsi sui fatti
economici sensibili agli sviluppi strutturali, piuttosto che ai progetti di
un sovrano.
GERMANIA: Un codice che si differenzia da tutti gli altri è lo
Allgemeine Deutsche Handelsgesetzbuch (ADHGB) il Codice generale
commerciale tedesco del 1861. Questo fonda la sua specialità su una
realtà oggettiva tipica, gli atti di commercio. Mentre l’unificazione
giuridica civilistica è ancora lontana, questo codice dimostra la
sensibilità del ceto economicamente dominante a interpretare e
favorire processi di unificazione politica sempre più ampi. In assenza
di un Codice civile il tessuto connettivo dello ADHGB si allarga fino a
ricomprendere istituti prettamente civilistici del campo dei contratti e
delle obbligazioni.
ITALIA: il codice commerciale italiano del 1882 mostra una più
complessa tecnica legislativa. Fondato sulla nozione oggettiva di atti
di commercio, amplia il proprio contenuto disciplinando istituti che
vengono utilizzati anche in attività non commerciali come le
assicurazioni, le società anonime e la cambiale.
Anche se il collegamento con un ceto socialmente forte non potrà mai
scomparire, bisogna rilevare la consapevolezza che si attua con essi la
lettura di un ordine obbiettivo, al punto che il legislatore spagnolo
contempla lo stadio ultimo di un processo evolutivo che culmina in un
“derecho proprio e independiente”.
DIRITTO CANONICO: La Chiesa ha sempre preteso di costruirsi un
proprio ordinamento giuridico derivante dal Cristo quale divino
legislatore. Le fonti del diritto canonico hanno mantenuto un
carattere plurale e il tessuto del diritto canonico umano ha conservato
quell’elasticità che si conviene a un ordinamento dall’indole
squisitamente pastorale: il principio della aequitas canonica continua
a dominare incontrastato. I papi non hanno mai preteso di risolvere il
diritto canonico in un complesso di leggi dell’autorità centrale né la
Chiesa poteva prestare orecchio alla smania codicistica, che sapeva
troppo di Illuminismo e di Rivoluzione. Delle istanze di rinnovamento si
ebbero nel 1870 durante il Concilio ecumenico Vaticano Primo che
permise ai prelati della Chiesa di riunirsi e di portare a Roma i
messaggi provenienti dalle terre più remote. Cominciò a serpeggiare
l’istanza di un diritto più certo e chiaro.
Nel 1904 Pio X ruppe gli indugi e avviò ufficialmente i lavori per la
codificazione, nei quali ebbe un ruolo primario Pietro Gasparri, giurista
e docente di diritto canonico (poi segretario di Stato di Benedetto XV e
di Pio XI e attore protagonista nelle difficili trattative di conciliazione
con il Regno d’Italia concluse con i Patti Lateranensi del 1929). Nel
1917 con la “costituzione apostolica” Providentissima Mater
Ecclesia Benedetto XV promulgò il primo Codex iuris canonici: un
testo chiaro e certo, facilmente maneggevole, ma che irrigidiva il
diritto canonico, rendendo eccessivamente giuridica la dimensione
sacra. Si tratta di un atto normativo che vive a suo modo, che non
guarda con sufficienza al passato come le altre codificazioni
post-illuministiche, ma che vive in perfetta continuità con la storia
quasi bi millenaria della Chiesa.
Singolare è il modo in cui viene affrontato il problema delle lacune:
dopo il ricorso all’analogia, il giudice potrà riferirsi ai principi generali
del diritto verificati alla luce dell’equità canonica, alla prassi della
Curia Romana, alla opinione comune dei maestri di diritto.
III – Itinerari contemporanei. Vecchi e nuovi modelli a confronto
Nel 1909, Santi Romano parlava senza mezzi termini di “crisi dello
Stato moderno”. Il giovane giurista era osservatore attento di un
processo che eclissava lo Stato a causa della sua incapacità di
ordinare una realtà socio-economica sempre più complessa. Il castello
del diritto borghese appariva come una costruzione artificiosa: vi
erano solo due protagonisti, il macro-individuo Stato e il
micro-individuo singolo; solo due fonti, la legge sul piano sociale e il
contratto sul piano privato; la società era ridotta a una massa
anonima di cittadini. La denuncia di Romano si opponeva alla
riduzione della realtà in costruzioni così semplici e imperfette.
In Europa il paesaggio era cambiato: si affermavano numerose
associazioni, il vero elemento corrosivo dello Stato moderno.
Emergeva un io collettivo del cittadino che il